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Articolo 1461 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Mutamento nelle condizioni patrimoniali dei contraenti

Dispositivo dell'art. 1461 Codice Civile

Ciascun contraente può sospendere l'esecuzione della prestazione da lui dovuta(1), se le condizioni patrimoniali dell'altro sono divenute tali da porre in evidente pericolo il conseguimento della controprestazione(2), salvo che sia prestata idonea garanzia [1179, 1959].

Note

(1) Una volta che l'esecuzione viene sospesa, lo stato di incertezza che viene a crearsi non può durare all'infinito, ma deve evolvere, se non si ha adempimento, verso l'esperimento di apposito rimedio giudiziale (1453 c.c.).
(2) E' sufficiente, a tal fine, un mero peggioramento che metta a rischio il conseguimento della prestazione, mentre non è necessaria una vera insolvenza (1186 c.c.).

Ratio Legis

La norma prevede uno strumento di autotutela anticipata per la parte di fronte al pericolo di inadempimento dell'altro contraente. Pertanto, tale strumento non opera se il pericolo non sussiste in quanto il contraente ha in altro modo garantito la controparte.

Brocardi

Exceptio non adimpleti contractus

Spiegazione dell'art. 1461 Codice Civile

Fondamento giuridico dell'istituto

Come si è visto, non può opporre l'exceptio non a. c. il contraente convenuto per l'esecuzione della sua prestazione quando esso abbia concesse all'attore un termine successivo di adempimento. In altre parole, l'exc. n. a. c. presuppone necessariamente un'identica scadenza per entrambe le obbligazioni (1460): infatti, la concessione di un termine posteriore di adempimento, fatta da un contraente all'altro, non può che significare rinunzia a quel rapporto di corrispettività temporale tra gli arricchimenti, sull'esistenza del quale invece si basa l'exc. n. a. c., come dimostrato sub art. 1460.

Ma se viene meno il rapporto di corrispettività temporale tra gli arricchimenti, non per questo cessa il rapporto di corrispettività teleologica tra gli arricchimenti che costituisce la fisionomia più caratteristica, ed in ogni caso essenziale, delle obbligazioni da contratti sinallagmatici.

Ora, questo rapporto di corrispettività teleologica corre pericolo di rottura nel caso previsto dall'art. 1461, cioè nel caso in cui il debitore, convenuto per il pagamento, per essere il suo debito già scaduto, viene a trovarsi dl fronte ad una controparte il cui debito non è ancora scaduto (e che quindi non è ancora tenuto ad adempiere) ma le cui condizioni patrimoniali sono divenute tali da porre in evidente pericolo l'adempimento successivo di detto suo debito.

L'art. 1461 appresta appunto un rimedio preventivo a quel debitore il cui debito è già scaduto diretto ad evitare la rottura del rapporto di corrispettività teleologica tra i due arricchimenti voluti dalle patti contraenti.

E’ su questo articolo che occorre ora soffermarci per determinarne la precisa funzione, i presupposti di applicazione, la costruzione giuridica e gli effetti.


Origine della norma contenuta nell’art. 1461

Il principio generale enunciato (per la prima volta) nell'art. 1461 e tratto da alcune disposizioni speciali che erano sparse qua e là nel Codice Civile del 1865 (si vedano, ad es., gli articoli #1469#, #1510#, #1786#), e corrisponde al § 321 B. G. B. il quale appurato» dispone: «Wer aus einem gegenseitigen Vertrage vorzuleisten verpflichtet ist, kann, wean nach dem Abschlusse des Vertrags in den Vermogensverhaltnissen des anderen Teiles eine wesentliche Verschlechterung eintritt, durch die der Anspruch auf die Gegenleistung gefandet wird, die ihm obliegende Leistung verweigern, bis die Gegenleistung bewirkt oder Sicherheit fur sie geleistet wird», e di tale principio generale non è che applicazione particolare la disposizione contenuta nel § 610.

L'art. 1461 corrisponde pure all'art. 83 Code Federal des Obliga­tions e di quest'ultimo costituisce pure un'applicazione l'art. 316.


Funzione dell’istituto

Nella sospensione della prestazione per il peggioramento delle condizioni patrimoniali della controparte non può ravvisarsi la figura di una exceptio non adimpleti contractus, in quanto questa ha bensì anche la funzione che è propria della sospensione ex art. 1461 (come diremo subito), ma, in più, ha una funzione preventiva contro i1 pericolo di rottura del rapporto di corrispettività temporale tra gli arricchimenti, funzione che invece non ha la sospensione di cui all'art. 1461: tanto è vero che l'applicazione dell'art. 1461 presuppone necessariamente una situazione del tutto antitetica a quella che sta a base dell'exceptio non a. c. (presuppone cioè una diversità di scadenza delle due obbligazioni corrispettive.

Pertanto, la sospensione della prestazione a titolo cautelare ha una funzione più limitata di quella che è propria dell'exceptio non a. c. La sua funzione infatti è la seguente: di rendere più efficaci e fruttuosi i rimedi che potranno essere usati successivamente nel caso di rottura del rapporto di corrispettività teleologica tra gli arricchimenti: così essa permetterà che la risoluzione per inadempimento (come pure l'eventuale contrarius consensus) possa avvenire re adhuc integra, cosa che non potrebbe avvenire se l'attuale debitore fosse tenuto subito ad eseguire la sua prestazione (nonostante il pericolo che esso corre di non avere poi la controprestazione) e successivamente si trovasse di fronte all'inadempimento della controparte.

Alla sospensione ex art. 1461 può ancora attribuirsi una funzione di coazione psicologica, in quanto essa tende ad indurre la controparte a prestare un'idonea garanzia per l'adempimento futuro della sua prestazione, ed, in ogni caso, a prepararsi in tempo per essere in grado di eseguire tempestivamente la propria prestazione.


Presupposti per l’applicazione dell’art. 1461

Questi presupposti sono:

α) che i due debiti siano a scadenza diversa;

β) l'evidente pericolo (non basterebbe un semplice «timore per il debitore a scadenza anteriore di non conseguire la controprestazione, a causa delle peggiorate condizioni patrimoniali del debitore di essa: la prova di questo evidente pericolo è a carico del convenuto, e il giudizio sull'esistenza o meno di tale pericolo è di fatto;

?) che, al momento in cui i due debiti sorsero, le condizioni patrimoniali dell'attuale richiedente fossero buone o, almeno, da non mettere in pericolo il conseguimento della prestazione da parte del creditore a termine, perché, se già allora erano cattive è da supporre che questo ultimo abbia inteso correre l’alea dell’insolvibilità del suo debitore e che, comunque abbia tenuto conto di tale pericolo nello stabilire le condizioni contrattuali (il testo dell'art. 1461 pare esplicito in questo senso: ivi si parla di «condizioni patrimoniali divenute tali da porre in evidente pericolo il conseguimento della controprestazione»). Nello stesso senso, il § 321 B.G.B. e l'art. 83 del Cod. Feder. svizzero;

δ) che il debitore a scadenza precedente non abbia rinunziato a tale potere ex art. 1461: rinunzia che si ha con l'obbligazione assunta mediante la clausola solve et repete (1462).


Costruzione giuridica

Come detto, l’art. 1461 riproduce il § 321 B.G.B. Ora, non pochi scrittori tedeschi configurano il potere di sospendere la prestazione a causa delle peggiorate condizioni economiche del debitore come una exceptio non adimpleti contractus. Costruzione questa nettamente errata [specialmente per il nostro diritto], perché: 1) l'exceptio non è ammessa che nel caso di debiti aventi la stessa scadenza; 2) perché essa è pur sempre opponibile nonostante sia stata data speciale garanzia, mentre ciò non avviene ex art. 1461; 3) perché, come detto, diversa e più ampia è la funzione dell'exceptio rispetto a quella del potere di sospensione della prestazione per peggioramento delle condizioni economiche della controparte; 4) perché, infine, nettamente diverso è il carattere del termine che viene apposto all'obbligazione del debitore in bonis.

E’ neppure appare accettabile per il nostro diritto la costruzione data da altri scrittori tedeschi al § 321 B.G.B., i quali, nel potere di sospendere la prestazione per il peggioramento della situazione patrimoniale del debitore, ravvisano un vero e proprio diritto di ritenzione (Zuruckbehaltungsrecht). Va peraltro ricordato a questo proposito che il B.G.B., pur tenendo distinto i1 diritto di ritenzione da altre fi­gure giuridiche [così dall'exceptio non adimpleti contractus: si v. i §§ 302 e 322], lo riconosce però come figura generale (§§ 273-274) e lo ammette non solo nel caso di crediti scaduti per spese fatte sulla cosa o per danni da questa cagionati (§ 273), ma anche nel caso del debitore il quale abbia contro il creditore un credito scaduto derivante dallo stesso rapporto giuridico su cui è fondata la sua obbligazione (§ 273): si cfr. anche i §§ 369, 370, 371 B.G.B.

Pertanto, se per la dottrina tedesca può essere giustificato il ricorso al diritto di ritenzione per spiegare la norma contenuta nel § 321, tale costruzione è senz'altro da scartare nel caso dell'articolo 1461 del nostro Codice, per la natura del tutto speciale ed eccezionale del nostro diritto di ritenzione il quale spetta unicamente al creditore di somma per indennità o rimborsi nascenti da spese effettuate per date cose di cui è stato in possesso, con o senza diritto (ma, se senza, in buona fede) e che deve restituire, e tale diritto consiste nel potere di trattenere le cose stesse, rifiutandone la riconsegna, fino a che non sia pagato o soddisfatto del suo credito (748, 975, 1006, 1011, 1152, 15022). Si aggiunga che il potere di ritenzione ha la stessa funzione e struttura del potere che spetta al creditore pignoratizio: il che esclude definitivamente la possibilità di ricorrere alla figura della ritenzione per costruire giuridicamente il potere di sospendere la prestazione ex art. 1461.

Infine, un'altra parte della dottrina tedesca, per spiegare il § 321, fa ricorso alla c.d. clausola rebus sic stantibus. Ma, a parte ogni altra considerazione, anche questa costruzione giuridica mi pare assolutamente inaccettabile per il nostro diritto nel quale la clausola r. s. st. può applicarsi unicamente ai contratti ad esecuzione continuata o periodica, ovvero ad esecuzione differita, e il cui presupposto necessario è dato, non già dalle peggiorate condizioni economiche del debitore, bensì dalla eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione di una delle parti a causa del verificarsi di avvenimenti straordinari ed imprevedibili (1467).

La costruzione giuridica del potere di sospendere la prestazione ex art. 1461 è la seguente. Occorre distinguere due ipotesi: A) ipotesi in cui il peggioramento delle condizioni patrimoniali dell'attore sono tali da rendere applicabile il disposto dell'art. 1186 (decadenza dal termine): in questa ipotesi si avrà che, decadendo l'attore dal beneficio del termine, il suo debito viene senz'altro a scadenza, onde, venendosi a trovare di fronte due debiti entrambi scaduti, il convenuto potrà opporre la vera e propria exceptio non adimpleti contractus ex art. 1460

B) ipotesi in cui l’art. 1186 non può trovare applicazione: in questo caso, quando ricorrano i presupposti, al debito del convenuto viene apposto, ex lege, un nuovo termine di adempimento la cui scadenza si avrà nel momento in cui verrà a cessare il pericolo per il debitore di perdere la controprestazione (il che avverrà, ad es., nel caso in cui sia prestata idonea garanzia), e in ogni caso tale termine non potrà essere posteriore al termine inerente al debito dell'attore (perché in questo momento il convenuto potrà opporre l'exceptio non adimpleti contractus) o al momento dell'estinzione di detto debito (perché in questo caso verrà meno il rapporto di corrispettività tra gli arricchimenti, per cui non sarà più applicabile né il 1460 né il 1461).

Questo termine presenta le seguenti caratteristiche:
a) è un termine che inerisce al contenuto dell'obbligazione,
b) è un termine incertus quando,
c) è un termine a favore del debitore della prestazione anticipata, il quale quindi può rinunziarvi,
d) è un termine accordato dalla legge (previo accertamento della situazione patrimoniale del debitore a scadenza successiva), la quale ciò fa basandosi sulla volontà causale delle parti,
e) il carattere di questo termine differisce da quello che si ha nell'exceptio non adimpleti contractus perché qui detto termine si riferisce ad una sola obbligazione (quella del debitore in bonis) e perché la sua scadenza non può considerarsi come dipendente dalla pura volontà della controparte, e se questa può anche farlo scadere prestando idonea garanzia (1461), la prestazione di questa garanzia non costituisce affatto il contenuto di un obbligo: per questa ragione, il problema (che potrebbe sorgere e che non consta essere stato esaminato) del momento iniziale della prescrizione estintiva del rapporto giuridico a cui quel termine inerisce va risolto in senso opposto a quello adottato in tema di exceptio non adimpleti contractus: cioè, la prescrizione comincerà a decorrere solo dalla scadenza di detto termine.


Il potere di sospensione ex art. 1461 nel processo: A) Legittimazione attiva e passiva; B) L’ionere della prova; C) Possibilità di condanna del convenuto (il quale opponga il potere di sospendere la propria prestazione ex art. 1461) sotto la condizione che sia a lui prestata un’idonea garanzia

A) Per quanto riguarda la legittimazione attiva e quella passiva si rinvia ai principi esposti a proposito dell'exceptio non a. c., i quali saranno qui applicabili, tenendo conto della particolarità del potere ex art. 1461.

B) Per quanto riguarda l'onere della prova, pare che questo incombe a chi sostiene il peggioramento delle condizioni patrimoniali dell'attore (cioè, incombe al convenuto).

C) A differenza di quanto detto a proposito dell'exceptio non adimpleti contractus, pare che nel caso in cui il convenuto opponga alla domanda dell'attore, il potere di sospendere la propria prestazione ex art. 1461, il giudice (sempre che risulti dimostrato il peggioramento delle condizioni patrimoniali dell'attore ex art. 1461), anziché limitarsi a respingere puramente e semplicemente la domanda dell'attore, possa condannare i1 convenuto sotto condizione che sia prestata idonea garanzia a favore del convenuto stesso.

Infatti, è necessario qui porre bene in evidenza che, mentre ex art. 1460 l'exc. n. a. c. è sempre opponibile nonostante l'offerta o la dazione di idonea garanzia da parte dell'attore (in quanto qui si tratta di due obbligazioni entrambe scadute e ciascun creditore ha senz'altro diritto di avere la prestazione a lui dovuta), invece l'art. 1461 pone come fungibile, di fronte al potere di sospendere la prestazione, una misura di garanzia, quale la cauzione di adempiere nel termine stabilito: ciò perché il debito dell'attore è ancora da scadere. Certo che questa cauzione ha una funzione diversa da quella propria del potere di sospendere la propria prestazione, perché, mentre quest'ultima è diretta a rendere più efficaci e fruttuosi i rimedi che potranno essere in seguito usati contro la rottura del rapporto di corrispettività teleologica tra gli arricchimenti (così, ad. es., a permettere che la risoluzione per inadempimento avvenga re adhuc integra), invece la prestazione della garanzia ex art. 1461 tende semplicemente a garantire la fruttuosità dell'esecuzione per il credito a scadenza successiva. Ma è indiscutibile che la legge (art. 1461) dà diritto all'attore di neutralizzare il potere di sospendere la prestazione del convenuto mediante la dazione di idonea garanzia (appunto perché i1 debito del convenuto è già scaduto, mentre non lo è ancora quello dell'attore).

Quindi, pare che, in forza di tale principio, il problema se il giudice possa condannare il convenuto ad adempiere la sua obbligazione scaduta sotto condizione che l'attore dia cauzione, debba essere risolto affermativamente.


Cause che impediscono o che estinguono il potere di sospendere la prestazione ex art. 1461

Sono:
1) la rinunzia a tale potere;
2) la cessazione del pericolo per il debitore di perdere la controprestazione [es., in seguito a dazione di idonea garanzia a favore del convenuto (1461)];
3) la scadenza anticipata del termine inerente al contenuto dell'obbligazione dell'attore ex art. 1186: in questo caso potrà trovare applicazione l’art. 1460 (exceptio non adimpleti contractus) e non più l'articolo 1461.


Considerazioni finali

Il potere di sospendere la prestazione è un potere ex lege (1461): ma un tale potere può anche sorgere da un patto speciale, nel quale si potranno stabilire presupposti diversi da quelli richiesti dall'art. 1461. Un tale patto, peraltro, se predisposto da uno dei contraenti, dev'essere redatto e approvato per scritto (1341).

Il potere di sospendere la prestazione ex art. 1461 può essere esercitato stragiudizialmente dall'interessato. Applicazione particolare del principio contenuto nell'art. 1461 è la disposizione dell'art. 1822, riguardante la promessa di mutuo.

Principi speciali, contenuti nel R. D. 16 marzo 1942, n. 267, valgono nel caso di fallimento. Infatti, per i contratti conchiusi prima della dichiarazione di fallimento di un contraente e che si trovino in corso di esecuzione quando tale dichiarazione avviene, vale il seguente principio generale: il contraente in bonis non può essere costretto ad adempiere, ove, dal canto suo, non adempia integralmente il curatore (nell'interesse dei creditori) (articoli 72, 73, 74, 75 infine, 80, 81, 82 del R. D. cit.).

In altri casi invece, il fallimento di un contraente scioglie di diritto il contratto in corso di esecuzione o non ancora eseguito: questo avviene per il contratto di borsa a termine (76); per l'associazione in partecipazione (77); per il conto corrente, il mandato e la commissione (78); per l'appalto (81).

Il concordato preventivo lascia inalterati i contratti in corso (si vedano a questo proposito gli articoli 167-169 del R. D. cit.).

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

662 La sospensione della prestazione è considerata legittima quando è conforme a buona fede (art. 1460 del c.c. e art. 1461 del c.c.; cfr. anche art. 1565 del c.c.); così se la prestazione non adempiuta è di lieve importanza, l'inadempimento di una parte non può invocarsi dall'altra per giustificare il proprio. Anche quando talvolta la legge consente la sospensione di fronte ad una inadempienza di lieve entità (art. 1565), la deviazione dal principio generale di proporzione è soltanto apparente, perché si pone in tal caso l'obbligo di preannunziare la sospensione della propria prestazione; in modo che l'insistere nell'inadempimento, nella specifica ipotesi legale, converte in grave ciò che grave di per sé non sarebbe. È da notare il ristretto ambito entro cui funziona la clausola del solve et repete (art. 1462 del c.c.). Essa non impedisce di opporre le eccezioni di nullità, di annullabilità o di rescindibilità del contratto, perché tali impugnative investono l'efficacia stessa della clausola, che non può esplicare validamente la sua funzione prescindendo dalla valida esistenza del contratto che la contiene, e quindi in contrasto con ogni principio di buona fede. Nell'ipotesi poi in cui ha pieno effetto, la clausola non deve servire a preordinare un'autotutela quando motivi gravi inducono a ritenere che ciò sia esorbitante. Il giudice, delibando l'eccezione, può constatare che essa presenta elementi di fondatezza, che vi sia addirittura già una prova semipiena o che sia possibile una pronta indagine sull'eccezione in tal caso, se si ammettesse una pronunzia sulla domanda, che non tenga conto delle eccezioni, si rivestirebbe il contratto di una forza giuridica superiore a quella che ha il titolo cambiario, contro il quale, non ostante il tradizionale rigore della relativa materia, sono opponibili le eccezioni personali di non lunga indagine (art. 65, secondo comma, legge cambiaria). Perciò l'art. 1462 consente che il giudice, anche di fronte alla clausola del solve et repete, possa rinviare la pronunzia sulla domanda quando esistono gravi motivi che giustificano una sospensione della condanna; salvo, a somiglianza di quanto dispone la legge cambiaria, il potere di imporre al debitore, se del caso, un cauzione.

Massime relative all'art. 1461 Codice Civile

Cass. civ. n. 3351/2023

La dichiarazione di fallimento non integra, ai sensi dell'art. 2119, secondo comma c.c., una giusta causa di risoluzione del rapporto, sicché esso non si risolve ex lege, per effetto dell'apertura della procedura concorsuale, ma entra in una fase di sospensione, così deviando dall'ordinario principio di diritto comune, che attribuisce una tale tutela alla parte non inadempiente, in virtù dell'eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c., ovvero alla parte non insolvente, in virtù della facoltà di sospensione della propria prestazione ex art 1461 c.c. Un tale sistema si giustifica perché il curatore, a tutela della soddisfazione delle ragioni dei creditori cui la procedura fallimentare è finalizzata, abbia un tempo per valutare la convenienza di una scelta, autorizzata dal comitato dei creditori, tra il subentro nel rapporto, assumendone tutti gli obblighi del datore di lavoro fallito, ovvero lo scioglimento dal rapporto medesimo, senza assumerne alcun obbligo. Qualora, il curatore fallimentare opti per lo scioglimento del rapporto, esso cessa per effetto non già della dichiarazione di fallimento ex se, bensì, in presenza di un giustificato motivo oggettivo quale, ad esempio, la cessazione dell'attività di impresa, per effetto dell'esercizio di una facoltà comunque sottoposta al rispetto delle norme limitative dei licenziamenti individuali e collettivi.

Cass. civ. n. 16914/2022

In tema di revocatoria fallimentare della compravendita stipulata in adempimento di contratto preliminare, l'accertamento dei relativi presupposti va compiuto con riferimento alla data del contratto definitivo, in quanto l'art. 67 l.fall. ricollega la consapevolezza dell'insolvenza al momento in cui il bene, uscendo dal patrimonio, viene sottratto alla garanzia dei creditori, rendendo irrilevante lo stato soggettivo al tempo del preliminare (salvo che ne sia provato il carattere fraudolento), tenuto anche conto che, qualora al momento della stipula del contratto definitivo si presenti il pericolo di revoca dell'acquisto per la sopravvenuta insolvenza del promittente venditore, il promissario acquirente ha comunque la facoltà di non concludere il contratto di compravendita, invocando il disposto dell'art. 1461 c.c.

Cass. civ. n. 24698/2020

La dazione di ipoteca a favore di un terzo è un negozio unilaterale, non un contratto sinallagmatico, e ad essa non si applica la disciplina prevista dall'art. 1461 c.c., il presupposto della quale è la sussistenza di un contratto a prestazioni corrispettive, vale a dire un contratto in cui ognuna delle parti assuma una obbligazione verso l'altra, e rispetto al quale ciascuna di tali obbligazioni sia, nello stesso tempo, causa e effetto dell'altra.

Cass. civ. n. 10117/2018

In favore dell'imprenditore che somministri beni o presti servizi in regime di monopolio legale, trovano applicazione, in assenza di espressa deroga, non solo l'art. 1460 c.c., sull'eccezione di inadempimento, ma anche l'art. 1461 c.c., sulla facoltà di sospendere l'esecuzione della prestazione dovuta quando sussista un evidente pericolo di non ricevere il corrispettivo in ragione delle condizioni patrimoniali dell'altro contraente, trattandosi di previsioni compatibili con l'obbligo, posto dall'art. 2597 c.c., di contrattare e di osservare parità di trattamento. L'applicabilità dell'art. 1461 c.c., come delle altre disposizioni dettate a presidio del nesso di sinallagmaticità nella fase di esecuzione dei contratti a prestazioni corrispettive, comporta che il pagamento del debito liquido ed esigibile, ricevuto dal monopolista nell'anno che precede la dichiarazione di fallimento del somministrato o dell'utente, con la consapevolezza del suo stato d'insolvenza, resta soggetto alla revocatoria di cui all'art. 67, comma 2, l. fall., non trovandosi il monopolista in una situazione differenziata rispetto agli altri creditori, e difettando di conseguenza i presupposti per cogliere nell'art. 2597 c.c. una implicita previsione di esenzione dalla revocatoria stessa. (Fattispecie relativa a pagamenti di diritti e tasse aeroportuali effettuati da un vettore aereo in favore di un gestore aeroportuale).

Cass. civ. n. 6040/2016

In tema di revocatoria fallimentare di compravendita stipulata in adempimento di contratto preliminare, l'accertamento dei relativi presupposti va compiuto con riferimento alla data del contratto definitivo, in quanto l'art. 67 l.fall. ricollega la consapevolezza dell'insolvenza al momento in cui il bene, uscendo dal patrimonio, viene sottratto alla garanzia dei creditori, rendendo irrilevante lo stato soggettivo con cui è assunta l'obbligazione, di cui l'atto finale comporta esecuzione, salvo che ne sia provato il carattere fraudolento; inoltre, qualora nel momento fissato per la stipulazione del contratto definitivo, sussista pericolo di revoca dell'acquisto per la sopravvenuta insolvenza del promittente venditore, il promissario acquirente ha la facoltà di non addivenire alla stipulazione, invocando la tutela dell'art. 1461 c.c..

Cass. civ. n. 3390/2016

In tema di preliminare di vendita, il pericolo di evizione del bene a fronte del quale, ai sensi dell'art. 1481 c.c., il promittente acquirente ha la facoltà di rifiutarsi di concludere il contratto definitivo, deve essere concreto ed attuale, sicché non ricorre, di per sé, nell'ipotesi di fallimento del dante causa del promissario venditore, per l'eventualità, solo astratta, che venga proposta un'azione revocatoria.

Cass. civ. n. 2217/2013

L'art. 1461 c.c., il quale, basandosi sul principio "inadimplenti non est adimplendum", consente ad un contraente di sospendere l'esecuzione della propria prestazione se ha il timore, dimostrato dalle peggiorate condizioni economiche dell'altra parte - ipotesi cui si può assimilare anche quella della conoscenza di una mutata situazione patrimoniale acquisita dopo la conclusione del contratto - di non poter ottenere l'adempimento della controprestazione, è applicabile anche al contratto preliminare, e legittima pertanto il rifiuto della stipula del definitivo, pur se le prestazioni da adempiere contemporaneamente non sono ancora eseguibili, mentre la persistenza del pericolo di conseguire la prestazione, dopo la scadenza del termine di adempimento, legittima la richiesta di risoluzione del preliminare.

Cass. civ. n. 4320/2008

Nei contratti a prestazioni corrispettive, l'eccezione dilatoria di cui all'art. 1461 c.c. (mutamento nelle condizioni patrimoniali dei contraenti) può essere opposta da una delle parti quando la situazione patrimoniale dell'altro contraente venga a deteriorarsi in maniera tale da porre in evidente pericolo il conseguimento della prestazione cui ha diritto il contraente in bonis. Inoltre, per la sua applicabilità, non è neppure necessario che tale modificazione patrimoniale sia sopravvenuta rispetto al contratto, essendo sufficiente che il contraente che oppone la sospensione della sua prestazione ne sia venuto a conoscenza successivamente e che egli non l'abbia conosciuta o potuta conoscere con la normale diligenza (nella fattispecie, relativa ad un contratto di fornitura di tessuto, si è ritenuta giustificata la mancata consegna di nuova stoffa, a fronte dell'inadempimento di precedenti fatture per decine di milioni, della richiesta di concordare un piano di rientro e del mancato pagamento dell'ultima rata di esso).

Cass. civ. n. 17632/2007

La sospensione dell'esecuzione della prestazione contrattuale, nei casi in cui è consentita dall'art. 1461 c.c., non richiede per la sua validità alcuna previa comunicazione o dichiarazione alla controparte, né è necessario che la relativa decisione sia adottata prima della scadenza del termine previsto per l'adempimento.

Cass. civ. n. 1232/2004

In favore dell'imprenditore che somministri beni o presti servizi in regime di monopolio legale, trovano applicazione, in assenza di espressa deroga, non solo l'art. 1460 c.c., sull'eccezione di inadempimento, ma anche l'art. 1461 c.c., sulla facoltà di sospendere l'esecuzione della prestazione dovuta quando sussista un evidente pericolo di non ricevere il corrispettivo in ragione delle condizioni patrimoniali dell'altro contraente, trattandosi di previsioni compatibili con l'obbligo, posto dall'art. 2597 c.c., di contrattare e di osservare parità di trattamento. L'applicabilità di detto art. 1461 c.c., come delle altre disposizioni dettate a presidio del nesso di sinallagmaticità nella fase di esecuzione dei contratti a prestazioni corrispettive, comporta che il pagamento del debito liquido ed esigibile, ricevuto dal monopolista nell'anno che precede la dichiarazione di fallimento del somministrato o dell'utente, con la consapevolezza del suo stato d'insolvenza, resta soggetto alla revocatoria di cui all'art. 67, secondo comma, della legge fallimentare, non trovandosi il monopolista in una situazione differenziata rispetto agli altri creditori, e difettando di conseguenza i presupposti per cogliere nell'art. 2597 c.c. una implicita previsione di esenzione dalla revocatoria stessa. (Fattispecie relativa a pagamenti effettuati in favore dell'Enel, prima del fallimento, per consumi di energia elettrica).

Cass. civ. n. 7060/2002

L'eccezione dilatoria di cui all'art. 1461 c.c., applicabile anche ai contratto preliminare, può essere opposta, in via di autotutela e con funzione cautelare, da una delle parti del contratto a prestazioni corrispettive quando il mutamento della situazione patrimoniale dell'altro contraente venga a deteriorarsi in maniera seria ed irreversibile e divenga tale da porre in evidente pericolo il conseguimento della prestazione cui ha diritto il contraente in bonis; per l'applicabilità dell'art. 1461 c.c. non è necessario che tale modificazione patrimoniale sia sopravvenuta rispetto al contratto, essendo sufficiente che il contraente che oppone la sospensione della sua prestazione ne sia venuto a conoscenza successivamente e che egli non l'abbia conosciuta o potuta conoscere con la normale diligenza. Detta eccezione può, tuttavia, essere paralizzata da un'offerta di idonea garanzia da parte del contraente le cui condizioni economiche siano mutate.

Cass. civ. n. 1574/1999

L'eccezione dilatoria prevista dall'art. 1461 c.c. consiste nel potere, attribuito ad una delle parti del rapporto obbligatorio con prestazioni corrispettive, di sospendere in modo legittimo l'esecuzione della propria prestazione, bloccando temporaneamente l'attuazione dell'altrui pretesa, in presenza di un mutamento in peius delle condizioni economiche dell'altra parte, tale da mettere in evidente pericolo il conseguimento della controprestazione. Un tale potere non è circoscritto al caso in cui una delle due obbligazioni corrispettive debba essere adempiuta prima dell'altra, ed il pericolo deve connotarsi per serietà e concretezza e deve risultare attuale e non già soltanto ipotizzabile in futuro, anche quando la controprestazione non sia ancora scaduta. Ai fini della sospensione della esecuzione della prestazione — peraltro — anche un dissesto delle condizioni economiche intervenuto prima della stipulazione del contratto può assumere rilevanza, purché l'altro contraente sia venuto a conoscenza di ciò solo dopo la stipulazione del contratto.

Cass. civ. n. 602/1999

L'art. 1461 c.c., che basandosi sul principio inadimplendi non est adimplendum, consente ad un contraente di sospendere l'esecuzione della propria prestazione se ha il timore, dimostrato dalle peggiorate condizioni economiche dell'altra parte — potendosi a tale ipotesi assimilare anche quella della conoscenza successiva alla conclusione del contratto — di non poter ottenere l'adempimento della controprestazione, è applicabile anche al contratto preliminare, e legittima pertanto il rifiuto della stipula del definitivo, pur se le prestazioni, da adempiere contemporaneamente, non sono ancora esigibili, mentre la persistenza del pericolo di conseguire la prestazione dopo la scadenza del termine di adempimento, legittima la richiesta di risoluzione del preliminare.

Cass. civ. n. 11350/1998

L'art. 67 l. fall., nel prevedere l'esperibilità dell'azione revocatoria per i pagamenti di debiti liquidi ed esigibili nell'anno anteriore alla dichiarazione di fallimento, presuppone che il creditore soddisfatto abbia avuto la possibilità, conoscendo l'insolvenza del debitore, di sospendere o rifiutare la propria prestazione; ne consegue che, nella ipotesi di contratti di somministrazione in regime di monopolio, poiché ai sensi dell'art. 2597 c.c., l'obbligo del monopolista di contrarre con chiunque richieda le prestazioni che formano oggetto dell'impresa riguarda non solo la fase genetica ma anche quella funzionale del rapporto, (dovendosi ritenere che il legalmonopolista non può rifiutarsi non solo di concludere il contratto, ma anche di eseguire la prestazione, senza che abbiano alcun rilievo le condizioni personali o patrimoniali dell'utente al momento della conclusione del contratto o durante la sua esecuzione) i pagamenti effettuati dal somministrato nell'anno anteriore alla dichiarazione di fallimento non sono soggetti alla revocatoria di cui all'art. 67 l. fall., attesa l'impossibilità, per il creditore soddisfatto, di avvalersi della previsione di cui all'art. 1461 c.c.

Cass. civ. n. 3713/1996

A norma dell'art. 1461 c.c. il contraente può sospendere l'esecuzione della prestazione da lui dovuta quando sussista un pericolo attuale di inadempimento della controprestazione, ancorché questa non sia ancora né scaduta, né liquida. Siffatta situazione di pericolo può essere correttamente desunta dalla comunicazione dalla quale l'altra parte dichiari di non volere adempiere la controprestazione.

Cass. civ. n. 1032/1995

Il beneficio previsto dall'art. 1461 c.c. — a norma del quale ciascun contraente può sospendere l'esecuzione della prestazione da lui dovuta se le condizioni patrimoniali dell'altro sono divenute tali da porre in evidente pericolo il conseguimento della controprestazione, salvo che sia prestata idonea garanzia — presuppone due obbligazioni corrispettive, l'una delle quali debba essere adempiuta prima dell'altra. Ne consegue che se il contraente che ha il maggior termine venga a trovarsi in gravi difficoltà, l'altro, che sarebbe già tenuto a prestare, è «facultato» a soprassedere fino a che il dissestato non dissolva il timore che la controprestazione corra il pericolo di non essere data.

Cass. civ. n. 12011/1993

Ai fini della sospensione cautelativa della prestazione, ai sensi dell'art. 1461 c.c., è indispensabile la dimostrazione di un pericolo attuale ed evidente di perdere la controprestazione, non essendo sufficiente una mera rappresentazione soggettiva (timore, preoccupazione) di pericolo, non corroborata da alcuna dimostrazione di concrete circostanze idonee a giustificarla come rispondente ad una situazione reale. (Nella specie, la S.C., enunciando il suddetto principio, ha cassato la sentenza impugnata, la quale, in relazione ad un contratto di assicurazione contro i rischi professionali, aveva ritenuto giustificata la sospensione del pagamento del premio da parte dell'assicurato sulla base della «legittima preoccupazione» del medesimo, derivata da un articolo di un giornale specializzato in argomenti finanziari, il quale aveva dato notizia della sottoposizione della società assicuratrice ad ispezione da parte dell'Isvap per la forte esposizione debitoria verso gli assicurati, preoccupazione che era stata aggravata dalle mancate risposte della compagnia assicuratrice sull'esito dell'ispezione e sulla richiesta di rettifica della notizia giornalistica).

Cass. civ. n. 3072/1982

Le norme degli artt. 1461 e 1481 c.c. sono applicabili anche al contratto preliminare, essendo dirette a garantire in tutti i contratti con prestazioni corrispettive il sinallagma funzionale tra le contrapposte prestazioni. Pertanto il promissario acquirente, quando sussiste il pericolo di rivendica del bene promesso in vendita o di revoca del futuro acquisto di esso per effetto del sopravvenuto manifestarsi dello stato di insolvenza del promittente alienante e del suo conseguente prevedibile fallimento, non solo ha la facoltà di rifiutarsi di addivenire alla stipulazione del contratto definitivo, ma può anche pretendere la stipulazione di questo con la sospensione del pagamento del prezzo.

Le norme degli artt. 1461 e 1481 c.c., le quali sono entrambe dirette a garantire nei contratti con prestazioni corrispettive il sinallagma funzionale tra le contrapposte prestazioni, in attuazione dello stesso principio cui si ispira l'art. 1460 c.c., si applicano, in forza di interpretazione meramente estensiva, anche a favore del contraente che possa essere pregiudicato dal fallimento dell'altra parte, in quanto dette norme perseguono la finalità di evitare che sia violato o alterato l'equilibrio tra le prestazioni, qualora, durante lo svolgimento del rapporto, venga a manifestarsi l'incertezza della realizzazione della controprestazione in relazione alla quale sia stata assunta l'obbligazione corrispettiva, circostanza questa che si verifica anche nell'ipotesi in cui il rapporto possa essere influenzato o condizionato dal possibile e prevedibile fallimento di uno dei contraenti.

Cass. civ. n. 1856/1974

Nel contratto di assicurazione, allorquando si verifica un mutamento delle condizioni patrimoniali dell'assicuratore tale da far venir meno la certezza della garanzia assicurativa l'assicurato può sospendere la propria prestazione in adempimento della regola generale di cui all'art. 1461 c.c.

Cass. civ. n. 1935/1972

La ratio dell'art. 1461 c.c., secondo cui il contraente in bonis può sospendere l'esecuzione della prestazione da lui dovuta, se le condizioni economiche dell'altro contraente sono divenute tali da porre in evidente pericolo il conseguimento della controprestazione, fa ritenere che non tanto la modificazione in sé stessa sia dovuta intervenire successivamente alla stipulazione quanto la conoscenza di questa modificazione da parte del contraente in bonis.

Cass. civ. n. 337/1972

Il pericolo di non conseguire la controprestazione, che, ai sensi dell'art. 1461 c.c., autorizza ciascun contraente a sospendere l'esecuzione della prestazione da lui dovuta, deve essere un pericolo attuale e non soltanto ipotizzabile in futuro e, soprattutto, deve concernere il conseguimento di una prestazione attualmente dovuta e non, invece, oggetto di una obbligazione soltanto eventuale, essendo destinata a sostituire la prestazione principale — già conseguita o conseguibile — solo nel caso dell'avveramento di una condizione.

Cass. civ. n. 3035/1971

L'applicabilità dell'art. 1461 c.c. (secondo il quale ciascun contraente può, nell'appalto, sospendere l'esecuzione della prestazione da lui dovuta nell'ipotesi prevista dalla norma) non presuppone che il contratto sia in corso di esecuzione, ma richiede soltanto che — successivamente alla conclusione del contratto stesso — si siano verificati mutamenti nelle condizioni patrimoniali dell'altra parte, tali da porre in pericolo il conseguimento della controprestazione, salvo che sia prestata idonea garanzia. Peraltro, l'evidente pericolo di non conseguire la controprestazione, di cui alla suddetta norma, non va inteso come pericolo di perdere la controprestazione medesima, bensì come pericolo di non conseguirla a termini dei patti convenuti, sicché è sufficiente a giustificare la sospensione anche l'evidente pericolo (configurabile pure nei confronti di un Ente pubblico) di non conseguirla alla scadenza stabilita.

Cass. civ. n. 2249/1970

La cautelare facoltà di sospensione attribuita al creditore dall'art. 1461 c.c. concerne le prestazioni che con quella di cui sia manifestato il pericolo di inadempimento si trovino in rapporto di corrispettività e non può quindi estendersi alla cooperazione che dal creditore sia dovuta per l'esecuzione della prestazione in suo favore, nei confronti della quale può parlarsi solo di convergenza di interessi fra le parti.

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Davide B. chiede
domenica 04/06/2017 - Lazio
“Spett.le Redazione,
Sono amministratore di una società immobiliare; nel 2012 compromessiamo in immobile in fase di costruzione; nel 2013 riceviamo un ATP per lavori non eseguiti; nel 2016 subiamo un furto di rame e dei sanitari presenti, infine, a gennaio 2017 concludiamo un accordo transattivo che stabilisce il prezzo con obbligo della parte venditrice al ripristino delle condizioni al momento dell ATP in caso non provveda autonomamente si dovrà richiedere al perito dell ATP il costo del ripristino e dedurlo dall importo -si porta però a conoscenza che nelle more il geometra incaricato ha cessato la propria professione; adesso il cliente non ha disponibilità economica ne possibilità di accedere al mutuo e sta contestando i lavori di ripristino senza però quantificare un importo e bloccando la chiusura (o la trattativa) della vendita. Al momento grava un ingente mutuo sull immobile e a partire da fine mese la società non ha più disponibilità per saldare le rate;
C'è un modo per eliminare L ipoteca a suo tempo iscritta dal cliente così da vendere L immobile ad un altro cliente interessato saldare Il mutuo?(il processo si è estinto con L accordo in fase giudiziale). Vedete altre vie di uscita per non incorrere in problemi con la banca visti anche i tempi mastodontici di un nuovo accertamento e conseguenti e tenuto conto che il cliente alla fin fine non ha la disponibilità per sua stessa ammissione?
Cordialmente si ringrazia e saluta”
Consulenza legale i 09/06/2017
Sulla base dei soli dati forniti, può dirsi che il fulcro della soluzione agli attuali problemi può individuarsi nella transazione da ultimo conclusa tra le parti, a seguito della quale risulta essere stato convenuto in maniera definitiva il prezzo che il promittente compratore dovrà corrispondere al promittente venditore in sede di stipula del definitivo, nonché gli obblighi di cui il promittente venditore si è fatto carico, ossia il ripristino delle condizioni dell’immobile al momento dell’ATP.

Ora, considerato che il promissario acquirente sta contestando l’esecuzione dei lavori di ripristino (non si sa se fondatamente o artificiosamente al solo scopo di differire il termine per la conclusione del definitivo) e considerato che sembra che in qualche modo sussistano degli indizi volti a far presumere che lo stesso promissario acquirente si trovi in una situazione di obiettiva difficoltà nell’adempiere alla propria obbligazione, una norma di cui ci può in questo momento avvalere è quella contenuta nell’art. 1461 c.c., la quale legittima la sospensione dell’esecuzione della prestazione da parte del contraente adempiente nell’ipotesi in cui le condizioni patrimoniali dell’altro contraente siano divenute tali da porre in evidente pericolo il conseguimento della controprestazione.

Trattasi di un vero e proprio strumento di autotutela, consistente nel potere (diritto potestativo) attribuito ad una delle parti di un rapporto obbligatorio con prestazioni corrispettive di provocare la temporanea paralisi dell’altrui pretesa e di sospendere, per tanto, in modo legittimo l’esecuzione della propria prestazione di fronte ad un mutamento in peius delle condizioni economiche dell’altro contraente, tale da mettere in chiaro pericolo il conseguimento della controprestazione alla prevista scadenza.

Nell’ipotesi prevista dalla norma che si esamina, il fatto lesivo è rappresentato dal deterioramento delle condizioni patrimoniali concernente la sfera economica dell’altro contraente, il che vale a differenziare tale eccezione da quella di inadempimento, nella quale il fatto lesivo è invece rappresentato da un comportamento (inadempimento, mancata offerta contestuale della prestazione).

Alla precisazione del concetto di «evidente pericolo» ha provveduto la giurisprudenza, chiarendo che deve connotarsi per serietà e concretezza e deve risultare attuale e non già soltanto ipotizzabile in futuro.
In particolare si è affermato che il pericolo di non conseguire la controprestazione, oltre che manifesto, deve connotarsi per serietà e concretezza (Cass., sez. II, 22 giugno 1994, n. 5979), mentre per quanto riguarda il requisito della sua attualità, si ritiene che debba essere sussistente al momento in cui la prestazione sospesa avrebbe dovuto essere eseguita (Cass., sez. II, 4 agosto 1988, n. 4835), ancorché la controprestazione non sia ancora scaduta, né liquida (Cass., sez. II, 19 aprile 1996, n. 3713).
Si è anche precisato che il mutamento, che giustifica l’eccezione di sospensione, è dato dal sopravvenire di circostanze incidenti sulla sostanza qualitativa e quantitativa del patrimonio dell’altro contraente, che rendono più incerto il conseguimento della controprestazione e, in ipotesi, più difficile l’utile esperimento della procedura esecutiva (Cass., sez. II, 4 agosto 1988, n. 4835; Cass. 24.2.1999, n. 1574) e che, ai fini di una corretta applicazione dell'art. 1461 c.c. non sarebbe sufficiente una semplice opinione soggettiva (timore, preoccupazione) di pericolo, non supportata da elementi oggettivi.

Nel nostro caso un chiaro indice in tal senso si ritiene che possa desumersi dalla circostanza che il promittente acquirente non solo non abbia una immediata disponibilità economica, ma non si trovi neppure nelle condizioni di ottenere un mutuo per far fronte agli impegni assunti con il preliminare.

Si ritiene estremamente utile evidenziare, a questo punto, che secondo Cassazione civile sez. II 30 gennaio 2013 n. 2217, l'art. 1461 c.c., è applicabile anche al contratto preliminare, e legittima pertanto il rifiuto della stipula del definitivo, pur se le prestazioni da adempiere contemporaneamente non sono ancora eseguibili, mentre la persistenza del pericolo di conseguire la prestazione, dopo la scadenza del termine di adempimento, legittima la richiesta di risoluzione del preliminare.

Ciò posto, dunque, al fine di evitare le lungaggini di un'ulteriore ATP, che in questo momento peraltro non porterebbe ad alcun risultato concreto (considerate le difficoltà economiche dell’altra parta), nonché al fine di evitare anche di affrontare un ordinario giudizio di cognizione volto alla risoluzione per inadempimento del preliminare, si ritiene possa essere opportuno portare a conoscenza dell’altra parte, con adeguati strumenti conoscitivi (preferibilmente un atto extragiudiziario da far notificare a mezzo ufficiale giudiziario), l’ intenzione di sospendere l’esecuzione della propria prestazione (consistente nel ripristino dello stato dell’immobile e nella conclusione del contratto definitivo) ex art. 1461 c.c., invitando contestualmente l’altra parte ad addivenire bonariamente ad una risoluzione consensuale del preliminare di vendita, da cui ne potrà conseguire la cancellazione della relativa ipoteca e la liberazione dell’immobile ai fini di una successiva rivendita.

Si tenga conto, comunque, che una consulenza più mirata e precisa potrebbe discendere soltanto da un esame analitico dei documenti su cui tale vicenda si fonda, ossia il preliminare di vendita, la consulenza redatta dal perito in sede di ATP nonché l’accordo transattivo concluso a gennaio 2017, considerato principalmente che dalla esposizione dei fatti non risulta alcun riferimento ad eventuali termini di adempimento né ad acconti versati, che potrebbero pur assumere un certo rilievo.