Cass. pen. n. 13789/2011
Il rimedio accordato al pubblico ministeron ove la sentenza di condanna abbia omesso di applicare le pene accessorie, è il ricorso al giudice dell'esecuzione e non l'impugnazione. (Dichiara inammissibile, App. L'Aquila, 10 dicembre 2009).
Cass. pen. n. 9456/2005
Il principio di legalità della pena e quello di applicazione, in caso di successione di leggi penali, della legge più favorevole, operano anche con riguardo alle pene accessorie, per cui anche l'eventuale applicazione illegale di tali pene avvenuta in sede di cognizione può essere rilevata, così come si verifica per le altre, in sede di esecuzione, con adozione dei conseguenti provvedimenti. (Nella specie, alla luce di tali principi, la Corte, ritenuta illegale l'applicazione dell'interdizione perpetua dai pubblici uffici disposta dal giudice di cognizione ai sensi dell'art. 317-bis c.p. nonostante che il fatto risalisse ad epoca anteriore all'entrata in vigore di tale norma e fosse quindi soggetto alla più favorevole disciplina all'epoca vigente, ha annullato senza rinvio, disponendo essa stessa la sostituzione dell'interdizione perpetua con quella temporanea, l'ordinanza con la quale il Giudice dell'esecuzione, richiamandosi all'irrevocabilità del giudicato, aveva respinto la richiesta del condannato volta ad ottenere detta sostituzione).
Cass. pen. n. 45381/2004
L'assoluto automatismo nell'applicazione delle pene accessorie, predeterminate per legge sia nella specie che nella durata e sottratte, perciò, alla valutazione discrezionale del giudice, comporta, da un lato, che l'erronea applicazione di una pena accessoria da parte del giudice di cognizione può essere rilevata, anche dopo il passaggio in giudicato della sentenza, dal giudice dell'esecuzione, e dall'altro che, quando alla condanna consegue di diritto una pena accessoria così dalla legge stabilita, il P.M. ne può chiedere l'applicazione al giudice dell'esecuzione qualora si sia omesso di provvedere con la sentenza di condanna.
Cass. pen. n. 582/2000
In tema di esecuzione delle pene accessorie, l'art. 662 c.p.p. prevede che sia trasmesso a cura del p.m. l'estratto della sentenza di condanna agli organi competenti ad assicurarne l'esecuzione, tuttavia tale adempimento non è necessario quando l'operatività della pena deriva dalla diretta conoscenza, da parte del condannato, del provvedimento impositivo irrevocabile, senza che vi sia la necessità di alcun intervento attuativo da parte di organi esterni. (Nella specie, relativa a condanna per violazione del divieto di emissione di assegni a vuoto, la Corte ha ritenuto che non fosse richiesta la trasmissione dell'estratto di cui all'art. 662 c.p.p. agli organi designati per assicurare l'operatività del divieto stesso, ben noto al condannato per la notifica del decreto di condanna, divenuto irrevocabile, che applicava la pena accessoria).
Cass. pen. n. 4492/1997
L'assoluto automatismo nell'applicazione delle pene accessorie, predeterminate per legge sia nella specie che nella durata e sottratte, perciò, alla valutazione discrezionale del giudice, comporta che l'erronea applicazione di una pena accessoria da parte del giudice di cognizione può essere rilevata, anche dopo il passaggio in giudicato della sentenza, dal giudice dell'esecuzione ovvero, qualora venga dedotta con ricorso per cassazione, anche dal giudice di legittimità che, sul punto relativo, può direttamente dichiarare l'ineseguibilità della sentenza, stante la sua evidente contrarietà alla legge.