Dall'articolo in esame si desume che la
società non è istituto utilizzabile al mero scopo di godere di un
bene comune (c.d. comunione di godimento). Questo perché il contratto di società deve avere ad oggetto l'
esercizio in comune di un'attività economica, normalmente di tipo imprenditoriale, nel contesto del quale il godimento di un bene comune non può essere fine a se stesso, dovendo piuttosto risultare
strumentale allo svolgimento dell’attività.
Tuttavia, il legislatore sembra avere nel tempo aperto alla configurabilità di una
società (semplice) di mero godimento. Ed infatti, l’art. 1, co. 115 della L. 244/207, successivamente prorogato dalla L. 232/2016, prevede un regime fiscale agevolato per le società commerciali che si
trasformino in
società semplici aventi per oggetto il
mero godimento di beni immobili conferiti in società, così implicitamente ammettendo che i soci possano optare per lo strumento societario anziché per la disciplina della
comunione. Tuttavia, rimane controverso in giurisprudenza e dottrina se la norma implichi, oltre alla possibilità di trasformare una società commerciale in società semplice di mero godimento, anche la possibilità di costituire
ex novo una tale società.
Un'ulteriore differenza tra fenomeno societario e comunione di godimento sta nel fatto che, mentre i beni appartenenti ad una società hanno uno specifico
vincolo di destinazione, ciò non avviene per i beni in comunione, rispetto ai quali i comproprietari esercitano un autonomo potere rispetto agli altri condividenti. Inoltre, i soci non possono provocare, a loro discrezione, lo scioglimento della comunione oppure servirsi liberamente degli stessi per fini estranei all'attività sociale.