Con la norma in esame si vuole fornire adeguata tutela a fronte del rifiuto o del ritardo del soggetto tenuto al rilascio della
copia o dell'estratto richiesti.
Infatti, si consente a chi ha avanzato richiesta in tal senso di rivolgersi all'
autorità giudiziaria al preciso fine di ottenere la pronuncia di un
decreto che contenga l'ordine rivolto al
pubblico ufficiale di rilasciare la copia o l'estratto del documento richiesto.
Il primo comma si riferisce all'ipotesi di rifiuto o ritardo da parte dei depositari di pubblici registri giudiziari, ovvero i cancellieri o i depositari di cui all'
art. 744 del c.p.c.; il secondo comma, invece, si riferisce alla diversa ipotesi di diniego o ritardo da parte di tutti gli altri pubblici depositari.
Si ritiene che, in virtù del combinato disposto degli artt. n 2674 c.c., [[113bisdispattcc] e 30 Legge n. 540/1943, questa norma possa trovare applicazione anche nel caso di rifiuto o ritardo da parte del
conservatore dei registri immobiliari nel ricevere titoli e note, nel rilascio di certificati o copie o, ancora, nell'esecuzione di trascrizioni, iscrizioni o
annotazioni.
Sulla natura del procedimento in esame si è molto discusso, dibattendosi tra coloro i quali sostengono che si tratti di procedimenti di cognizione sommaria relativi a diritti soggettivi (a seguito dei quali è possibile instaurare un giudizio contenzioso ordinario senza incontrare alcun limite o impedimento) e chi, invece, afferma che la tutela in esame costituisca tipica espressione di giurisdizione camerale.
Si ritiene preferibile la tesi secondo cui si è dinanzi ad un procedimento giurisdizionale contenzioso, in quanto strumentale alla tutela di una situazione giuridica soggettiva; tale procedimento è distinto e indipendente da quello ordinario di cognizione che il richiedente può instaurare per ottenere il ristoro dei danni subiti a causa dell'illegittimo rifiuto o del ritardo ingiustificato ed il rimborso delle spese sostenute.
Per quanto concerne la competenza, la norma in esame la attribuisce ad un giudice non collegiale.
In particolare, nel caso in cui il rifiuto o il ritardo siano addebitabili ad un
cancelliere o ad un
depositario di pubblici registri giudiziari, è competente, ai sensi del 1° co. dell'art. 745, il
giudice di pace, il
presidente del tribunale o della Corte (d'
appello o di cassazione) presso cui il cancelliere o il depositario esercita le sue funzioni.
Se, invece, proviene dagli altri pubblici depositari, la competenza appartiene sempre al presidente del tribunale nella cui circoscrizione il depositario esercita il suo ufficio.
Al secondo comma la norma si limita a fare riferimento al presidente della Corte, senz’altro specificare, locuzione nella quale si deve ritenere compreso sia il presidente della corte d'appello che il presidente della
Corte di cassazione nell'ipotesi di rifiuto opposto dal cancelliere di tale ufficio giurisdizionale (il criterio generale sottostante alla norma, infatti, è quello di attribuire la competenza in oggetto al titolare del potere di vigilanza o controllo sull'attività degli organi ausiliari della giustizia).
Il terzo comma dispone che il procedimento si conclude con un decreto, emesso dopo l'audizione del pubblico ufficiale; non si prevede, invece, che debba essere sentito anche l'istante, benché non sia da escludere che il giudice possa ritenere opportuno convocare anche quest'ultimo avanti a se per sentirlo.
Con il decreto il giudice può respingere l'istanza, se la ritiene ingiustificata, ovvero accoglierla; in quest’ultimo caso ordina al pubblico depositario o al cancelliere il rilascio della copia.
Sebbene la norma non dica nulla al riguardo, si ritiene che il decreto debba essere succintamente motivato, in tal senso argomentandosi dal fatto che si tratta di un provvedimento che attiene a diritti soggettivi (pertanto, dal suo contenuto deve risultare se il comportamento del pubblico depositario o del cancelliere sia stato o meno legittimo).
L'ordine di rilasciare la copia richiesta, impartito al pubblico ufficiale o al cancelliere, attiene ad un
facere fungibile, e come tale è suscettibile di
esecuzione forzata nella forma dell'esecuzione degli obblighi di fare.
Per ciò che concerne l’impugnabilità del decreto conclusivo del procedimento, secondo la dottrina che attribuisce a tale procedimento natura camerale, esso è reclamabile ex
art. 739 del c.p.c. e revocabile ex
art. 742 del c.p.c..
Secondo altra tesi, invece, il decreto conclusivo del procedimento in esame ha natura di vero e proprio provvedimento decisorio, pur se privo della forma della sentenza, e come tale deve ritenersi insuscettibile di gravame al giudice superiore in assenza di una esplicita disposizione che ne regolamenti l'
impugnazione (sarà in ogni caso ricorribile per cassazione per violazione di legge ex
art. 111 Cost.).