Questa disposizione dà luogo a delle questioni molto delicate.
Una prima innovazione di rilievo concerne la estensione dei casi nei quali può procedersi alla nomina di in
curatore speciale, perché, mentre il corrispondente art. #247# del codice del 1865 consentiva tale nomina unicamente nei casi di istituzione di
erede, adesso si parla non solo di disposizione testamentaria in genere, inclusiva anche della disposizione a titolo particolare, ma anche di
donazione. In tal modo si è soddisfatta una esigenza avvertita già sotto l'impero del preesistente codice, alla quale non si poteva dare una soluzione positiva per la formulazione categorica dell'art. #247#. Ciò ha come conseguenza la estensione delle forme con le quali può aver luogo la nomina del curatore speciale, e solo potrebbe sorgere il dubbio se, parallelamente a quanto avviene per la designazione del
tutore, ai sensi dell'art.
348, non si debba attribuire efficacia anche alla
scrittura privata autenticata. Ma, per quanto la formulazione dell'art. 356 sia generica, tuttavia si ritiene che quest'ultima forma non sia ammissibile per la nomina del curatore, perché mentre la designazione del tutore è l'esercizio di un potere autonomo concesso con la
responsabilità genitoriale, e quindi solo occasionalmente, non necessariamente può aver luogo nel testamento, la nomina del curatore è indissolubilmente collegata alla
liberalità, di cui costituisce una modalità accessoria, e quindi deve trovar posto nello stesso testamento o nell'atto di donazione.
Bisogna rilevare come la disposizione dell'art. 356, sebbene apparentemente conforme al sistema adottato per l'istituto della tutela, tuttavia presenta sostanzialmente una anomalia poco giustificabile. Il
legislatore ha voluto staccare questa figura che può considerarsi come un mandato
post mortem, valido per legge, e fondato su principi strettamente privatistici, dal sistema prevalentemente pubblicistico della tutela, consentendo da un lato la nomina diretta del curatore da parte del testatore e del donante, senza il tramite del giudice tutelare, e dall'altro dando al disponente la possibilità di sottrarre l'attività del curatore ai controlli stabiliti per il tutore.
Né vale a giustificare la evidente deviazione il rilievo per cui le facoltà attribuite al curatore speciale sono contenute soltanto entro la sfera patrimoniale, anzi entro i confini di un patrimonio separato, perché l'attuale regime dell'istituto tutelare non è legittimato soltanto dal riferimento al rapporto colla persona di chi vi è soggetto, ma anche ed insieme, se non prevalentemente, dal riferimento alla cura del suo patrimonio.
Bisogna osservare che nel codice del 1865, improntato maggiormente ad una concezione privatistica, si giungeva, nell'art. #247#, unicamente a consentire la nomina diretta del curatore: il che, pur essendo conforme al principio in base al quale veniva consentito al genitore di nominare direttamente la persona investita delle qualità di tutore, da qualcuno veniva considerato un'anomalia, "
in quanto concede ad un estraneo un potere indubbiamente familiare, con prevalenza di fronte al più accentuato dei poteri familiari, la patria potestà".
Questa facoltà di nomina diretta, ora si è trapiantata in un sistema notevolmente diverso, nel quale, risultando maggiormente accentuato il carattere pubblicistico, ancora di più risalta la incongruenza sistematica; la quale risulta aggravata dalla facoltà concessa al donante o al testatore di esonerare il curatore dall'osservanza delle forme stabilite negli articoli
374 e
375. L'art. 356 acquista il carattere di norma di interesse privato, di fronte alle altre norme regolatrici della tutela che sono invece norme di
ordine pubblico. Sotto l'impero del codice del 1865 si discuteva in dottrina circa la possibilità che il curatore compisse atti eccedenti la semplice amministrazione sui beni relitti, e quando tale possibilità era ammessa, tuttavia non si dubitava minimamente che il curatore dovesse osservare le prescrizioni imposte al tutore per il compimento di tali atti. L'avere nella forma mantenuta la regola del controllo da parte dell'
autorità giudiziaria non toglie che, sostanzialmente, consentendosi al donante o al testatore di derogare a tale regola, si attribuisca alla curatela speciale un carattere diverso da quello della tutela, configurandola come istituto di
natura prevalentemente privatistica.
Quanto al riflesso già accennato per il quale il curatore avrebbe unicamente una sfera di competenza patrimoniale, è pure da rilevare che l'entità del patrimonio del
minore ha una importanza decisiva ai fini dell'educazione di esso. E se si tiene presente il rigore col quale è disciplinata l'attività del tutore anche nella sfera di competenza patrimoniale, non può non apparire inopportuna la libertà consentita al curatore, sopratutto perché manca una norma che definisca la responsabilità di esso, durante la gestione che si protrae per tutto il periodo di incapacità del minore, di fronte al tutore o al curatore o almeno di fronte al
giudice tutelare; manca egualmente una disposizione che colleghi la posizione del curatore speciale con l'ufficio del tutore o del genitore esercente la responsabilità genitoriale, e con il giudice tutelare, il quale pure soprintende alle tutele ed alle curatele. Si fa obbligo soltanto al curatore di comunicare al tutore copia dei conti periodici della sua amministrazione, ma da tale obbligo, per altro di portata assai modesta, il curatore può pure essere esonerato dal disponente o donante (art.
366)
Nello stesso art. 366 citato è data facoltà al curatore di redigere un
inventario particolare dei beni la cui amministrazione gli è stata affidata: si tratta di semplice facoltà, perché, nel caso in cui il curatore non formi inventario speciale, sorge soltanto l'obbligo del tutore di comprendere nell'inventario generale del patrimonio del minore anche i beni affidati in amministrazione al curatore speciale.