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Articolo 337 bis Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Ambito di applicazione

Dispositivo dell'art. 337 bis Codice Civile

(1)In caso di separazione, scioglimento, cessazione degli effetti civili, annullamento, nullità del matrimonio e nei procedimenti relativi ai figli nati fuori del matrimonio si applicano le disposizioni del presente capo.

Note

(1) Articolo aggiunto dall'art. 55 del D. lgs. 28/12/2013 n. 154.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

Massime relative all'art. 337 bis Codice Civile

Cass. civ. n. 4056/2023

In tema di affidamento dei figli minori, la scelta dell'affidamento ad uno solo dei genitori deve essere compiuta in base all'esclusivo interesse morale e materiale della prole, sicchè il perseguimento di tale obiettivo può comportare anche l'adozione di provvedimenti contenitivi o restrittivi di diritti individuali di libertà dei genitori, senza che occorra operare un bilanciamento fra questi ultimi e l'interesse superiore del minore. (Nella specie, la S.C. ha affermato tale principio confermando la decisione di merito che aveva disposto l'affidamento c.d. "super" esclusivo della figlia alla madre, all'esito dell'accertamento dell'inidoneità genitoriale del padre, desunta anche dalla decisione di quest'ultimo di cambiare cognome, per ragioni legate alla sua riconoscibilità in ambito scientifico, senza alcuna preventiva comunicazione alla madre della minore, così determinando altresì il ritiro del passaporto di quest'ultima).

Cass. civ. n. 33609/2021

E' inammissibile il ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 111, comma 7, Cost. avverso i provvedimenti che disciplinano la frequentazione tra genitori e figli, trattandosi di provvedimenti privi dei caratteri della decisorietà, in quanto sprovvisti di attitudine al giudicato "rebus sic stantibus" per la loro provvisorietà, ed anche della definitività, in quanto possono essere revocati, modificati o riformati dallo stesso giudice che li ha emessi pur in assenza di nuovi elementi sopravvenuti.

Cass. civ. n. 24638/2021

I provvedimenti limitativi della responsabilità genitoriale adottati in via provvisoria nel corso dei giudizi ex art. 337 bis c.c. non possono essere impugnati con il ricorso straordinario per cassazione, trattandosi di provvedimenti privi dei caratteri della decisorietà, poiché sprovvisti di attitudine al giudicato "rebus sic stantibus", ed anche della definitività, in quanto non emessi a conclusione del procedimento, e perciò suscettibili di essere revocati, modificati o riformati dallo stesso giudice che li ha emessi anche in assenza di sopravvenienze. (Nella specie, la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso riguardante la statuizione assunta nel corso di un giudizio ex art. 337 bis c.c., con la quale, in attesa della relazione di aggiornamento dei servizi sociali, il tribunale aveva disposto, in via provvisoria, l'affidamento esclusivo della minore alla madre, sospendendo le frequentazioni del padre, autorizzato ad effettuare solo visite protette, e prescrivendo percorsi a sostegno della genitorialità).

Cass. civ. n. 15835/2021

In materia di esercizio della responsabilità genitoriale sui figli nati fuori dal matrimonio, il giudice territorialmente competente ad adottare i provvedimenti di cui all'art. 337 bis e ss., c.c., è quello del luogo in cui il minore ha la "residenza abituale" al momento della domanda, al cui accertamento concorrono una pluralità di indicatori da valutarsi anche in chiave prognostica, al fine di individuare, insieme al luogo idoneo a costituire uno stabile centro di vita ed interessi del minore, il giudice che, alle condizioni in essere al momento della domanda, possa dare migliore risposta alle correlate esigenze, ferme quelle di certezza e garanzia di effettività della tutela giurisdizionale che nella regola sulla competenza trovano espressione.

Cass. civ. n. 28329/2019

In tema di giurisdizione sulle domande relative alla responsabilità genitoriale in ambito UE, ove il minore, condotto all'estero con il consenso di entrambi i genitori, non rientri nello Stato di residenza abituale per decisione di uno solo di essi, è prorogata la giurisdizione dello Stato membro nel quale il minore aveva la residenza abituale immediatamente prima del mancato rientro, sempre che non sussistano le condizioni indicate nell'art. 10 del Regolamento (CE) n. 2201 del 2003, fermo restando che, ai fini dell'applicazione della lett. b) di tale articolo - il quale, a determinate condizioni, attribuisce rilievo al soggiorno del minore per almeno un anno nello Stato in cui è trattenuto - non si può tenere conto della permanenza successiva alla data della proposizione della domanda, dovendosi dare applicazione al principio della "perpetuatio jurisditionis", contemplato (oltre che dal nostro ordinamento, anche) dal menzionato Regolamento, come si evince dalla disciplina generale, contenuta all'art. 8, comma 1, dello stesso.

Cass. civ. n. 11416/2019

In tema di IMU, il convivente "more uxorio", al quale a seguito della cessazione del rapporto viene assegnato l'immobile adibito a casa familiare di proprietà dell'altro convivente, è soggetto passivo di imposta ex art. 4, comma 12-quinquies, del d.l. n. 16 del 2012, conv. in l. n. 44 del 2012, che, non disciplinando un'ipotesi di agevolazione o di esenzione, può essere interpretato estensivamente includendo nel relativo ambito di applicazione, per "eadem ratio", anche i rapporti di convivenza. (Cassa e decide nel merito, COMM.TRIB.REG. MILANO, 20/06/2016).

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Consulenze legali
relative all'articolo 337 bis Codice Civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

P. D. M. . chiede
lunedì 06/11/2023
“In fase di separazione non consensuale la controparte cerca di ottenere un assegno di mantenimento esorbitante facendo riferimento non alla capacità reddituale reale del marito ma al fatto che lo stesso, prima del matrimonio, ha beneficiato di eredità in cui figuravano immobili di pregio (palazzo storico e Villa Veneta) da sempre patrimonio familiare. Detti immobili, al momento della successione risultavano residenza della famiglia (il Palazzo storico) e casa vacanza di campagna la Villa Veneta. Si tratta di immobili sicuramente di pregio ma che, purtroppo, hanno elevati costi di manutenzione. Il marito ha cercato di metterli a reddito affittando il Palazzo ai propri genitori addebitando anche l'onere delle spese straordinarie (cosa inusuale nei contratti di affitto ma che lo libera da questo onere molto pesante) e ha cercato di affittare (con scarso successo) la Villa per eventi e matrimoni. Si chiede se sia giusto parametrare l'eventuale assegno di mantenimento della moglie e dei figli valutando il patrimonio immobiliare (non creato dal marito con il suo lavoro ma avuto in eredità) e non all'effettiva capacità reddituale dello stesso. Si precisa che la moglie non ha mai lavorato durante il matrimonio (e molto raramente anche prima) e che non sta cercando (a distanza ormai di più di un anno dalla separazione) alcun lavoro. I figli sono stati dati in affido congiunto con tempo paritetico e la casa che il marito aveva comperato donando il 50% alla moglie, alla stessa, come residenza principale dei bambini.”
Consulenza legale i 09/11/2023
Al quesito posto può essere data agevolmente risposta sulla base della consolidata giurisprudenza della Corte di Cassazione.
In particolare, con la recentissima ordinanza 02/08/2023, n. 23571, la Suprema Corte ha ribadito che “nel quantificare l'ammontare del contributo dovuto dal genitore non collocatario per il mantenimento del figlio, anche se maggiorenne e non autosufficiente, deve osservarsi il principio di proporzionalità, che richiede una valutazione comparata dei redditi di entrambi i genitori, oltre alla considerazione delle esigenze attuali del figlio e del tenore di vita da lui goduto”.
Inoltre, sempre la Cassazione ha espressamente affermato, sempre in tema di quantificazione del contributo al mantenimento della prole, “oltre al reddito dei coniugi occorre altresì considerare l'intero patrimonio di entrambi” (così Cass. Civ., Sez. I, sentenza 12/09/2011, n. 18618).

L. M. chiede
mercoledì 10/04/2024
“Buongiorno.
Caso di separazione consensuale. Parto con la domanda poi in coda le metto le nostre condizioni economiche lavorative.
Mio figlio rimane con me quindi la casa (di proprietà 50 % tra me e mio marito) per il momento sarà a uso mio e di mio figlio. Su questo punto siamo d'accordo. Ma mio figlio è maggiorenne e lavora, la legge mi tutela per la casa o mio marito può cambiare idea e fare altro?
Il mutuo sulla casa di famiglia è condiviso, ma da diversi anni l'ha pagato lui perché io pagavo altre spese.
Io essendo una donna lavoratrice con un discreto stipendio non ho diritto a niente?la domanda principale è Mio figlio 20 anni è assunto a tempo determinato di 1 anno inizia il 15 p.v. e percepirà uno stipendio di 1600 euro lordi al mese. Lavorerà in smart working quindi wifi luce e gas li pago io.
Comunque risulta indipendente. Quindi mio marito non dovrebbe dare nessun mantenimento neanche a lui.?
Non è che posso chiedere a mio figlio di pagare le spese con uno stipendio che netto sarà 1200. Se mi dà 300 euro di contributo mi sembra già educativo.
Del resto non capisco come si possa considerarlo completamente indipendente quando a XXX un affitto di un mono locale costa minimo 700 euro.
Quindi la domanda è se a parte l'uso dell'abitazione mio marito non è tenuto per legge a concedermi un "mantenimento" né per me né per mio figlio in quanto maggiorenne e lavoratore.

I ns dati
sono una donna lavoratrice impiegata da 16 anni nella stessa ditta e percepisco 47k lordi annuali (da quest'anno prima era 40k). Mio marito da 12 anni nella stessa ditta ne percepisce circa 65/70k.
Abbiamo una casa al 50 percento a XXX (Valore commerciale 300/350k mutuo 40k). Io ho anche una casa in montagna con mutuo di 45k che ho messo in vendita a 65k perché in vista della separazione non riuscirei a mantenere due case figlio e gatto. E' una casa che abbiamo preso 10 anni fa per la famiglia, intestata a me, visto che lui ha già altre proprietà, di cui io ho pagato le spese e tutti e due abbiamo usufruito della casa, come giusto essendo una casa di famiglia. Inoltre dalla morte di mio papà ho il 12% ( 20k) di un'altra casa a XXX.
Mio marito ha una casa vicino a YYY (90k) vicino al lavoro comperata un paio di anni fa e ci sta due volte la settimana x riposarsi ( e io sono sempre stata contraria a questa cosa, sta convivenza part time) È proprietario al 50 % della casa a ZZZ dove vive sua madre (la sua parte varrà 250/300k) e del 50% casa al mare (sua parte 80k).
Attualmente quando è a casa nostra da mesi dormiamo in camere separate.
Spero di aver dato un quadro chiaro. Saluti grazie”
Consulenza legale i 18/04/2024
I diversi quesiti proposti richiedono una risposta articolata ma sono, comunque, tra loro collegati.
Procediamo con ordine.
In primo luogo, è doveroso fare un’osservazione. Nella richiesta di consulenza si parla di “separazione consensuale”. Ora, come probabilmente sa chi pone il quesito, in questo tipo di separazione i coniugi stabiliscono di comune accordo le diverse condizioni di separazione: il controllo dell’autorità giudiziaria si limita, infatti, alla conformità all’interesse dei figli degli accordi tra coniugi. Pertanto nulla vieta, ad esempio, che con la separazione consensuale si attribuisca alla moglie un assegno di mantenimento anche quando non vi avrebbe teoricamente diritto.
Ad ogni modo, ci si chiede di chiarire quali siano i presupposti, da un lato, per l’assegnazione della casa familiare in presenza di figli maggiorenni e, dall’altro, per la corresponsione di un assegno di mantenimento in favore sia dei figli che, eventualmente, della moglie.

Ora, in materia di assegnazione della casa familiare - così come per ogni altra decisione adottata in caso di crisi della coppia genitoriale con figli - il criterio cui fare riferimento è quello, espressamente definito prioritario dalla legge, dell’interesse dei figli stessi.
Come ha ribadito più volte la Cassazione, infatti, “l'assegnazione della casa familiare, in caso di divorzio o separazione, è prevista a tutela dell'interesse prioritario dei figli minorenni e dei figli maggiorenni non economicamente autosufficienti, e conviventi con uno dei genitori, a permanere nell'ambiente domestico in cui sono cresciuti, in modo tale da garantire la conservazione delle loro abitudini di vita e delle relazioni sociali radicatesi in tale ambiente” (Cass. Civ., Sez. I, ordinanza 24/06/2022, n. 20452; conforme Cass. Civ., Sez. I, ordinanza 20/11/2023, n. 32151).
Quindi, se il figlio o la figlia maggiorenne è, o diventa, autosufficiente, viene meno anche la ragione per assegnare la casa familiare al genitore con cui convive.
Naturalmente, nel caso in cui l’indipendenza economica venga raggiunta in un momento successivo, l’altro genitore non potrà automaticamente e di propria iniziativa riprendersi la ex casa coniugale, ma occorrerà comunque un provvedimento del giudice che valuti i presupposti per la revoca.

Ma quando si può dire che il figlio maggiorenne è autosufficiente?
In realtà non è possibile rispondere a questa domanda in termini generali; infatti, come ha chiarito sempre la Cassazione (si veda la recente Cass. Civ., Sez. I, ordinanza 10/01/2023, n. 358), “ai fini del riconoscimento dell'obbligo di mantenimento dei figli maggiorenni non indipendenti economicamente, ovvero del diritto all'assegnazione della casa coniugale, il giudice di merito è tenuto a valutare, con prudente apprezzamento, caso per caso e con criteri di rigore proporzionalmente crescenti in rapporto all'età dei beneficiari, le circostanze che giustificano il permanere del suddetto obbligo o l'assegnazione dell'immobile, fermo restando che tale obbligo non può essere protratto oltre ragionevoli limiti di tempo e di misura, poiché il diritto del figlio si giustifica nei limiti del perseguimento di un progetto educativo e di un percorso di formazione, nel rispetto delle sue capacità, inclinazioni e (purché compatibili con le condizioni economiche dei genitori) aspirazioni”.
Ciò consente di rispondere sia alla domanda sull’assegnazione dell’abitazione sia a quella riguardante il mantenimento del figlio.

Quanto alla eventuale spettanza di un assegno mensile per la moglie, la norma di riferimento è l’art. 156 del c.c., secondo cui il coniuge separato ha diritto al mantenimento solo se:
  • non deve essergli o esserle addebitata la separazione;
  • non dispone di “adeguati redditi propri”.
Ma quali sono questi “adeguati redditi propri”, tali da escludere il diritto al mantenimento del coniuge?
Secondo un consolidato orientamento della giurisprudenza, si tratta dei redditi “necessari a mantenere il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio”: così anche la recente Cass. Civ., Sez. VI - 1, ordinanza 01/03/2023, n. 6176.
Pertanto, anche in questo caso si tratta di una valutazione che va fatta caso per caso e che, soprattutto, spetta al giudice: ogni eventuale previsione formulata in questa sede, infatti, potrebbe non essere accolta in un eventuale giudizio contenzioso, qualora la separazione consensuale non andasse in porto.