Brocardi.it - L'avvocato in un click! CHI SIAMO   CONSULENZA LEGALE

Articolo 18 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 25/09/2024]

Responsabilità degli amministratori

Dispositivo dell'art. 18 Codice Civile

Gli amministratori sono responsabili verso l'ente secondo le norme del mandato(1). È però esente da responsabilità quello degli amministratori il quale non abbia partecipato all'atto che ha causato il danno, salvo il caso in cui, essendo a cognizione che l'atto si stava per compiere, egli non abbia fatto constare il proprio dissenso.

Note

(1) Vedi artt. 1710 e ss.

Spiegazione dell'art. 18 Codice Civile

Le persone giuridiche agiscono attraverso degli organi. L'organo amministrativo esercita l'attività di gestione dell'ente per il raggiungimento dello scopo, e lo rappresenta nei rapporti esterni (eventuali limitazioni dovranno figurare nel Registro delle Persone Giuridiche, per l'opponibilità ai terzi). L'amministratore è necessario in ogni persona giuridica, in aggiunta all'assemblea degli associati per le associazioni. La responsabilità degli amministratori è solidale e si configura secondo le regole del mandato (v. artt. 1710 e ss. c.c.), quindi adoperando la diligenza media in relazione all'incarico ricevuto ed alla prestazione dovuta, pena il risarcimento di danni procurati all'ente. La responsabilità non si estende a colui che, tra gli amministratori, non abbia partecipato all'atto causativo del danno.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

47 Non ritenendosi tecnicamente preciso il termine "lasciti" proposto nel progetto per indicare le liberalità testamentarie, si è preferito integrare l'art. 17 indicando espressamente, oltre le donazioni, le eredità e i legati. Fondata è, invece, l'osservazione al principio della responsabilità dell'ente per gli atti illeciti dei suoi rappresentanti, contenuto nell'art. 18 del progetto, perché essa deve inquadrarsi nella disciplina generale relativa agli atti illeciti, che è regolata in altra parte del codice. Conseguentemente è stato soppresso l'articolo. Riconosciute esatte le osservazioni sull'art. 19 del progetto, si è redatto il corrispondente art. 18 del c.c. del testo, nella formula suggerita, salve lievi varianti formali. Così la disposizione meglio risponde allo scopo di tutelare più efficacemente gli interessi dell'ente, con un indirizzo di maggior rigore verso gli amministratori. L'esonero dalla responsabilità verso l'ente, nel caso in cui gli amministratori non abbiano partecipato alla formazione dell'atto dannoso, è limitata a due sole ipotesi: o che essi non siano stati a conoscenza dell'atto stesso o che, pure essendone a conoscenza, abbiano fatto constare il loro dissenso.

Massime relative all'art. 18 Codice Civile

Cass. civ. n. 664/2023

L'approvazione del bilancio di un'associazione non riconosciuta non rileva al fine di esonerare il suo amministratore dall'obbligo di restituire le somme che gli sono state rimborsate a titolo di anticipazioni da lui sostenute in favore dell'associazione in assenza della prova della riferibilità di tali spese all'adempimento dei suoi obblighi, il cui onere incombe sullo stesso amministratore.

Cass. civ. n. 3887/2014

L'azione di responsabilità nei confronti degli amministratori di una persona giuridica privata è compromettibile in arbitri, concernendo essa, pur se posta a tutela di un interesse "collettivo", diritti patrimoniali disponibili all'interno di un rapporto contrattuale, senza coinvolgere interessi di terzi estranei, se non in modo eventuale ed indiretto, ferma l'inapplicabilità dell'art. 34 del d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 5, alla relativa clausola statutarie, trattandosi di disposizione dettata per l'arbitrato societario.

Hai un dubbio o un problema su questo argomento?

Scrivi alla nostra redazione giuridica

e ricevi la tua risposta entro 5 giorni a soli 29,90 €

Nel caso si necessiti di allegare documentazione o altro materiale informativo relativo al quesito posto, basterà seguire le indicazioni che verranno fornite via email una volta effettuato il pagamento.

SEI UN AVVOCATO?
AFFIDA A NOI LE TUE RICERCHE!

Sei un professionista e necessiti di una ricerca giuridica su questo articolo? Un cliente ti ha chiesto un parere su questo argomento o devi redigere un atto riguardante la materia?
Inviaci la tua richiesta e ottieni in tempi brevissimi quanto ti serve per lo svolgimento della tua attività professionale!

Consulenze legali
relative all'articolo 18 Codice Civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

Cliente chiede
sabato 29/06/2024
“Per cortesia mi chiedono di fare parte del CDA della
FONDAZIONE XXX ONLUS
Codice Ateco: 881 - ASSISTENZA SOCIALE NON RESIDENZIALE PER ANZIANI E DISABILI

Gradirei capire quali sono le responsabilità che andrei ad assumermi facendo parte del CDA dal punto di vista sia Penale e in caso di debiti grazie per spiegarmelo in parole semplici”
Consulenza legale i 03/07/2024
Una Fondazione è un ente dotato di personalità giuridica privata che si avvale di un patrimonio finalizzato al perseguimento di uno scopo non economico definito.
Le fondazioni sono dotate di autonomia patrimoniale perfetta; di conseguenza, delle obbligazioni dell’ente risponde soltanto la fondazione con il proprio patrimonio.
Gli amministratori che agiscono in nome e per conto della fondazione non rispondono in via solidale con essa.

Gli amministratori (come anche i soggetti preposti agli altri organi) non sono legati da un contratto di mandato con l’ente, ma da un rapporto organico (BIANCA).
In ogni caso, trovano applicazione le norme sul mandato, pertanto, ai sensi dell’art. 18 del c.c., in caso di condotta negligente, i titolari degli organi rispondono nei confronti dell’ente per i danni da esso subiti.
È però esente da responsabilità l’amministratore che non ha partecipato all'atto che ha causato il danno, salvo il caso in cui, essendo a conoscenza dell'atto che si stava per compiere, non abbia fatto constare del proprio dissenso.

L’art. 19 del c.c., inoltre, prevede che non siano opponibili ai terzi le limitazioni del potere di rappresentanza dell’ente che non risultano dai pubblici registri, salvo che si provi che questi ne erano a conoscenza.
Ciò comporta che se un amministratore compie un atto che eccede il proprio potere di rappresentanza come risultante dai pubblici registri, l’ente ne risulterà obbligato, ma potrà rivalersi nei confronti dell’amministratore stesso.

Gli amministratori, infine, sono responsabili verso terzi per i danni da illecito extracontrattuale (ex art. 2043 del c.c.) e la responsabilità si estende alla fondazione se la condotta illecita rientra nell’esercizio dei compiti dell’organo.

Anche l’art. 22 del codice terzo settore, al comma 7, conferma, in caso di fondazioni enti del terzo settore, la responsabilità esclusiva dell’ente per le proprie obbligazioni.
Al contempo, tuttavia, l’art. 28 del codice terzo settore dispone che gli amministratori (così come i direttori generali, i componenti dell'organo di controllo e il soggetto incaricato della revisione legale dei conti) rispondono nei confronti dell'ente, dei creditori sociali, del fondatore, degli associati e dei terzi, ai sensi degli artt. 2392, 2393, 2393 bis, 2394, 2394 bis, 2395, 2396 e 2407 del c.c., nonché e dell'art. 15 del d. lgs. 39/2010, in quanto compatibili.
Si tratta di norme che impongono agli amministratori di adempiere ai doveri ad essi imposti dalla legge e dallo statuto con la diligenza richiesta dalla natura dell'incarico e dalle loro specifiche competenze, sancendo una loro responsabilità solidale verso la società per i danni derivanti dall'inosservanza di tali doveri, regolando al contempo le eventuali azioni di responsabilità.

Anche sul fronte penale la risposta non è semplice e cercheremo di renderla il più comprensibile possibile.

In via generale è possibile affermare che le fattispecie in cui potrebbe incorrere un membro del CdA di una fondazione a seguito di operazioni patrimonialmente opache e/o lesive della fondazione medesima sono due:
- l’appropriazione indebita, prevista e punita dall’ art. 646 del c.p.;
- l’infedeltà patrimoniale, prevista e punita dall’ art. 2634 del c.c..

La distinzione tra le due fattispecie non è sempre agevole da tracciare, anche in considerazione del fatto che l’infedeltà patrimoniale è una sorta di fattispecie “speciale” di appropriazione indebita.

Semplificando al massimo, comunque, è possibile affermare che:

- l’appropriazione indebita si ha nel momento in cui il membro del CdA si appropria, appunto, di beni o denaro appartenenti alla fondazione, destinandoli a scopi incompatibili col fine della fondazione medesima e procurandosi, così, un ingiusto profitto;

- l’infedeltà patrimoniale, invece, la si ha laddove il membro del CdA deliberi o concorra nel deliberare atti che possono pregiudicare il patrimonio della fondazione pur avendo un interesse in conflitto con tale decisione.
Un esempio può essere di aiuto. Poniamo il caso che la fondazione debba procedere a organizzare un evento di beneficenza e che, a tal fine, debba scegliere tra più soggetti per l’organizzazione dell’evento. Poniamo il caso che vi sia il soggetto X che chiede come prezzo 50 e che ci sia il soggetto Y che, invece, chiede come prezzo 100 pur offrendo un servizio sulla carta peggiore. Il soggetto Y però è anche parente di uno degli amministratori.
Ebbene, l’infedeltà patrimoniale può sussistere proprio laddove il “lavoro” venga affidato a Y, per il solo fatto che Y sia parente di un amministratore e non già per la meritevolezza della sua offerta. In tal caso, infatti, la fondazione avrà avuto un danno di 50, pari alla differenza di prezzo che la stessa avrebbe potuto pagare per la medesima prestazione.

G. C. chiede
giovedì 04/08/2022 - Emilia-Romagna
“Sono un privato, Il mio quesito nasce da quanto segue,<br />
<br />
Il Presidente del mio Centro Sociale APS con personalità giuridica iscritto al RUNTS con tutti gli obblighi degli Enti del Terzo Settore, ha ritenuto di aderire, sulla base del parere dell'associazione nazionale a cui siamo iscritti, con una votazione a maggioranza del ns Comitato per eseguire un bonifico solidaristico per € 2.500,00 a favore di altro Centro Socio Culturale APS che pare abbia il bilancio in rosso, questo con riferimento al Dl n 117/2017 art 83 co 2 e tenuto conto della congrua liquidità di cui è dotato il Centro- (sic)<br />
TALE Affermazione ha sollevato forti perplessità nel sottoscritto.<br />
Da parte mia ho suggerito al Tesoriere, di concerto col Presidente ( art 24 Statuto) , di procedere al bonifico con le disponibilità del Centro, solo dopo aver ottenuto dal ns revisore dei conti almeno il suo assenso scritto sullo specifico quesito oggetto di pareri diversi,<br />
Prospettando, in alternativa, che ognuno di noi potesse tassarsi personalmente per una quota, io per primo, nel rispetto del principio di solidarietà.<br />
Detti importi potrebbero costituire l’anticipo del ricavato di una “Raccolta Fondi X il CENTRO IN DEFICIT” come proposto nel mese successivo.<br />
<br />
di seguitola la risposta di ritorno del PRESIDENTE<br />
<br />
Ritengo la risposta di …. non percorribile nei tempi stretti che abbiamo e la ritengo negativa in base a quanto proposto.<br />
Visto la disponibilità attuale finanziaria del centro con 11 voti a favore e 1 contrario (del Comitato a mezzo wastup autorizzo il bonifico di 2500 euro per motivi solidaristici a titolo gratuito di beneficenza al Centro sociale ......<br />
Questi fondi cercheremo di recuperarli con una raccolta fondi da effettuare nel prossimo mese<br />
Il presidente<br />
<br />
<br />
A QUESTO PUNTO MI RIVOLGO DIRETTAMENTE AL NS REVISORE DEI CONTI:<br />
<br />
GENT DR,<br />
CON LA PRESENTE CHIEDO FORMALMENTE IL SUO PARERE COME REVISORE DEI CONTI DEL NS CENTRO<br />
AI FINI DEL COMPORTAMENTO CORRETTO DA ADOTTARE NEL CASO SPECIFICO ( DI CUI SOPRA) TENUTO CONTO DEI DIVERSI ATTEGGIAMENTI PROSPETTATI E DELLA NECESSITA’DI EVITARE QUALSIASI PROBLEMA O INFRAZIONE DI NORME. IN SINTESI QUESTA E’ LA DOMANDA:<br />
<br />
PUO’ IL COMITATO DECIDERE A MAGGIORANZA L’UTILIZZO DI FONDI DEL CENTRO, ACCANTONATI PER I SUOI FINI ISTITUZIONALI, DESTINANDO L’IMPORTO DI € 2.500 TRAMITE BONIFICO A FAVORE DI ALTRO CENTRO APS che ha il bilancio in rosso ?<br />
CORDIALI SALUTI<br />

Questa la risposta ottenuta:<br />
“ in qualità di revisore non posso entrare nel merito o sindacare atti di normale amministrazione eventualmente deliberati dal consiglio direttivo dell'associazione, a meno che per entità, caratteristiche e particolarità non siano manifestamente imprudenti, azzardate, in potenziale conflitto di interesse o tali da compromettere l’integrità del patrimonio dell’associazione.” Non credo che sia questo il caso. Cordiali saluti IL VS REVISORE DR....<br />
<br />
CONCLUSIONE.<br />
Poiché MI risulta che non sia possibile per una APS, SENZA FINIDILUCRO, utilizzare fondi, accantonamenti e comunque disponibilità se non per i soli fini istituzionali, vorrei chiedere la vostra consulenza per sapere se sia corretto che una APS trasferisca sue disponibilità liquide ad altra APS , PER "SOLIDARIETA"' AVENDO PERCHE’ I CONTI IN ROSSO.<br />
Consulenza legale i 07/10/2022
Per riscontrare il quesito del cliente, è opportuno affrontare le problematiche sollevate su due versanti:
  1. la legittimità del trasferimento in denaro in questione;
  2. le conseguenze giuridiche derivanti dall’eventuale illegittimità.
In primo luogo, è opportuno tenere a mente che, ai sensi dell’art. 8 del Decreto legislativo, 03/07/2017 n° 117, G.U. 02/08/2017 (cd. Codice del Terzo Settore), il patrimonio degli Enti del Terzo Settore deve essere utilizzato per lo svolgimento dell'attività statutaria ai fini dell'esclusivo perseguimento di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, le quali, nel caso di specie, coincidono con le attività di promozione sociale individuate nello statuto dell’APS. La medesima disposizione vieta la distribuzione di utili, riserve fondi e altre risorse a favore di fondatori, associati, componenti degli organi sociali, collaboratori e dipendenti. Inoltre, il comma 3 dell’art. 8 del codice terzo settore annovera tra le ipotesi altresì vietate di distribuzione indiretta degli utili:
a) la corresponsione ad amministratori, sindaci e a chiunque rivesta cariche sociali di compensi individuali non proporzionati all'attività svolta, alle responsabilità assunte e alle specifiche competenze o comunque superiori a quelli previsti in enti che operano nei medesimi o analoghi settori e condizioni;
b) la corresponsione a lavoratori subordinati o autonomi di retribuzioni o compensi superiori del quaranta per cento rispetto a quelli previsti, per le medesime qualifiche, dai contratti collettivi di cui all'articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, salvo comprovate esigenze attinenti alla necessità di acquisire specifiche competenze ai fini dello svolgimento delle attività di interesse generale di cui all'articolo 5, comma 1, lettere b), g) o h);
c) l'acquisto di beni o servizi per corrispettivi che, senza valide ragioni economiche, siano superiori al loro valore normale;
d) le cessioni di beni e le prestazioni di servizi, a condizioni più favorevoli di quelle di mercato, a soci, associati o partecipanti, ai fondatori, ai componenti gli organi amministrativi e di controllo, a coloro che a qualsiasi titolo operino per l'organizzazione o ne facciano parte, ai soggetti che effettuano erogazioni liberali a favore dell'organizzazione, ai loro parenti entro il terzo grado ed ai loro affini entro il secondo grado, nonché alle società da questi direttamente o indirettamente controllate o collegate, esclusivamente in ragione della loro qualità, salvo che tali cessioni o prestazioni non costituiscano l'oggetto dell'attività di interesse generale di cui all'articolo 5;
e)  la corresponsione a soggetti diversi dalle banche e dagli intermediari finanziari autorizzati, di interessi passivi, in dipendenza di prestiti di ogni specie, superiori di quattro punti al tasso annuo di riferimento. Il predetto limite può essere aggiornato con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.

Non essendo il caso di specie riconducibile a una delle suddette fattispecie, si può ragionevolmente sostenere che l’impiego delle risorse economiche sia legittima laddove le finalità perseguite dall’APS beneficiaria siano corrispondenti o, comunque, analoghe rispetto a quella dell’ente che ha provveduto al versamento. Tale conclusione è ulteriormente avvalorata dal fatto che entrambe le APS appartengono alla medesima rete associativa,
Fermo quanto sopra esposto, anche sul piano formale – sulla base delle informazioni a nostra disposizione – si può ammettere che l’organo esecutivo dell’APS abbia autorizzato il trasferimento di denaro nelle modalità prescritte dalla legge e dello statuto dell’ente e che, pertanto, la deliberazione con cui è stato disposto il versamento non sia impugnabile per illiceità formali.

In secondo luogo, nella denegata ipotesi l’operazione effettuata sia considerata posta sostanzialmente in violazione dell’art. 8 del Codice del Terzo Settore, sarebbe applicabile l’art. 18 del c.c. ai sensi del quale i componenti dell’organo amministrativo delle persone giuridiche (nel caso di specie i membri dell’organo esecutivo dell’Ente) sono responsabili verso l’associazione secondo le norme del mandato, ferma l’esenzione dalla responsabilità dell’amministratore il quale non abbia partecipato all'atto che ha causato il danno (esenzione che non opera nel caso in cui l’amministratore non partecipante alla formazione dell’atto, essendo a cognizione che l'atto si stava per compiere, non abbia fatto constare il proprio dissenso).

In altri termini, si potrebbe profilare un inadempimento contrattuale dei componenti dell’organo amministrativo dell’APS nei confronti dello stesso ente nei limiti della somma versata all’ente beneficiario.
In ogni caso, non risulterebbe responsabile, in virtù dell’art. 18 del c.c., il componente dell’organo esecutivo che non abbia votato a favore del trasferimento di denaro.


FULVIO G. chiede
martedì 17/07/2018 - Sicilia
“Buongiorno,

Posto che sono state accertate e documentate dal Collegio dei revisori gravi irregolarità commesse dal Presidente dell'Associazione riconosciuta"XX" e , pur avendo invitato lo stesso alle sue spontanee dimissioni unitamente a tutti i componenti il Consiglio direttivo, lo stesso si sottrae alla richiesta di inserimento all' OdG di una mozione di sfiducia. Si chiede : Si vuole invocare l'art 18 C.c. e far deliberare all'assemblea in seconda convocazione tra le varie ed eventuali la revoca di tutto il consiglio direttivo per danno all'associazione come documentato anche nella relazione di revisione depositata in prefettura unitamente al bilancio.”
Consulenza legale i 21/07/2018
Presupposto fondamentale di cui si terrà conto nel fornire la consulenza che segue è quanto affermato nel testo del quesito, ossia che il Collegio dei Revisori dell’associazione ha accertato e documentato la circostanza che il Presidente della stessa ha commesso gravi irregolarità nella gestione.
Posto ciò e considerato che l’ organo deputato alla convocazione dell’assemblea si sottrae al proprio obbligo di convocare la stessa per deliberare una mozione di sfiducia, non resta altra soluzione che avvalersi di quanto previsto dal secondo comma dell’art. 20 del c.c..

Dispone tale norma, infatti, che l’assemblea delle associazioni deve essere convocata dagli amministratori non solo una volta l’anno per l’approvazione del bilancio, ma anche ogniqualvolta se ne ravvisi la necessità o ne venga fatta richiesta motivata da almeno un decimo degli associati.
Trattasi, come giustamente è stato osservato (Trib. Roma 26.07.1972) di un diritto-dovere incombente in capo agli amministratori, pur potendo comunque lo statuto legittimamente prevedere che altri organi provvedano alla convocazione.
Ipotizzando, tuttavia, che lo Statuto non contenga alcuna diversa attribuzione del potere di convocazione, l’espressione L’assemblea deve essere inoltre convocata quando se ne ravvisa la necessità…” deve intendersi non nel senso che deve essere l’organo deputato a convocarla a ravvisarne la necessità (il che renderebbe la norma priva di rilevanza pratica), ma piuttosto nel senso che la convocazione deve obiettivamente apparire necessaria per evitare un pregiudizio all’associazione o per assicurare il regolare funzionamento dei suoi organi.

Tale interpretazione porrà gli associati nella condizione di far sì che, verificandosi le suddette circostanze obiettive, una mancata convocazione dell’assemblea potrà determinare la responsabilità degli amministratori nei confronti dell’associazione.
Nel caso che si pone sembra più che evidente che sussistano i presupposti per ravvisare la necessità di convocare l’assemblea (le gravi irregolarità commesse dal Presidente dell’associazione), essendo gli associati in possesso di elementi alquanto seri e circostanziati per deliberare al più presto, nell’interesse della stessa associazione, la mozione di sfiducia nei confronti del suo Presidente.

Al di là di tale rimedio, per la cui esperibilità si ritiene che sussistano tutti gli elementi, lo stesso secondo comma dell’art. 20 c.c. prevede che l’assemblea “debba” essere convocata quando ne venga fatta richiesta motivata da parte di almeno un decimo degli associati.
Qualora, una volta avanzata tale richiesta, l’organo amministrativo decida di rigettarla o di non darvi in alcun modo seguito (come sembra molto probabile nel caso che ci occupa), sarà possibile fare ricorso al Presidente del Tribunale del luogo in cui ha sede l’associazione, il quale ne ordinerà la convocazione (così ultimo comma art. 20 c.c.; cfr. Appello Roma 23.06.1986).

Sembra superfluo rilevare che, a seguito di una eventuale convocazione giudiziale dell’assemblea, per la validità delle relative deliberazioni ci si dovrà attenere a quanto previsto dal successivo art. 21 del c.c., norma che dispone non soltanto che in seconda convocazione la deliberazione è valida a maggioranza di voti e qualunque sia il numero degli intervenuti (c.d. maggioranza semplice), ma anche che, nelle deliberazioni che riguardano la loro responsabilità, gli amministratori non hanno voto.
A ciò si aggiunga che, seppure parte della dottrina escluda che la deliberazione relativa all'esercizio dell'azione di responsabilità contro gli amministratori porti, come conseguenza necessaria, alla loro revoca dalla carica, di contro si fa rilevare che non basta l'assenza, nell'art. 22, di una disposizione analoga a quella prevista dal quinto comma dell'art. 2393 del c.c., per concludere che nell'associazione la deliberazione dell'azione di responsabilità non importi anche la revoca d'ufficio degli amministratori.
E’ opinione diffusa, infatti, quella secondo cui quando le norme sulle società risultano in astratto compatibili, le stesse potranno applicarsi analogicamente anche agli enti associativi.

Del resto a favore di tale interpretazione sussistono elementi tratti dalla stessa ratio dell’art. 22 c.c., poiché la norma dispone testualmente che l'azione di responsabilità deliberata dall'assemblea è esercitata dai nuovi amministratori o dai liquidatori, il che lascia implicitamente prevedere la necessaria e automatica revoca degli amministratori contro cui è stata deliberata l'azione di responsabilità da parte dell’assemblea degli associati.

Non va escluso, infine, che una lettura dello Statuto e dello stesso atto costitutivo dell’associazione possa essere in grado di fornire ulteriori elementi di spunto per raggiungere, anche in maniera più celere, l’effetto desiderato.