Dopo aver stabilito chi possa nominare l’esecutore testamentario e quali siano le facoltà del testatore al riguardo, con l’articolo in commento si indicano i requisiti di capacità che devono riscontrarsi nelle persone da nominare.
Nella prima parte, l’articolo fonde, precisandone la portata, le disposizioni contenute negli art. #904# e #905# del vecchio codice del 1865. Sul contenuto della disposizione non possono sorgere dubbi, perché, anche sotto la vigenza del codice precedente, già si riteneva concordemente che non potessero essere nominati esecutori né gli interdetti, né gli inabilitati, quand'anche si trattasse di atti che, in relazione al loro patrimonio, si potrebbero compiere senza l’assistenza del curatore. Tutti coloro, insomma, che il codice attuale, con formulazione comprensiva, indica come persone che non hanno la piena capacità di obbligarsi.
Le ragioni per cui, anche nel codice del 1865, era richiesta l’accennata capacità, si ricollegano, secondo la dottrina concorde, ai poteri di amministrazione, e talora di disposizione, attribuiti all’esecutore, agli obblighi particolari a lui addossati ed alle conseguenti responsabilità, ed inoltre alla necessità di non compromettere gli interessi dei terzi. Queste ragioni tanto più hanno valore in relazione alle nuove norme, dato l'ampliamento dei poteri ed il rafforzamento delle responsabilità.
Al di fuori delle limitazioni indicate, tutti sono capaci di essere nominati esecutori testamentari.
Si presenta, a questo punto, il quesito se le persone giuridiche, pubbliche o private, possano essere designate quali esecutori testamentari. La formulazione della legge e la logica dei principi porterebbero a rispondere affermativamente. La prima perché, per l'idoneità giuridica all’ufficio di esecutore, richiede la piena capacità di obbligarsi e questa non mancherebbe agli enti morali, con l’osservanza delle norme che ne regolano l’attività. La seconda perché, se si ammette che detti enti possano assumere l’ufficio della tutela e curatela, dal punto di vista sistematico non dovrebbe esservi difficoltà per ritenere che possano pure assumere l’esecuzione testamentaria, la quale, per il suo svolgimento storico e per la sua essenza fondamentale come ufficio, presenta punti di analogia con la tutela. Dal punto di vista pratico, poi, non è da trascurare che, qualora si tratti di disposizioni di ultima volontà attinenti alla scienza, alla letteratura ed alle arti, la cui attuazione richieda un lungo arco di tempo, le persone giuridiche sono, anche più delle persone fisiche, idonee allo scopo.
Qualche dubbio potrebbe sorgere, però, dato che le modalità di costituzione e di funzionamento degli enti morali ed il facile mutamento delle persone fisiche preposte al loro governo possono rendere piuttosto problematico il rapporto di fiducia personale che è alla base della designazione dell’esecutore testamentario. Si potrebbe pure aggiungere che le persone giuridiche, sia pubbliche che private, sono soggette a controlli e ad integrazione della capacità di agire; onde potrebbe derivare che l’attuazione della volontà del testatore dipendesse dalla volontà di terzi, ai quali egli non ha pensato. Senonché, a tali obiezioni si potrebbe rispondere che tali situazioni di fatto e di diritto sarebbero già perfettamente note al testatore e da lui quindi accettate, quando ha proceduto alla designazione dell’ente all’ufficio di esecutore. Nessun sicuro chiarimento, d’altra parte, sull’orientamento del sistema, si può avere dalle varie relazioni che hanno accompagnato i progetti.
Infine, occorre aggiungere che la capacità deve sussistere al momento in cui l’esecutore deve assumere l’ufficio, cioè normalmente alla morte del testatore.
Mentre il primo comma dell’art. 701, con disposizione negativa, chiarisce chi non può essere nominato esecutore testamentario, nel secondo comma si precisa che può essere nominato anche un erede o un legatario. La disposizione è un’aggiunta all’art. #904# del vecchio codice del 1865, ma la dottrina formatasi sotto il medesimo già riteneva che ciò fosse perfettamente consentito.
Naturalmente l’erede o il legatario, designati come esecutori, restano investiti di tutti i doveri ed i poteri inerenti all'istituto, restando liberi di accettare la designazione e di rifiutare l’eredità o il legato, o viceversa. È da notare inoltre che, sebbene nella disposizione si accenni ad un erede o ad un legatario, non vi è motivo di escludere la validità della nomina, quando questa riguardi più eredi o più legatari.