Cass. civ. n. 3585/2011
In tema di concordato fallimentare, contro il decreto di omologazione che abbia altresì deciso sulle opposizioni proposte ex art. 129, comma 3, legge fall., è ammissibile il reclamo avanti alla corte d'appello ex art. 131 legge fall., mentre lo stesso rimedio è precluso se detto decreto sia pronunciato in assenza di opposizioni, ai sensi dell'art. 129, comma 4, legge fall., potendo, invece, avverso tale provvedimento, essere presentato ricorso immediato per cassazione ex art. 111 Cost.; trattasi, infatti, di decreto "non soggetto a gravame" e dotato dei caratteri della decisorietà e della definitività essendo obbligatorio per tutti i creditori anteriori, compresi quelli che non si sono insinuati al passivo, e non soggetto a gravame. Siffatta interpretazione è imposta da una lettura costituzionalmente orientata dall'art. 129, comma 4, legge fall., analoga a quella già seguita in tema di decreto di ammissione alla amministrazione controllata, secondo l'abrogato art. 188 legge fall..
Cass. civ. n. 3274/2011
Il procedimento per l'omologazione del concordato fallimentare - come disciplinato dall'art. 129 legge fall., nel testo introdotto dal d.l.vo 9 gennaio, n. 5 - non prevede l'impulso d'ufficio, bensì l'iniziativa di parte, mediante ricorso ex art. 26 legge fall., rispetto alla quale, fissando il giudice delegato il solo termine per la presentazione delle opposizioni, appare ragionevole ritenere - in assenza di previsione più specifica - che il proponente gode non già dello stesso termine particolare e, quindi, derogatorio, assegnato agli interessati all'opposizione, bensì del termine di dieci giorni dalla comunicazione dell'approvazione, previsto dal cit. art.26, in virtù del richiamo complessivo allo speciale giudizio camerale che il riferimento a tale norma comporta.
Cass. civ. n. 3327/2010
In tema di omologazione del concordato fallimentare, secondo la nuova disciplina di cui al d.l.vo 9 gennaio 2006, n. 5, applicabile "ratione temporis", avendo il legislatore demandato al curatore, al comitato dei creditori e a tutti i creditori (in sede di votazione per l'approvazione del concordato) la valutazione della convenienza del concordato, il tribunale ha solo il potere di verificare la regolarità della procedura e l'esito della votazione, provvedendo, in caso di esito positivo, ad omologare il concordato. Invece, in presenza di opposizioni all'omologazione il tribunale è tenuto ad effettuare un controllo di legalità più incisivo, dovendo esaminare e valutare i fatti costitutivi dedotti a sostegno della opposizione proposta.
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In tema di omologazione del concordato fallimentare, secondo la nuova disciplina di cui al d.l.vo 9 gennaio 2006, n. 5, applicabile "ratione temporis", qualora siano state presentate più proposte di concordato, da parte del fallito e di uno o più creditori o di un terzo, che prevedano tutte la medesima percentuale di soddisfazione dei crediti (nella specie il pagamento integrale di tutti i creditori), ma solo una di esse sia stata approvata dall'assemblea dei creditori, in presenza di opposizioni all'omologazione della stessa, il tribunale - che in tal caso non può limitarsi alla mera verifica della regolarità formale della procedura, ma deve valutare i fatti costitutivi dedotti a sostegno delle opposizioni - può omologarla solo se accerta la sussistenza di un motivo legittimo al rifiuto, da parte dell'assemblea suddetta, della proposta presentata dal fallito, restando altrimenti priva di causa giuridica l'attribuzione dei beni al terzo (o al creditore) e ingiustificato lo spostamento di ricchezza, con conseguente illegittimo impedimento al fallito, una volta tornato "in bonis", di intraprendere nuove iniziative imprenditoriali.
Cass. civ. n. 10634/2007
L'interpretazione dei patti del concordato fallimentare e della sentenza di omologazione importa una quaestio voluntatis la cui risoluzione spetta al giudice di merito e non è censurabile in sede di legittimità, se correttamente e adeguatamente motivata.
Cass. civ. n. 9405/2002
I creditori non ammessi al passivo, anche se hanno proposto opposizione contro tale esclusione, non possono opporsi all'omologazione del concordato fallimentare, atteso che legittimati a quest'ultima opposizione, ai sensi dell'art. 129, secondo comma, legge fall., sono solo i creditori dissenzienti aventi diritto al voto nel concordato, e quindi, ex art. 127 della legge stessa, i soli creditori ammessi al passivo (anche se con riserva o in via provvisoria). Né la legittimazione dei creditori, non ammessi al passivo, ad opporsi all'omologazione può fondarsi sul disposto dell'art. 136, secondo comma, legge fall., poiché, anche ad ammettere che tra i “creditori contestati” siano da comprendere anche quelli non ammessi al passivo, ma tuttora opponenti, a tale categoria di creditori la legge attribuisce, nella sola fase di esecuzione del concordato, il solo diritto all'accantonamento delle somme, se dovute e nella misura accertata in conseguenza del passaggio in giudicato della relativa sentenza.
Cass. civ. n. 1631/1995
In tema di concordato fallimentare, il decreto, con il quale il tribunale, su reclamo proposto ai sensi dell'art. 26 del R.D. 16 marzo 1942 n. 267, confermi o meno il provvedimento del giudice delegato di reiezione della proposta del concordato stesso, per il mancato perfezionarsi dell'adesione dei creditori con le prescritte maggioranze, integra decisione giurisdizionale sulla legittimità di detto esecutivo, e, pertanto, non essendo impugnabile con altri mezzi (né, in particolare, con ulteriore reclamo ex art. 739 c.p.c.), è sindacabile in sede di legittimità, ai sensi dell'art. 111 della Costituzione.
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Nella controversia promossa dal fallito, al fine di contestare il provvedimento del giudice delegato di reiezione della proposta di concordato per mancato raggiungimento della prevista maggioranza, la qualità di contraddittore necessario, in rappresentanza di tutti i creditori ed a tutela dei loro interessi, spetta al curatore, in applicazione analogica dell'art. 129 secondo comma della legge fallimentare, e non anche, pertanto, al singolo creditore (pure quando si controverta sulla computabilità del suo voto).