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Articolo 1566 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Patto di preferenza

Dispositivo dell'art. 1566 Codice Civile

Il patto con cui l'avente diritto alla somministrazione [1559] si obbliga a dare la preferenza al somministrante nella stipulazione di un successivo contratto per lo stesso oggetto(1), è valido purché la durata dell'obbligo non ecceda il termine di cinque anni. Se è convenuto un termine maggiore, questo si riduce a cinque anni [1341, 2596](2).

L'avente diritto alla somministrazione deve comunicare(3) al somministrante le condizioni propostegli da terzi e il somministrante deve dichiarare, sotto pena di decadenza, nel termine stabilito o, in mancanza, in quello richiesto dalle circostanze o dagli usi, se intende valersi del diritto di preferenza [179 disp. att.](4).

Note

(1) Il patto può essere stipulato anche a favore del somministrato. Esso si limita a stabilire un diritto di preferenza (prelazione) a favore del somministrante a parità di condizioni e sempre che il somministrato si determini ad una nuova stipula. Tale patto si distingue dall'opzione (1331 c.c.), in quanto non fa nascere una proposta irrevocabile, e dal preliminare (1351, 2932 c.c.), atteso che non determina l'obbligo di una successiva stipula per le parti.
Poichè il patto è assunto volontariamente dai contraenti, ha efficacia solo obbligatoria e la sua violazione, non opponibile ai terzi, può far sorgere solo il diritto al risarcimento del danno (1218 ss. c.c.). Inoltre, la sua natura limitativa della libertà contrattuale fa ritenere che debba essere approvato specificamente per iscritto (v. 1341 2 c.c.). In analogia all'art. 2596 del c.c. deve rivestire la forma scritta ad probationem.
(2) Il termine, quindi, è tassativo ed inderogabile per le parti (v. 2596 c.c.).
(3) La comunicazione, che configura una proposta semplice (1326 c.c.), non è soggetta ad alcuna particolare forma se le parti non lo hanno stabilito (1352 c.c.).
(4) Se il somministrante si avvale della preferenza, il contratto si conclude con la sua comunicazione (1326, 1334, 1335 c.c.). Se non se ne avvale, il somministrato è libero di stipulare con altri ma purché non lo faccia a condizioni più favorevoli.

Ratio Legis

Il patto di preferenza consente al somministrante la possibilità di mantenere il rapporto di fornitura con il cliente con cui il patto viene stipulato ma, atteso che esso limita la libertà di contrarre del somministrato, deve essere temporalmente limitato.

Spiegazione dell'art. 1566 Codice Civile

Patto di preferenza

Il contratto di somministrazione è un rapporto in cui si tende, da una parte, a sfruttare al massimo un' organizzazione economica spesso complessa e costosa, e, dall'altra, ad assicurarsi per lungo tempo con efficaci garanzie la tran­quillità di un costante adeguato approvvigionamento, è un rapporto nel quale intimo, reciprocamente integrativo è il legame fra due aziende, è un rapporto il quale, pur risolvendosi in prestazioni di cose, postula o presuppone tutta un' intensa attività di lavoro.
Naturale dunque che le parti tendano a prolungarne l' operativita e ad avvalorarne le funzioni anche col ricorso a clausole contrattuali variamente inquadrate nel campo delle limitazioni di concorrenza. Onde i patti di prelazione e quelli di esclusiva: rivolti sotto aspetti diversi a porre il rapporto in un ambito chiuso quasi di monopolio, nel quale non possa penetrare la concorrenza aliena o venga limitata nella sua perturbativa invadenza. Da qui la necessità di disciplinare queste manifestazioni affinché si mantengano ad un livello tollerabile, confacente con il principio di libertà e con quello della prevalenza degli interessi generali sui particolari, che governano, equilibrandosi a vicenda, l'economia della Nazione.


Limiti all'attività di concorrenza

L'articolo in esame contempla appunto una di queste tendenze contrattuali: a limitare, nell'ambito di operatività del rapporto, l'attività di concorrenza altrui. Anzi, la limitazione ha qui questo di caratteristico, che si proietta nel futuro, oltre il termine di consumazione normale del rapporto, per incidere su quella che dovrebbe essere la naturale piena ripresa della libertà contrattuale, dopo la scadenza del contratto. Trattasi, invero, di una clausola con la quale il somministrante tende a sfruttare per tempo ulteriore la propria organizzazione economica, così come è stata predisposta ed indirizzata verso un determinato campo di assorbimento. Tendenza naturale quando si pensi che quella organizzazione viene impostata generalmente in senso tipico, e con ritmo continuativo, che non si esaurisce allo scadere del termine contrattuale. Onde il somministrante cerca di accaparrarsi la clientela del somministrato anche dopo questa scadenza con un patto di prelazione, che non elimina la concorrenza aliena — attraverso l'eventuale miglioramento delle condizioni e dei prezzi — ma lo mette in grado di fronteggiarlo senza danno del somministrato, nel senso di dover essere preferito, a parità di condizioni, per il rinnovo del contratto.

Il capoverso dell'articolo, poi, regola le modalità di funzionamento del patto, perché il comministrante venga messo tempestivamente in condizioni di potersene valere, ma, in pari tempo, perché manifesti la propria volontà al riguardo in congruo termine, onde non vincolare oltre misura la libertà di azione del somministrato.
La violazione del patto espone, come è naturale, il somministrato all'obbligo del risarcimento dei danni; non all' esecuzione specifica, ritiensi, in quanto questa consisterebbe in un adempimento infungibile di fare, di prestarsi ad una data determinazione di volontà per la rinnovazione del contratto. E, d'altra parte, perché la domanda possa essere proposta deve il somministrante dimostrarne i presupposti; nel senso che effettivamente il somministrato sia venuto nella determinazione di concludere un nuovo rapporto, intavolando trattative con terzi, senza dargliene tempestiva ed adeguata comunicazione.

II patto, così come è regolato dalla legge, funziona solo a favore del somministrante; il che può apparire un' anomalia, dato che in altri rapporti è presa invece in considerazione la posizione del consumatore. Ma la legge ha avuto riguardo alla normalità dei casi ed alla circostanza che e il somministrante che tende a sfruttare nel tempo la propria organizzazione e che, per l'apporto sociale produttivo di questa, ha titolo per una maggiore tutela.
Ma nulla impedisce — ritiensi — che, nell'ambito e con le garanzie di cui all'art. 2596, l'autonomia della volontà contrattuale possa manifestarsi validamente anche per un conforme ed analogo atteggiamento a favore del somministrato. Nel qual caso la disciplina si porrà analogicamente ed alla stregua dei principii generali.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

685 Non si è negata validità al patto di preferenza (art. 1566 del c.c.) perchè ogni vincolo alla libera attività giuridica propria non è illecito in se per se, ma in quanto è configurato in modo da costituire un legame intollerabilmente esorbitante; si è circoscritto così a un quinquennio il termine di durata massimo dell'obbligo, e si sono precisate le modalità di esercizio dal corrispondente diritto del somministrante. Altra clausola frequente nel contratto di somministrazione è quella c. d. di esclusiva, che produce l'effetto di prevenire la concorrenza a danno di una delle parti. Di essa si occupano gli art. 1567 del c.c. e art. 1568 del c.c., i quali, nel delimitarne il contenuto, hanno avuto riguardo alla particolare materia alla quale si riferisce la disciplina che essi pongono. Così si è chiarito (art. 1567 del c.c.) che l'esclusiva a favore del somministrante assume anche il valore di divieto al somministrato di provvedere con mezzi propri alla produzione delle cose che costituiscono oggetto del contratto, e, quanto all'esclusiva a favore del somministrato, si è disposto (art. 1568 del c.c.) che essa si risolve in un'obbligazione di non fare (gravante sul somministrante), circoscritta nello spazio e nel tempo; alla quale obbligazione può far riscontro, per volontà delle parti, un'obbligazione del somministrato di promuovere, nella zona assegnatagli, la vendita delle cose di cui egli ha l'esclusiva. In quest'ultimo caso il somministrato deve dare effettiva opera per conseguire il risultato promesso al somministrante; ed è esposto a responsabilità per inadempimento, anche se abbia eseguito la sua obbligazione rispetto al quantitativo minimo di cose da vendere, che sia stato eventualmente stabilito tra le parti. E' ovvio che con patto espresso i contraenti possono derogare a tale norma, la quals vige soltanto nel silenzio della convenzione. Le norme relative alla clausola di esclusiva sono sembrate meglio al loro posto in sede di contratto di somministrazione, saziate in sede di contratto di vendita, dove di solito la materia è trattata dalla dottrina: l'esclusiva si concepisce se sussiste il presupposto di una continuità o periodicità di prestazioni (come è appunto il caso della somministrazione) non pure nella vendita, che ha per oggetto prestazioni isolate. Naturalmente i principii sull'esclusività enunciati nell'attuale sede potranno essere estesi per analogia ad altri contratti, ove dell'analogia ricorrano i presupposti; e in specie ove il rapporto economico regolato dal contratto lo richieda: cosi, ad esempio, nel caso di vendita a consegne ripartite.

Massime relative all'art. 1566 Codice Civile

Cass. civ. n. 19556/2013

La disposizione dell'art. 1566 c.c., relativa al patto di preferenza nella somministrazione, è applicabile per analogia all'appalto solo se questo attenga a servizi continuativi o periodici, e riguardi la stipula di un successivo contratto di appalto per lo stesso oggetto.

Cass. civ. n. 2269/1974

In ipotesi di patto di prelazione relativo a prestazioni continuative di trasporto, sono applicabili, in quanto compatibili, le norme relative al contratto di somministrazione, giusta il disposto dell'art. 1570 c.c., e quindi anche la norma dell'art. 1566, della cui compatibilità non può dubitarsi, non essendovi nella disciplina dell'appalto alcuna disposizione contraria, e tendendo il patto, nel caso di appalto di servizi come in quello di somministrazione, allo stesso fine, cioè a tutelare l'impresa fornitrice contro la concorrenza. Dalla norma dell'art. 1566 c.c. derivano al soggetto passivo della prelazione due obblighi: l'uno, principale, consistente nel dare la preferenza al soggetto attivo nella stipulazione di un contratto avente un determinato oggetto, o di ogni contratto, avente quell'oggetto, da stipularsi nel periodo di tempo, non maggiore di cinque anni, per il quale è stato concesso il diritto; l'altro, complementare, consistente nel comunicare al titolare della prelazione le condizioni proposte da terzi, per dargli modo di dichiarare se accetta di concludere il contratto a quelle condizioni. Nel caso in cui il titolare della prelazione dichiari di accettarle (e sempreché il patto di prelazione non disponga diversamente per effetto di speciali accordi), con la notificazione dell'accettazione nel termine stabilito il contratto resta concluso tra proponente e accettante alle condizioni comunicate, per l'avvenuto incontro dei consensi. Nel caso in cui il titolare della prelazione non accetti le condizioni comunicategli, o non dichiari esplicitamente, nel termine stabilito, di accettarle, egli decade dal diritto di essere preferito nella stipulazione di quel contratto le cui condizioni gli sono state comunicate, con la conseguenza che l'altra parte è libera di stipulare con un terzo, ma a condizioni che non siano più favorevoli per il terzo di quelle comunicate all'avente diritto alla prelazione. Infatti, la stipulazione a condizioni diverse e più convenienti per il terzo senza previamente comunicarle, come le imponeva la norma dell'art. 1566, secondo comma, al predetto avente diritto (il quale, appunto perché erano migliori di quelle da lui rifiutate, le avrebbe anche potute accettare); omissione che si risolve in una violazione dell'obbligo di colui che ha concesso la prelazione di porre l'altra parte in grado di esercitarla. L'art. 1566, secondo comma c.c. impone al soggetto passivo della prelazione volontaria l'obbligo di comunicare al soggetto attivo «le condizioni» contrattuali propostegli da terzi, ma non anche di rivelargli i nomi dei proponenti né di metterlo in grado di controllare la provenienza delle proposte. Siffatte indicazioni, aventi un oggetto diverso dalle condizioni, non sono prescritte dalla legge, e neppure possono ritenersi richieste dalle finalità del patto di prelazione, a raggiungere le quali è sufficiente che al titolare della preferenza sia dato il modo di concludere il contratto alle condizioni comunicategli, e che l'altra parte non lo possa stipulare con terzi a condizioni diverse e più favorevoli per costoro.

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