Il primo comma della norma pone a carico del danneggiato l’onere di provare il difetto, il
danno e la sussistenza di una connessione causale tra difetto e danno.
Ciò significa che il danneggiato deve dimostrare di aver fatto un uso normale del prodotto e che da tale uso ne siano derivati dei danni.
Infatti, la fonte della
responsabilità del
produttore non può farsi discendere dalla mera difettosità del prodotto, ma da una fattispecie complessa, risultante dall’uso normale del prodotto e dal verificarsi di effetti dannosi.
Il danneggiato, dunque, non può soltanto dolersi di una difettosità che sia rimasta priva di conseguenze materiali, ma dovrà dimostrare il collegamento causale tra gli effetti materiali anomali derivanti dall’uso normale del prodotto ed il danno subito alla sua
integrità fisica ovvero ad altro bene materiale.
Nel momento in cui il danneggiato riesca a fornire la prova nei termini sopra precisati, incomberà sul produttore l’onere di fornire la prova liberatoria, avvalendosi di una delle esimenti di cui all’
art. 118 del codice consumo.
I principi espressi nella norma in esame si adattano perfettamente con le regole dettate dal codice civile in tema di
responsabilità extracontrattuale (artt.
2043 e ss. c.c. e valgono a configurare la responsabilità del produttore come di tipo presuntivo (si tratta di un’ipotesi di
presunzione iuris tantum, suscettibile di prova contraria).
Infine, il terzo comma contiene una norma di carattere procedurale, disponendo che in caso di verosimiglianza della derivazione del danno da difetto del prodotto, il giudice può ordinare che le spese della consulenza tecnica, generalmente necessarie per accertare il rapporto causa-effetto, siano anticipate dal produttore.