Il processo rimasto interrotto può essere proseguito ai sensi dell'art. 302, oppure essere riassunto ex
art. 303 del c.p.c., nel termine di tre mesi previsto dall’
art. 305 del c.p.c..
Entrambi costituiscono mezzi di impulso processuale, attraverso cui è possibile far riprendere al giudizio il suo corso naturale dopo l'evento interruttivo.
Ciò che li distingue è la legittimazione attiva, in quanto il giudizio interrotto può essere proseguito dalla parte colpita dall'evento interruttivo, oppure essere riassunto dalla parte estranea all'evento stesso.
Per quanto concerne la prosecuzione del giudizio, i soggetti che possono azionare le forme dell'art. 302 per una efficace prosecuzione del processo sono:
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la stessa parte originaria colpita dall'evento che ha determinato l'interruzione, nei seguenti casi:
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se si è trattato di interruzione per impedimento del procuratore e sia necessaria la nomina di un nuovo avvocato;
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se nel corso del giudizio essa abbia riacquistato la capacità in origine carente;
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se trattasi di un soggetto ormai divenuto maggiorenne;
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il rappresentante legale della parte che, in corso di causa, abbia perso la capacità,
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l'ente succeduto a quello estinto.
Se il processo è stato interrotto per morte di una delle parti, l'atto di prosecuzione spetta al successore universale, a cui l'
art. 110 del c.p.c. riconosce la legittimazione processuale.
Infatti, detta norma, in combinazione con il secondo comma dell'
art. 111 del c.p.c., prevede il subingresso del successore, sebbene la
res litigiosa sia stata fatta oggetto di un
legato.
Tuttavia, va riconosciuto anche all’eventuale terzo legatario, vero titolare del diritto controverso, il potere di proseguire o riassumere il processo nelle forme di cui agli artt. 302 e 303 c.p.c..
Si viene così a realizzare un atto complesso che, per un verso si sostanzia in un intervento volontario nel processo, e che dovrà necessariamente proporre anche la
vocatio in ius del successore, il quale potrà poi eventualmente chiedere di essere estromesso dal giudizio.
Il processo interrotto per morte di una parte deve proseguire o essere riassunto nei confronti di tutti gli eredi della parte deceduta, mentre, ai fini della ricostituzione del rapporto processuale, è sufficiente l'atto di prosecuzione volontaria compiuto da alcuno soltanto degli eredi, salva la successiva integrazione del
contraddittorio, ex
art. 102 del c.p.c., 2° co., nei riguardi degli eredi che non abbiano proseguito volontariamente il processo.
L'art. 302 stabilisce che, nei casi previsti dai precedenti artt. 299, 300, 301 c.p.c. “
la costituzione per proseguire il processo può avvenire all'udienza o a norma dell'art. 166”.
Se non è fissata alcuna udienza, la parte può chiedere con ricorso al
giudice istruttore o, in mancanza, al presidente del tribunale, la fissazione dell'udienza.
Il ricorso e il decreto sono notificati alle altre parti a cura dell'istante.
La norma indica dunque due forme di prosecuzione del giudizio, in alternativa fra loro, a seconda che al momento dell'evento risulti fissata o meno una udienza del relativo giudizio.
Quando vi sia una udienza già fissata, il successore può costituirsi a norma dell'art. 166 (la costituzione può anche avvenire nella stessa udienza in cui è dichiarato l'evento).
Può invece verificarsi il caso che non sia già fissata una udienza utile al successore per la
costituzione in prosecuzione, il che comporta l'
onere di chiedere con ricorso la fissazione dell'udienza al giudice istruttore o, in mancanza, e, quindi, quando questo non ancora sia stato designato, al presidente del tribunale (se il tribunale è diviso in sezioni, al presidente della sezione cui la causa è stata assegnata).
Il ricorso e il decreto sono poi notificati alle altre parti a cura dell'istante.
La legittimazione passiva va individuata, di volta in volta, secondo il caso specifico, e così:
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l'atto va notificato alla controparte se costituita personalmente;
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in caso di sua precedente costituzione per mezzo di avvocato, al difensore costituito, ai sensi del primo comma dell’art. 170 del c.p.c..
Una volta adempiuto a quanto prescritto per la rituale prosecuzione del processo, lo stesso riprende il suo corso in quella stessa fase processuale alla quale era pervenuto al momento dell'interruzione, e cioè o davanti al giudice istruttore o davanti al collegio a seconda che l'interruzione si sia verificata prima o dopo la rimessione della causa all'udienza collegiale.
Un caso particolare di cui la giurisprudenza si è occupata è quello del successore che voglia impugnare la sentenza resa, in primo grado, nei confronti del suo
dante causa (si tratta anche in questo caso di una sorta di prosecuzione del processo, ad istanza della parte colpita dall'evento).
In particolare, è stato affermato che costituisce condizione di ammissibilità del gravame la prova, immediatamente offerta dal medesimo successore, di tale sua qualità.
Pertanto, il soggetto che propone impugnazione nell'asserita qualità d'erede di colui che ha partecipato al precedente grado od alla precedente fase del giudizio, deve allegare la propria
legitimatio ad causam per essere subentrato nella medesima posizione del proprio autore e fornirne, quindi, tramite le opportune produzioni documentali, la necessaria dimostrazione, provando sia il decesso della parte originaria, sia l'asserita qualità di erede.
In mancanza di ciò, resta indimostrato uno dei fatti costitutivi del diritto ad impugnare, circostanza questa che sarà rilevabile anche d'ufficio, in quanto attiene alla regolare costituzione del contraddittorio.