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Articolo 421 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Decorrenza degli effetti dell'interdizione e dell'inabilitazione

Dispositivo dell'art. 421 Codice Civile

L'interdizione [414] e l'inabilitazione [415] producono i loro effetti(1) dal giorno della pubblicazione della sentenza(2), salvo il caso previsto dall'articolo 416(3).

Note

(1) Con la sentenza di interdizione si determina l'incapacità totale di agire del soggetto, sottoponendosi a cura l'amministrazione del patrimonio e la rappresentanza legale dell'incapace per tutti gli atti (richiamando l'art. 357 del c.c.). Con la sentenza di inabilitazione, invece, si determina l'incapacità parziale in capo al soggetto (similmente all'emancipazione di cui all'art. 390 del c.c.) residuando in capo allo stesso la possibilità di compiere atti di ordinaria amministrazione.
(2) Fino al momento della pubblicazione della sentenza, la sentenza di interdizione non avrà la portata di giudicato costitutivo o dichiarativo dell'incapacità legale o naturale dell'interdicendo con effetti retroattivi; sino a questo momento insomma opera una generale presunzione di normale capacità dell'interdicendo (così come dell'inabilitando), dovendosi considerare i suoi atti come validi.
(3) Cui si rimanda per una più completa analisi; si ricorda che la ratio della norma citata consiste nell'impedire il compimento di atti a sé pregiudizievoli nel periodo intercorrente tra il raggiungimento della maggiore età e la pronuncia.

Spiegazione dell'art. 421 Codice Civile

Anche qui vengono opportunamente risolute e troncate molte dispute, svoltesi precedentemente, sul momento in cui acquistano efficacia le sentenze di interdizione e di inabilitazione, specie di fronte alla tendenza (affiorante pur nei lavori preparatori del presente codice) di assicurare maggiori garanzie ai terzi, col dare valore essenziale all'annotazione che della sentenza fosse fatta nell'apposito registro istituito presso la cancelleria del tribunale. Sono notevoli in proposito le considerazioni del Guardasigilli. "Ho considerato", egli osserva "come la protezione, che in questo modo si voleva dare ai terzi, fosse in realtà effimera: in pratica è assai difficile che i terzi possano identificare il tribunale davanti al quale si è svolto il giudizio e quando lo identifichino, è agevole venir a conoscenza della sentenza indipendentemente dalla sua annotazione. D'altra parte, è evidente l'opportunità di non subordinare l'attuazione della tutela dell'incapace, che risponde ad esigenze di pubblico interesse, all'adempimento di formalità estrinseche". Giova, a tal riguardo, notare che l'accolta soluzione antiformalistica si riannoda alla generale tendenza odierna, anche legislativa, di non frapporre ostacoli di adempimenti estrinseci preliminari all'esperimento dell'azione in giudizio.
I dubbi che sotto il sistema del vecchio codice tormentavano, su questo punto, la dottrina e la giurisprudenza sono stati, quindi, opportunamente risolti "nel senso che l'effetto dell'interdizione o della inabilitazione si produce nel giorno della pubblicazione della sentenza", pur senza disconoscere il rendimento pubblicitario ed attestatorio dell'annotazione nei registri dello stato civile. "Riconoscendo", aggiunge il Ministro, "la importanza di una pronta pubblicità, specialmente mediante l'annotazione nei registri dello stato civile, ho fatto obbligo (art. 423) al cancelliere di provvedere immediatamente all'annotazione nel registro e subito dopo alla comunicazione della decisione all'ufficiale dello stato civile. La pubblicità è limitata alle sole sentenze che dichiarino la interdizione o la inabilitazione, non anche a quelle che non vi fanno luogo, giacché non sembra che per queste la pubblicità stessa abbia ragione d'essere.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

Massime relative all'art. 421 Codice Civile

Cass. civ. n. 11292/2019

La parte che, dopo la sentenza di secondo grado e prima della notificazione del ricorso per cassazione, sia stata dichiarata interdetta, difetta di legittimazione processuale a proporre il ricorso medesimo, spettando detta legittimazione al tutore, a pena di inammissibilita dell'impugnazione.

Cass. civ. n. 1770/2012

Ove il giudizio di inabilitazione si concluda con un provvedimento di rigetto, ciò che passa in giudicato è soltanto la statuizione sull'assenza, nel momento in cui la sentenza viene pronunciata, dei requisiti necessari per procedere alla dichiarazione di inabilitazione, ossia di una seria e permanente menomazione delle facoltà mentali dell'interessato. Ciò non toglie, tuttavia, che singoli elementi valutati in quel giudizio ai fini del rigetto dell'istanza possano essere tenuti in considerazione, alla luce del complessivo quadro psichico dell'interessato, per risalire ad eventuali altri fatti ignoti, quale, ad esempio, la sussistenza di uno stato di incapacità naturale rilevante ai fini dell'art. 428 cod. civ. (Cassa con rinvio, App. Firenze, 28/10/2009).

Cass. civ. n. 7477/2011

L'incapacità legale derivante dalla sentenza di interdizione decorre soltanto dal giorno della sua pubblicazione (art. 421 c.c.), con la conseguenza dell'operatività, fino a tale momento, della generale presunzione di normale capacità dell'interdicendo e dell'irretroattività degli effetti della suddetta decisione. (Nella specie, in applicazione dell'enunciato principio, la S.C. ha confermato la sentenza di merito la quale, considerando operante la menzionata presunzione, aveva stabilito che l'incapacità naturale della testatrice e donante, in relazione agli atti di formazione pregressa, avrebbe dovuto essere provata dall'interessato in modo univoco e rigoroso, e con riguardo ad ogni singolo atto specificamente impugnato).

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