(massima n. 2)
La presupposizione postula che una situazione di fatto considerata, ma non espressamente enunciata dalle parti in sede di stipulazione del contratto, venga successivamente mutata dal sopravvenire di circostanze non imputabili alle parti stesse, in modo che l'assetto che costoro hanno dato ai propri interessi si trovi a poggiare su una base diversa da quella in virtù della quale era stato concluso il contratto. Per contro, nel caso in cui il mutamento della situazione presupposta sia ascrivibile alle parti stesse, l'eliminazione del vincolo non può trovare giustificazione, né prospettando un conflitto, per definizione inesistente, con la volontà negoziale, né adducendo il rispetto dei principi di correttezza e di buona fede che presiedono all'interpretazione e all'esecuzione dei negozi giuridici. (Nella specie la S.C. ha confermato la decisione di merito la quale aveva ritenuto che non potesse invocarsi, per farne discendere l'inefficacia di una divisione contrattuale, il mancato avveramento della condizione implicita presupposta, costituita dalla concessione delle agevolazioni previste dalla L. 10 agosto 1950 n. 715 perla costruzione di case popolari, le quali invece erano state revocate dalla P.A. per mancato rispetto dei limiti di edificabilità consentiti, giacché l'oggetto della presupposizione, cioè il godimento delle previste agevolazioni, non aveva natura obiettiva, ma veniva a dipendere dalla volontà dei contraenti di rispettare i limiti di edificabilità stabiliti dalla legge).