Cass. civ. n. 19345/2017
In ipotesi di occupazione "sine titulo" di un fondo sottoposto ad espropriazione per pubblica utilità ed oggetto di cessione volontaria all'ente espropriante, il proprietario ha diritto, nei confronti dell'occupante, al risarcimento del danno derivante dalla mancata percezione della speciale indennità, prevista per l'ipotesi di cessione volontaria di fondi coltivati direttamente dal proprietario, di cui all'art. 45, comma 2, lett. d), del D.P.R. n. 327 del 2001.
Cons. Stato n. 3391/2016
Premessa la specialità della disciplina che connota l'istituto della cessione volontaria (giusta l'art. 45 D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, T.U. Espropriazione per p.u.) deve ritenersi che tale negozio presupponga necessariamente il suo inserirsi in una procedura espropriativa validamente avviata non solo con la dichiarazione di pubblica utilità, ma anche con la determinazione provvisoria dell'indennità; è esclusa la possibilità di configurare un accordo preliminare di cessione fra P.A. ed espropriando (Parziale riforma della sentenza del T.a.r. Veneto, sez. II, 8 settembre 2011, n. 1372) (Conforme alla sentenza Cons. St. n. 3291/2016).
Cons. Stato n. 2779/2014
Nell'espropriazione ordinaria di terreni agricoli a danno del proprietario coltivatore la "triplicazione " dell'indennità calcolata ai sensi dell'art. 45 comma 2 lett. d) T.U. 8 giugno 2001 n. 327 è incompatibile con l'indennità aggiuntiva prevista dal comma 4 dello stesso art. 40.
Cass. civ. n. 10789/2014
In tema di espropriazione per pubblica utilità, laddove l'Amministrazione espropriante pervenga all'acquisizione dell'immobile privato mediante cessione volontaria, la semplice affermazione del diritto alla riliquidazione dell'indennità di occupazione, indirizzata al debitore unitamente alla richiesta di informazioni sullo stato della procedura di liquidazione, costituisce una mera sollecitazione e non integra gli estremi della richiesta o intimazione di pagamento idonea ad interrompere la prescrizione in quanto un atto, per avere efficacia interruttiva, deve contenere, oltre alla chiara indicazione del soggetto obbligato, l'esplicitazione di una pretesa, o la richiesta scritta di adempimento, idonea a manifestare l'inequivocabile volontà del titolare del credito di far valere il proprio diritto nei confronti del soggetto obbligato, con l'effetto sostanziale di costituirlo in mora.
Cass. civ. n. 24767/2009
In materia di espropriazione per pubblica utilità, qualora sia convenuta la cessione volontaria di un terreno non edificabile da parte del proprietario non coltivatore diretto, e tale cessione sia soggetta - "ratione temporis" - alla disciplina dell'art. 12 L. 22 ottobre 1971 n. 865, la maggiorazione dell'indennità provvisoria spettante al proprietario nella misura "non superiore al 50%" sta ad indicare il tetto massimo della maggiorazione stessa, onde deve ritenersi rimessa alla facoltà delle parti la possibilità di concordare una maggiorazione con percentuale inferiore
Cass. civ. n. 26732/2007
In tema di cessione volontaria di immobile, l'accertato inadempimento dell'espropriante con conseguente sua responsabilità contrattuale, comporta la liquidazione del danno secondo le regole proprie della risoluzione del contratto di vendita per inadempimento del compratore e la conseguente inapplicabilità secondo i parametri previsti dal comma 7-bis dell'art. 5-bis D.L. n. 333 del 1992, conv. con L. n. 359 del 1992 (peraltro dichiarato incostituzionale con sentenza n. 349 del 2007), presupponendo questi ultimi una responsabilità di tipo extracontrattuale.
Cons. Stato n. 3878/2006
L'ammissibilità del provvedimento di acquisizione della proprietà privata, previsto dall'art. 45 D.p.R. 8 giugno 2001 n. 327, impone, oltre alla valutazione degli interessi in gioco, che la restituzione del bene al proprietario sia considerata la normale conclusione di una vicenda in cui sia accertato il vizio dell'esercizio del potere espropriativo, cui può sostituirsi eccezionalmente la tutela risarcitoria solo qualora la restituzione non possa avvenire.
Cass. civ. n. 5390/2006
La cessione volontaria costituisce un contratto ad oggetto pubblico che, inserito nell'ambito di un procedimento espropriativo, lo conclude eliminando la necessità di un provvedimento amministrativo di acquisizione coatta della proprietà privata, ma non esclude che un bene immobile possa essere trasferito all'ente pubblico a mezzo di un contratto di compravendita, del tutto assoggettato alla disciplina privatistica; sicché, tratti distintivi della cessione che valgono a distinguerla dall'altro strumento contrattuale, sono: a) l’inserimento del contratto nell'ambito di un procedimento di espropriazione per pubblica utilità del quale, dunque, la cessione costituisce un momento avente la funzione di realizzarne il risultato peculiare (acquisizione della proprietà dell'immobile all'espropriante) con uno strumento alternativo di natura privatistica; b) la preesistenza, nell'ambito del procedimento, non solo della dichiarazione di pubblica utilità dell'opera realizzanda, ma anche del subprocedimento di determinazione dell'indennità da parte dell'espropriante, che deve essere da quest'ultimo offerta e dall'espropriando accettata con la sequenza e le modalità previste dall'art. 12 L. n. 865 del 1971; c) il prezzo per il trasferimento volontario dell'immobile, che deve correlarsi in modo vincolante ai parametri di legge stabiliti per la determinazione dell'indennità spettante per la sua espropriazione, dai quali non è possibile in alcun modo discostarsi.
Cass. civ. n. 1603/2000
In tema di espropriazione, la causa propria del contratto di "cessione volontaria" va ricondotta ad una forma alternativa di realizzazione del procedimento espropriativo, mediante l'utilizzo di uno strumento privatistico soggetto sotto alcuni aspetti (in particolare, per la determinazione del prezzo) a norme imperative. Ne consegue sia che un tale contratto è soggetto a risoluzione per inadempimento, sia che la manifestazione dell’espropriato, riferentesi ad un prezzo non determinato dall'espropriante sulla base dei criteri legali, resti priva di ogni efficacia negoziale pubblicistica; restando comunque salva la possibilità dell’espropriato stesso, una volta rimosso il formale titolo d'acquisto per intervenuta risoluzione del contratto, di chiedere il risarcimento del danno derivante dall'inadempimento che ha dato luogo alla risoluzione.
Cass. civ. n. 11435/1999
In materia di espropriazione per pubblica utilità, la "cessione volontaria" dà luogo ad una forma alternativa di realizzazione del procedimento espropriativo, mediante l'utilizzazione di uno strumento privatistico soggetto ai principi civilistici che regolano la conclusione dei contratti e, per alcuni aspetti, tra cui in particolare la determinazione del prezzo, a norme imperative; pertanto, da un lato in caso di inadempimento trovano applicazione le norme sulla risoluzione del contratto, dall'altro la manifestazione di volontà del privato in riferimento ad un prezzo, che sia stato determinato dalla p.a., non sulla base dei criteri legali ma in violazione delle norme imperative dettate ad integrazione del contenuto necessario del contratto, è priva di efficacia negoziale pubblicistica e dotata della efficacia privatistica, salva la possibilità dell'espropriato, una volta rimosso il formale titolo d'acquisto per intervenuta risoluzione del contratto, di richiedere il risarcimento del danno derivante dall'inadempimento che ha dato luogo alla risoluzione.
Cass. civ. n. 10945/1997
In tema di espropriazione per pubblica utilità, la cessione volontaria del bene, pattuita tra espropriante ed espropriato in epoca successiva alla dichiarazione di illegittimità costituzionale dei criteri indennitari di cui alla L. n. 385 del 1980, e nella quale non risulti indicato, in concreto, il criterio ispiratore della determinazione del corrispettivo (essendosi il cedente determinato ad accettare un prezzo inferiore al valore venale del bene in attesa dell'entrata in vigore della annunciata legge sostitutiva delle norme dichiarate incostituzionali, con espressa riserva - menzionata nell'atto di cessione - di conguaglio a proprio favore, ove l'attesa normativa avesse dettato un nuovo criterio indennitario tale da comportare un incremento del valore pattuito), costituisce espressione di autonomia negoziale, a norma dell'art. 1322 c.c., e, pertanto, non consente al privato di invocare, successivamente alla cessione, quale criterio integrativo del pattuito corrispettivo, quello del valore venale del bene di cui al disposto dell'art. 39 della L. n. 2359 del 1865.