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Articolo 114 Codice di procedura penale

(D.P.R. 22 settembre 1988, n. 447)

[Aggiornato al 30/11/2024]

Divieto di pubblicazione di atti e di immagini

Dispositivo dell'art. 114 Codice di procedura penale

1. È vietata la pubblicazione, anche parziale o per riassunto, con il mezzo della stampa o con altro mezzo di diffusione, degli atti coperti dal segreto [329] o anche solo del loro contenuto(1).

2. È vietata la pubblicazione, anche parziale, degli atti non più coperti dal segreto fino a che non siano concluse le indagini preliminari [405 ss., 554] ovvero fino al termine dell'udienza preliminare [424], fatta eccezione per l’ordinanza indicata dall’articolo 292(2)(4).

2-bis. È sempre vietata la pubblicazione, anche parziale, del contenuto delle intercettazioni se non è riprodotto dal giudice nella motivazione di un provvedimento o utilizzato nel corso del dibattimento(3)(4)(8)(9).

3. Se si procede al dibattimento, non è consentita la pubblicazione, anche parziale, degli atti del fascicolo per il dibattimento [431], se non dopo la pronuncia della sentenza di primo grado, e di quelli del fascicolo del pubblico ministero [433], se non dopo la pronuncia della sentenza in grado di appello. È sempre consentita la pubblicazione degli atti utilizzati per le contestazioni [500, 501, 503](5).

4. È vietata la pubblicazione, anche parziale, degli atti del dibattimento celebrato a porte chiuse nei casi previsti dall'articolo 472 commi 1 e 2. In tali casi il giudice, sentite le parti, può disporre il divieto di pubblicazione anche degli atti o di parte degli atti utilizzati per le contestazioni. Il divieto di pubblicazione cessa comunque quando sono trascorsi i termini stabiliti dalla legge sugli archivi di Stato ovvero è trascorso il termine di dieci anni dalla sentenza irrevocabile e la pubblicazione è autorizzata dal ministro di grazia e giustizia.

5. Se non si procede al dibattimento, il giudice, sentite le parti, può disporre il divieto di pubblicazione di atti o di parte di atti quando la pubblicazione di essi può offendere il buon costume o comportare la diffusione di notizie sulle quali la legge prescrive di mantenere il segreto nell'interesse dello Stato ovvero causare pregiudizio alla riservatezza dei testimoni o delle parti private. Si applica la disposizione dell'ultimo periodo del comma 4.

6. È vietata la pubblicazione delle generalità e dell'immagine dei minorenni testimoni, persone offese o danneggiati dal reato fino a quando non sono divenuti maggiorenni. Il tribunale per i minorenni, nell'interesse esclusivo del minorenne, o il minorenne che ha compiuto i sedici anni, può consentire la pubblicazione. È altresì vietata la pubblicazione di elementi che anche indirettamente possano comunque portare alla identificazione dei suddetti minorenni(6).

6-bis. È vietata la pubblicazione dell'immagine di persona privata della libertà personale ripresa mentre la stessa si trova sottoposta all'uso di manette ai polsi ovvero ad altro mezzo di coercizione fisica, salvo che la persona vi consenta(7).

7. È sempre consentita la pubblicazione del contenuto di atti non coperti dal segreto.

Note

(1) Tale divieto di pubblicazione non investe però le indagini difensive, ma solo quelle compiute dall'organo pubblico durante tutta la fase delle indagini preliminari e fino al termine della stessa.
(2) Il presente comma è stato così modificato dall'art. 9, D.Lgs. 29/12/2017, n. 216 con decorrenza dal 26/01/2018 ed applicazione alle operazioni di intercettazione relative a provvedimenti autorizzativi emessi dopo il 31 marzo 2019; ai sensi dell'art. 9 del medesimo decreto la presente modifica acquista efficacia decorsi dodici mesi dalla data di entrata in vigore del suddetto decreto.
Successivamente, il D. Lgs. 29 dicembre 2017, n. 216, come modificato dalla L. 30 dicembre 2018, n. 145, ha disposto (con l'art. 9, comma 2) che la disposizione di cui all'articolo 2, comma 1, lettera b), acquista efficacia a decorrere dal 1° agosto 2019".
(3) Tale comma è stato inserito dall’art. 2, comma 1, lettera a) del D. L. 30 dicembre 2019, n. 161, convertito con modificazioni dalla L. 28 febbraio 2020, n. 7.
Il D.L. 30 dicembre 2019, n. 161, convertito con modificazioni dalla L. 28 febbraio 2020, n. 7, ha disposto (con l'art. 2, comma 8) che "Le disposizioni del presente articolo si applicano ai procedimenti penali iscritti successivamente al 30 aprile 2020".
(4) Il D.Lgs. 29 dicembre 2017, n. 216, come modificato dal D.L. 30 aprile 2020, n. 28 ha disposto (con l'art. 9, comma 1) che "Le disposizioni di cui agli articoli 2, 3 4, 5 e 7 si applicano ai procedimenti penali iscritti dopo il 31 agosto 2020".
Il D.L. 30 dicembre 2019, n. 161, convertito con modificazioni dalla L. 28 febbraio 2020, n. 7, come modificato dal D.L. 30 aprile 2020, n. 28, ha disposto (con l'art. 2, comma 8) che "Le disposizioni del presente articolo si applicano ai procedimenti penali iscritti successivamente al 31 agosto 2020, ad eccezione delle disposizioni di cui al comma 6 che sono di immediata applicazione".
(5) Una pronuncia della Corte Cost., la sent. 24 febbraio 1995, n. 59, dichiarando l'illegittimità di tale comma limitatamente alle parole: "del fascicolo per il dibattimento, se non dopo la pronuncia della sentenza di primo grado, e di quelli", ha accorciato la durata del divieto.
(6) Il secondo periodo del comma in esame è stato inserito dalla L. 3 maggio 2004, n. 112 (art. 10, comma 8).
(7) Il comma in esame è stato aggiunto dall'art. 14, comma 2, della l. 16 febbraio 1999, n. 479 al fine di tutelare la dignità della persone umana, tuttavia il divieto di pubblicazione non ricorre nel caso in cui l'immagine di una persona sottoposta a provvedimento coercitivo o solo a procedimento penale non la mostri in manette, ovvero sottoposta ad altro mezzo di coercizione, e viene meno se la persona ritratta nell'immagine pubblicata abbia consentito alla sua pubblicazione.
(8) Il comma 2-bis è stato modificato dall'art. 2, comma 1, lettera b) della L. 9 agosto 2024, n. 114.
(9) Per quanto riguarda il testo delle intercettazioni, resta in vigore il divieto di pubblicazione fino a quando le stesse non siano state inserite nel fascicolo per il dibattimento.

Ratio Legis

La disposizione in esame ritrova la propria ratio nella volontà di contemperare esigenze opposte: da un lato, esigenze connesse alla necessità di non divulgare alcuni atti che devono rimanere segreti almeno fino ad un determinato momento processuale, per motivi diversi (tutela dell'attività di indagine e della genuinità del materiale probatorio, garanzia di una corretta formazione del convincimento del giudice, salvaguardia della dignità e della privacy dell'indagato); dall'altro lato, esigenze collegate alla necessità di non sacrificare totalmente il diritto di cronaca giudiziaria.

Spiegazione dell'art. 114 Codice di procedura penale

L’art. 114 c.p.p. pone il divieto di pubblicazione di atti del procedimento con il mezzo della stampa o altro mezzo di diffusione. Il legislatore stabilisce due diversi divieti di pubblicazione:
  1. un divieto assoluto che riguarda il contenuto e il testo degli atti di indagine coperti dal segreto investigativo;
  2. un divieto attenuato che è limitato al testo dell’atto e non anche al suo contenuto.

Il comma 1 dell’art. 114 c.p.p. prende in considerazione gli atti coperti dal segreto. Il legislatore pone il divieto di pubblicazione assoluto (anche parziale o per riassunto) degli atti di indagine coperti dal segreto o anche solo del loro contenuto.

Questo divieto deve essere collegato all’art. 329 del c.p.p., che stabilisce l’obbligo del segreto investigativo durante le indagini preliminari. Infatti, l’art. 329, comma 2 c.p.p. precisa che, in deroga all’art. 114 c.p.p., quando è strettamente necessario per la prosecuzione delle indagini, il pubblico ministero può consentire la pubblicazione di singoli atti o di parti di essi.

Poi, per quanto riguarda gli atti non coperti (o non più coperti) da segreto, il comma 2 dell’art. 114 c.p.p. stabilisce che, qualora non si proceda a dibattimento, vi è un divieto attenuato di pubblicazione, anche parziale, fino alla chiusura delle indagini preliminari o fino al termine dell’udienza preliminare, fatta eccezione per l’ordinanza cautelare ex art. 292 del c.p.p..

Quindi, via via che il procedimento si sviluppa, tale divieto si mitiga, fino a venire completamente meno. Ciò perché, con lo sviluppo del procedimento, man mano si attenua l’esigenza di preservare il giudice dibattimentale da interferenze nella formazione del proprio convincimento.

Di conseguenza, in questi casi, sussiste un divieto relativo: è vietata la pubblicazione del testo dell’atto, ma è consentito pubblicare il contenuto dello stesso.

Però, c’è un’eccezione rispetto a quanto appena visto. Il comma 2-bis dell’art. 114 c.p.p. (come modificato dalla Riforma Nordio, L. n. 114 del 2024) stabilisce il divieto di pubblicazione, anche parziale, del contenuto delle intercettazioni se questo non è riprodotto dal giudice nella motivazione di un provvedimento (come l’ordinanza cautelare) o utilizzato durante il dibattimento.

A norma del comma 3 dell’art. 114 c.p.p., nel caso in cui si proceda al dibattimento, occorre distinguere:
  • per gli atti del fascicolo del pubblico ministero, la pubblicazione (anche parziale) non è consentita se non dopo la pronuncia della sentenza in grado di appello. È sempre consentita la pubblicazione degli atti letti o indicati ai sensi dell’art. 511 del c.p.p. e ss. o utilizzati per le contestazioni nel dibattimento;
  • per atti contenuti nel fascicolo per il dibattimento, questi atti sono immediatamente pubblicabili. Infatti, la Corte Costituzione (sent. n. 59 del 1995) ha dichiarato l’illegittimità del comma 3 dell’art. 114 c.p.p. nella parte in cui stabilisce che la pubblicazione, anche parziale, degli atti del fascicolo per il dibattimento non è consentita se non dopo la pronuncia della sentenza di primo grado.

Dunque, per gli atti compiuti in dibattimento, coerentemente con la regola generale della pubblicità dell’udienza dibattimentale (art. 471 del c.p.p.), vige la regola della libera pubblicazione.

Tuttavia, nel caso di dibattimento celebrato a porte chiuse di cui al comma 1 dell’art. 472 del c.p.p. (quando la pubblicità può ledere il buon costume o le notizie devono rimanere segrete nell’interesse dello Stato) e di cui al comma 2 dell’art. 472 c.p.p. (quando la pubblicità può danneggiare la riservatezza di testimoni o delle parti private in relazione a fatti non oggetto dell’imputazione), il comma 4 dell’art. 144 c.p.p. pone il divieto di pubblicazione, anche parziale, degli atti del dibattimento.

Inoltre, sempre nell’ipotesi di dibattimento celebrato a porte chiuse, il giudice – sentite le parti – può disporre il divieto di pubblicazione degli atti (o di parte degli atti) anteriori al dibattimento utilizzati per le contestazioni.

In queste ipotesi relative al dibattimento a porte chiuse, il divieto di pubblicazione viene meno quando sono trascorsi i termini stabiliti dalla legge sugli archivi di Stato o quando è trascorso il termine di dieci anni dalla sentenza irrevocabile e il Ministro della giustizia autorizza la pubblicazione.

Ancora, come stabilito dal comma 5 dell’art. 114 c.p.p., quando non si procede alla celebrazione del dibattimento, la regola della pubblicabilità degli atti compiuti dagli organi inquirenti (ricavabile dall’art. 114, comma 2 c.p.p.) conosce una deroga: il giudice – sentite le parti – può disporre il divieto di pubblicazione di atti (o di parte di atti) quando la loro pubblicazione può offendere il buon costume o può determinare la diffusione di notizie sulle quali la legge prescrive di mantenere il segreto nell’interesse dello Stato oppure può pregiudicare la riservatezza dei testimoni o delle parti private. Comunque sia, il divieto cessa allo scadere dei termini previsti dal comma 4 dell’art. 114 c.p.p. per gli atti del dibattimento celebrato a porte chiuse.

Il comma 6 offre una tutela specifica ai minorenni testimoni, persone offese o danneggiati dal reato fino a quando non sono divenuti maggiorenni, prevedendo il divieto di pubblicazione delle generalità, dell’immagine o di latri elementi che possano comunque ricondurre all’identità del minorenne. Tuttavia, nell’interesse esclusivo del minorenne, il Tribunale dei minorenni può consentirne la pubblicazione (ad esempio, per scovare altri testimoni oculari del fatto).

Peraltro, ai sensi del successivo comma 6-bis, nell’ottica di tutela della dignità della persona, è vietata la pubblicazione delle immagini dei soggetti in manette (cioè, dei soggetti privati della libertà personale da parte dell’autorità giudiziaria mentre si trovano ammanettati), salvo che la persona vi consenta. Tale disposizione viene interpretata in maniera restrittiva, di guisa che solitamente viene semplicemente offuscata il segmento di immagine relativo alle manette, ma non il viso del soggetto.

Inoltre, l’art. 114, comma 7 c.p.p. stabilisce che la pubblicazione del contenuto di atti non coperti dal segreto è sempre consentita. Però, quest’ultima regola generale deve essere coordinata con l’art. 329, comma 3 lett. b) c.p.p., il quale precisa che, anche quando gli atti non sono più coperti dal segreto, in caso di necessità per la prosecuzione delle indagini, il pubblico ministero può disporre, con decreto motivato, il divieto di pubblicare il contenuto di singoli atti o notizie specifiche relative a determinate operazioni investigative.

Massime relative all'art. 114 Codice di procedura penale

Cass. pen. n. 21290/2017

Ai fini dell'integrazione del reato di pubblicazione arbitraria di atti di un procedimento penale, non rientra nel divieto di pubblicazione di cui all'art. 114 cod. proc. pen. una denuncia presentata al P.M. o alla polizia giudiziaria, in quanto non atto di indagine compiuto da costoro.

Cass. pen. n. 32846/2014

Il sequestro preventivo mediante oscuramento di un giornale telematico che pubblichi in forma testuale alcune intercettazioni telefoniche fa venir meno l'obbligo del segreto intraprocessuale, ma non esclude il divieto di pubblicazione, atteso che va fatta una distinzione tra atti coperti da segreto ed atti non pubblicati, in quanto, mentre il segreto opera all'interno del procedimento, il divieto di pubblicazione riguarda la divulgazione tramite la stampa e gli altri mezzi di comunicazione sociale.

Cass. pen. n. 13494/2011

Il reato di cui all'art. 684 c.p. (pubblicazione arbitraria di atti di un procedimento penale), pur potendo avere ad oggetto, oltre agli “atti” propriamente detti, anche i “documenti”, presuppone che anch'essi, come gli “atti”, derivino da attività d'indagine compiuta dal pubblico ministero o dalla polizia giudiziaria, solo a tale condizione configurandosi, ai sensi dell'art. 329 c.p.p., l'obbligo del segreto che determina il divieto di pubblicazione previsto dall'art. 114 c.p.p.. Ne consegue che non può ritenersi sussistente il suddetto reato nel caso in cui vengano pubblicati documenti che, pur se acquisiti agli atti del procedimento penale per ordine del pubblico ministero o per iniziativa della polizia giudiziaria, siano stati prodotti da diversa fonte soggettiva e secondo linee giustificative a sé stanti. (Nella specie, in applicazione di tale principio, la Corte ha escluso la sussistenza del reato in un caso in cui la pubblicazione aveva avuto ad oggetto il contenuto di un'informativa inviata da un organo meramente amministrativo quale l'agenzia delle entrate al procuratore della Repubblica; informativa nella quale erano indicati i nomi di cittadini italiani cui erano intestati depositi presso una banca sita nel territorio del principato del Liechtenstein).

Cass. pen. n. 3896/2003

La notifica all'imputato dell'ordinanza di custodia cautelare in carcere fa venir meno l'obbligo del segreto intraprocessuale, ma non esclude il divieto di pubblicazione, atteso che va fatta distinzione tra atti coperti da segreto ed atti non pubblicati, in quanto, mentre il segreto opera all'interno, del procedimento, il divieto di pubblicazione riguarda la divulgazione tramite la stampa e gli altri mezzi di comunicazione sociale.

Cass. pen. n. 6864/1994

L'art. 684 c.p. (che punisce «chiunque pubblica, in tutto o in parte ... atti o documenti di un procedimento penale, di cui sia vietata per legge la pubblicazione) non indica quali siano gli atti o i documenti per i quali vige il divieto, ma recepisce in proposito quanto espressamente dettato nel codice di rito (art. 164 c.p.p. 1930 e art. 114 c.p.p.). Le modifiche introdotte dall'art. 114 c.p.p. vigente, in tema di atti del procedimento per i quali vige il divieto di pubblicazione, non hanno comportato una successione di leggi penali, sicché non può porsi questione di diritto transitorio, né hanno dato luogo ad una abolitio criminis della fattispecie descritta dagli artt. 684 c.p. e 164 c.p.p. 1930. Il «fatto» descritto dalla norma incriminatrice è rimasto, nella sentenza, immutato (la pubblicazione arbitraria di un procedimento penale); ciò che è mutato, in conseguenza del nuovo rito introdotto, è la tipologia degli atti assoggettati a tutela, ciò che non è sufficiente a determinare una successione di leggi penali.

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A. I. chiede
lunedì 18/12/2017 - Lombardia
“Buongiorno,con riferimento all'art 114 c.p.p. comma 3, se gli atti ormai pubblicabili dopo la sentenza di primo grado e dopo la sentenza di appello,fossero poi inseriti all'interno di una denuncia,per esempio di falsa testimonianza,cosa succederebbe riguardo la loro pubblicazione? Sarebbero comunque pubblicabili anche se sono stati inseriti all'interno di una denuncia oppure il divieto di pubblicazione ritornerebbe valido totalmente o magari parzialmente ovvero non si possono pubblicare gli atti così come sono oscurando i dati sensibili ma si può pubblicare stralci del loro contenuto o un riassunto del contenuto stesso... Molte grazie”
Consulenza legale i 22/12/2017
L’art. 114 c.p.p., in combinato disposto con l’art. 329 c.p.p., disciplina la materia del segreto / divieto di pubblicazione degli atti del processo penale; in particolare, da una lettura dei predetti articoli, risulta evidente come non vi sia coincidenza tra il regime di segretezza e quello di divulgazione degli atti.

L’art. 114 prevede due distinti regimi del divieto di pubblicazione: un divieto assoluto, esteso cioè sia al contenuto che al testo degli atti, ed un divieto parziale, riferito cioè al solo testo degli atti e non anche al loro contenuto. Il divieto di pubblicazione assoluto opera fintanto che gli atti di indagine compiuti dal pubblico ministero e dalla Polizia Giudiziaria siano coperti da segreto ovvero fino al momento in cui l’imputato non ne possa venire a conoscenza, comunque non oltre la chiusura delle indagini preliminari. Il divieto di pubblicazione parziale – che si riferisce ai medesimi atti – invece, inizia a decorrere dal momento in cui l’imputato ne sia venuto a conoscenza (momento in cui cade il segreto) e permane fino alla conclusione delle indagini preliminari.
Nel caso in cui il processo giunga alla fase dibattimentale è necessario operare una distinzione: per quanto attiene agli atti contenuti nel fascicolo del Pubblico Ministero, è vietata la pubblicazione, anche parziale; tale divieto dura fino alla pronuncia della sentenza in grado di appello e non opera rispetto agli atti utilizzati per le contestazioni nel dibattimento. Gli atti contenuti nel fascicolo del dibattimento, contrariamente a quanto inizialmente previsto dall’art. 114 c.p.p., sono invece immediatamente pubblicabili in quanto, con la sentenza n. 59 del 24 febbraio 1995, la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittimo costituzionalmente l’art. 114 comma 3 c.p.p., nella parte in cui ne vietava la pubblicazione anteriormente alla sentenza di primo grado.

Successivamente alla sentenza che definisce l’appello, come da Lei indicato, gli atti del processo divengono pubblicabili; nel momento in cui, che sia su iniziativa di parte (querela / denuncia) o che sia d’ufficio (trasmissione degli atti alla Procura), comincia un nuovo e diverso procedimento penale, tornano ad operare le regole sul segreto / divieto di pubblicazione, ex artt. 329 e 114 c.p.p., così come sopra spiegate.

Alla luce di tutto quanto detto, tuttavia, vista la genericità delle informazioni da Lei fornite (genericamente atti) e visto il diverso regime che esiste (soprattutto a livello giurisprudenziale) tra i diversi tipi di atti del procedimento / processo penale, il quesito da Lei posto non è passibile di una risposta univoca che prescinda dall’indicazione del concreto atto a cui Lei si riferisce, poiché, sul punto, esiste un forte dibattito dottrinale e giurisprudenziale. In particolare, va rilevato come non vi sia unanimità di vedute sulla possibilità di pubblicazione di quegli atti che, sia pur formalmente di un diverso processo, siano entrati a far parte della nuova indagine. Inoltre, e non è questo un aspetto da sottovalutare, ai sensi dell’art. 329 comma 3 c.p.p., il Pubblico Ministero, in caso di necessità per la prosecuzione delle indagini, può disporre, anche relativamente ad atti non più coperti da segreto, il divieto di pubblicare atti o il contenuto di singoli atti o specifiche notizie relative a determinate operazioni.

Data la delicatezza della materia in oggetto, non è purtroppo possibile dare ulteriori risposte al quesito da Lei posto; ricordando anche che la violazione della disciplina sul divieto di pubblicazione degli atti è sanzionata penalmente all’art. 684 c.p. (pubblicazione arbitraria di atti di processo penale), Le si consiglia, nel caso in cui volesse procedere alla pubblicazione di un atto relativo ad un processo penale, di richiedere una specifica consulenza sul regime di pubblicazione riguardante lo specifico atto in questione.