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Articolo 268 Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza

(D.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14)

[Aggiornato al 28/09/2024]

Liquidazione controllata

Dispositivo dell'art. 268 Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza

1. Il debitore in stato di sovraindebitamento può domandare con ricorso al tribunale competente ai sensi dell'articolo 27, comma 2, l'apertura di una procedura di liquidazione controllata dei suoi beni.

2. Quando il debitore è in stato di insolvenza, la domanda può essere presentata da un creditore anche in pendenza di procedure esecutive individuali. Nei casi di cui al primo periodo non si fa luogo all'apertura della liquidazione controllata se l'ammontare dei debiti scaduti e non pagati risultanti dagli atti dell'istruttoria è inferiore a euro cinquantamila. Tale importo è periodicamente aggiornato con le modalità di cui all'articolo 2, comma 1, lettera d)(1).

3. Quando la domanda è proposta da un creditore nei confronti di un debitore persona fisica non si fa luogo all'apertura della liquidazione controllata se l'OCC, su richiesta del debitore, attesta che non è possibile acquisire attivo da distribuire ai creditori neppure mediante l'esercizio di azioni giudiziarie. Il debitore eccepisce l'impossibilità di acquisire attivo entro la prima udienza allegando all'attestazione i documenti di cui all'articolo 283, comma 3. Se il debitore dimostra di aver presentato all'OCC la richiesta di cui al primo periodo e l'attestazione non è ancora stata redatta, il giudice concede un termine non superiore a sessanta giorni per il deposito dell'attestazione. Quando la domanda di apertura della liquidazione controllata è proposta dal debitore persona fisica, si fa luogo all'apertura della liquidazione controllata se l'OCC attesta che è possibile acquisire attivo da distribuire ai creditori, anche mediante l'esercizio di azioni giudiziarie(3).

4. Non sono compresi nella liquidazione:

  1. a) i crediti impignorabili ai sensi dell'articolo 545 del codice di procedura civile;
  2. b) i crediti aventi carattere alimentare e di mantenimento, gli stipendi, le pensioni, i salari e ciò che il debitore guadagna con la sua attività nei limiti, indicati dal giudice, di quanto occorre al mantenimento suo e della sua famiglia;
  3. c) i frutti derivanti dall'usufrutto legale sui beni dei figli, i beni costituiti in fondo patrimoniale e i frutti di essi, salvo quanto disposto dall'articolo 170 del codice civile;
  4. d) le cose che non possono essere pignorate per disposizione di legge.

5. Il deposito della domanda sospende, ai soli effetti del concorso, il corso degli interessi convenzionali o legali fino alla chiusura della liquidazione, a meno che i crediti non siano garantiti da ipoteca, pegno o privilegio e salvo quanto previsto dagli articoli 2749, 2788 e 2855, secondo e terzo comma, del codice civile(2).

Note

(1) Comma modificato dal D. Lgs. 17 giugno 2022, n. 83.
(2) Tale disposizione è stata modificata dall'art. 29, comma 1, del D. Lgs. 26 ottobre 2020, n. 147.
(3) Il comma 3 è stato modificato dall'art. 41, comma 1 del D.Lgs. 13 settembre 2024, n. 136.

Spiegazione dell'art. 268 Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza

La norma è posta in apertura del Capo dedicato alla procedura di liquidazione controllata. La liquidazione controllata è la procedura concorsuale che, analogamente alla liquidazione giudiziale, consente di soddisfare tutti i creditori del debitore sovraindebitato mediante la liquidazione del suo intero patrimonio. Come si è anticipato, dunque, la liquidazione controllata è a tutti gli effetti una procedura concorsuale, dal momento che realizza il concorso della generalità dei creditori sulla universalità dei beni del debitore, ferma restando l'esclusione, dal novero dei beni patrimoniali sui quali possono soddisfarsi i creditori, dei crediti e degli altri beni indicati al quarto comma.

Alla liquidazione controllata può essere sottoposto esclusivamente il debitore non assoggettabile a liquidazione giudiziale (presupposto soggettivo) e che versi in uno stato di sovraindebitamento (presupposto oggettivo).


Normalmente, la legittimazione alla presentazione della domanda di apertura della procedura spetta esclusivamente al debitore (volontarietà). Laddove quest'ultimo versi in un vero e proprio stato di insolvenza, tale facoltà è però attribuita anche ai suoi creditori. Deve osservarsi che nella liquidazione giudiziale quest'ultima è la regola generale in punto di legittimazione, per via del fatto che il presupposto oggettivo consiste unicamente nello stato d'insolvenza (mentre il concetto di sovraindebitamento racchiude tanto quello di crisi, quanto quello d'insolvenza).

In ogni caso, quando la domanda è presentata dal creditore, il Tribunale non può disporre l'apertura della procedura qualora:
  • l'ammontare dei debiti scaduti e non pagati sia inferiore ai 50.000 euro
  • l'OCC, su richiesta del debitore, abbia attestato in apposita relazione l'assenza di beni liquidabili, cui non sia possibile porre rimedio nemmeno tramite l'esercizio di azioni volte alla re-integrazione del patrimonio del debitore (revocatorie)

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Consulenze legali
relative all'articolo 268 Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza

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G. R. chiede
giovedģ 16/01/2025
“Egr.gi avv.ti Buongiorno,
in novembre 2019 ho aderito alla procedura di liquidazione del patrimonio per sovra-indebitamento (legge 3/2012).
La procedura si sarebbe conclusa in novembre del 2023 protratta però fino al mese scorso in quanto non ancora aggiudicato l'immobile all'asta.
Il mese scorso è stato aggiudicato l'immobile (dove tutt'ora risiedo) e venduto per mezzo di rogito notarile.
Nel corso della procedura un mio parente si era aggiudicato l'immobile versando il 10% canonico ma non riuscendo poi a saldare il dovuto per problemi intervenuti successivamente all'aggiudicazione (base d'asta € 30.000 versati € 3.000 importo NON versato € 27.000).
L'immobile è stato successivamente aggiudicato per € 13.000.
Il Curatore si è fatto autorizzare dal Giudice della Procedura a firmare in mia vece senza interpellarmi in nessun modo e senza avvertirmi della data del rogito (l'ho scoperto per puro caso).
E' deontologicamente corretto questo comportamento?

Nella speranza di essere stata abbastanza chiara nell'esposizione ringrazio anticipatamente e porgo distinti saluti.”
Consulenza legale i 31/01/2025
La disciplina della liquidazione controllata del patrimonio del debitore è oggi contenuta negli artt. 268 e ss. del Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza, entrato in vigore il 15.07.2022; alla procedura segnalata nel quesito, tuttavia, si applica la vecchia normativa contenuta nella legge 3/2012, poiché intrapresa in epoca anteriore.


L’art. 14-quinquies, comma 2, lettera e), della legge 3/2012 prevede che, con il decreto di apertura della liquidazione, il giudice “ordina la consegna o il rilascio dei beni facenti parte del patrimonio di liquidazione, salvo che non ritenga, in presenza di gravi e specifiche ragioni, di autorizzare il debitore ad utilizzare alcuni di essi.”


In altri termini, la procedura di liquidazione del patrimonio comporta lo spossessamento dei beni del debitore ed il loro affidamento ad un organo della procedura (il liquidatore) che accerta il passivo, liquida l'attivo e ne distribuisce il ricavato tra i creditori.
Come ulteriormente precisato dalla Corte Costituzionale, qualunque sia la procedura, l’immobile rimane a far parte solo formalmente del patrimonio del debitore sovraindebitato, essendo, in pratica, nella piena disponibilità della procedura medesima (Corte Cost., 22 ottobre 2019, n. 245).


Il liquidatore forma l’inventario dei beni facenti parte del patrimonio del debitore (art. 14-sexies), predispone un progetto di stato passivo (art. 14-octies) ed elabora un programma di liquidazione (art. 14-novies).
Lo stesso art. 14-novies dispone che “le vendite e gli altri atti di liquidazione posti in essere in esecuzione del programma di liquidazione sono effettuati dal liquidatore tramite procedure competitive”; prevede inoltre che “Prima del completamento delle operazioni di vendita, il liquidatore informa degli esiti delle procedure il debitore, i creditori e il giudice”.
La vendita che si celebra in sede di liquidazione controllata del patrimonio è, a tutto tondo, una vendita giudiziaria.


A differenza, però, della vendita giudiziaria a seguito di pignoramento immobiliare, con riferimento all’atto di trasferimento di beni immobili all’esito di un’aggiudicazione nell’ambito di una procedura competitiva disposta in una delle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento, non è prevista dal legislatore l’emissione, da parte del Giudice delegato, di un decreto di trasferimento; tale atto, pertanto, deve essere autenticato o ricevuto dal notaio.


Ciò non esclude, tuttavia, che la vendita sia comunque da qualificarsi come procedura coattiva e che, pertanto, non si configura quale negozio giuridico di vendita volontaria, bensì quale atto conclusivo del detto procedimento di vendita coattiva, caratterizzato dalla finalità liquidatoria del patrimonio del debitore.


Riassumendo quanto concerne direttamente il quesito proposto: il debitore viene spossessato dei propri beni fin dal provvedimento di apertura della liquidazione; al contempo, la vendita effettuata all’esito della procedura non può definirsi volontaria, bensì coattiva (pertanto sottratta alla disponibilità del debitore).


Tanto premesso, la procedura seguita dal liquidatore è corretta: questi, su dovuta autorizzazione del giudice delegato, non ha fatto altro che sottoscrivere l’atto notarile conclusivo della vendita coattiva svolta all’interno della procedura di liquidazione del patrimonio, in esecuzione - si suppone, visto il controllo giudiziale, comunque sempre presente - del programma di liquidazione elaborato.