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Articolo 47 Codice antimafia

(D.lgs. 6 settembre 2011, n. 159)

[Aggiornato al 04/07/2024]

Procedimento di destinazione

Dispositivo dell'art. 47 Codice antimafia

1. La destinazione dei beni immobili e dei beni aziendali è effettuata con delibera del Consiglio direttivo dell'Agenzia, sulla base della stima del valore risultante dalla relazione di cui all'articolo 36, e da altri atti giudiziari, salvo che sia ritenuta necessaria dall'Agenzia una nuova stima.

2. L'Agenzia provvede all'adozione del provvedimento di destinazione entro novanta giorni dal ricevimento della comunicazione di cui all'articolo 45, comma 2, prorogabili di ulteriori novanta giorni in caso di operazioni particolarmente complesse. Nel caso di applicazione delle disposizioni di cui al titolo IV, il provvedimento di destinazione è adottato entro trenta giorni dalla comunicazione del progetto di pagamento effettuata ai sensi dell'articolo 61, comma 4. Anche prima dell'adozione del provvedimento di destinazione, per la tutela dei beni confiscati si applica il secondo comma dell'articolo 823 del codice civile.

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Consulenze legali
relative all'articolo 47 Codice antimafia

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

Aurelio M. chiede
sabato 12/06/2021 - Sicilia
“Circa otto anni addietro ho affittato un appartamento che era stato sequestrato alla mafia , vi erano lavori da effettuare ed il prezzo è stato appetibile, il contratto è stato sottoscritto, dopo le dovute autorizzazioni da parte del giudice delegato, da un avvocato che era nominato amministrato giudiziale e da mia moglie.
Era previsto contrattualmente che se il bene fosse stato definitivamente confiscato il contratto sarebbe scaduto immediatamente.
Da circa tre anni il bene è stato definitivamente confiscato alla mafia e perciò il mio contratto è scaduto, questo dato è a mia conoscenza per vie non ufficiali ma per comunicazione verbale da parte dell'amministratore giudiziale.
Nel frattempo sono venuti a vedere l'immobile i carabinieri, la polizia di stato e la guardia di finanza.
Per due anni non si è fatto sentire nessuno ed abbiamo continuato a pagare l'affitto ed eseguito lavori urgenti di miglioramento impianti idrici.
In data 12/02/2021 il sottoscritto ……. riceve una pec da parte dell'amministratore giudiziale con la quale mi si comunica il decreto di destinazione del bene confiscato e l'INVITO a rilasciare l'immobile entro e non oltre giorni 30.
Il contratto di affitto è sottoscritto da mia moglie e non da me, l'amministratore giudiziale infatti nella intestazione della pec cita sia il nome di mia moglie che il mio.
In data 11/03/2021 il sottoscritto invia mail di risposta all'amministratore giudiziale dichiarandoci, disponibili a rilasciare l'immobile locato ma comunicando che la tempistica indicata dei 30 giorni non poteva essere rispettata.
Chiarisco che si tratta della abitazione familiare e che non disponiamo di altra abitazione vivibile.
Mia moglie è proprietaria da circa tre anni di un immobile che necessita di lavori per essere abitabile in quanto completamente da rifare per sicurezza impianti e strutture.
Ho comunicato questo fatto all'amministratore giudiziale verbalmente chiedendo almeno sei mesi di tempo per il rilascio.
Nella giornata di ieri ricevo un sollecito urgente tramite mail con la quale mi si chiede di dare una data certa di rilascio che, secondo l'amministratore, deve essere imminente in quanto dice che non può tollerare ulteriori rinvii.
L'amministratore mi comunica, inoltre, che se non otterrà risposta entro due giorni sarà costretta ad agire per il rilascio forzoso dell'immobile.
Con comunicazione informale telefonica ho detto di avere necessità di altri 90 giorni da ora per il rilascio in quanto sto completando i lavori nella nuova abitazione e che gli stessi sono stati in parte allungati per emergenza covid.
Chiarisco che non ho ricevuto ordinanza di sgombero da parte dell'Agenzia dei beni confiscati alla mafia, ma solo queste due comunicazioni da parte dell'amministratore giudiziale.
La prima comunicazione in data 12/02/2021 tramite pec al mio indirizzo e la seconda tramite mail al mio indirizzo in data 09/06/2021 alla quale ancora non ho dato risposta ma la darò entro domani chiedendo i 90 giorni di tempo da ora.
Richiedo alla vostra redazione giuridica se l'amministratore ha il potere, anche tramite l'Agenzia dei beni confiscati con emissione di ordinanza di sgombero o altro procedimento giudiziale urgente, di eseguire il mio sfratto da casa e mandarmi in strada prima dei 90 giorni richiesti, tenuto conto che al tribunale di ……. avrebbe buon gioco in quanto il bene si trova a Messina e quindi tribunale competente e al contempo tribunale che sorveglia il bene confiscato anche se ormai passato alla Agenzia per confisca definitiva e quindi nel patrimonio indisponibile dello Stato.
Desidero risposta urgente come potete vedere per importanza dell'argomento e se per mia moglie possono prevedersi azioni penali.

Consulenza legale i 17/06/2021
La risposta che va data al quesito posto è, purtroppo, positiva, ossia l’amministratore ha il potere di eseguire il rilascio forzato dell’immobile acquisito al patrimonio indisponibile dello Stato, facendosi anche coadiuvare, se occorre, dalla forza pubblica.

Nei procedimenti (di prevenzione o penali) ai quali si applicano le disposizioni del Codice antimafia, l'Agenzia, dopo il decreto di confisca di primo grado (o dopo l'udienza preliminare), subentra nell'amministrazione dei beni e, sotto la propria responsabilità, può farsi coadiuvare da tecnici o da altri soggetti qualificati, retribuiti secondo le modalità previste per l'amministratore giudiziario (art. 38, comma 3 del Codice antimafia).

Tale disposizione, pertanto, chiarisce che l'amministrazione transita in capo all'ANBSC, con la conseguenza che l’amministratore giudiziario cessa di svolgere le proprie funzioni, salvo che al medesimo professionista non sia conferito l'incarico di coadiutore.
Infatti, nell'ambito delle attribuzioni che il legislatore affida all'ANBSC, si rinviene anche il potere di nomina (ex art. 38, comma 3) e di revoca dei coadiutori (ex art. 35, comma 7).

Per quanto concerne le concrete modalità attraverso le quali l'Agenzia entra in contatto con l’amministratore giudiziario e come la stessa ANBSC si determina in ordine all'eventuale conferma dell'incarico in capo al professionista nominato dall'autorità giudiziaria, va osservato che il Codice antimafia da un lato prevede che “in caso di mancato conferimento dell'incarico all'amministratore giudiziario già nominato, il tribunale provvede agli adempimenti di cui all'articolo 42 e all'approvazione del rendiconto della gestione” (art. 38, comma 4), dall'altro, contraddittoriamente, specifica che “all'esito della procedura e comunque dopo la confisca di primo grado, l'amministratore giudiziario presenta al giudice delegato il conto della gestione” (art. 43, comma 1).

Ad ogni modo, appare preferibile la soluzione che, all'esito del provvedimento di confisca di primo grado (ovvero dopo l’udienza preliminare), vede generalmente l'amministratore giudiziario presentare il rendiconto e la richiesta di liquidazione, consentendo tale atto di separare le responsabilità delle diverse gestioni e dovendosi individuare proprio in tale momento il primo punto di contatto tra l'amministratore e l'Agenzia.
All’Agenzia compete a questo punto la scelta di determinare i poteri/doveri del coadiutore, potendo parametrare il ruolo e l'apporto del professionista nell'atto di nomina e nel disciplinare d’incarico.

Del particolare caso, come quello in esame, dei beni immobili occupati si occupa l’art. 47, comma 2, ultimo capoverso, del codice antimafia, ai sensi del quale “anche prima dell’adozione del provvedimento di destinazione, per la tutela dei beni confiscati si applica il secondo comma dell’articolo 823 del codice civile”.

L’Agenzia, pertanto, ha il potere e il dovere di disporre tutte le misure necessarie per l’acquisizione materiale dei beni confiscati, ivi comprese quelle relative alla liberazione dalle persone che li occupano, in vista della successiva destinazione alle finalità pubbliche previste della normativa antimafia (Cfr. Tar Campania – ord. 972/07 Reg. Ord.; 1317/07 Reg. Gen. del 28 marzo 2007; Tar Sicilia - Catania, sent. n. 1535 del 20 settembre 2007).
Il provvedimento di sgombero in via amministrativa costituisce un atto dovuto in esecuzione del provvedimento giudiziario di confisca divenuto definitivo e della conseguente devoluzione del bene al patrimonio indisponibile dello Stato.


Peraltro, è ormai costante l’orientamento giurisprudenziale secondo cui, prima della notifica dell'ordinanza di sgombero, non è neppure richiesto l'avvio del procedimento ai sensi e per gli effetti dell'art. 7 della Legge n. 241/1990, considerato che “il provvedimento ha natura strettamente vincolata, con la conseguenza che, ai fini della sua adozione, non si richiedono apporti partecipativi del soggetto destinatario” (Cfr. Tar Campania, sez. VII, 9127/2006, 1785/2007 e n. 1513/2008).

Si aggiunga, ancora, che a tale fattispecie si applica l'art. 21 octies della Legge n. 241/1990, in forza del quale “non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato. Il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento qualora l’amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”.
Pertanto l'eventuale intervento del soggetto interessato nel procedimento amministrativo non incide sulla decisione adottata dall'amministrazione e sul contenuto dell'atto finale, che senz'altro non può essere diverso da quello in concreto adottato (cfr. Cass. civ. SS.UU. Sent. n. 14878 del 25 giugno 2009; Cons. Stato, sez. VI, sent. n. 1167 del 2 marzo 2009; Cons. Stato, sez. III, ord. n. 920/2009 del 16 giugno 2009; Cons. Stato, sez. VI, sent. n. 3807 del 15 giugno 2009; Cons. Stato, sez. IV, sent. n. 3224 del 21 maggio 2010; Cons. Stato, sez. VI, sent. n. 7197 del 29 settembre 2010; Cons. Stato, sez. IV, sent. n. 887 del 16 febbraio 2010).

Alla luce di tutto quanto sopra dedotto, dunque, deve confermarsi la legittimazione dell’amministratore giudiziario a portare avanti la procedura di rilascio forzoso dell’immobile, agendo nella veste di coadiutore dell’ ANBSC, nonché l’obbligo di rilasciare alla data intimata l’immobile al fine di non rischiare di incorrere nel reato di inosservanza dei provvedimenti dell’autorità di cui all’ art. 650 del c.p..
Ciò, ovviamente, non esclude che possa essere formalmente richiesto allo stesso amministratore giudiziario un breve differimento del rilascio, giustificato dalla necessità di reperire altro alloggio idoneo ove trasferire la propria residenza.