Cass. civ. n. 6091/2020
L'opposizione a decreto ingiuntivo dà luogo ad un ordinario giudizio di cognizione, nel quale il giudice deve accertare la fondatezza della pretesa fatta valere dall'opposto, che assume la posizione sostanziale di attore, mentre l'opponente, il quale assume la posizione sostanziale di convenuto, ha l'onere di contestare il diritto azionato con il ricorso, facendo valere l'inefficacia dei fatti posti a fondamento della domanda o l'esistenza di fatti estintivi o modificativi di tale diritto, e può proporre domanda riconvenzionale, a fondamento della quale può anche dedurre un titolo non strettamente dipendente da quello posto a fondamento della ingiunzione, quando non si determini in tal modo spostamento di competenza e sia pur sempre ravvisabile un collegamento obiettivo tra il titolo fatto valere con l'ingiunzione e la domanda riconvenzionale, tale da rendere opportuna la celebrazione del "simultaneus processus". (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO TORINO, 03/05/2017).
Cass. civ. n. 533/2020
Qualora la domanda riconvenzionale non ecceda la competenza del giudice della causa principale, a fondamento di essa può porsi anche un titolo non dipendente da quello fatto valere dall'attore, purché sussista con questo un collegamento oggettivo che consigli il "simultaneus processus" secondo la valutazione discrezionale del medesimo giudice il quale, tuttavia, è tenuto a motivare l'eventuale diniego di autorizzazione della detta riconvenzionale, senza limitarsi a dichiararla inammissibile esclusivamente per la mancata dipendenza dal titolo già dedotto in giudizio. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO MILANO, 11/01/2018).
Cass. civ. n. 33728/2019
In sede di opposizione all'esecuzione, ove l'opposto abbia formulato una domanda riconvenzionale subordinata, volta ad ottenere, nel caso di esito positivo dell'opposizione, un nuovo accertamento sulla situazione sostanziale consacrata nel titolo esecutivo, la controversia è soggetta alla sospensione feriale dei termini soltanto se la sentenza abbia accolto tale opposizione e, quindi, abbia deciso sulla menzionata riconvenzionale; al contrario, la detta sospensione non opera nell'ipotesi di rigetto dell'opposizione, in quanto esclusivamente l'esito positivo dell'impugnazione della relativa decisione può comportare il successivo ingresso dell'esame della domanda riconvenzionale davanti al giudice d'appello od a quello di rinvio. (Dichiara inammissibile, CORTE D'APPELLO BOLOGNA, 10/04/2018).
Cass. civ. n. 15182/2019
L'azione di rendiconto costituisce un'azione autonoma e distinta rispetto alla domanda di scioglimento della comunione, sicché la domanda riconvenzionale con la quale si intende chiedere il rendiconto deve essere proposta, a pena di inammissibilità, con la comparsa di risposta ai sensi dell'art. 167 c.p.c. (Nella specie, la domanda riconvenzionale di rendiconto era stata proposta, tardivamente, per la prima volta, con la memoria ex art. 183, comma 5, c.p.c., nella formulazione in vigore anteriormente alle modifiche apportate con il d.l. n. 35 del 2005, conv. in l. n. 80 del 2005, applicabile "ratione temporis"). (Rigetta, CORTE D'APPELLO BOLOGNA, 28/08/2014).
Cass. civ. n. 33361/2018
Proposta dal convenuto domanda riconvenzionale subordinata all'accoglimento di quella principale dell'attore, è viziata da ultrapetizione la decisione con cui il giudice, respinta la domanda principale, pronunci anche sulla riconvenzionale, rigettandola.
Cass. civ. n. 6846/2017
In caso di più convenuti, la domanda formulata da uno di questi nei confronti di un altro ed avente ad oggetto l'accertamento della responsabilità esclusiva del secondo rispetto alla domanda risarcitoria formulata dall'attore, va qualificata come domanda riconvenzionale, e può essere proposta negli stessi limiti di quest'ultima.
Cass. civ. n. 26782/2016
L'attore contro il quale il convenuto abbia proposto domanda riconvenzionale ben può opporre, a sua volta, altra riconvenzionale, avendo egli qualità di convenuto rispetto alla prima, e tale principio, valido per il processo di cognizione ordinario come per quello di ingiunzione, costituisce una deroga rispetto a quello secondo cui l'attore non può proporre domande diverse rispetto a quelle originariamente formulate nell'atto di citazione: tuttavia la sua posizione non è assimilabile a quella del convenuto, nè trovano, quindi, applicazione gli artt. 36 e 167, comma 2, c.p.c., atteso che la cd. “reconventio reconventionis” non è un’azione autonoma, ma può essere introdotta esclusivamente per assicurare all’attore un’adeguata difesa di fronte alla domanda riconvenzionale o alle eccezioni del convenuto e deve essere consequenziale rispetto ad esse.
Cass. civ. n. 21472/2016
Nell'ipotesi in cui il convenuto chieda, in via riconvenzionale, accertarsi l'esistenza di un rapporto contrattuale diverso da quello prospettato dall'attore, sull'assunto che da ciò ne deriverebbe la nullità o l'inefficacia, totale o parziale, o comunque un effetto estintivo, impeditivo o modificativo dei diritti fatti valere dall'attore medesimo, domandando anche l'eventuale condanna di quest'ultimo al pagamento di quanto dovuto in base a tale differente prospettazione, qualora una siffatta domanda riconvenzionale risulti inammissibile per motivi processuali, la stessa può e deve comunque essere presa in considerazione come eccezione, con il solo e più limitato possibile esito del rigetto delle richieste di parte attrice.
Cass. civ. n. 24684/2013
La declaratoria di inammissibilità di una domanda riconvenzionale non dipendente dal titolo dedotto in giudizio dall'attore o da quello già appartenente alla causa come mezzo di eccezione costituisce l'esito di una valutazione riservata all'apprezzamento discrezionale del giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità ove sia stata adeguatamente argomentata l'inopportunità del "simultaneus processus".
Cass. civ. n. 17083/2013
La domanda riconvenzionale proposta dal consumatore, in un giudizio incardinato dal professionista innanzi ad un giudice diverso da quello competente ai sensi dell'art. 63 del d.l.vo 6 settembre 2005, n. 206, non può assumere il significato di una deroga implicita al foro del consumatore, né precludere il rilievo officioso del proprio difetto di competenza da parte del giudice adito.
Cass. civ. n. 14852/2013
Ricorre l'ipotesi della eccezione riconvenzionale (come tale ammissibile anche in appello, secondo la disciplina originaria di cui all'art. 345 c.p.c.) allorquando il fatto dedotto dal convenuto sia diretto provocare il mero rigetto della domanda avversaria; integra invece vera e propria domanda riconvenzionale, preclusa in sede di gravame, l'istanza con la quale venga chiesto, oltre al rigetto dell'altrui pretesa, l'ulteriore declaratoria di tutte le conseguenze giuridiche connesse all'invocato mutamento della situazione precedente (principio affermato ai sensi dell'art. 360, n. 1, c.p.c.).
Cass. civ. n. 1848/2013
Nel procedimento davanti al giudice di pace, qualora siano state proposte una domanda principale di valore non eccedente euro 1.100,00 e una riconvenzionale, connessa ex art. 36 c.p.c., eccedente la competenza del giudice di pace, non può il giudice medesimo separare la riconvenzionale e rimettere essa sola al giudice superiore, dovendo, viceversa, rimettere al tribunale l'intera causa, ai sensi dell'art. 40, sesto e settimo comma, c.p.c., in modo che la domanda principale e la riconvenzionale siano trattate in "simultaneus processus" e decise entrambe con pronuncia secondo diritto, impugnabile, in tutti i capi, con l'appello.
Cass. civ. n. 4233/2012
Mentre con la domanda riconvenzionale il convenuto, traendo occasione dalla domanda contro di lui proposta, oppone una controdomanda e chiede un provvedimento positivo, sfavorevole all'attore, che va oltre il mero rigetto della domanda attrice, mediante l'eccezione riconvenzionale egli, pur deducendo fatti modificativi, estintivi o impeditivi, che potrebbero costituire oggetto di un'autonoma domanda in un giudizio separato, si limita a chiedere la reiezione della pretesa avversaria, totalmente o anche solo parzialmente, al fine di beneficiare di una condanna più ridotta. Ne consegue che la mancata impugnazione della decisione di rigetto della domanda riconvenzionale di risarcimento dei danni per i vizi dell'opera appaltata, resa dal giudice di primo grado in considerazione della mancata prova dei fatti posti a fondamento di essa, comporta la sola preclusione di riproporre nel giudizio di appello l'esame di detta domanda, ma non determina l'abbandono dell'eccezione riconvenzionale, riproposta in sede di gravame, parimenti fondata su tali vizi e volta a confutare la pretesa attorea sotto il profilo del "quantum".
Cass. civ. n. 18785/2010
Il giudice del foro del consumatore quando è competente per la causa principale, ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 36 e 40 c.p.c., conosce anche della domanda riconvenzionale che dipende dal titolo dedotto in giudizio dall'attore o da quello che già appartiene alla causa come mezzo di eccezione, se non ecceda la sua competenza per materia e valore.
Cass. civ. n. 4295/2008
Sussiste connessione tra la domanda riconvenzionale proposta dal convenuto per far accertare l'acquisto per usucapione di una servitù di elettrodotto e la domanda di risarcimento del danno proposta dall'attore proprietario dell'immobile divenuto servente, a causa del comportamento addebitato al convenuto per la realizzazione della situazione di fatto corrispondente al diritto di servitù invocato; infatti, l'accertamento dell'avvenuta usucapione della servitù di elettrodotto esclude il presupposto del risarcimento da illecito, retroagendo gli effetti dell'usucapione, quale acquisto del diritto reale a titolo originario, al momento dell'iniziale esercizio della relazione di fatto con il fondo altrui, e togliendo ab origine il connotato di illiceità al comportamento di chi abbia usucapito.
Cass. civ. n. 6520/2007
La relazione di dipendenza della domanda riconvenzionale «dal titolo dedotto in giudizio dall'attore», che comporta la trattazione simultanea delle cause, si configura non già come identità della causa petendi (richiedendo, appunto, l'art. 36 c.p.c. un rapporto di mera dipendenza), ma come comunanza della situazione o del rapporto giuridico dal quale traggono fondamento le contrapposte pretese delle parti, ovvero come comunanza della situazione, o del rapporto giuridico sul quale si fonda la riconvenzionale, con quello posto a base di un'eccezione, sì da delinearsi una connessione oggettiva qualificata della domanda riconvenzionale con l'azione o l'eccezione proposta. (Nella specie, la Suprema Corte ha affermato la competenza del tribunale a conoscere, ai sensi dell'art. 36 c.p.c., della domanda di adempimento di un contratto di locazione di due piazzole di campeggio, originariamente proposta innanzi al giudice di pace, e della domanda riconvenzionale di pagamento del canone di locazione delle piazzole sulla base del medesimo contratto e di pagamento di alcuni servizi connessi).
Cass. civ. n. 15271/2006
Qualora la domanda riconvenzionale non ecceda la competenza del giudice della causa principale, a fondamento di essa può dedursi anche un titolo non dipendente da quello fatto valere dall'attore a fondamento della sua domanda, purché sussista con questo un collegamento oggettivo che giustifichi l'esercizio, da parte del giudice, della discrezionalità che può consigliare il simultaneus processus. Pur trattandosi di una valutazione discrezionale del giudice di merito, questi è tenuto a motivare il rifiuto di autorizzazione, opposto alla introduzione di una riconvenzionale non connessa, senza limitarsi a dichiararla inammissibile esclusivamente per la mancata dipendenza dal titolo dedotto in giudizio.
Cass. civ. n. 12475/2004
La domanda riconvenzionale che il convenuto dinanzi al giudice ordinario proponga contestualmente alla formulazione — in via principale — dell'eccezione di compromesso in arbitri della causa — per clausola convenzionale di deroga alla giurisdizione, con conseguente rinunzia all'azione giudiziaria, e decisione della controversia secondo il dictum di soggetti privati — è da ritenere proposta necessariamente in via subordinata al mancato accoglimento dell'eccezione che, se accolta, preclude la cognizione sia della domanda attorea che di quella riconvenzionale.
Cass. civ. n. 13057/2002
La domanda riconvenzionale volta al riconoscimento di un credito nei confronti del fallito e proposta nell'ambito di un giudizio promosso dal Fallimento per l'esercizio dell'azione revocatoria fallimentare, non solo non comporta il trasferimento dell'intera causa avanti al giudice della verifica dello stato passivo, ma è improponibile, attesa l'esclusività del rito per essa previsto a fini pubblicistici.
Cass. civ. n. 10356/2000
In caso di opposizione all'esecuzione, la domanda diretta all'accertamento dell'importo del credito ulteriore rispetto a quello contenuto nella sentenza fatta valere come titolo esecutivo è idonea a determinare lo spostamento della competenza ratione valoris del giudice dell'opposizione solo se sia configurabile come domanda riconvenzionale in senso tecnico, cioè come domanda dell'interessato a conseguire una pronuncia di condanna sulla pretesa, che, cumulandosi al valore della domanda oggetto dell'opposizione all'esecuzione, determina l'esorbitanza dalla competenza per valore del giudice adito; mentre non rientra in nessuna delle ipotesi di modificazione della competenza per ragioni di connessione, indicate negli artt. 31-36 c.p.c., la pretesa che si configuri come mera eccezione difensiva del convenuto nel giudizio di opposizione all'esecuzione.
Cass. civ. n. 12558/1999
La domanda formulata da un convenuto nei confronti di un altro, ed avente ad oggetto l'accertamento della responsabilità esclusiva del secondo rispetto alla domanda risarcitoria formulata dall'attore, va qualificata come domanda riconvenzionale, e può essere proposta negli stessi limiti di quest'ultima.
Cass. civ. n. 3619/1999
In base al combinato disposto dell'art. 34 con gli artt. 35 e 36 c.p.c., quando la domanda riconvenzionale ecceda la competenza per materia e per valore del giudice adito con la domanda principale, la remissione dell'intera causa al giudice competente per la riconvenzionale si impone solo ove quest'ultima implichi la soluzione di una questione pregiudiziale da risolvere con efficacia di giudicato, mentre in tutti gli altri casi il giudice adito ha il potere di scegliere tra la separazione delle due cause, rimettendo al giudice superiore solo quella relativa alla riconvenzionale, e la rimessione di entrambe al giudice competente per la riconvenzionale, secondo un apprezzamento discrezionale, il cui esercizio si estrinseca in una pronuncia di contenuto ordinatorio, che non costituisce decisione sulla competenza, e non è, pertanto, suscettibile di impugnazione attraverso il regolamento di competenza.
Cass. civ. n. 2827/1999
La norma dell'art. 36 c.p.c., laddove consente lo svolgimento del processo simultaneo sulla domanda principale e sulla domanda riconvenzionale, avanti al giudice adito con la prima, con riferimento al caso in cui la competenza su entrambe le domande si debba attribuire per ragioni di valore, concerne esclusivamente l'ipotesi in cui il giudice adito sia competente per valore sulla domanda principale e la competenza per valore sulla riconvenzionale spetti parimenti ad esso o ad un giudice inferiore, mentre, non può trovare applicazione nel caso in cui sulla domanda proposta in via principale quel giudice sia incompetente, per essere la competenza per valore attribuita ad un giudice di competenza inferiore, non potendosi reputare che l'incompetenza originaria sulla domanda principale del giudice adito possa divenire irrilevante in dipendenza della proposizione della riconvenzionale, riconducibile, viceversa, alla competenza di detto giudice, il quale, pertanto, ove sia sorta discussione sulla competenza ovvero rilevi egli stesso l'incompetenza sulla domanda originaria, deve separare le due cause e rimettere al giudice di competenza inferiore la causa sulla domanda principale, trattenendo, invece, soltanto la riconvenzionale (a meno che anch'essa non sia di competenza del giudice inferiore).
Cass. civ. n. 2533/1998
La disposizione di cui all'art. 36 c.p.c. in tema di domande riconvenzionali (dipendenti, cioè, dallo stesso titolo invocato dall'attore, ovvero da titolo già appartenente alla causa come mezzo di eccezione) contempla, per l'ipotesi in cui la detta riconvenzionale ecceda la competenza per materia o per valore del giudice adito, la possibilità di rimessione dell'intera causa al giudice superiore ove non si ravvisi la possibilità alternativa di decidere autonomamente sulla domanda principale attesa l'agevole definibilità delle relative questioni, con la conseguenza che, qualora la domanda introdotta dal convenuto non sia qualificabile come riconvenzionale alla stregua dei criteri di cui alla norma predetta, si rende inevitabile il provvedimento di separazione delle cause, in assenza di disposizioni che deroghino alle comuni regole di competenza.
Cass. civ. n. 8927/1995
La competenza a conoscere delle domande riconvenzionali aventi ad oggetto il risarcimento dei danni subiti dal datore di lavoro a causa della violazione, da parte del dipendente, di obblighi nascenti dal rapporto di lavoro, appartiene, ratione materiae, al giudice del lavoro.
Cass. civ. n. 3548/1994
La proposizione di un'azione di mero accertamento non comporta esclusione dell'esercizio, in via riconvenzionale, di azioni che non siano della medesima natura, atteso che condizione unica di ammissibilità della domanda riconvenzionale, proposta davanti al giudice competente per materia e valore è, a norma dell'art. 36 c.p.c. la dipendenza di essa dal titolo dedotto in giudizio dall'attore, o da quello che già appartiene alla causa come mezzo di eccezione, restando del tutto ininfluente la valenza e l'ambito della tutela giudiziaria invocata, sia cioè essa dichiarativa, costitutiva o di condanna.
Cass. civ. n. 3475/1994
Il mero silenzio serbato dalla parte in ordine alla domanda riconvenzionale irritualmente proposta non implica accettazione del contraddittorio, con la conseguenza che esso non preclude la successiva deduzione dell'inammissibilità della domanda stessa. (Nella specie la Corte Suprema ha confermato la decisione del merito che aveva ritenuto che nell'intervallo intercorso tra la domanda riconvenzionale — da ritenersi intempestiva perché non formulata con la comparsa di risposta — e la eccezione di tardività della stessa, non era stata svolta alcuna attività che potesse far ritenere implicitamente accettato il contraddittorio sulla detta domanda).
Cass. civ. n. 7131/1993
In caso di domanda riconvenzionale proposta dal terzo chiamato in causa dal convenuto, che su di lui intende riversare gli effetti della domanda dell'attore in forza di un distinto rapporto, dipendente da un diverso titolo, la connessione richiesta dall'art. 36 c.p.c. non postula necessariamente che la domanda riconvenzionale tragga fondamento dalla situazione o rapporto giuridico fatto valere dall'attore, ben potendo trarre origine dal rapporto di garanzia confluito nel processo, nel quale il convenuto esercita una autonoma azione, assumendo, nei confronti del terzo, la veste di attore.
Cass. civ. n. 5460/1993
L'attore che abbia assunto la veste di convenuto in conseguenza di domanda riconvenzionale, può a sua volta avanzare domanda riconvenzionale nei confronti del convenuto (riconventio riconventionis), purché tempestivamente nel primo atto difensivo successivo alla comparsa di risposta del convenuto.
Cass. civ. n. 768/1993
Il giudice competente per valore sulla causa principale di condanna all'adempimento di un'obbligazione conosce anche della eccezione di inadempimento e della domanda riconvenzionale di risarcimento del danno derivante da tale inadempimento se questa rientra nella sua competenza, mentre rimette al giudice superiore sia la causa principale che la domanda riconvenzionale se questa eccede la sua competenza per valore: non può invece conoscere della domanda principale e rimettere la decisione sulla domanda riconvenzionale al giudice superiore competente su quest'ultima per ragioni di valore.
Cass. civ. n. 10043/1991
La domanda riconvenzionale, atteso il suo carattere autonomo — di controdomanda volta ad ottenere un provvedimento positivo favorevole nei confronti dell'attore e non il mero rigetto delle di lui pretese, come nel caso dell'eccezione riconvenzionale — deve essere esaminata e decisa anche se sia dichiarata inammissibile la domanda principale.
Cass. civ. n. 7331/1990
Il giudice della causa principale è competente a conoscere della causa riconvenzionale che non ecceda per valore o per materia la sua competenza, anche quando la causa riconvenzionale, separatamente considerata, rientrerebbe nella sfera della competenza territoriale inderogabile di altro giudice, non consentendo la norma eccezionale di cui all'art. 36 c.p.c. interpretazione analogica.
Cass. civ. n. 2478/1990
L'inammissibilità della domanda riconvenzionale, in quanto non contenuta nella comparsa di risposta o comunque non formulata nella prima udienza di trattazione, è stabilita a tutela dell'interesse della controparte, con la conseguenza che essa non è più opponibile se la parte, nel cui interesse la preclusione stessa è sancita, anziché eccepire la tardività e inammissibilità della domanda, abbia invece accettato il contraddittorio su di essa o esplicitamente ovvero anche tacitamente, mediante un comportamento processuale incompatibile con la volontà di opporsi all'ingresso della domanda riconvenzionale.
Cass. civ. n. 3843/1983
Ricorre l'ipotesi della domanda riconvenzionale quando il convenuto, traendo occasione della domanda contro di lui proposta, opponga una controdomanda e cioè chieda un provvedimento positivo sfavorevole all'attore che va oltre il rigetto della domanda principale; resta, invece, nell'ambito dell'eccezione l'istanza del convenuto diretta a far valere un suo diritto al solo scopo di escludere l'efficacia giuridica dei fatti o titoli dedotti dall'attore, ossia al fine di ottenere il rigetto della domanda.
Cass. civ. n. 697/1979
Quando il convenuto, eccedendo i limiti della domanda attrice, proponga un'eccezione o una domanda riconvenzionale che ampli l'oggetto della controversia, il thema decidendum è quello che risulta dal complesso delle istanze delle parti, e l'individuazione del giudice competente va fatta in base agli artt. 34 e 36 c.p.c., secondo cui, ove si debbano decidere con efficacia di giudicato questioni (sollevate dal convenuto) pregiudiziali o riconvenzionali, appartenenti per materia alla competenza di giudice diverso da quello adito, si verifica l'attrazione della causa principale a favore di tale giudice. (Nella specie, avendo il convenuto in una causa possessoria, avente ad oggetto un fondo rustico, eccepito di essere affittuario del fondo con diritto della proroga legale, la corte ha ritenuto la competenza della sezione specializzata agraria).