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Articolo 2389 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Compensi degli amministratori

Dispositivo dell'art. 2389 Codice Civile

I compensi spettanti ai membri del consiglio di amministrazione e del comitato esecutivo sono stabiliti(1) all'atto della nomina o dall'assemblea [2364, n. 3].

Essi possono essere costituiti in tutto o in parte da partecipazioni agli utili [2431] o dall'attribuzione del diritto di sottoscrivere a prezzo predeterminato azioni di futura emissione.

La remunerazione degli amministratori investiti di particolari cariche in conformità dello statuto è stabilita dal consiglio di amministrazione, sentito il parere del collegio sindacale. Se lo statuto lo prevede, l'assemblea può determinare un importo complessivo per la remunerazione di tutti gli amministratori, inclusi quelli investiti di particolari cariche(2).

Note

(1) Qualora il compenso non sia stabilito nell'atto costitutivo, è necessaria una esplicita delibera assembleare per determinarne la misura.
(2) Altra novità è rappresentata dal fatto che lo statuto può prevedere la possibilità che l'assemblea determini un importo complessivo per la remunerazione di tutti gli amministratori.

Ratio Legis

La norma attribuisce inderogabilmente ai soci, in sede di costituzione della società, oppure all'assemblea la competenza decisionale in merito alla remunerazione degli amministratori della società.

Spiegazione dell'art. 2389 Codice Civile

Il rapporto di amministrazione è generalmente regolato dalla disciplina civilistica in tema di mandato ed è per tale ragione che l’incarico si presume assunto a titolo oneroso. In ogni caso, il diritto al compenso può essere rinunciato in tutto o in parte dall'amministratore.
Lo statuto può comunque prevedere la gratuità dell’incarico oppure subordinare il diritto al compenso a determinate condizioni (ad es: la produzione di utili).

Il compenso degli amministratori o dei membri del comitato esecutivo può essere determinato in sede statutaria o mediante deliberazione dell’assemblea ordinaria, ai sensi del n. 3, 1° comma, dell'art. 2364. Sul punto, la giurisprudenza ha osservato come, in assenza di specifica disposizione statutaria, le delibera dell’assemblea debba essere espressa e non possa considerarsi assorbita nella delibera di approvazione del bilancio di esercizio.

Qualora il compenso non sia individuato nello statuto o in una successiva delibera assembleare, l’amministratore potrà richiederne la liquidazione al giudice ai sensi dell’art. 1709.

L’assemblea, oltre a poter individuare il compenso da attribuire al c.d.a. nel suo complesso, può anche semplicemente pre-determinare i criteri di quantificazione del compenso o stabilire un tetto massimo alla remunerazione, rimettendo al consiglio di amministrazione la decisione in merito alla quantificazione degli emolumenti spettanti a ciascun membro.

La delibera assembleare riguardante il compenso può essere impugnata ed annullata, ai sensi dell’art. 2377, soltanto laddove si dimostri che, avuto riguardo alle norme in tema di compenso del mandatario o del professionista, l’entità del compenso sia irragionevole e sproporzionata se rapportata alle condizioni economico-patrimoniali della società ed all’importo dei compensi normalmente praticati nel settore di riferimento.
Va comunque precisato che qualora gli amministratori partecipino alla votazione di una proposta di aumento del compenso, questi ultimi non potranno considerarsi di per sé in conflitto d’interessi.

L'emolumento dell'amministratore può consistere in tutto o in parte, oltre che in una partecipazione agli utili della società, nell'attribuzione del diritto di sottoscrivere a prezzo predeterminato azioni di futura emissione (c.d. stock options).
Quando il compenso consiste nella partecipazione agli utili o stock options il relativo credito vantato dagli amministratori viene a gravare più sui soci che sulla società, i quali dovranno dividere gli utili o le azioni con un numero maggiore di azionisti.

Relazione al D.Lgs. 6/2003

(Relazione illustrativa del decreto legislativo recante: "Riforma organica della disciplina delle società di capitali e società cooperative, in attuazione della legge 3 ottobre 2001, n. 366.")

6 Il consiglio di amministrazione e la circolazione delle informazioni L'amministrazione della società continua a poter essere affidata ad un amministratore unico oppure ad un consiglio di amministrazione. In quest'ultimo caso il maggior "costo" della collegialità è compensato da un'effettiva partecipazione di tutti i consiglieri alla gestione della società. A tale fine sono state aumentate le attribuzioni non delegabili (art. 2381 del c.c., terzo e quarto comma); è stato previsto un ampio e periodico obbligo informativo degli organi delegati al consiglio e al collegio sindacale sulle operazioni più rilevanti per dimensioni o caratteristiche (anche qualitative, quali ad esempio operazioni atipiche, inusuali o compiute o deliberate da amministratori interessati), ed esteso anche alla gestione delle controllate (art. 2381, quinto comma); e si è disposto che gli amministratori debbano agire in modo informato ed abbiano correlativamente un diritto individuale all'informazione cui gli organi delegati devono far fronte riferendo al consiglio (art. 2381, ultimo comma). Si è anche precisato nell'art. 2389 del c.c. che è possibile attribuire agli amministratori, a titolo di compenso, il diritto di sottoscrivere a prezzo predeterminato azioni di futura emissione; in tal modo si è confermata la diffusa pratica delle stock-options con la cautela, però, non essendosi modificato l'ultimo comma dell'art. 2441 del c.c., che deliberazioni assembleari in tal senso richiederanno in ogni caso una congrua motivazione alla luce dell'interesse sociale richiamato dal quinto comma del medesimo articolo, e l'applicazione pertanto delle maggioranze rafforzate ivi richieste. Un'informativa dettagliata è stata poi prevista, come si vedrà, per le operazioni relativamente alle quali un amministratore abbia - per conto proprio o di terzi - un interesse, anche se coincidente con quello della società (art. 2391 del c.c., primo comma). L'ampia circolazione delle informazioni sulla gestione, con particolare trasparenza sulle operazioni relativamente alle quali gli amministratori possano, anche per conto terzi, avere un interesse, tende da un lato a rendere efficaci ed utili le riunioni e le deliberazioni del consiglio (che può impartire direttive agli organi delegati e avocare a sé operazioni rientranti nella delega: art. 2381, terzo comma) e, d'altro lato, a definire un'articolazione interna del consiglio e del suo funzionamento in cui i rispettivi poteri e doveri del consiglio e degli organi delegati siano delineati con precisione, in modo che anche le rispettive responsabilità possano essere rigorosamente definite.

Massime relative all'art. 2389 Codice Civile

Cass. civ. n. 3657/2020

La rinuncia al compenso da parte dell'amministratore può trovare espressione in un comportamento concludente del titolare che riveli in modo univoco una sua volontà dismissiva del relativo diritto; a tal fine è pertanto necessario che l'atto abdicativo si desuma non dalla semplice mancata richiesta dell'emolumento, quali che ne siano le motivazioni, ma da circostanze esteriori che conferiscano un preciso significato negoziale al contegno tenuto. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO PERUGIA, 30/09/2015).

Cass. civ. n. 28148/2018

L'amministratore di società cui sia demandato lo svolgimento di attività estranee al rapporto di amministrazione ha per queste diritto (ai sensi dell'art. 2389 c.c.) ad una speciale remunerazione sempre che tali prestazioni siano effettuate in ragione di particolari cariche che allo stesso siano state conferite e che esulino dal normale rapporto di amministrazione, ossia dal potere di gestione della società il cui limite deve individuarsi nell'oggetto sociale, talché rientrano tra le prestazioni tipiche dell'amministratore tutte quelle che siano inerenti all'esercizio dell'impresa, senza che rilevi (salvo che sia diversamente previsto dall'atto costitutivo o dallo statuto) la distinzione tra atti di amministrazione straordinaria ed ordinaria.

Cass. civ. n. 23004/2014

In tema di compenso degli amministratori di società di capitali, laddove manchi una disposizione dell'atto costitutivo e l'assemblea si rifiuti o ometta di stabilirlo o lo determini in misura inadeguata, l'amministratore è abilitato a richiederne al giudice la determinazione, anche in via equitativa, purché alleghi e provi la qualità e quantità delle prestazioni concretamente svolte, risultando di per sé sola insufficiente l'indicazione del compenso pattuito in esercizi sociali di anni diversi.

Cass. civ. n. 22046/2014

I compiti che la società affida al suo amministratore riguardano la gestione stessa dell'impresa, costituita da un insieme variegato di atti materiali, negozi giuridici ed operazioni complesse, sicché, quand'anche taluni di questi atti ed operazioni possano compararsi all'attività di un prestatore d'opera, il rapporto che intercorre tra amministratore e società non può essere equiparato, in ragione del rapporto di immedesimazione organica tra essi esistente, a quello derivante dal contratto d'opera, intellettuale o non intellettuale. Ne consegue che, al fine della liquidazione del compenso all'amministratore non determinato dalle parti al momento della nomina, non è consentito alcun riferimento automatico alle tariffe dei dottori commercialisti.

Cass. civ. n. 8897/2014

La pretesa di un amministratore di società per azioni al compenso per l'opera prestata ha natura di diritto soggettivo perfetto, sicché, ove la misura di tale compenso non sia stata stabilita nell'atto costitutivo o dall'assemblea, ne può esserne chiesta al giudice la determinazione.

Cass. civ. n. 19714/2012

Il rapporto tra l'amministratore di una società di capitali e la società medesima va ricondotto nell'ambito di un rapporto professionale autonomo e, quindi, ad esso non si applica l'art. 36, primo comma, Cost., che riguarda il diritto alla retribuzione in senso tecnico, poiché il diverso diritto al compenso professionale dell'amministratore, avendo natura disponibile, può essere oggetto di una dichiarazione unilaterale di disposizione da parte del suo titolare (nella specie, di rinuncia).

Cass. civ. n. 12592/2010

In tema di compenso in favore dell'amministratore di una società di capitali, che abbia agito come organo, legato da un rapporto interno alla società, e non nella veste di mandatario libero professionista, la facoltà dell'amministratore di insorgere avverso una liquidazione effettuata dall'assemblea della società in misura inadeguata, per chiedere al giudice la quantificazione delle proprie spettanze, viene meno, vertendosi in materia di diritti disponibili, qualora detta delibera assembleare sia stata accettata e posta in esecuzione senza riserve.

Cass. civ. n. 28748/2008

... la accertata irragionevolezza della misura del compenso (valutata in base al fatturato ed alla dimensione economica e finanziaria dell'impresa, da rapportare all'impegno chiesto per la sua gestione) può risultare anche quando la delibera attua un patto parasociale, in precedenza stipulato sotto forma di transazione fra i soci, compresi gli impugnanti soci di minoranza, che sono legittimati all'impugnazione in quanto dissenzienti e nonostante la partecipazione al predetto accordo.

Cass. civ. n. 21933/2008

Con riferimento alla determinazione della misura del compenso degli amministratori di società di capitali, ai sensi dell'art. 2389, primo comma c.c., (nel testo vigente prima delle modifiche, non decisive sul punto, di cui al D.L.vo n. 6 del 2003), qualora non sia stabilita nello statuto, è necessaria una esplicita delibera assembleare, che non può considerarsi implicita in quella di approvazione del bilancio, attesa: la natura imperativa e inderogabile della previsione normativa, discendente dall'essere la disciplina del funzionamento delle società dettata, anche, nell'interesse pubblico al regolare svolgimento dell'attività economica, oltre che dalla previsione come delitto della percezione di compensi non previamente deliberati dall'assemblea (art. 2630, secondo comma c.c., abrogato dall'art. 1 del D.L.vo n. 61 del 2002); la distinta previsione delle delibera di approvazione del bilancio e di quella di determinazione dei compensi (art. 2364 n. 1 e 3 c.c.); la mancata liberazione degli amministratori dalla responsabilità di gestione, nel caso di approvazione del bilancio (art. 2434 c.c.); il diretto contrasto delle delibere tacite ed implicite con le regole di formazione della volontà della società (art. 2393, secondo comma, c.c.). Conseguentemente, l'approvazione del bilancio contenente la posta relativa ai compensi degli amministratori non è idonea a configurare la specifica delibera richiesta dall'art. 2389 cit., salvo che un'assemblea convocata solo per l'approvazione del bilancio, essendo totalitaria, non abbia espressamente discusso e approvato la proposta di determinazione dei compensi degli amministratori.

Cass. civ. n. 15942/2007

A fronte dell'attribuzione all'amministratore di compensi sproporzionati o in misura eccedente i limiti della discrezionalità imprenditoriale, è possibile impugnare la delibera dell'assemblea della società di capitali per abuso o eccesso di potere, sotto il profilo della violazione del dovere di buona fede in senso oggettivo o di correttezza, giacché una tale deliberazione si dimostra intesa al perseguimento della prevalenza di interessi personali estranei al rapporto sociale, con ciò danneggiando gli altri partecipi al rapporto stesso. In tal caso al giudice è affidata una valutazione che è diretta non ad accertare, in sostituzione delle scelte istituzionalmente spettanti all'assemblea dei soci, la convenienza o l'opportunità della delibera per l'interesse della società, bensì ad identificare, nell'ambito di un giudizio di carattere relazionale, teso a verificare la pertinenza, la proporzionalità e la congruenza della scelta, un vizio di illegittimità desumibile dalla irragionevolezza della misura del compenso stabilita in favore dell'amministratore, occorrendo a tal fine avere riguardo, in primo luogo, alla natura e alla ampiezza dei compiti dell'amministratore ed al compenso corrente nel mercato per analoghe prestazioni, in relazione a società di analoghe dimensioni, e, ma in funzione complementare, alla situazione patrimoniale e all'andamento economico della società.

Cass. civ. n. 8230/2006

In base al combinato disposto degli artt. 2364, comma primo, n. 3, e 2389, comma primo, c.c. (nel testo anteriore alla riforma attuata dal D.L.vo 17 gennaio 2003, n. 6, applicabile nella specie ratione temporis), la determinazione del compenso degli amministratori di società per azioni è rimessa in primo luogo all'atto costitutivo e, solo ove esso non provveda, all'assemblea ordinaria. Resta di conseguenza escluso che l'assemblea possa accordare agli amministratori un compenso ulteriore rispetto a quello già previsto dallo statuto sociale, a nulla rilevando che quest'ultimo sia eventualmente stabilito nella forma aleatoria della partecipazione agli utili.

Cass. civ. n. 28243/2005

La deliberazione dell'assemblea di una società di capitali di approvazione del bilancio che includa nel bilancio medesimo, come debito della società, il compenso che l'amministratore si era attributo, ha valore di ratifica dell'operato dell'amministratore posto in essere senza averne il potere, costituendo detta delibera, non mera presa d'atto dell'attività dell'amministratore, ma atto con il quale la società fa proprio il rapporto, idoneo a costituire fonte di obbligazione della società stessa nei confronti del proprio amministratore per ciò che attiene ai compensi in tal modo deliberati.

Cass. civ. n. 11023/2000

L'amministratore di società cui sia demandato lo svolgimento di attività estranee al rapporto di amministrazione ha per queste diritto (ai sensi dell'art. 2389 c.c.) ad una speciale remunerazione sempre che tali prestazioni siano effettuate in ragione di particolari cariche che allo stesso siano state conferite e che esulino dal normale rapporto di amministrazione, ossia dal potere di gestione della società il cui limite deve individuarsi nell'oggetto sociale, talché rientrino tra le prestazioni tipiche dell'amministratore tutte quelle che siano inerenti all'esercizio dell'impresa, senza che rilevi (salvo che sia diversamente previsto dall'atto costitutivo o dallo statuto) la distinzione tra atti di amministrazione straordinaria ed ordinaria.

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Consulenze legali
relative all'articolo 2389 Codice Civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

A. C. chiede
martedì 25/01/2022 - Lazio
“una spa ha deliberato di attribuire all'amministratore delegato un trattamento di fine mandato come segue dall'estratto del verbale di assemblea dei soci:
"ciò posto, l'assemblea dispone che, in favore dell'amministatore delegato, sia accantonata annualmente la somme di € 30.000,00" anche se il compenso dell'Amministratore Delegato è stato deliberato dall'assemblea in data 13 novembre, a nostro parere dovrebbe essere accantonato una somma corrispondente a due dodicesimi del compenso percepito.
Il TFM può essere corrisposto in misura fissa o in percentuale sul compenso percepito nell'anno?
Grazie”
Consulenza legale i 31/01/2022
Primariamente, occorre evidenziare che il trattamento di fine mandato (TFM) è un’indennità, non disciplinata in modo specifico dalla normativa civilistica, che la società può corrispondere agli amministratori alla scadenza del loro mandato.

La mancata regolamentazione del TFM, a differenza di ciò che accade per il trattamento di fine rapporto previsto per i lavoratori dipendenti, comporta che il suo ammontare deve essere determinato “secondo criteri di ragionevolezza e congruità rispetto alla realtà economica dell’impresa, attraverso una specifica previsione statutaria ovvero mediante delibera assembleare dei soci” (cfr. Risoluzione Agenzia delle Entrate n. 124/2017).

Dello stesso avviso la Corte di Cassazione, la quale ha precisato che “non si rinviene una norma che obblighi le società a provvedere all'ammortamento delle quote del trattamento di fine mandato degli amministratori nelle forme previste per i lavoratori dipendenti” (Cass. Civ, ordinanza n. 24848/2020).

Pertanto, è evidente che, non essendo equiparabile il TFM al TFR in termini di determinazione della quota da accantonare ogni anno, il TFM può essere accantonato secondo quanto deliberato dall’assemblea dei soci, anche in misura fissa.

Ugo B. chiede
giovedì 25/02/2021 - Toscana
“In Assemblea è stato preso atto della volontà dei neo nominati Consiglieri "di voler rinunciare ad un compenso riconosciuto dall'assemblea ferma restando e senza pregiudizio per la successiva possibile attribuzione di compensi da parte del consiglio di amministrazione, sentito il parere del collegio sindacale, agli amministratori investiti di particolari cariche ai sensi dell'art.2389, comma 3, c.c."
In coerenza con quanto sopra il CdA nell'ambito della riunione che si è svolta a valle della seduta assembleare ha attribuito il compenso agli amministratori investiti di particolari cariche.
Un sindaco è intervenuto sottolineando l'opportunità della ratifica del compenso in una apposita assemblea.
A me sembra superfluo dato che i Consiglieri in questione operano non solo le scelte gestionali ma anche quelle volte alla organizzazione dell'impresa"”
Consulenza legale i 09/03/2021
L'art. 2389 del c.c. sancisce che i compensi spettanti ai membri del consiglio di amministrazione e del comitato esecutivo sono stabiliti all'atto della nomina o dall'assemblea
In materia di compenso degli amministratori deve applicarsi il combinato disposto dell'art. 2364 del c.c. e dell'art. 2389 del c.c. che attribuisce allo statuto e, in subordine, alla delibera assembleare, la determinazione del compenso spettante agli amministratori.

Nel caso in cui si tratti di amministratori investiti di particolari cariche in conformità dello statuto, la competenza a stabilirne la remunerazione spetta, invece, ai sensi dell’art. 2389, comma 3°, al consiglio di amministrazione, sentito il parere del collegio sindacale.
Sul punto risulta particolarmente esplicativo un passaggio di una sentenza della Suprema Corte: "L'applicazione dell'art. 2389 comma 2 [oggi comma 3], c.c., che attribuisce al consiglio di amministrazione il compito di deliberare la remunerazione spettante per gli amministratori investiti di particolari cariche, presuppone dunque che le particolari cariche siano state previste nell'atto costitutivo e che siano state attribuite dall'assemblea o dall'organo amministrativo, ove ciò sia consentito dall'atto costitutivo o dall'assemblea o dalla legge e nei limiti ivi fissati [...]" Cassazione civile, 29 maggio 2015, n. 11235.

Stando alle informazioni fornite nel quesito, sembra che l’atto costituivo abbia già investito determinati amministratori di particolari cariche.
In tale eventualità non è necessario richiede una “ratifica” assembleare dell’attribuzione di un compenso agli amministratori con particolari cariche deliberata dal C.d.A.; è, invece, sufficiente il parere del collegio sindacale.

Se, al contrario, tali particolari cariche non siano attribuite dall’atto costitutivo, la loro attribuzione sarà di competenza dell’assemblea; potrà competere al C.d.A. solo la delega di attribuzioni, ma nell'ambito delle previsioni dell'atto costituivo e nell'esercizio del potere di delega disciplinato in via generale dall'art. 2381 del c.c..
Una volta che siano state conferite particolari cariche nei termini di cui sopra, il C.d.A. avrà la facoltà di determinarne la remunerazione.
Va segnalato, infine, che la determinazione di tale remunerazione, in fin dei conti, passa comunque dall’assemblea in sede di approvazione del bilancio (competenza dell'assemblea a norma dell'art. 2364, comma 1°, n. 1, c.c..

NATALE chiede
mercoledì 13/04/2011 - Sicilia

Buongiorno il mio quesito è il seguente: ho svolto attività di amm.re unico di una s.r.l. nominato il 15/05/2008, nella delibera non si è stabilito il compenso; mi sono dimesso il 31/12/2009. Ai sensi dell'art. 2389 c.c. e successive modificazioni, posso richiedere il compenso, entro i cinque anni dalla mia dimissioni e come lo posso quantificare visto che io sono un rag. non iscritto all'albo, ma sono titolare di partita iva. Porgo Cordiali Saluti

Natale”

Consulenza legale i 13/04/2011

Il disposto normativo di cui all’art. 2389 del c.c., dettato in materia di società per azioni, nella parte in cui sancisce che i compensi spettanti ai membri del consiglio di amministrazione e del comitato esecutivo sono stabiliti all'atto della nomina o dall'assemblea, in mancanza di specifiche previsioni pattizie, può trovare applicazione anche riguardo alle società a responsabilità limitata. In tema di compenso degli amministratori si applica, pertanto, il combinato disposto dell’art. 2364 del c.c. e dell’art. 2389 del c.c. che assegna oggi allo statuto, e in subordine alla deliberazione assembleare, la determinazione del compenso spettante agli amministratori, ai quali viene pertanto riconosciuto un diritto soggettivo perfetto alla retribuzione.

In caso di omessa previsione statutaria, deve necessariamente essere adottata la specifica delibera di determinazione del compenso richiesta dalla norma che non può considerarsi implicita in quella di approvazione del bilancio, attesa la natura imperativa e inderogabile della previsione normativa, discendente dall'essere la disciplina del funzionamento delle società dettata, anche, nell'interesse pubblico al regolare svolgimento dell'attività economica, oltre che dalla previsione come delitto della percezione di compensi non previamente deliberati dall'assemblea.

In mancanza, sussiste la titolarità in capo all'amministratore del diritto di promuovere un giudizio per la determinazione del compenso al fine di chiedere al giudice la quantificazione delle proprie spettanze. La determinazione ad opera del giudice del compenso spettante all'amministratore di società va effettuata in via equitativa, potendosi eventualmente trarre elementi indicativi da tariffe professionali, in relazione al tipo di prestazioni offerte ed alla particolare qualificazione soggettiva dell'amministratore.

È altresì, ammessa la facoltà dell'amministratore di insorgere avverso la liquidazione effettuata dall'assemblea della società in misura inadeguata, solo se detta delibera assembleare non venga accettata e posta in esecuzione senza riserve.

La proposizione dell'azione giudiziaria per la determinazione del compenso spettante all'amministratore di società prescinde dalla impugnazione della delibera assembleare che vi abbia provveduto in misura ritenuta inadeguata e può essere proposta nei termini ordinari di prescrizione (Corte appello Bologna, 24/11/1978).