Cass. pen. n. 18075/2010
Non è applicabile la disciplina (art. 27 cod. proc. pen.) - per la quale le misure cautelari disposte dal giudice dichiaratosi incompetente cessano di avere efficacia se entro venti giorni dalla ordinanza di trasmissione degli atti, il giudice competente non provveda a rinnovarle - nel caso in cui il giudice non convalidi l'arresto e riscontrando, stante il mancato consenso dell'imputato, l'impossibilità di procedere a giudizio direttissimo, restituisca gli atti al P.M., ex art. 449, comma secondo, cod. proc. pen., in quanto la necessità di rinnovazione della misura cautelare, in virtù del disposto di cui all'art. 27 cod. proc. pen., opera soltanto quando il giudice che deve emettere il nuovo provvedimento sia diverso da quello incompetente. Ne consegue che qualora, invece, il nuovo provvedimento sia emesso dal G.i.p. appartenente allo stesso Tribunale il cui giudice del dibattimento abbia applicato la misura e disposto la regressione del procedimento, l'identità dell'ufficio giudiziario comporta che non ricorrano gli estremi della incompetenza di cui all'art. 27 suddetto. (Rigetta, Trib. lib. Milano, 27 luglio 2009).
Cass. pen. n. 11322/2006
Il giudice investito del giudizio direttissimo e della contestuale convalida dell'arresto deve in ogni caso provvedere sulla richiesta di convalida, anche qualora ritenga la propria incompetenza, e sulla richiesta di emissione di una misura cautelare ai sensi dell'art. 27 cod. proc. pen. (Fattispecie in cui il tribunale in composizione monocratica aveva rifiutato la convalida dell'arresto ritenendo la competenza del tribunale in composizione collegiale). (Dichiara competenza).
Cass. pen. n. 39522/2004
Le disposizioni in tema di misura disposta da giudice incompetente (art. 27 c.p.p.) si applicano anche all'ipotesi di convalida dell'arresto e contestuale adozione della misura cautelare da parte del giudice monocratico dichiaratosi incompetente per il giudizio direttissimo richiesto per un reato appartenente alla cognizione del Tribunale in composizione collegiale.
Cass. pen. n. 21817/2004
La disciplina dettata dall'art. 27 c.p.p. per il caso di misura cautelare disposta da giudice dichiaratosi incompetente non trova applicazione nei rapporti fra tribunale in composizione monocratica e tribunale in composizione collegiale, trattandosi di diverse articolazioni dello stesso organo giudiziario e trovando conferma, il suddetto assunto, anche nell'art. 33-nonies c.p.p., per il quale l'inosservanza delle disposizioni sulla composizione collegiale o monocratica del tribunale non solo non dà luogo ad inutilizzabilità delle prove già acquisite (analogamente a quanto previsto, per il caso dell'incompetenza, dall'art. 26 c.p.p.), ma neppure comporta, più in generale, "l'invalidità degli atti del procedimento". (In motivazione la Corte ha anche osservato che il suddetto principio non si pone in contrasto con quello affermato dalla sentenza della sez. V, 11 novembre 1991 - 16 giugno 1992 n. 3653, Pileri, poiché "tale sentenza si riferisce ad un caso in cui mancava una regolare investitura per il giudizio direttissimo, sicché poteva profilarsi una incompetenza funzionale del giudice", mentre nel caso in esame risultava che il tribunale monocratico era stato "ritualmente investito del giudizio direttissimo per un reato rientrante nel suo ambito di cognizione", ed aveva rilevato solo successivamente, "l'emergenza dagli atti del giudizio (e dall'esito dello stesso) di un reato attribuito alla cognizione del tribunale nella diversa composizione collegiale").
Cass. pen. n. 27703/2003
La perdita di efficacia della misura cautelare (nella specie, personale) nel caso di vano decorso del termine di venti giorni dalla dichiarazione di incompetenza del giudice che l'ha disposta non ha luogo nel caso in cui il tribunale monocratico, erroneamente investito del giudizio direttissimo in ordine a reati attribuiti alla cognizione del giudice collegiale, abbia trasmesso gli atti al pubblico ministero a norma dell'art. 33-septies c.p.p., comma 2, in quanto la questione relativa rientra tra quelle attinenti al rito e non alla competenza, posto che il tribunale è un ufficio unitario, nell'ambito del quale non possono configurarsi casi di conflitto.