AUTORE:
Angelica Pizzuti
ANNO ACCADEMICO: 2020
TIPOLOGIA: Tesi di Laurea Magistrale
ATENEO: Universitą degli Studi di Firenze
FACOLTÀ: Giurisprudenza
ABSTRACT
Nel presente testo viene analizzata l’evoluzione normativa del lavoro accessorio, partendo dal contesto europeo, nel quale la disciplina del lavoro accessorio affonda le sue radici. Il lavoro accessorio è stato introdotto nell’ordinamento italiano con il d.lgs. 10 settembre 2003, n. 276, a seguito dell’ampia analisi della realtà italiana contenuta nel Libro Bianco sul mercato del lavoro del 2001. Si trattava di una disciplina contraddistinta da un ambito applicativo molto ristretto e da una particolare modalità di retribuzione delle prestazioni lavorative, ovvero i “buoni lavoro” o “voucher”, come alternativa ai pagamenti diretti. A partire già dal 2004 si sono susseguite nel tempo numerose modifiche normative alla disciplina originaria, le quali hanno presentato un unico comune denominatore: ampliare l’ambito applicativo della disciplina del lavoro accessorio. Ciò ha condotto ad un uso fraudolento dell’istituto, il quale si è trasformato da strumento di emersione del lavoro sommerso, in particolare nell’ambito dei servizi di prossimità e aiuto alla persona, a strumento di “precarizzazione” dei lavoratori. La disciplina del lavoro accessorio è stata così abrogata con il decreto legge 17 marzo 2017, n. 25. Il vuoto normativo creatosi nell’immediato è stato colmato dal legislatore con l’introduzione, mediante il decreto legge 24 aprile 2017, n. 50, delle prestazioni occasionali, articolate nel “contratto di prestazione occasionale” e nel “libretto famiglia”, le quali, già negli anni immediatamente successivi, sono state soggette ad un ampliamento dell’ambito applicativo con la Legge di Bilancio 2018 e con il decreto legge 12 luglio 2018, n. 87 (c.d. “Decreto dignità”).