Cons. Stato n. 1762/2018
In relazione ai siti inquinati vi è l'obbligo per il proprietario e/o il gestore del sito, di adottare misure di prevenzione, anche in caso di contaminazioni storiche, in caso di pericolo di aggravamento della contaminazione.
Cons. Stato n. 3756/2015
L'art. 239 del Testo Unico dell'Ambiente nel formulare i principi generali in materia di rifiuti e di bonifiche dei siti contaminati richiami i principi e le norme comunitarie con particolare riferimento al principio del "chi inquina paga", ora contenuto anche dall'articolo 3-ter del TUA. Il cardine di tale principio consiste nell'imputazione dei costi ambientali al soggetto che ha causato la compromissione ecologica. (Riforma T.a.r. Valle d'Aosta n. 50/2014). Il soggetto obbligato alla caratterizzazione, all'analisi di rischio e alla bonifica o alla messa in sicurezza di un sito contaminato, ai sensi del Testo Unico dell'Ambiente, deve essere l'autore del comportamento che ha causato la contaminazione, che è concettualmente distinto dagli altri possibili soggetti coinvolti o interessati e segnatamente dal proprietario delle aree contaminate. È quindi necessario un rigoroso accertamento al fine di individuare il responsabile dell'inquinamento e la ricerca di prove certe e inequivoche, non potendo l'accertamento basarsi su mere presunzioni.
Cons. Stato n. 1054/2015
Si deve affermare la limitazione della responsabilità del proprietario dell'area inquinata non individuato quale responsabile dell'inquinamento alla luce delle disposizioni poste dagli articoli da 239 a 253 D.Lgs. n. 152/2006 (Codice dell'ambiente), ritenendo il proprietario obbligato soltanto ad adottare le misure di prevenzione.
Cass. pen. n. 19962/2013
Del reato di omessa bonifica (art. 257, D.Lgs. n. 152/2006) risponde solo il responsabile dell'inquinamento.
Cons. Stato n. 124/2012
Nell'ambito del procedimento di messa in sicurezza e bonifica di un'area di servizio, attivato in conseguenza di accertate perdite di carburante dalle cisterne di stoccaggio, è legittima la fissazione di un valore limite di inquinanti nell'acqua che, pur se più rigorosa di quella indicata dalla normativa generale, non contrasta con la stessa, dovendo prevalere la tutela della salute in generale e di quella umana in particolare, in sintonia con i principi di precauzione e di prevenzione.
Cons. Stato n. 4561/2010
La responsabilità dell'autore dell'inquinamento, ai sensi dell'art. 17, comma 2, del D.Lgs. 22/1997, costituisce una forma di responsabilità oggettiva per gli obblighi di bonifica, messa in sicurezza e ripristino ambientale conseguenti alla contaminazione delle aree. La natura oggettiva della responsabilità in questione è desumibile dalla circostanza che l'obbligo di effettuare gli interventi di legge sorge, in base all'art. 17 citato, in connessione con una condotta "anche accidentale", ossia a prescindere dall'esistenza di qualsiasi elemento soggettivo doloso o colposo in capo all'autore dell'inquinamento. Ai fini della responsabilità in questione è comunque pur sempre necessario il rapporto di causalità tra l'azione (o l'omissione) dell'autore dell'inquinamento ed il superamento - o pericolo concreto ed attuale di superamento - dei limiti di contaminazione, in coerenza col principio comunitario "chi inquina paga". Sensibilmente diversa si presenta invece la posizione del proprietario del sito, per la responsabilità del quale occorre fare riferimento ai cc. 10 e 11 dell'art. 17: chi subentra nella proprietà o possesso del bene subentra anche negli obblighi connessi all'onere reale ivi previsto, indipendentemente dal fatto che ne abbia avuto preventiva conoscenza. Quella posta in capo al proprietario è pertanto una responsabilità "da posizione", non solo svincolata dai profili soggettivi del dolo o della colpa, ma che non richiede neppure l'apporto causale del proprietario responsabile al superamento o pericolo di superamento dei valori limite di contaminazione. È quindi evidente che il proprietario del suolo - che non abbia apportato alcun contributo causale, neppure incolpevole, all'inquinamento - non si trova in alcun modo in una posizione analoga od assimilabile a quella dell'inquinatore, essendo tenuto a sostenere i costi connessi agli interventi di bonifica esclusivamente in ragione dell'esistenza dell'onere reale sul sito.
Cass. pen. n. 22006/2010
Il sistema delineato dagli artt. 242 e 257 T.U.A., D.Lgs. n. 152/06 che, attraverso la sanzione penale, per un verso persegue l'obiettivo di indurre chi inquina ad attivarsi tempestivamente per rimuovere le conseguenze dannose della propria condotta notiziando tempestivamente le autorità competenti del verificarsi degli eventi in grado di contaminare il sito e dall'altro si preoccupa di assicurare il corretto ed effettivo adempimento delle prescrizioni finalizzate alla bonifica del sito stesso. Tuttavia, ai sensi dell'art. 250 D.Lgs. n. 152/06 ove i soggetti responsabili della contaminazione non provvedano direttamente agli adempimenti previsti, le procedure e gli interventi di cui all'articolo 242 sono comunque realizzati d'ufficio dal comune territorialmente competente o dagli altri enti indicati dalla stessa disposizione. E dunque poiché l'omessa comunicazione non pregiudica in realtà l'adozione del progetto di bonifica si deve necessariamente ritenere che di regola essa da sola non possa dar luogo ad un danno risarcibile per le associazioni qualora risulti comunque - come nella specie - attivata la procedura per il progetto di bonifica. Pertanto, non sembra possibile, alla luce del principio di legalità, stante il chiaro disposto normativo, estendere l'ambito interpretativo della nuova disposizione ricomprendendo nella fattispecie anche l'elusione di ulteriori adempimenti previsti dall'art. 242 TUA ed estendere quindi il presidio penale, come sollecita il ricorrente, alla mancata ottemperanza di obblighi diversi da quelli scaturenti dal progetto di bonifica se non espressamente indicati. Sicché, in assenza di un progetto definitivamente approvato, non può configurarsi il reato di cui all'art. 257 TUA.
Cons. Stato n. 3885/2009
Il principio "chi inquina paga" consiste nell'imputazione dei costi ambientali (c.d. esternalità ovvero costi sociali estranei alla contabilità ordinaria dell'impresa) al soggetto che ha causato la compromissione ecologica illecita (poiché esiste una compromissione ecologica lecita data dall'attività di trasformazione industriale dell'ambiente che non supera gli standards legali). Ciò, sia in una logica risarcitoria ex post factum, che in una logica preventiva dei fatti dannosi, poiché il principio esprime anche il tentativo di internalizzare detti costi sociali e di incentivare - per effetto del calcolo dei rischi di impresa - la loro generalizzata incorporazione nei prezzi delle merci, e, quindi, nelle dinamiche di mercato dei costi di alterazione dell'ambiente (con conseguente minor prezzo delle merci prodotte senza incorrere nei predetti costi sociali attribuibili alle imprese e conseguente indiretta incentivazione per le imprese a non danneggiare l'ambiente).
Cass. pen. n. 9794/2006
La nuova fattispecie penale risultante dal combinato disposto di cui agli artt. 239 e 257, D.Lgs. n. 152 del 2006, pur avendo la stessa struttura di quella di cui agli artt. 17 e 51-bis, D.Lgs. n. 22 del 1997, è meno grave perché riduce l'area dell'illecito (restringendola alla condotta di chi cagioni inquinamenti più invasivi) e attenua il trattamento sanzionatorio.
Cons. Stato n. 4525/2005
L'art. 17, D.Lgs. n. 22 del 1997, la cui impostazione sul punto è stata ora confermata e specificata dagli artt. 240 e ss., D.Lgs. 3 aprile 2006 n. 152, recante norme in materia ambientale (c.d. Codice dell'ambiente), impone l'esecuzione di interventi di recupero ambientale anche di natura emergenziale al responsabile dell'inquinamento che può non coincidere con il proprietario ovvero con il gestore dell'area interessata; a carico di quest'ultimo (proprietario dell'area inquinata non responsabile della contaminazione), invero, non incombe alcun obbligo di porre in essere gli interventi ambientali in argomento ma l'onere (reale) di eseguirli al fine di evitare l'espropriazione del terreno interessato gravato da onere reale, al pari delle spese sostenute per gli interventi di recupero ambientale assistite, invece, da privilegio speciale immobiliare. Pertanto, il proprietario, qualora non coincida con il responsabile dell'inquinamento e questi non sia identificabile - finisce comunque per essere il soggetto gravato dal punto di vista economico, poiché l'Ente pubblico che ha provveduto all'esecuzione dell'intervento può recuperare le spese sostenute nei limiti del valore dell'area bonificata, anche in suo pregiudizio: ne deriva che il proprietario incolpevole ha l'onere di provvedere alla bonifica e alla messa in sicurezza se intende evitare le conseguenze derivanti dai vincoli che gravano sull'area di onere reale e di privilegio speciale immobiliare, salva l'azione di regresso nei confronti del responsabile dell'inquinamento.