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Articolo 2710 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Efficacia probatoria tra imprenditori

Dispositivo dell'art. 2710 Codice Civile

I libri bollati e vidimati [2215] nelle forme di legge, quando sono regolarmente tenuti, possono fare prova tra imprenditori [2082] per i rapporti inerenti all'esercizio dell'impresa [634, 2 c.p.c.](1)(2).

Note

(1) La disposizione eccezionale esige il requisito fondamentale della tenuta corretta e regolare dei registri contabili degli imprenditori coinvolti; nel caso in cui difetti una qualsiasi delle formalità richieste dalla norma, tornerà automaticamente in vigore il principio generale, che ex art. 2709 sancisce il valore di prova dei documenti contabili unicamente a sfavore dell'imprenditore sottoscrivente.
(2) Si deve sottolineare che è proprio grazie alla presente norma che possono essere emessi la maggior parte dei decreti ingiuntivi finalizzati al recupero di determinati crediti da parte delle aziende.

Ratio Legis

La norma costituisce un'evidente deroga al principio generale in virtù del quale nessuno può fornire prove a proprio favore, ed è fondata sul presupposto che l'operazione economica compiuta tra gli imprenditori sia annotata nei rispettivi registri contabili correttamente tenuti.

Spiegazione dell'art. 2710 Codice Civile

Imprese soggette e non soggette a registrazione

Il cod. comm. 1882 assoggettava tutti i commercianti all'ob­bligo della tenuta dei libri (giornale, inventario, copialettere) non già mediante sanzioni dirette ma dichiarando che i libri di commercio pos­sono far prova anche a favore di chi li tiene (art. 47) e punendo di bancarotta chi non avesse tenuto í propri libri (art. 856, n. 5). Il nuovo co­dice, al libro del lavoro, ha distinto le imprese in soggette e non soggette a registrazione (cioè ad iscrizione in un pubblico registro). Soggette sono quelle indicate all'art. 2195 (cioè che esercitano una attività industriale, diretta alla produzione di beni o di servizi, o intermediaria nella circola.. zione dei beni, o di trasporto, bancaria o assicurativa ; o ausiliaria delle precedenti). Le imprese soggette a registrazione possono essere singole o collettive, o enti pubblici. Sono invece esenti i piccoli imprenditori. In forza dell' ultimo comma dell'ar­ticolo 2195, a tutte le imprese soggette a registrazione si applicano, se non risulta stabilito diversamente, le disposizioni relative alle im­prese commerciali e quindi (art. 2214) l'obbligo di tenere il giornale, l'inventario e le scritture contabili che siano richieste dalla natura e dalle dimensioni dell'impresa, nonchè di conservare la corrispondenza spedita e ricevuta. Anche da tali obblighi sono esenti i piccoli imprendi­tori (circa obblighi speciali per tenuta di particolari libri, cfr. articoli 2302, 2315, 2421, 2490, 2516, 2547 cod. civ.).


Libri regolarmente e non regolarmente tenuti

A norma dell’articolo in esame bisogna distinguere :
A) I libri contabili delle imprese soggette a registrazione bollati e vidimati nelle forme di legge e regolarmente tenuti. — La bollatura e con­temporanea progressiva numerazione è eseguita dall'ufficio del registro delle imprese o da un notaio, prima della messa in uso ; la vidimazione è compiuta ogni anno dallo ufficio stesso o da un notaio (articoli 2214 e 2215 cod. civ.). La regolare tenuta importa (art. 2219 cod. civ.) che essa segua le norme di una ordinata contabilità, senza spazi in bianco, senza interlinee e senza trasporti in margine, o abrasioni, potendosi solo ese­guire visibilmente le cancellature che si rendessero necessarie. Queste disposizioni corrispondono, con alcune varianti, agli articoli 23 e 25 cod. comm. 1882. I libri così tenuti possono fare prova tra imprendi­tori per i rapporti inerenti all'esercizio delle imprese. Cosi è stato sostan­zialmente riprodotto il primo comma dell'art. 48 dell'abrogato cod. comm. e pertanto sono tuttora da applicarsi i principii ricevuti sotto l'impero di quella legislazione, cioè che la forza probante si verifica solo fra im­prenditori ; che essa è apprezzata liberamente dal giudice a favore o contro chi li tiene.

È notevole : a) che mentre secondo autorevoli scrittori la forza probante era attribuita ai soli libri obbligatori, oggi è da ritenersi diversamente. Infatti l’ art. 2218 del c.c. autorizza l’imprenditore a far bollare e vidimare anche i libri ausiliari, e l’ art. 2710 del c.c., nel parlare di libri bollati e vidimati nelle forme di legge, non fa alcuna distinzione; b) che non è stato riprodotto il capoverso dell’art. 48 cod. comm. 1882, secondo cui le annotazioni scritte dal commesso che tiene la scrittura o è incaricato della contabilità hanno effetto come se fossero scritte dal principale, ma ciò, come dichiara la Relazione al testo unico (n. 1109), per semplice superfluità.

B)I libri contabili delle imprese soggette a registrazione, non regolarmente tenuti fanno prova contro l'imprenditore ; ma il loro contenuto non può essere scisso. Tornerò su questa disposizione all'art. 2734 ; essa è conforme all'art. 5o cod. di comm. 1882.


Piccoli imprenditori

I piccoli imprenditori, cioè i coltivatori diretti del fondo, gli artigiani, i piccoli commercianti e coloro che esercitano una attività pro­fessionale organizzata prevalentemente con il lavoro proprio e dei com­ponenti della famiglia (art. 2083 cod. civ.) sono esenti dall'obbligo della tenuta dei libri (art. 2214, ult. comma, cod. civ.) e quindi l'ufficio o il notaio non possono consentire la numerazione, bollazione e vidimazione di quelli eventualmente tenuti. Essi non possono pertanto avere altra figura che quella preveduta dall'art. 2707 (registro domestico).

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

1109 Gli art. 2709 del c.c. e art. 2710 del c.c., concernenti l'efficacia probatoria dei libri e delle altre scritture contabili delle imprese soggette a registrazione, riproducono nel contenuto gli articoli 1328 del codice del 1865 e 48, primo comma, del codice di commercio. Mi è sembrato superfluo aggiungere, come invero aggiungeva il codice di commercio (ari 48, secondo comma), che le annotazioni scritte sui libri di un imprenditore dalle persone incaricate della contabilità hanno effetto conte se fossero scritte dall'imprenditore medesimo. Neanche in tema di comunicazione ed esibizione del libri delle imprese soggette a registrazione l'art. 2711 del c.c. apporta innovazioni meritevoli di particolare rilievo al codice di commercio (articoli 27 e 28). Non ho però fatto menzione della comunicazione dei libri nelle controversie fallimentari, dovendosi, su questo punto, far capo al sistema della legge sul fallimento.

Massime relative all'art. 2710 Codice Civile

Cass. civ. n. 33728/2022

L'art. 2710 c.c., che conferisce efficacia probatoria tra imprenditori, per i rapporti inerenti all'esercizio dell'impresa, ai libri regolarmente tenuti, non trova applicazione nei confronti del curatore del fallimento il quale agisca non in via di successione di un rapporto precedentemente facente capo al fallito, ma nella sua funzione di gestione del patrimonio del medesimo, non potendo egli, in tale sua veste, essere annoverato tra i soggetti considerati dalla norma in questione, operante soltanto tra imprenditori che assumano la qualità di controparti nei rapporti d'impresa.

Cass. civ. n. 30309/2022

La fattura è un mero documento contabile che può, ai sensi dell'art. 2710 c.c., far prova dei rapporti intercorsi tra imprenditori, ma che in nessun caso assume la veste di atto scritto avente natura contrattuale, sicché essa è inidonea a fornire la prova tanto della esistenza, quanto della liquidità di un credito, con conseguente illegittimità della pronuncia che fondi la declaratoria di competenza per territorio ex art. 1182, comma 3 c.c., sul presupposto che la liquidità del credito vantato dall'attore sia desumibile (esclusivamente) dall'esistenza di una fattura.

Cass. civ. n. 19751/2017

In tema di azione revocatoria fallimentare di rimesse in conto corrente bancario dell'imprenditore poi fallito, la banca che eccepisce la natura non solutoria della rimessa, per l'esistenza alla data della stessa di un contratto di apertura di credito, non può fondare la relativa prova sulle sole risultanze dell'estratto del libro fidi, il quale, al più, attesta l'esistenza della delibera della banca alla concessione di un finanziamento; né tale conclusione viola l'art. 2710 c. c. - il quale dispone che i libri bollati e vidimati nelle forme di legge, quando sono regolarmente tenuti, possono fare prova tra imprenditori per i rapporti inerenti all'esercizio dell'impresa - presupponendo l'applicazione della norma in parola che le risultanze delle quali la parte intende avvalersi siano contenute in uno dei libri contabili obbligatori.

Cass. civ. n. 18682/2017

L'art. 2710 c.c., che attribuisce efficacia probatoria tra imprenditori, per i rapporti inerenti all'esercizio dell'impresa, ai libri regolarmente tenuti, individua l'ambito operativo della sua speciale disciplina nel riferimento, necessariamente collegato, all'imprenditore ed al rapporto di impresa, sicché non può trovare applicazione con riguardo al curatore del fallimento, il quale, agendo in revocatoria nella sua funzione di gestione del patrimonio del fallito, assume, rispetto ai rapporti tra quest'ultimo ed il creditore, la qualità di terzo.

Cass. civ. n. 9968/2016

Le disposizioni degli artt. 2709 e 2710 c.c., le quali regolano l'efficacia probatoria delle scritture contabili contro l'imprenditore e nei rapporti tra imprenditori, non precludono al giudice la possibilità di trarre dai libri contabili di una delle parti, regolarmente tenuti, elementi indiziari atti a concretare, in concorso con altre risultanze, una valida prova per presunzione anche a favore dell'imprenditore che i libri stessi ha prodotto in giudizio.

Cass. civ. n. 11017/2013

L'art. 2710 cod. civ., che attribuisce efficacia probatoria tra imprenditori, per i rapporti inerenti all'esercizio dell'impresa, ai libri regolarmente tenuti, individua l'ambito operativo della sua speciale disciplina nel riferimento, necessariamente collegato, all'imprenditore ed al rapporto di impresa, sicchè non può trovare applicazione con riguardo al curatore del fallimento, il quale, agendo in revocatoria nella sua funzione di gestione del patrimonio del fallito, assume, rispetto ai rapporti tra quest'ultimo ed il creditore, la qualità di terzo.

Cass. civ. n. 7285/2013

L'art. 2710 cod. civ., il quale dispone che i libri bollati e vidimati nelle forme di legge, quando sono regolarmente tenuti, possono fare prova tra gli imprenditori per i rapporti inerenti all'esercizio dell'impresa, trova applicazione anche nel caso in cui una delle parti sia stata dichiarata fallita (o insolvente) ove si tratti di provare un rapporto obbligatorio sorto anteriormente alla dichiarazione di fallimento e nel quale l'organo concorsuale sia subentrato, riguardando le prove, anche in tal caso, un rapporto sorto tra imprenditori e proseguito con le medesime regole.

Cass. civ. n. 6501/2012

I libri contabili che il datore di lavoro privato è obbligato a tenere, cioè il libro matricola e il libro paga, previsti dagli artt. 20 e 21 del d.p.r. n. 1124 del 1965 (sostituiti dal libro unico del lavoro ai sensi dell'art. 39 del d.l. n. 112 del 2008, conv. in legge n. 133 del 2008), essendo formati dallo stesso datore di lavoro, possono fare prova a suo favore soltanto se tenuti in modo regolare e completo, ferma comunque la facoltà della controparte di contestarne le risultanze con mezzi contrari di difesa o, semplicemente, con specifiche deduzioni e argomentazioni volte a dimostrarne l'inesattezza, la cui valutazione è rimessa al prudente apprezzamento del giudice.

Cass. civ. n. 26216/2011

Le scritture contabili, pur se regolarmente tenute, non hanno valore di prova legale a favore dell'imprenditore che le ha redatte, spettando sempre la loro valutazione al libero apprezzamento del giudice, ai sensi dell'art. 116, primo comma, c.p.c., la cui valutazione, se congruamente motivata, è insindacabile in sede di legittimità.

Cass. civ. n. 10081/2011

Gli artt. 2709 e 2710 c.c., che conferiscono efficacia probatoria tra imprenditori, per i rapporti inerenti all'esercizio dell'impresa, ai libri regolarmente tenuti, non trovano applicazione nei confronti del curatore del fallimento, il quale agisca non in via di successione in un rapporto precedentemente facente capo al fallito, ma nella sua funzione di gestione del patrimonio di costui, non potendo egli, in tale sua veste, essere annoverato tra i soggetti considerati dalle norme in questione, operanti solo tra imprenditori che assumano la qualità di controparti nei rapporti d'impresa; ne consegue che, nel giudizio di opposizione allo stato passivo, non assumono la predetta efficacia probatoria le fatture cui si riferiscono i crediti oggetto di domanda di ammissione al passivo da parte di un imprenditore.

Cass. civ. n. 15383/2010

La fattura commerciale, avuto riguardo alla sua formazione unilaterale ed alla funzione di far risultare documentalmente elementi relativi all'esecuzione di un contratto, si inquadra fra gli atti giuridici a contenuto partecipativo, consistendo nella dichiarazione indirizzata all'altra parte di fatti concernenti un rapporto già costituito. Pertanto, quando tale rapporto sia contestato fra le parti, la fattura non può costituire un valido elemento di prova delle prestazioni eseguite, ma può al massimo costituire un mero indizio.

Cass. civ. n. 2995/2009

In tema di rapporti di dare e avere tra imprenditori, ai sensi dell'art. 2710 cod. civ., le risultanze dei libri vidimati, bollati e regolarmente tenuti possono costituire elementi di prova per le operazioni ivi annotate, ma se, con riguardo ad un rapporto continuativo, le scritture contabili non sono in grado di provare l'intero insieme dei rapporti intercorsi fra le parti, possono essere utilizzate altre prove documentali o di altro tipo ammesse dall'ordinamento, e parimenti è possibile contestare la veridicità delle singole annotazioni contabili, provandone l'inesattezza o la falsità in base alla documentazione sottostante, perché il principio dell'art. 2709 cod. civ., a norma del quale i libri e le altre scritture contabili delle imprese soggette a registrazione fanno prova contro l'imprenditore, si riferisce solo ai fatti, alle prestazioni ed ai rapporti che positivamente risultano dalle scritture.

Cass. civ. n. 12825/2004

Le fatturazioni di alcune prestazioni rese nell'esecuzione di un rapporto professionale non provano l'inesistenza di altre prestazioni (dello stesso tipo o di tipo diverso) non fatturate che ne costituiscano il completamento, perché il principio dell'art. 2709 c.c. (a norma del quale le scritture contabili degli imprenditori fanno prova contro di essi) si riferisce solo alle prestazioni che positivamente risultano dalle scritture e non allo stato complessivo dei rapporti che sono intercorsi tra le parti, e se consente di trarre dalla fattura accettata la prova dell'effettuazione della prestazione indicata non consente anche di supporre l'inesistenza di altre prestazioni.

Cass. civ. n. 14891/2002

La fattura è un mero documento contabile che può, far prova, ai sensi dell'art. 2710 c.c., dei rapporti intercorsi tra imprenditori, ma che non costituisce atto scritto avente natura contrattuale, ne consegue che essa, rivestendo un carattere unilateralmente partecipativo, non può di per sé assurgere a prova dell'esistenza e del contenuto di un patto di riservato dominio, occorrendo a tale effetto lo stesso contratto di compravendita ovvero un patto aggiunto frutto di un accordo negoziale. Né l'accettazione della riserva di proprietà può desumersi dalla produzione in giudizio della fattura, che tale clausola contenga, ad opera del curatore fallimentare dell'acquirente, atteso che il curatore fallimentare, nelle cause intentate per conto e nell'interesse della procedura, riveste la posizione processuale di terzo rispetto al fallito, con la conseguenza che egli non può in alcun modo influire sulla formazione e sul perfezionamento dei rapporti negoziali oggetto di controversia.

Cass. civ. n. 8664/2001

In tema di prova del credito tra imprenditori, l'esibizione di fatture commerciali relative alle eseguite prestazioni non prova automaticamente l'esistenza del preteso credito, che, viceversa, deriva dall'esatto adempimento delle prestazioni medesime.

Cass. civ. n. 10160/1999

La fattura commerciale, avuto riguardo alla sua formazione unilaterale ed alla sua funzione di far risultare documentalmente elementi relativi all'esecuzione di un contratto (come l'elenco delle merci, il loro prezzo, le modalità di pagamento ed altro) si inquadra fra gli atti giuridici a contenuto partecipativo consistendo nella dichiarazione indirizzata all'altra parte di fatti concernenti un rapporto già costituito, sicché quando tale rapporto sia contestato fra le parti, la fattura ancorché annotata nei libri obbligatori non può assurgere a prova del negozio ma costituisce al più un mero indizio, con la conseguenza che contro e in aggiunta al contenuto della stessa, sono ammissibili prove anche per testimoni dirette a dimostrare le convenzioni non risultanti dall'atto o sottostanti.

Cass. civ. n. 3108/1996

Le scritture contabili, pur se regolarmente tenute, non hanno valore di prova legale a favore dell'imprenditore che le ha redatte. Pertanto, qualora l'imprenditore, ai sensi dell'art. 2710 c.c., intenda utilizzarle come mezzi di prova nei confronti della controparte, esse sono soggette, come ogni altra prova, al libero apprezzamento del giudice, al quale spetta stabilire, nei singoli casi, se ed in quale misura siano attendibili e idonee, eventualmente in concorso con altre risultanze probatorie, a dimostrare la fondatezza della pretesa (o della eccezione) della parte che le ha prodotte in giudizio.

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