Il
delitto in esame presenta natura plurioffensiva, in quanto tutela la ricchezza pubblica costituita dal patrimonio zootecnico nazionale, ed in via mediata il patrimonio dei singoli.
Ai fini della configurabilità della fattispecie non è necessaria la diffusione della malattia nell'intero
territorio nazionale, o a vaste zone dello stesso, essendo
sufficiente che la possibilità di estensione, anche per facilità e rapidità di trasmissione,
faccia sorgere un concreto pericolo per l'economia rurale o forestale, ovvero per il patrimonio zootecnico nazionale.
Trassi ad ogni modo di
reato di pericolo concreto, e dunque il giudice dovrà valutare la concreta pericolosità della condotta a ledere i beni giuridici tutelati. Tuttavia, il delitto è punibile anche a titolo di
tentativo (art.
56), qualora siano commessi atti idonei e diretti in modo univoco alla propagazione della malattia.
Al
secondo comma è prevista un'autonoma fattispecie colposa.
///SPIEGAZIONE ESTESA
L'art.
500 del c.p. punisce chi propaghi, volontariamente o per mancanza delle dovute cautele, una malattia a piante o animali, la quale risulti pericolosa per l'economia rurale forestale, o per il patrimonio zootecnico dello
Stato.
La
condotta tipica consiste in
azioni od
omissioni che siano idonee a cagionare o, comunque, a non impedire la diffusione di una
malattia pericolosa per piante o animali, quali ad es. la trascuratezza nell'utilizzo di mezzi di prevenzione.
Possono essere oggetto del
reato in esame piante o animali in relazione ai quali, la diffusione di un morbo può costituire un pericolo per l'economia rurale o forestale, oppure per il patrimonio zootecnico statale. A tal fine, per
piante si intendono quei vegetali che possono servire all'economia rurale o forestale, risultandovi, pertanto, compresi non solo gli alberi, ma anche erbe, piante da fiore, da frutto o da ornamento, purché rilevanti per l'economia. Rientrano, invece, nel concetto di
animali tutte le specie utili all'economia nazionale e facenti parte del patrimonio zootecnico dello Stato; non, quindi, le specie considerate nocive feroci, quali lupi o volpi.
Si tratta di un
reato di pericolo concreto, in quanto è punibile la condotta che esponga uno dei beni protetti al pericolo concreto di una malattia, intesa come qualsiasi processo patologico che colpisca una pianta o un animale, causandone il deperimento o la morte, e che, per la sua capacità di diffusione e sviluppo, risulti idonea a arrecare un pregiudizio all'
economia rurale o forestale, o al
patrimonio zootecnico statale.
Per avere la
consumazione di tale reato, dunque, non basta che dalla condotta criminosa dell'agente sia derivata una malattia di piante o animali, ma è anche necessario che tale morbo sia connotato da una capacità di
sviluppo tale da mettere concretamente in
pericolo l'economia rurale o forestale, o il patrimonio zootecnico.
Si potrà, pertanto, configurare il
tentativo quando una condotta astrattamente idonea non sia seguita dalla diffusione di una malattia pericolosa.
Il delitto in esame è punibile sia a titolo di
dolo che di
colpa. Nella sua forma
dolosa richiede la volontà di provocare la diffusione di una malattia a piante o animali, unitamente all'intenzione di provocarla e alla coscienza della sua capacità di diffusione. Affinché si configuri, invece, la forma
colposa, è sufficiente una condotta imprudente, negligente, inesperta o, comunque, contraria a leggi,
regolamenti, ordini o discipline, dalla quale sia derivata la diffusione di una malattia.
///FINE SPIEGAZIONE ESTESA