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Articolo 64 Codice del processo amministrativo

(D.lgs. 2 luglio 2010, n. 104)

[Aggiornato al 31/01/2024]

Disponibilità, onere e valutazione della prova

Dispositivo dell'art. 64 Codice del processo amministrativo

1. Spetta alle parti l'onere di fornire gli elementi di prova che siano nella loro disponibilità riguardanti i fatti posti a fondamento delle domande e delle eccezioni.

2. Salvi i casi previsti dalla legge, il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti nonché i fatti non specificatamente contestati dalle parti costituite.

3. Il giudice amministrativo può disporre, anche d'ufficio, l'acquisizione di informazioni e documenti utili ai fini del decidere che siano nella disponibilità della pubblica amministrazione.

4. Il giudice deve valutare le prove secondo il suo prudente apprezzamento e può desumere argomenti di prova dal comportamento tenuto dalle parti nel corso del processo.

Spiegazione dell'art. 64 Codice del processo amministrativo

La norma in esame si occupa di disciplinare la fase istruttoria del processo amministrativo.
In particolare, il legislatore opta – come si evince dalla lettura congiunta di questa norma con quella precedente ex art. 63 – per il c.d. principio dispositivo con metodo acquisitivo: ciò significa che spetta sempre alle parti, salvo i particolari poteri istruttori ufficiosi che spettano al giudice, l'onere di fornire gli elementi di prova che siano nella loro disponibilità riguardanti i fatti posti a fondamento delle domande e delle eccezioni secondo il principio onus probandi incumbit ei qui dicit e in conformità al disposto dell’art. 2697 c.c. L’interessato, dunque, deve avanzare almeno un principio di prova affinchè i poteri istruttori ufficiosi siano esercitati dal giudice, che non può procedere in via meramente esplorativa.
Oltre a tale principio, la norma in esame codifica altresì
  • il principio di non contestazione, per cui il giudice, salvi i casi previsti dalla legge, deve porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti nonché i fatti non specificatamente contestati dalle parti costituite;
  • il principio del metodo acquisitivo, per cui il giudice amministrativo può disporre, anche d'ufficio, l'acquisizione di informazioni e documenti utili ai fini del decidere che siano nella disponibilità della pubblica amministrazione;
  • il principio del libero convincimento del giudice, il quale deve valutare le prove secondo il suo prudente apprezzamento e può desumere argomenti di prova dal comportamento tenuto dalle parti nel corso del processo.

Massime relative all'art. 64 Codice del processo amministrativo

Cons. Stato n. 3510/2019

Ai fini della legittimità di un atto amministrativo fondato su di una pluralità di ragioni, fra loro autonome, è sufficiente che anche una sola fra esse sia riconosciuta idonea a sorreggere l'atto medesimo, mentre le doglianze formulate avverso gli altri motivi devono ritenersi carenti di un sottostante interesse a ricorrere, giacché in nessun caso le stesse potrebbero portare all'invalidazione dell'atto. In virtù dei principi generali che presiedono alla valutazione delle risultanze istruttorie, enunciati dall'art. 116 c.p.c. e dall'art. 64 D.Lgs. n. 104/2010, deve ritenersi ben possibile valutare gli elementi emersi durante un procedimento penale, a prescindere dal riconoscimento di un giudicato facente stato nel presente giudizio.

Cons. Stato n. 2815/2019

Per l'art. 64 comma 1 del D.Lgs. n. 104/2010 spetta alle parti l'onere di fornire gli elementi di prova che siano nella loro disponibilità riguardanti i fatti posti a fondamento delle domande e delle eccezioni, e pertanto, nelle ipotesi di responsabilità della P.A., l'onere di provare il danno subito spetta al privato che si ritiene danneggiato, il quale è il soggetto che dispone dei relativi elementi, senza che sia applicabile il metodo acquisitivo da parte del Giudice.

Cons. Stato n. 4171/2015

Il principio dispositivo con metodo acquisitivo, che pure connota il processo amministrativo, non può ridursi ad una inversione dell'onere della prova, dovendosi peraltro tener presente che l'esercizio dei relativi poteri istruttori è rimesso al prudente apprezzamento del giudice che in tale valutazione deve rispettare la regola della parità delle parti.

Non può essere accolta una censura che non sia supportata da adeguato principio di prova; né in tal caso alle carenze probatorie può supplirsi con i poteri giudiziali istruttori, specie allorché, a sostegno del denunciato vizio di legittimità, vengano posti non dati più o meno circostanziati, ma notizie di stampa e, quindi, elementi di conoscenza scarni se non dubitativi. Infatti, a fronte di un siffatto quadro di circostanze, non si può pretendere dal giudicante l'attivazione di incombenti istruttori ritenuti dallo stesso non necessari per ovviare alle deficienze della formulata denuncia.

Cons. Stato n. 2738/2011

Il provvedimento impugnato e gli atti del procedimento amministrativo relativo, sono per definizione indispensabili al giudizio e la mancata produzione da parte dell'Amministrazione non comporta decadenza, sussistendo il potere-dovere del giudice di acquisirli d'ufficio. Pertanto la mancata acquisizione d'ufficio da parte del giudice può essere supplita con i poteri ufficiosi del giudice di appello - atteso che l'art. 46, comma 2, c.p.a. è senz'altro applicabile in grado di appello -, senza che si incontri la preclusione ai nova in appello recata dall'art. 104, comma 2, c.p.a., essendovi per definizione un'indispensabilità, sotto il profilo probatorio, del provvedimento impugnato e degli atti del relativo procedimento.

Cons. Stato n. 1672/2011

In applicazione del c.d. criterio della vicinanza della prova, costituente principio regolatore della disciplina della distribuzione dell'onere della prova tra le parti processuali, grava dunque sulla parte ricorrente l'onere di dimostrare la sussistenza e l'ammontare dei danni non patrimoniali azionati in giudizio.

In tema di responsabilità della pubblica amministrazione sebbene la prova dell'an e del quantum dei danni possa essere fornita anche in via presuntiva, la stessa deve pur sempre fondarsi su circostanze di fatto concrete e certe, integranti un quadro indiziario connotato da elementi plurimi, precisi e concordanti che consentano di risalire, secondo un criterio di ragionevolezza e di normalità, al fatto ignoto costituente l'oggetto principale di prova.

Cons. Stato n. 1271/2011

Per ogni ipotesi di responsabilità della p.a. per i danni causati per l'illegittimo esercizio (o mancato esercizio) dell'attività amministrativa, spetta al ricorrente fornire in modo rigoroso la prova dell'esistenza del danno, non potendosi invocare il c.d. principio acquisitivo, perché tale principio attiene allo svolgimento dell'istruttoria e non all'allegazione dei fatti; se anche può ammettersi il ricorso alle presunzioni semplici ex art. 2729 c.c. per fornire la prova del danno subito e della sua entità, è comunque ineludibile l'obbligo di allegare circostanze di fatto precise; sicché, quando il soggetto onerato della allegazione e della prova dei fatti non vi adempie, non può darsi ingresso alla valutazione equitativa del danno ex art. 1226 c.c., perché tale norma presuppone l'impossibilità di provare l'ammontare preciso del pregiudizio subito, né può essere invocata una consulenza tecnica d'ufficio, diretta a supplire al mancato assolvimento dell'onere probatorio da parte del privato.

In sede di risarcimento del danno nei confronti della P.A., l'onere probatorio circa l'ammontare dei danni può ritenersi assolto allorché il ricorrente indichi, a fronte di un danno certo nella sua verificazione, taluni criteri di quantificazione dello stesso, salvo il potere del giudice di vagliarne la accoglibilità attraverso l'apporto tecnico del consulente o, comunque, quando il ricorrente fornisca un principio di prova della sussistenza e quantificazione del danno.

Cons. Stato n. 924/2011

La disciplina contenuta nell'art. 2697 c.c. (corrispondente, ora, all'art. 64, comma 1, D.Lgs. n. 104/2010) secondo la quale spetta a chi agisce in giudizio indicare e provare i fatti, deve trovare integrale applicazione anche nel processo amministrativo ogniqualvolta non ricorra disuguaglianza di posizioni tra p.a. e privato, laddove si verte esclusivamente sulla spettanza, o meno, di un risarcimento del danno: con la conseguenza che, a pena di un'inammissibile inversione del regime dell'onere della prova, non è consentito al giudice amministrativo di sostituirsi alla parte onerata quando quest'ultima si trovi nell'impossibilità di provare il fatto posto a base della sua azione.

Nel processo amministrativo, anche dopo l'entrata in vigore del nuovo codice approvato con D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104 (art. 64, comma 3, codice del processo amministrativo), il sistema probatorio è fondamentalmente retto dal principio dispositivo con metodo acquisitivo degli elementi di prova da parte del giudice, il quale comporta l'onere per il ricorrente di presentare almeno un indizio di prova perché il giudice possa esercitare i propri poteri istruttori e ciò, per l'appunto, è contemplato dal "sistema" proprio in quanto il ricorrente, di per sé non ha la disponibilità delle prove, essendo queste nell'esclusivo possesso dell'amministrazione ed essendo quindi sufficiente che egli fornisca un principio di prova.

Cons. Stato n. 618/2011

Nel processo amministrativo, trova applicazione il principio di cui all'art. 2697 c.c., in forza del quale è onere di chi agisce in giudizio indicare e provare i fatti a sostegno delle proprie pretese, non ostando a ciò il principio dispositivo con metodo acquisitivo. Pertanto, non può mai ammettersi un'assoluta e generale inversione dell'onere della prova, non essendo consentito al a.g.a. di sostituirsi alla parte onerata qualora la stessa non si trovi nell'impossibilità di provare il fatto posto a base della sua azione.

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Anonimo chiede
mercoledì 24/07/2024
“Nel novembre 2022 ho fatto ricorso al TAR perchè la mia amministrazione NON mi aveva trasferito ad altra sede lavorativa più vicina all'assistita mia madre in L. 104.
Dopo due anni d'attesa ed il rigetto della richiesta di sospensiva, il TAR Lazio ha fissato udienza conclusiva il 16.7.2024 che si è svolta alla presenza del mio avvocato e del legale dell'avvocatura di stato, senza però che l'Avvocatura avesse presentato alcuna memoria finale scritta o avesse proferito difesa orale.
Il TAR a voce si è riservato di decidere DOPO L'UDIENZA, salvo poi emettere un'ordinanza con cui ingiunge alla mia Amministrazione di fornire alcuni chiarimenti sulle motivazioni del rigetto della L. 104 e quindi di fatto il TAR ha riaperto i termini per la mia Amministrazione.
Chiedo di sapere se la procedura del TAR di riaprire i termini all'Amministrazione per farsi presentare apposita relazione scagionevole in difesa è cosa lecita o è una procedura non consentita visto che in sede di udienza finale del 16.7.2024 di fatto era presente in aula il rappresentante dell'Avvocatura e visto che l'Amministrazione aveva termine perentorio quello dell'Udienza del 16.7.2024 per rigettare la memorie di parte.

NB
invio copia della ordinanza con cui si riaprono i termini fermo restando che io vorrei impugnare l'Ordinanza al CdS se voi mi dite che è possibile impugnare
Rimango in attesa di sapere se l'ordinanza è lecita o illecita e se posso impugnarla.
saluti”
Consulenza legale i 29/07/2024
L'ordinanza trasmessa a corredo del quesito rientra nei poteri istruttori del Collegio, che - ove lo ritenga utile ai fini della decisione e anche senza istanza di parte - può chiedere all'Amministrazione di fornire chiarimenti e/o documenti (art. 64 c.p.a.).
Si tratta di un'ordinanza non impugnabile autonomamente, data la sua natura istruttoria, fermo restando che quanto prodotto dall'Amministrazione potrà essere contestato nelle memorie e nelle repliche da depositare prima della prossima udienza e eventualmente in appello. Ora, purtroppo, si può solo attendere.