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Articolo 54 Testo unico sul pubblico impiego (TUPI)

(D.lgs. 30 marzo 2001, n. 165)

[Aggiornato al 17/09/2024]

Codice di comportamento

Dispositivo dell'art. 54 TUPI

1. Il Governo definisce un codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni al fine di assicurare la qualità dei servizi, la prevenzione dei fenomeni di corruzione, il rispetto dei doveri costituzionali di diligenza, lealtà, imparzialità e servizio esclusivo alla cura dell'interesse pubblico. Il codice contiene una specifica sezione dedicata ai doveri dei dirigenti, articolati in relazione alle funzioni attribuite, e comunque prevede per tutti i dipendenti pubblici il divieto di chiedere o di accettare, a qualsiasi titolo, compensi, regali o altre utilità, in connessione con l'espletamento delle proprie funzioni o dei compiti affidati, fatti salvi i regali d'uso, purché di modico valore e nei limiti delle normali relazioni di cortesia.

1-bis. Il codice contiene, altresì, una sezione dedicata al corretto utilizzo delle tecnologie informatiche e dei mezzi di informazione e social media da parte dei dipendenti pubblici, anche al fine di tutelare l'immagine della pubblica amministrazione(1).

2. Il codice, approvato con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, previa intesa in sede di Conferenza unificata, è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale e consegnato al dipendente, che lo sottoscrive all'atto dell'assunzione.

3. La violazione dei doveri contenuti nel codice di comportamento, compresi quelli relativi all'attuazione del Piano di prevenzione della corruzione, è fonte di responsabilità disciplinare. La violazione dei doveri è altresì rilevante ai fini della responsabilità civile, amministrativa e contabile ogniqualvolta le stesse responsabilità siano collegate alla violazione di doveri, obblighi, leggi o regolamenti. Violazioni gravi o reiterate del codice comportano l'applicazione della sanzione di cui all'articolo 55 quater, comma 1.

4. Per ciascuna magistratura e per l'Avvocatura dello Stato, gli organi delle associazioni di categoria adottano un codice etico a cui devono aderire gli appartenenti alla magistratura interessata. In caso di inerzia, il codice è adottato dall'organo di autogoverno.

5. Ciascuna pubblica amministrazione definisce, con procedura aperta alla partecipazione e previo parere obbligatorio del proprio organismo indipendente di valutazione, un proprio codice di comportamento che integra e specifica il codice di comportamento di cui al comma 1. Al codice di comportamento di cui al presente comma si applicano le disposizioni del comma 3. A tali fini, la Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche (CIVIT) definisce criteri, linee guida e modelli uniformi per singoli settori o tipologie di amministrazione.

6. Sull'applicazione dei codici di cui al presente articolo vigilano i dirigenti responsabili di ciascuna struttura, le strutture di controllo interno e gli uffici di disciplina.

7. Le pubbliche amministrazioni verificano annualmente lo stato di applicazione dei codici e organizzano attività di formazione del personale per la conoscenza e la corretta applicazione degli stessi. Le pubbliche amministrazioni prevedono lo svolgimento di un ciclo formativo obbligatorio, sia a seguito di assunzione, sia in ogni caso di passaggio a ruoli o a funzioni superiori, nonché di trasferimento del personale, le cui durata e intensità sono proporzionate al grado di responsabilità, nei limiti delle risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente, sui temi dell'etica pubblica e sul comportamento etico(2).

Note

(1) Comma inserito dal D.L. 30 aprile 2022, n. 36, convertito con modificazioni dalla L. 29 giugno 2022, n. 79.
(2) Comma modificato dal D.L. 30 aprile 2022, n. 36, convertito con modificazioni dalla L. 29 giugno 2022, n. 79.

Massime relative all'art. 54 TUPI

Cass. civ. n. 1752/2017

È legittimo il licenziamento disciplinare disposto da un Comune nei confronti di un dipendente (nella specie con la qualifica di tecnico comunale responsabile dei lavori pubblici) per avere inviato una memoria difensiva, presentata a giustificazione di quanto oggetto di una precedente contestazione disciplinare, alla Procura della Repubblica, alla Prefettura e alla competente Soprintendenza ai beni architettonici, circa pretese illegittimità commesse dall'Amministrazione comunale, ritenendo tale comportamento contrario all'obbligo di fedeltà sancito dall'art. 2105 c.c. - da coordinarsi con i principi generali di correttezza e buona fede di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c. -, stante il contenuto della memoria, diretta a gettare discredito sull'Amministrazione stessa.

Cass. civ. n. 25099/2006

In tema di affissione del codice disciplinare nel pubblico impiego privatizzato, la previsione delle sanzioni e delle relative conseguenze in norme aventi forza di legge - in particolare, per l'amministrazione scolastica, il capo IV, sezione V, del D.Lgs. n.297 del 1994 recante le sanzioni disciplinari, le diverse fattispecie di illecito, pur con clausole generali, e il relativo procedimento - garantisce, attraverso la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, la conoscenza da parte della generalità, rendendo inutile la previsione nel codice disciplinare e la relativa affissione. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito che aveva fatto corretta applicazione del principio esposto in massima in controversia in cui un insegnante, lamentando la mancata affissione del codice disciplinare, aveva dedotto la nullità del richiamo scritto irrogato dall'amministrazione scolastica per aver abbandonato la sorveglianza di una classe senza tempestiva espressione dell'adesione alla partecipazione ad un'assemblea sindacale. La S.C. ha, peraltro, rilevato che il ricorrente non aveva invocato alcuna utile disposizione collettiva capace di derogare alle disposizioni di legge, e che anzi la disposizione collettiva da questi richiamata, l'art. 56 C.C.N.L. 5 agosto 1995, rinviava espressamente al citato decreto legislativo).

Cass. civ. n. 17763/2004

L'inosservanza dell'obbligo di pubblicità del codice di comportamento comporta la nullità della sanzione inflitta, salvo che non si tratti di un comportamento immediatamente percepibile da parte del lavoratore come illecito poiché contrario al c.d. minimo etico o a norme di rilevanza penale.

Cass. civ. n. 1208/1988

Il sistema di conoscenza, tramite affissione, del codice di comportamento è tassativo e non può esser sostituito con altri in virtù dell'art. 13, comma 8, C.C.N.L. Ministeri che recepisce l'indirizzo della Suprema Corte, seguito per l'impiego privato.

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Michele C. chiede
sabato 08/08/2020 - Puglia
“Salve,
sono un dipendente dell'ASL di Bari a tempo indeterminato. Vorrei chiedervi, premettendo che la mia sede lavorativa è una sede molto ambita da colleghi che lavorano in regione e fuori regione, se fosse legale effettuare una mobilità compensativa su base volontaria chiedendo come compenso per il cambio una cifra in denaro come "regalo". E nel caso in cui fosse legale, quale sarebbe la forma più sicura per ricevere i soldi onde evitare future richieste di restituzione a mobilità avvenuta.
Grazie
Cordiali Saluti”
Consulenza legale i 13/08/2020
È certamente possibile effettuare una mobilità compensativa su base volontaria. Tuttavia, non sembra possibile ottenere un compenso in denaro per l’operazione in questione.

Innanzitutto, il compenso potrebbe configurare una sorta di vendita di posto pubblico, con tutte le conseguenze del caso, anche a livello penale. Si potrebbe configurare, infatti, un’ipotesi di corruzione.

In secondo luogo, ai sensi dell’art. 4 del Codice di comportamento dei dipendenti pubblici (D. P. R. 62/2013), il dipendente non chiede, né sollecita, per sé o per altri, regali o altre utilità.
Secondo la normativa richiamata, peraltro emanata proprio al fine di evitare fenomeni di corruzione, sono ammessi solo i regali di modico valore inferiore ai 150 euro.

La violazione di tale norma comporterebbe responsabilità disciplinare, come previsto dall’art. 54 D. Lgs. 165/2001, con probabile licenziamento, oltre al dovere di versare all’amministrazione quanto ricevuto.