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Articolo 31 Testo unico sul pubblico impiego (TUPI)

(D.lgs. 30 marzo 2001, n. 165)

[Aggiornato al 17/09/2024]

Passaggio di dipendenti per effetto di trasferimento di attività

Dispositivo dell'art. 31 TUPI

1. Fatte salve le disposizioni speciali, nel caso di trasferimento o conferimento di attività, svolte da pubbliche amministrazioni, enti pubblici o loro aziende o strutture, ad altri soggetti, pubblici o privati, al personale che passa alle dipendenze ditali soggetti si applicano l'articolo 2112 del codice civile e si osservano le procedure di informazione e di consultazione di cui all'articolo 47, commi da 1 a 4, della legge 29 dicembre 1990, n. 428.

Massime relative all'art. 31 TUPI

Cass. civ. n. 17894/2014

In tema di pubblico impiego, i due termini utilizzati dall'art. 31 D.Lgs. 30 marzo 2001 n. 165 (disciplinante il passaggio diretto di personale tra amministrazioni diverse) ai fini dell'applicazione dell'art. 2112 c.c., ossia quelli di trasferimento o di conferimento di attività, esprimono, attraverso la loro ampia valenza semantica, la volontà del legislatore di comprendere nello spettro applicativo della suddetta disposizione (in funzione della tutela dei dipendenti pubblici addetti alle attività trasferite) ogni vicenda traslativa riguardante un'attività svolta dal soggetto pubblico a prescindere dallo strumento tecnico adoperato, di guisa che vi rientrano anche l'affidamento del servizio di raccolta e di gestione dei rifiuti ed il conseguente passaggio diretto dei dipendenti alla nuova affidataria.

Cass. civ. n. 7520/2010

In tema di passaggi di personale e procedure volontarie di mobilità nel pubblico impiego privatizzato, il mantenimento del trattamento economico collegato al complessivo "status" posseduto dal dipendente prima del trasferimento opera nell'ambito, e nei limiti, della regola del riassorbimento in occasione dei miglioramenti di inquadramento e di trattamento economico riconosciuti dalle normative applicabili per effetto del trasferimento, secondo quanto risulta dal principio generale posto dall'art. 34 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituito dall'art. 19 del D.Lgs. n. 80 del 1998 (ora art. 31 del D.Lgs. n. 165 del 2001), ed osservando le regole dettate dalla disposizione "de qua" nella parte in cui richiama le regole dettate dall'art. 2112 cod. civ., rese applicabili a fattispecie diversa dal trasferimento di azienda. Pertanto, con riferimento all'assegno "ad personam", previsto dall'art. 202 del D.P.R. n. 3 del 1957, innovato dall'art. 3, comma 57, della legge n. 537 del 1993, non risultando attribuito un trattamento retributivo privilegiato per il personale statale (nella specie ex docenti statali) transitato all'INPS, vale la regola generale e non sono applicabili le clausole previste nei contratti collettivi (nella specie, quelle disciplinanti il personale INPS), non venendo in questione l'art. 2, comma terzo, del D.Lgs. n. 80 del 1998 (ora art. 2, comma terzo, del D.Lgs. n. 165 del 2001) che - nel prevedere la cessazione di efficacia di trattamenti retributivi previsti da legge, regolamenti o atti amministrativi a far data dall'entrata in vigore del relativo rinnovo contrattuale, e il riassorbimento degli stessi con le modalità e nelle misure previste dei contratti collettivi - presuppone proprio un trattamento retributivo privilegiato e aggiuntivo, nella specie non esistente.

Cass. civ. n. 5709/2009

Ai sensi dell'art. 2112 c.c., applicabile al trasferimento che un ente pubblico faccia delle proprie attività ad altro soggetto, è configurabile il trasferimento di un ramo di azienda, anche prima delle modifiche introdotte con il D.L.vo n. 18 del 2001, nel caso in cui un servizio (nella specie di mensa scolastica), costituente un' entità autonoma dotata di autonomia organizzativa, sia oggetto di un'operazione di dismissione e di trasferimento ad un diverso soggetto, senza che assuma alcun rilievo, a tal fine, la circostanza che il servizio fosse assolto da una sola lavoratrice, non essendo tale circostanza incompatibile con l'autonomia organizzativa di una qualsiasi attività e, anzi, rappresentando un sintomo palese dell'assenza di specifici collegamenti con le altre strutture ed attività dell'ente pubblico.

Cass. civ. n. 23901/2008

Ai fini dell'opzione per l'ente di appartenenza, prevista dal secondo comma dell'art. 8 della legge 3 maggio 1999, n. 124, in favore del personale A.T.A. degli enti locali, le cui qualifiche e i cui profili non trovino corrispondenza nei ruoli del personale A.T.A. statale, per verificare se vi sia o meno tale corrispondenza, occorre valutare il nucleo essenziale di ciascuna delle qualifiche confrontate, senza limitarsi ad una verifica formale. Tale corrispondenza (che preclude l'esercizio dell'opzione suddetta) può conseguentemente ravvisarsi con riferimento ad un dipendente provinciale ATA con qualifica di esecutore specializzato, profilo di bidello capo, in relazione al profilo B2 di assistente tecnico del C.C.N.L. del comparto scuola, essendo comuni ai due profili i contenuti ed i modelli di attività delle mansioni centrali, costituiti dalla conduzione dei veicoli e dal riordino e conservazione di materiali ed attrezzature.

Cass. civ. n. 5691/2007

Ai fini dell'opzione per l'ente di appartenenza, prevista dal secondo comma dell'art. 8 della legge 3 maggio 1999, n. 124, in favore del personale A.T.A. degli enti locali, le cui qualifiche e i cui profili non trovino corrispondenza nei ruoli del personale A.T.A. statale, rilevano anche le previsioni, integrative della regola legale, contenute nel Decreto del Ministero della Pubblica istruzione 5 aprile 2001, di recepimento dell'accordo ARAN OO.SS. in data 20 luglio 2000, sui criteri di inquadramento del personale, fermo restando che per decidere della validità dell'opzione in base al criterio della corrispondenza fra qualifiche e profili il confronto tra i due sistemi di classificazione non va condotto alla stregua di criteri strettamente formali, dovendo essere valorizzato in definitiva il nucleo essenziale di ciascuna delle qualifiche confrontate e che è necessario tenere conto delle qualifiche e dei profili posseduti dal lavoratore presso l'ente locale di provenienza e non di quelli astrattamente corrispondenti alle diverse mansioni di fatto ivi espletate.

Cass. civ. n. 5234/2007

In tema di trasferimento del personale degli enti locali, in servizio nelle istituzioni scolastiche statali, nei ruoli del personale A.T.A. statale, ai sensi dell'art. 8 della legge n. 124 del 1999, è consentita l'opzione per l'ente di appartenenza nel solo caso di personale con qualifiche e profili professionali che non trovino corrispondenza nei ruoli del personale A.T.A. statale, cosicché, in caso di trasferimento, dovrebbero assegnati ad un diverso profilo professionale, restando escluso che questa situazione possa essere riscontrata nello svolgimento di fatto, alla dipendenze dell'ente locale e per conto delle istituzioni scolastiche statali, di mansioni non corrispondenti alla qualifica e profilo di inquadramento.

Cass. civ. n. 2265/2007

In tema di procedure volontarie di mobilità nel pubblico impiego privatizzato, in difetto di disposizioni speciali - di legge, di regolamento o di atti amministrativi -, che espressamente, e specificamente, definiscano un determinato trattamento retributivo come non riassorbibile o, comunque, ne prevedano la continuità indipendentemente dalle dinamiche retributive del nuovo comparto, si applica il principio generale della riassorbibilità degli assegni "ad personam" attribuiti al fine di rispettare il divieto di "reformatio in peius" del trattamento economico acquisito, argomentando dall'art. 34 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituito dall'art. 19 del D.Lgs. n. 80 del 1998 (ora art. 31 del D.Lgs. n. 165 del 2001), secondo le regole dettate dall'art. 2112, cod. civ., rese applicabili a fattispecie diversa dal trasferimento di azienda. A tali disposizioni speciali - attributive di trattamenti "di privilegio", in quanto non riconducibili alle fonti negoziali collettive applicabili presso l'amministrazione di destinazione - si ricollega l'ipotesi contemplata dall'art. 2, comma terzo, del D.Lgs. n. 80 del 1998 (ora art. 2, comma terzo, del D.Lgs. n. 165 del 2001) nella parte in cui stabilisce la cessazione di efficacia delle disposizioni di legge, regolamenti o atti amministrativi che attribuiscono incrementi retributivi non previsti da contratti a far data dall'entrata in vigore del relativo rinnovo contrattuale, e il riassorbimento dei trattamenti economici più favorevoli in godimento, con le modalità e nelle misure previste dei contratti collettivi.

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Consulenze legali
relative all'articolo 31 TUPI

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Cliente chiede
martedì 03/10/2023
“Sono un ex dipendente pubblico del Consorzio per l'area di sviluppo industriale della provincia della Provincia di XXX, con circa 38 anni di servizio. Con la legge regionale n. 8 del 2012 che ha disciplinato il trasferimento delle attività pubblicistiche ad IRSAP , ente pubblico , sono passato alla nuova amministrazione sino al 17-9-2017 , data di collocamento in pensione. Con sentenza del 31.5.2023 non è stata riconosciuta la solidarietà passiva per il pagamento del mio TFS prevista dall'art. 31 del d.lgs. 165-2001, coinvolgendo anche l'ente subentrante. Tale situazione mi pone in estrema difficoltà stante la carenza di liquidità dell'ente cedente in liquidazione.
Vi chiedo di conoscere il vostro avviso sulle possibilità che in appello possa rimettere la questione di legittimità costituzionale per inosservanza delle norme comunitarie (art. 117 cost.) che hanno dato origine al citato art. 31, e disparità di trattamento con altri dipendenti pubblici nelle mie stesse situazioni, ritenendo che la norma regionale non possa essere considerata norma speciale.”
Consulenza legale i 29/10/2023
L'art. 2 della l.r. n. 1/1984 definisce i Consorzi ASI come "enti di diritto pubblico non economici sottoposti alla vigilanza e tutela dell'Assessore regionale per l'industria".

I Consorzi ASI sono enti strumentali della Regione; tale affermazione trova conferma nell'art. 1, comma 1, della l.r. n. 1/1984, il quale espressamente statuisce, tra l'altro, che "la Regione siciliana svolge la propria attività di intervento nell'ambito delle aree destinate ad insediamenti industriali attraverso i consorzi per le aree di sviluppo industriale".

L’Irsap è definito “ente pubblico non economico che assicura l'esercizio unitario delle funzioni amministrative nelle aree industriali della Sicilia”. Costituito con legge regionale 12 gennaio 2012, n. 8 è sottoposto alla vigilanza, indirizzo, controllo e tutela della Regione per il tramite dell'Assessorato regionale delle attività produttive.

Lo Statuto della Regione Sicilia, all’art. 14, stabilisce che l’Assemblea regionale ha competenza esclusiva, tra l’altro per:
p) ordinamento degli uffici e degli enti regionali;
q) stato giuridico ed economico degli impiegati e funzionari della Regione, in ogni caso non inferiore a quello del personale dello Stato.

La legge della Regione Sicilia n. 10/2000 disciplina l'organizzazione degli uffici dell'Amministrazione regionale ed i rapporti di lavoro e d'impiego alle dipendenze della Regione ma anche degli enti pubblici non economici sottoposti a vigilanza e/o controllo della Regione, come i Consorzi Asi e l’IRSAP.

A parere di chi scrive, pertanto, ai sensi dello Statuto regionale e della Legge richiamata, la disciplina dei rapporti di impiego degli enti pubblici non economici come i Consorzi Asi e l’Irsap è di competenza della regione Sicilia.

Nondimeno, da un lato, secondo lo Statuto, la regione è tenuta a mantenere uno stato giuridico ed economico dei dipendenti regionali “in ogni caso non inferiore a quello dello Stato”.

Pertanto, si potrebbe argomentare che i diritti stabiliti dall’art. 31 D. Lgs. 165/2001 non possano in ogni caso essere negati ai dipendenti degli enti sottoposti a controllo della Regione Sicilia, in quanto la stessa avrebbe potestà legislativa solo in senso più favorevole.

Dall’altro lato, in subordine, nel caso in cui non si ritenesse operante l’art. 31 D. Lgs. 165/2001, la regione Sicilia sarebbe comunque tenuta, ai sensi dell’art. 117 Cost., a rispettare gli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione Europea.

Si precisa che, per l’applicabilità della normativa europea (escludendo quanto aggiunto in senso più favorevole dal legislatore italiano), si dovrebbe appunto dimostrare la natura economica delle attività esercitate dagli enti in questione e, in generale, il rispetto delle condizioni di cui all’art. 1 della direttiva europea n. 23/2001.

Infine, si condivide pienamente quanto riportato nel Parere dell’Ufficio della Funzione Legislativa della Regione Sicilia citato nella memoria allegata alla richiesta di parere.

Si potrebbe, inoltre, osservare che, anche ritenendo operante l’art. 19 della legge regionale n. 8/2012, come modificato dalla legge regionale n. 8/2016, l’applicazione dell’art. 2112 c.c. non sarebbe in contrasto con essa.

Infatti, il debito relativo al TFS non è transitato all’IRSAP. Quest’ultimo è obbligato al pagamento solo in forza del vincolo di solidarietà passiva, ma avrebbe diritto di regresso nei confronti del Consorzio ASI.


Anonimo chiede
lunedì 11/01/2021 - Veneto
“Mi sono arruolato nella Guardia di Finanza nel (omissis).
Nel 2005 sono transitato presso la Presidenza Del Consiglio, fino al 2012 in sovrannumero e successivamente assunto nel cd contingente speciale ( in pratica mentre dal 2005 ero soggetto ad una sorta di contratto a tempo determinato, dal 2012 sono stato assunto in via definitiva).
nel 2019 la Presidenza del Consiglio con provvedimento mi ha "restituito all'amministrazione della Guardia di Finanza, dove ancora attualmente presto servizio.
il mio stipendio attualmente, in qualità di Luogotenente CS, ammonta a 2.200 netti al mese, mentre presso la Presidenza del Consiglio, percepivo 3.200 euro netti al mese, oltre ad una indennità variabile (a seconda delle presenze) di 1500 euro al mese.
il mio quesito è il seguente:
è applicabile il principio della irriducibilità dello trattamento economico per i dipendenti pubblici nel caso di specie?
nel caso, per quale parte della retribuzione?”
Consulenza legale i 18/01/2021
Si rimanda innanzitutto, per un corretto inquadramento della fattispecie, alla lettura dell’art. 31, D. Lgs. 165/2001.

Secondo la giurisprudenza, in caso di passaggio di personale da un'amministrazione all'altra, ai dipendentisono garantiti la continuità giuridica del rapporto di lavoro e il mantenimento del trattamento economico per il quale, ove risulti superiore a quello spettante presso l'ente di destinazione, opera la regola del riassorbimento in occasione dei miglioramenti di inquadramento e di trattamento economico riconosciuti per effetto del trasferimento, secondo il principio generale di cui all'art. 31 del d.lgs. n. 165 del 2001, dovendosi contemperare, in assenza di una specifica previsione normativa, il principio di irriducibilità della retribuzione, con quello di parità di trattamento dei dipendenti pubblici stabilito dall'art. 45 del medesimo d.lgs.” (Cass. n. 4193/2020; Cass. 20918/2020).

Ancora, è stato affermato dalla giurisprudenza che “il principio della irriducibilità della retribuzione si estende anche alle indennità compensative di particolari e gravosi modi di svolgimento del lavoro prestato, nel senso che quella voce retributiva può essere soppressa ove vengano meno quei metodi di svolgimento della prestazione, ma deve essere conservata in caso contrario” (Trib. Napoli 18/2/2011, Giud. Galante, in Lav. nella giur. 2011, 528).

In tal senso, si è espressa anche la Corte di Cassazione nella sentenza n. 19258/2019, secondo la quale “L'irriducibilità della retribuzione, che si può desumere dal divieto di assegnazione a mansioni inferiori e dalla necessaria proporzione tra l'ammontare della retribuzione e la qualità e quantità del lavoro prestato, è stata intesa nel senso che la voce retributiva connessa ai particolari modi di svolgimento del lavoro, può esser soppressa ove vengano meno quei modi di svolgimento della prestazione, dovendo essere conservata solo in caso contrario (argomenta da Cass. 23.7.2008 n.20310). Nell'ottica descritta è stato sostenuto che il livello retributivo acquisito dal lavoratore subordinato, per il quale opera la garanzia della irriducibilità della retribuzione, prevista dall'art.2103 c.c., deve essere computato con riferimento ai corrispettivi attinenti alle qualità professionali tipiche della qualifica rivestita (cd. indennità intrinseche), con esclusione dei compensi rapportati a specifici disagi o difficoltà connessi alle prestazioni, i quali non spettano allorché vengano meno le situazioni cui erano collegati (cd. indennità estrinseche, vedi Cass. 6.12.2017 n.29247)”.

Pertanto, nel caso di specie si potrebbe applicare il principio di irriducibilità della retribuzione per quanto riguarda la paga base. Invece, per quanto riguarda l’indennità variabile, se questa, a seconda delle caratteristiche, risulti essere collegata a specifici disagi connessi con la qualifica ricoperta presso la presidenza del Consiglio dei Ministri, che non trovano corrispondenti nell’attuale posizione presso la Guardia di Finanza, la stessa non rientrerà nella retribuzione irriducibile.