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Articolo 3 Norme in materia di orario di lavoro

(D.lgs. 8 aprile 2003, n. 66)

[Aggiornato al 01/01/2019]

Orario normale di lavoro

Dispositivo dell'art. 3 Norme in materia di orario di lavoro

1. L'orario normale di lavoro è fissato in 40 ore settimanali.

2. I contratti collettivi di lavoro possono stabilire, ai fini contrattuali, una durata minore e riferire l'orario normale alla durata media delle prestazioni lavorative in un periodo non superiore all'anno.

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Consulenze legali
relative all'articolo 3 Norme in materia di orario di lavoro

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M. K. F. chiede
domenica 28/05/2023
“Gent.mi,

sono un infermiere che collabora in regime di libera professione (posseggo partita IVA, iscrizione all'albo e alla cassa previdenziale degli infemieri) con una cooperativa che fornisce appunto gli infermieri nelle varie strutture dell'azienda sanitaria. La cooperativa produce un turnario riportante i turni che vengono assegnati ai vari infermieri in base alle disponibilità che vengono date. Per questioni di comodità a noi infermieri è più conveniente accorpare i turni facendo turni da 24 ore continuativi ma la cooperativa ci dice che secondo la legge, come per il personale dipendente, non possiamo lavorare più di 12 ore continuative con una pausa di almeno 11 ore tra un turno e l'altro. La mia domanda è: quello che dice la cooperativa corrisponde al vero oppure, essendo liberi professionisti, possiamo decidere noi le ore da lavorare continuativamente (che sarebbero 24 ore max 36 nelle strutture dove si è in guardia passiva)?”
Consulenza legale i 02/06/2023
L’orario di lavoro costituisce il principale oggetto della prestazione lavorativa nonché fondamentale parametro retributivo nel lavoro subordinato, ma così non è nella prestazione libero professionale, ove l’organizzazione del tempo, concordata e giammai imposta d’ufficio dal committente, rappresenta per il professionista unicamente una modalità di svolgimento della propria opera.

Per quanto riguarda il lavoro subordinato, la disciplina nel dettaglio dell’orario di lavoro è devoluta per legge (D. Lgs. 66/2003) alla contrattazione collettiva nazionale (CCNL).

Il regime del contratto d’opera intellettuale segue invece il regime speciale degli artt. 2229 e ss. c.c., e non la disciplina del contratto di lavoro subordinato.

Le limitazioni in materia di orario di lavoro di cui al D. lgs. 66/2003 (in particolare, art. 3, sul riposo), pertanto, non sono applicabili al lavoro autonomo (in tal senso, ed in particolare per l’attività intramenia del personale infermieristico, si veda interpello del Ministero del lavoro n. 15/2011).

L’estensione ai liberi professionisti della disciplina vincolistico-garantista sull’orario di lavoro prevista per i lavoratori dipendenti, oltre ad essere giuridicamente infondata, può costituire un forte indice di subordinazione e potrebbe, quindi, trasformare il rapporto da lavoro autonomo a lavoro subordinato.

La Corte di Cassazione, in un caso riguardante un medico lavoratore autonomo i cui turni erano organizzati dai superiori, ha affermato che, quando l’elemento dell’assoggettamento alle direttive altrui non sia agevolmente apprezzabile per la natura intellettuale delle mansioni svolte – come nel caso della professione medica – ai fini della distinzione tra lavoro autonomo e subordinato occorre far riferimento a indici sussidiari desunti dalle concrete modalità di svolgimento del rapporto, quali l’etero-organizzazione – non limitata al coordinamento – nonché la sottoposizione a direttive sullo svolgimento dell’attività.

Nel caso di specie, le prestazioni del medico erano interamente predeterminate dai dirigenti medici a lui sovraordinati, i quali organizzavano i suoi turni e le sue sostituzioni. Di conseguenza, alla luce dei dati fattuali emergenti dal concreto svolgimento del rapporto, la figura professionale era giuridicamente riconducibile all’interno dei parametri propri dell’art. 2094 cod. civ., che qualifica il rapporto di lavoro come subordinato se il lavoratore è assoggettato al potere gerarchico e organizzativo del datore di lavoro.

Tutto quanto sopra premesso, è pur vero che molte Giunte Regionali hanno emanato Delibere che, proprio con riferimento all’attività sanitaria, estendono la normativa sulla turnazione anche ai liberi professionisti.

Inoltre, potrebbe esservi una richiesta da parte delle strutture sanitarie di rispettare le norme sulla turnazione in modo da coordinare i turni degli infermieri autonomi con quelli degli eventuali infermieri lavoratori subordinati, che, invece, devono rispettare i turni imposti dalla legge.

Il lavoratore autonomo è libero di stabilire il proprio orario di lavoro, ma deve anche rispettare quelle che sono le esigenze del committente, come stabilito nel contratto. Pertanto, il professionista potrà determinare le modalità e i tempi di svolgimento delle prestazioni, ma deve essere d’accordo con il committente, visto che, nel caso di specie, le sue prestazioni devono essere coordinate con quelle dell’intera struttura sanitaria.