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Articolo 2341 bis Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Patti parasociali

Dispositivo dell'art. 2341 bis Codice Civile

I patti(1), in qualunque forma stipulati, che al fine di stabilizzare gli assetti proprietari o il governo della società:

  1. a) hanno per oggetto l'esercizio del diritto di voto nelle società per azioni o nelle società che le controllano;
  2. b) pongono limiti al trasferimento delle relative azioni o delle partecipazioni in società che le controllano;
  3. c) hanno per oggetto o per effetto l'esercizio anche congiunto di un'influenza dominante su tali società, non possono avere durata superiore a cinque anni e si intendono stipulati per questa durata anche se le parti hanno previsto un termine maggiore; i patti sono rinnovabili alla scadenza.

Qualora il patto non preveda un termine di durata, ciascun contraente ha diritto di recedere con un preavviso di centottanta giorni.

Le disposizioni di questo articolo non si applicano ai patti strumentali ad accordi di collaborazione nella produzione o nello scambio di beni o servizi e relativi a società interamente possedute dai partecipanti all'accordo.

Note

(1) Il patto parasociale è un accordo atipico in forza del quale taluni soci si impegnano ad eseguire prestazioni a beneficio della società, integrando la fattispecie del contratto a favore di terzo (v. art. 1411), il cui adempimento può essere chiesto sia dalla società terza beneficiaria, sia dai soci stipulanti.
Esso vincola esclusivamente i soci contraenti e non la società, che è soggetto terzo rispetto al patto parasociale.

Ratio Legis

La norma è volta a riconoscere la validità degli accordi conclusi tra soci al di fuori dell'atto costitutivo ed allo scopo di regolare la gestione della società e/o coordinare l'esercizio di talune prerogative che spettano ai singoli soci, in riferimento ai quali rimane però configurabile una tutela meramente obbligatoria (risarcitoria).

Spiegazione dell'art. 2341 bis Codice Civile

Pur in assenza di una precisa definizione normativa, in generale possono definirsi come “patti parasociali” gli accordi di natura negoziale conclusi al di fuori dello statuto tra i soci (o tra soci e terzi, nonché tra i soci e la società) al fine di regolare l’esercizio dei diritti e dei poteri ad essi spettanti in virtù della propria partecipazione al capitale sociale.

Non essendovi dunque una nozione generale, né un contenuto specificamente pre-determinato dal legislatore, i patti parasociali vanno qualificati come accordi atipici.

Mediante la norma in commento, infatti, il legislatore ha inteso regolamentare, tra tutti gli accordi possibili, esclusivamente i patti parasociali diretti a stabilizzare gli assetti proprietari e/o il governo della società.
In tale categoria di patti la norma colloca espressamente:
a) i sindacati di voto: hanno ad oggetto l’esercizio del diritto di voto. Possono essere utilizzati per stabilizzare la maggioranza assembleare o, in caso contrario, per rinforzare le prerogative della minoranza.
b) i sindacati di blocco: hanno ad oggetto il trasferimento delle partecipazioni azionarie e possono comportare l’apposizione di vincoli al libero trasferimento delle azioni (ad esempio, obbligando ad ottenere il preventivo gradimento degli altri soci)
c) i sindacati di controllo: hanno ad oggetto l’esercizio di un’influenza dominante sulla società (art. 2359) da parte di alcuni soci

Per i patti non classificabili tra quelli espressamente nominati dal legislatore, dovrà pertanto procedersi ad accertare la meritevolezza degli interessi perseguiti dalle parti, ai sensi di quanto previsto dall’art. 1322 per i contratti atipici (per i patti parasociali nominati, invece, il controllo è già stato operato a monte dallo stesso legislatore). Ad essi non sarà inoltre applicabile la disciplina recata dal terzo e dal quarto comma dell’articolo in questione.

A differenza delle pattuizioni inserite nell’atto costitutivo e/o nello statuto della società, i patti parasociali:
  • hanno efficacia obbligatoria: l’accordo fa sorgere unicamente dei rapporti obbligatori, il cui inadempimento non si traduce in una violazione delle fondamentali regole di funzionamento della società. La violazione del patto configura un illecito contrattuale ed obbliga il socio inadempiente a risarcire il danno eventualmente provocato agli altri paciscenti, ma non è in grado di incidere sulla validità delle vicende che riguardano la società.
  • vincolano esclusivamente le parti: rispetto ai patti inseriti nello statuto e nell’atto costitutivo, che spiegano efficacia anche nei confronti dei soci diversi dai fondatori, i patti parasociali non vincolano in alcun modo i soci che siano rimasti estranei ad esso
  • non sono opponibili ai terzi: non essendone prevista l’iscrizione nel registro delle imprese

Per quanto riguarda la durata, i patti parasociali possono essere:
- a tempo determinato, purché di durata non superiore a 5 anni, rinnovabili alla scadenza;
- a tempo indeterminato e, in tal caso, ciascun contraente può recedere con un preavviso di 180 giorni.

Relazione al D.Lgs. 6/2003

(Relazione illustrativa del decreto legislativo recante: "Riforma organica della disciplina delle società di capitali e società cooperative, in attuazione della legge 3 ottobre 2001, n. 366.")

2 In attuazione dell'art. 4, comma 7°, lettera c), della legge delega gli artt. 2341 bis e 2341 ter dettano norme sui patti parasociali, le quali si pongono in continuità con le norme a suo tempo introdotte dal testo unico della intermediazione finanziaria per le società emittenti di azioni quotate nei mercati regolamentati. Si è mirato a cogliere la comune funzione delle diverse fattispecie di patti parasociali, individuandola nel fine di stabilizzare gli assetti proprietari o il governo della società, e ciò anche per scongiurare il rischio, già manifestatosi in relazione alle società quotate, di una impropria estensione delle norme sui patti parasociali a fattispecie che nulla hanno a che vedere con questi. A tali effetti è stato anche chiarito che le norme sui patti parasociali non si applicano a clausole accessorie di accordi di collaborazione nella produzione o nello scambio di beni e servizi e relativi a società interamente possedute dai partecipanti all'accordo. La disciplina codicistica differisce da quella del testo unico per la diversa durata dei patti, che per le società non quotate non può essere superiore a cinque anni, oltre che per le diverse modalità della loro pubblicità, che è peraltro prevista solo per i patti parasociali relativi a società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio. La pubblicità consiste nella comunicazione dei patti parasociali alla società e nella loro dichiarazione in apertura di ogni assemblea. L'omessa dichiarazione in assemblea (ma non anche l'omessa comunicazione alla società) comporta la conseguenza che i possessori delle azioni cui si riferisce il patto parasociale non possono esercitare il diritto di voto e che le deliberazioni assunte con il loro voto determinante sono annullabili. La disciplina, inserita nel capo relativo alle società per azioni, ha inteso regolare la fattispecie con riferimento a quel tipo sociale, perché in esso è più sentita l'esigenza di garantire regole certe e definite in considerazione della maggiore rilevanza per il pubblico e per il mercato finanziario; essa, ovviamente, non intende escludere la possibilità che analoghi patti riguardino altre forme di società, per le quali ovviamente resterà applicabile la disciplina generale dell'autonomia privata e dei contratti, così per esempio per le società a responsabilità limitata, come anche per le società di persone.

Massime relative all'art. 2341 bis Codice Civile

Cass. civ. n. 2335/2023

La controversia in materia di patti parasociali "atipici" rientra tra quelle devolute alla competenza delle sezioni specializzate in materia di impresa, poiché la nozione di accordo parasociale contemplata dall'art. 3, comma 2, lett. c), del d.lgs. n. 168 del 2003, è più ampia di quella prevista dall'art. 122 del TUF e dall'art. 2341 bis c.c., rientrandovi tutti gli accordi con cui i soci, o alcuni di essi, attuano un regolamento di rapporti, non vincolante nei confronti della società, difforme o complementare rispetto a quanto previsto dallo statuto sociale.

Cass. civ. n. 36092/2021

Affinché l'amministratore designato in un patto parasociale acquisti, ai sensi dell'art. 1411 c.c., il diritto soggettivo all'espressione del voto in assemblea, da parte dei soci sottoscrittori del patto, in favore della sua nomina e di un determinato compenso, in esso decisi, occorre che sia accertato l'intento dei soci di attribuire direttamente ed immediatamente al terzo un diritto soggettivo, potendo allora, in tal caso, l'amministratore vantare una pretesa risarcitoria al riguardo, ove ne sussistano tutti gli elementi costitutivi.

Cass. civ. n. 27227/2021

In tema di patti parasociali, è valida la previsione all'interno di essi di opzioni put e call tra i soci stipulanti, identificandosi la causa concreta del negozio in una forma di garanzia per il socio finanziatore, come tale rientrante nell'autonomia contrattuale concessa ai soci e pertanto meritevole di tutela da parte dell'ordinamento.

Cass. civ. n. 12956/2016

La clausola di prelazione di acquisto di quote sociali contenuta in un patto parasociale non è incompatibile con analoga clausola di prelazione statutaria (nella specie avente un oggetto più limitato, riguardando i soli atti di trasferimento a titolo oneroso e non anche quelli a titolo gratuito), atteso che, mentre la prelazione convenzionale ha esclusivamente effetti obbligatori tra le parti e la sua eventuale violazione, comportando unicamente un obbligo di risarcimento del danno in capo al soggetto inadempiente, non pone in discussione il corretto funzionamento dell'organizzazione sociale o la formazione del capitale, la prelazione statutaria ha efficacia reale e, in caso di violazione, è opponibile anche al terzo acquirente.

Cass. civ. n. 17200/2013

Il patto parasociale, in forza del quale taluni soci si impegnano ad eseguire prestazioni a beneficio della società, integra la fattispecie del contratto a favore di terzo disciplinato dall'art. 1411 c.c., il cui adempimento può essere chiesto sia dalla società terza beneficiaria - che con l'eventuale atto di citazione palesa la volontà di profittare del contratto -, sia dai soci stipulanti, pur nell'ipotesi in cui abbiano ceduto a terzi le loro partecipazioni sociali, in quanto la validità del patto parasociale non è legata alla permanenza della qualità di socio degli stipulanti.

Cass. civ. n. 10215/2010

Il patto parasociale che impegna i soci a votare in assemblea contro l'eventuale proposta di intraprendere l'azione di responsabilità sociale nei confronti degli amministratori, non è contrario all'ordine pubblico, ma agli art. 2392 e 2393 c.c., i quali non pongono principi aventi tale carattere, ma sono norme imperative inderogabili, con conseguente nullità del patto, in quanto avente oggetto (la prestazione inerente alla non votazione dell'azione di responsabilità) o motivi comuni illeciti (perché la clausola mira a far prevalere l'interesse di singoli soci che, per regolamentare i propri rapporti, si sono accordati a detrimento dell'interesse generale della società al promovimento della detta azione, dal cui esito positivo avrebbe potuto ricavare benefici economici); né l'estensione della nullità all'intero negozio e la conversione del negozio nullo, di cui agli artt. 1419 e 1424 c.c., implicano la violazione dell'ordine pubblico, in quanto l'istituto della nullità non è, di per sé, di ordine pubblico, potendo solo alcune sue ipotesi essere generate dalla violazione di tali principi.

Cass. civ. n. 6898/2010

In tema di contratti cosiddetti "parasociali", (e con riferimento alla disciplina applicabile prima della riforma introdotta dal d.l.vo 17 gennaio 2003, n. 6), è valido il patto avente ad oggetto l'espressione del voto nell'assemblea di una società per azioni, chiamata a nominare gli amministratori, anche se non sia stata prefissata la durata del vincolo assunto dalle parti ed operi perciò - in coerenza con l'art. 1375 c.c. e quantunque non contemplato in modo espresso - il principio generale in forza del quale ad ogni partecipante spetta il diritto di recedere unilateralmente dal patto per giusta causa o con congruo preavviso, da valutarsi, in difetto di previsione normativa o convenzionale, come tempo utile in relazione alla natura del rapporto e al tipo di interessi in gioco. Conseguentemente, il partecipante - il quale presenti all'assemblea una lista di candidati alla carica di amministratori di contenuto incompatibile con il rispetto del patto e poi esprima il proprio voto in contrasto con gli obblighi derivanti dall'adesione al patto medesimo - può essere chiamato dalle altri parti a risarcire i danni conseguenti al suo inadempimento, dovendosi escludere che tali comportamenti integrino una manifestazione tacita della volontà di recesso.

Cass. civ. n. 14865/2001

I patti parasociali (e, in particolare, i cosiddetti sindacati di voto) sono, nella loro composita tipologia (che non consente, pertanto, la riconduzione ad uno schema tipico unitario), accordi atipici, volti a disciplinare, in via meramente obbligatoria tra i soci contraenti, il modo in cui dovrà atteggiarsi, su vari oggetti (nella specie, circa la nomina di amministratori societari), il loro diritto di voto in assemblea. Il vincolo che discende da tali patti opera, pertanto, su di un terreno esterno a quello dell'organizzazione sociale (dal che, appunto, il loro carattere «parasociale» e, conseguentemente, l'esclusione della relativa invalidità ipso facto), sicché non è legittimamente predicabile, al riguardo, né la circostanza che al socio stipulante sia impedito di determinarsi autonomamente all'esercizio del voto in assemblea, né quella che il patto stesso ponga in discussione il corretto funzionamento dell'organo assembleare (operando il vincolo obbligatorio così assunto non dissimilmente da qualsiasi altro possibile motivo soggettivo che spinga un socio a determinarsi al voto assembleare in un certo modo), poiché al socio non è in alcun modo impedito di optare per il non rispetto del patto di sindacato ogni qualvolta l'interesse ad un certo esito della votazione assembleare prevalga sul rischio di dover rispondere dell'inadempimento del patto.

In tema di contratti cosiddetti «parasociali», il patto in virtù del quale alcuni soci di una spa si vincolino a fare sì che coloro che detengono le partecipazioni azionarie, in loro possesso all'atto della conclusione del patto, abbiano e conservino la possibilità di designare un certo numero di amministratori e di sindaci della società, non è nullo, pur essendo a tempo indeterminato, non implicando una limitazione alle possibilità del socio di esercitare liberamente il proprio diritto di voto in assemblea, e potendo, quanto al rapporto meramente obbligatorio da esso derivante, essere in ogni tempo oggetto di recesso unilaterale da parte del socio firmatario.

I patti parasociali (e, in particolare, i cosiddetti sindacati di voto) sono, nella loro composita tipologia (che non consente, pertanto, la riconduzione ad uno schema tipico unitario), accordi atipici, volti a disciplinare, in via meramente obbligatoria tra i soci contraenti, il modo in cui dovrà atteggiarsi, su vari oggetti (nella specie, circa la nomina di amministratori societari), il loro diritto di voto in assemblea. Il vincolo che discende da tali patti opera, pertanto, su di un terreno esterno a quello dell'organizzazione sociale (dal che, appunto, il loro carattere «parasociale» e, conseguentemente, l'esclusione della relativa invalidità ipso facto), sicché non è legittimamente predicabile, al riguardo, né la circostanza che al socio stipulante sia impedito di determinarsi autonomamente all'esercizio del voto in assemblea, né quella che il patto stesso ponga in discussione il corretto funzionamento dell'organo assembleare (operando il vincolo obbligatorio così assunto non dissimilmente da qualsiasi altro possibile motivo soggettivo che spinga un socio a determinarsi al voto assembleare in un certo modo), poiché al socio non è in alcun modo impedito di optare per il non rispetto del patto di sindacato ogni qualvolta l'interesse ad un certo esito della votazione assembleare prevalga sul rischio di dover rispondere dell'inadempimento del patto.

In tema di contratti cosiddetti «parasociali», il patto in virtù del quale alcuni soci di una spa si vincolino a fare sì che coloro che detengono le partecipazioni azionarie, in loro possesso all'atto della conclusione del patto, abbiano e conservino la possibilità di designare un certo numero di amministratori e di sindaci della società, non è nullo, pur essendo a tempo indeterminato, non implicando una limitazione alle possibilità del socio di esercitare liberamente il proprio diritto di voto in assemblea, e potendo, quanto al rapporto meramente obbligatorio da esso derivante, essere in ogni tempo oggetto di recesso unilaterale da parte del socio firmatario.

Cass. civ. n. 9975/1995

In tema di contratti cosiddetti «parasociali», il patto, in virtù del quale alcuni soci di una spa si vincolino a fare sì che coloro che detengono o deterranno le partecipazioni azionarie, in loro possesso all'atto della conclusione del patto, abbiano e conservino la possibilità di designare un certo numero di amministratori e di sindaci della società, è nullo non realizzando un interesse meritevole di tutela, in quanto, essendo a tempo indeterminato ed implicando una limitazione alle possibilità del socio di liberarsi delle proprie quote, trasferendole a terzi, contrasta con il generale atteggiamento di disfavore dell'ordinamento nei confronti delle obbligazioni di durata indeterminata.

Cass. civ. n. 7030/1994

Il patto con il quale i soci di una Srl s'impegnino nei confronti di un terzo, socio uscente ed ex amministratore unico della società, a non deliberare l'azione sociale di responsabilità nei confronti dello stesso, abdicando all'esercizio del diritto di voto pur in presenza dei presupposti dell'indicata azione, è affetto da nullità, in quanto il contenuto della pattuizione realizza un conflitto d'interessi tra la società ed i soci fattisi portatori dell'interesse del terzo ed integra una condotta contraria alle finalità inderogabilmente imposte dal modello legale di società, non potendo i soci, non solo esercitare, ma neanche vincolarsi negozialmente ad esercitare il diritto di voto in contrasto con l'interesse della società, a nulla rilevando che il patto in questione riguardi tutti i soci della società, né che la compagine sociale sia limitata a due soci aventi tra loro convergenti interessi (nella specie, coniugi).

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Consulenze legali
relative all'articolo 2341 bis Codice Civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

F.F. chiede
mercoledì 07/06/2023
“buongiorno. Richiedo il seguente chiarimento: un patto parasociale quinquennale è scaduto senza che l'evento previsto si sia verificato. L'evento è: l'obbligo di acquisto a carico dei altri soci soci della quota del socio di maggioranza relativa. Il giorno della scadenza dei patti il socio di maggioranza relativa ha richiesto il rinnovo con evidente ritardo, ma nessuno degli altri soci ha risposto alla richiesta di rinnovo. E' quindi decaduto l'obbligo nonché tutte le clausole previste dai patti stessi? Segnalo che il socio di maggioranza relativa a distanza di 5 anni insiste con l'obbligo di acquisto perchè ritiene che i patti parasociali sono ancora in vigore (?).”
Consulenza legale i 14/06/2023
Ai sensi dell’art. 19 dei patti parasociali, questi hanno durata quinquennale a decorrere dalla data di stipula; ciò significa che, decorso tale termine, perdono la loro efficacia e non producono più effetti nei confronti delle parti.
Tanto premesso, non sussiste più l’obbligo di acquisto alle condizioni di cui all’art. 16.

In ogni caso, le obbligazioni di cui ai patti parasociali non sono state adempiute, pertanto detto inadempimento può essere fonte di risarcimento del danno.
Trattandosi di veri e propri contratti di diritto privato, i patti parasociali, a differenza dallo statuto, hanno effetto soltanto tra i soci che li sottoscrivono (c.d. efficacia meramente obbligatoria); essi non sono opponibili alla società e non si trasmettono agli aventi causa.
Se un socio firmatario del patto è inadempiente avrà l’obbligo di risarcire il danno agli altri soci che fanno parte della regolamentazione pattizia; nel caso di specie, i "soci obbligati" potrebbero essere condannati in via giudiziale a risarcire il danno da inadempimento in favore di Fira, a causa del mancato rispetto delle previsioni contenute nell’art. 16 dei patti.

Alfredo C. chiede
mercoledì 29/06/2016 - Lazio
“una società srl composta dai figli di due fratelli in gruppo in parti uguali.
Vorrebbero blindare le partecipazioni in modo che in caso di un grave evento le quote vadano sempre e soltanto ad un familiare facente parte del gruppo societario.
Fare un Trust o un patto parasociale?
Grazie e cordiali saluti”
Consulenza legale i 30/07/2016
Va in primo luogo fatta una doverosa premessa sulla distinzione tra i due strumenti menzionati, completamente diversi nella forma e nella sostanza.

PATTI PARASOCIALI
I patti parasociali – che sono sempre stati utilizzati nella prassi societaria - hanno avuto riconoscimento normativo dapprima con D.Lgs n. 58/1998, cosiddetto “Testo Unico della Finanza” (artt. 122-124) e successivamente nel codice civile con gli articoli 2341 bis bis e 2341 ter ter, e sono stati disciplinati relativamente alle società per azioni. Si ritiene comunque che nulla vieti di utilizzare questi strumenti anche per altre forme di società, come le s.r.l..
I patti parasociali sono patti obbligatori interni (detti anche sindacati azionari) tra soci, che vanno al di là di quanto previsto dai patti “sociali”, ovvero Statuto e Atto costitutivo e possono avere il più svariato oggetto.

Tradizionalmente se ne distinguono tre tipi:
a) sindacati di voto: i soci si accordano preventivamente per votare in maniera uniforme nell'assemblea;
b) sindacati di blocco: si limita il trasferimento delle azioni a terzi;
c) sindacati di acquisto: si concorda l'acquisto di azioni.
La questione della loro liceità è stata molto dibattuta sia in dottrina che in giurisprudenza: secondo un’opinione diffusa essi non potrebbero porsi in contrasto con gli interessi della società; inoltre si concorda pressoché all’unanimità sul fatto che essi non possano modificare il regolamento dei rapporti sociali se non entro i limiti che l’autonomia privata incontra nel modificare la legge. Vale a dire che i patti parasociali non possono violare norme imperative di legge, per cui non si può realizzare indirettamente, attraverso uno di questi patti, quanto non è consentito realizzare direttamente in forza della legge. Ultimamente, sia i giudici che gli studiosi riconoscono la legittimità di tali patti nella quasi totalità delle ipotesi.
La durata dei patti parasociali è limitata a 5 anni e se viene stipulata una durata maggiore essa è automaticamente ricondotta al limite di legge.
Sull’efficacia dei patti parasociali dottrina e giurisprudenza dominanti ritengono che la violazione del patto parasociale dal punto di vista strettamente sociale (ovvero nei confronti della società e/o dei terzi), sia del tutto irrilevante e che il socio che l’ha stipulato rimanga pieno titolare dei diritti che ne derivano solo nei confronti degli altri stipulanti (in buona sostanza il patto non sarebbe opponibile né alla società né ai terzi).
Opinione comune, di conseguenza, è quella per cui la tutela di questi patti si ponga solamente sul piano obbligatorio e non reale, ovvero gli aderenti al patto avranno diritto solo alle azioni risarcitorie di danno nonché a tutte le azioni ed eccezioni garantite dalla disciplina delle obbligazioni e dei contratti (eccezione di inadempimento, risoluzione del contratto, ecc.).
Tali orientamenti si sono consolidati definitivamente per mezzo delle pronunce 21 novembre 2001, n. 14629 e 23 novembre 2001, n. 14865 della Corte di Cassazione. In particolare in quest’ultima sentenza la Corte, oltre a ribadire la validità dei patti parasociali, ne descrive compiutamente la portata meramente obbligatoria sostenendo che “(…) Il vincolo che discende da tali patti opera, pertanto, su di un terreno esterno a quello dell’organizzazione sociale (dal che, appunto, il loro carattere “parasociale” e, conseguentemente, l’esclusione della relativa invalidità “ipso facto”), sicché non è legittimamente predicabile, al riguardo, né la circostanza che al socio stipulante sia impedito di determinarsi autonomamente all’esercizio del voto in assemblea, né quella che il patto stesso ponga in discussione il corretto funzionamento dell’organo assembleare (operando il vincolo obbligatorio così assunto non dissimilmente da qualsiasi altro possibile motivo soggettivo che spinga un socio a determinarsi al voto assembleare in un certo modo), poiché al socio non è in alcun modo impedito di optare per il non rispetto del patto di sindacato ogni qualvolta l’interesse ad un certo esito della votazione assembleare prevalga sul rischio di dover rispondere dell’inadempimento del patto (…)”.

Appare in tutta evidenza, dunque, la facoltà per un pattista di poter votare in maniera difforme rispetto al patto o di poter sempre cedere a soggetti estranei al patto stesso la propria partecipazione, fermo restando l’obbligo di risarcire il danno agli altri pattisti i quali, a loro volta, non possono richiedere l’invalidità della delibera o della cessione della partecipazione rimanendo tali atti totalmente efficaci ed inattaccabili.

TRUST
Il trust è un istituto derivante dal diritto anglosassone ed operante in Italia solo dal 1992, anno in cui l’Italia ha ratificato la convenzione dell’Aja del 1985 sul riconoscimento di questo istituto e sulla legge applicabile ad esso.

Il trust ricorre quando un soggetto (detto settlor) sottopone dei beni, con atto mortis causa o inter vivos, sotto il controllo di un altro soggetto (detto trustee) nell’interesse di un beneficiario o per un fine specifico. In pratica è la situazione giuridica che si verifica in ogni caso in cui un soggetto (disponente) trasferisce la proprietà di determinati suoi beni a un altro soggetto affinché questi raggiunga un certo scopo, indicato dal disponente, mediante lo svolgimento di un’attività, giuridica o materiale, inerente i beni affidatigli.
Oggetto del trust possono essere beni immobili, mobili registrati, mobili non registrati e crediti.

Le sue caratteristiche principali sono:
a) che i beni del trust costituiscono una massa distinta e non fanno parte del patrimonio del trustee (sia nel caso in cui siano a lui intestati, sia nel caso in cui siano intestati ad altra persona);
b) che il trustee ha il potere-dovere di amministrare o disporre dei beni secondo quanto previsto dall’atto costitutivo o dalla legge;
c) che non è incompatibile con l’esistenza del trust il fatto che il costituente si riservi alcune prerogative o che al trustee siano riconosciuti alcuni diritti come beneficiario.
Trustee può essere un terzo o addirittura lo stesso settlor che vincola alcuni suoi beni in trust.
Oltre al trustee può essere nominato un altro soggetto, detto protector, che svolge funzioni di controllo e supplenza del trustee.
La durata del trust è determinata dal settlor ma in linea di massima non può essere perpetua. Il trust è inoltre di regola irrevocabile da parte del settlor, se non è diversamente stabilito nell’atto costitutivo.
I vantaggi del trust sono i seguenti:
- i beni del trust costituiscono un patrimonio separato, e non possono essere aggrediti né dai creditori del trustee né dai creditori del settlor; in pratica la spiccata peculiarità di questo istituto sta nel fatto che i beni del trust non sono né di proprietà del trustee, né del settlor, né, addirittura del beneficiario; infatti, i beni del trust non possono essere aggrediti neanche dai creditori del beneficiario, nel caso in cui il beneficiario sia indeterminato, in quanto rispondono unicamente delle obbligazioni contratte dal trustee nell’interesse del trust;
- il trustee non è obbligato nei confronti del disponente, come avviene nel negozio fiduciario, ma solo verso il beneficiario. Ciò avvicina la figura in esame al contratto a favore di terzo, da cui tuttavia si discosta per il fatto che il trust non si costituisce per contratto ma anche per atto unilaterale, e nessun rilievo ha la dichiarazione del beneficiario di voler profittare della stipulazione.
La difficoltà, per il nostro ordinamento, di accettare ed ammettere un istituto come il trust è che i beni del trust (specie se è a destinatario indeterminato) rimangono senza titolare; o, meglio, ancora, si tratta di beni la cui titolarità è sdoppiata: da una parte abbiamo la titolarità formale del trust, che spetta al trustee, e dall’altra la titolarità sostanziale, in capo al beneficiario. Nel nostro ordinamento, tuttavia, la proprietà non può essere sdoppiata – o perlomeno questa è l’opinione prevalente in dottrina e giurisprudenza - e la dissociazione tra titolarità e legittimazione non è ammessa.
Diversi commentatori, tuttavia, hanno offerto argomenti validi – tutti interni al nostro ordinamento giuridico – per superare le problematiche poste dal trust e sopra solo sommariamente evidenziate.
*** *** ***
Tutto quanto sopra illustrato e premesso, è evidente che il trust è istituto preferibile al quale ricorrere per risolvere il problema posto nel quesito.

Il grosso limite dei patti parasociali, infatti, è quello per cui questi, come detto, hanno valenza soltanto interna, cioè nei rapporti fra i soci che li hanno stipulati, non sono quindi opponibili alla società o a terzi. Il socio quindi può disattendere “tranquillamente” l’impegno, rispondendo unicamente del proprio inadempimento.
Il trust, invece, crea dei vincoli effettivi nella gestione societaria e nell’attuazione dell’accordo raggiunto fra i soci.

Questi dovrebbero trasferire le proprie partecipazioni al trustee, che a quel punto diventerebbe socio della società: ovviamente va vagliata preventivamente l’esistenza di clausole limitative della circolazione delle partecipazioni eventualmente contenute nello statuto societario.
Nell’atto istitutivo il trustee viene “impegnato” ad attuare il comportamento voluto dai disponenti-ex soci.
Un trust che persegua questo tipo di finalità avrà una durata strettamente correlata a quella che è la volontà dei soci di rimanere reciprocamente “vincolati”, potendo quindi eccedere il termine quinquennale che, invece, abbiamo visto essere inderogabile quando vengono stipulati patti parasociali.
Alla cessazione del trust, le quote trasferite al trustee faranno il percorso inverso, venendo ritrasferite ai disponenti che acquisiranno nuovamente la qualifica di soci.
Sarà poi opportuno che l’atto istitutivo stabilisca a priori che cosa accada in caso di morte (o di incapacità) dei disponenti (se questi sono persone fisiche), individuando i soggetti ai quali le partecipazioni debbano essere trasferite.

Impostare un simile trust in maniera corretta, pensando a tutte le possibili evenienze, non è cosa facile. Occorre un professionista che conosca (davvero) l'istituto ed abbia competenze in materia. Un qualunque avvocato o notaio non sono garanzia di felice riuscita.