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Articolo 39 Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (TULPS)

(R.D. 18 giugno 1931, n. 773)

[Aggiornato al 01/11/2024]

Dispositivo dell'art. 39 TULPS

(1)Il prefetto ha facoltà di vietare la detenzione delle armi, munizioni e materie esplodenti, denunciate ai termini dell'articolo precedente, alle persone ritenute capaci di abusarne.

Nei casi d'urgenza gli ufficiali e gli agenti di pubblica sicurezza provvedono all'immediato ritiro cautelare dei materiali di cui al primo comma, dandone immediata comunicazione al prefetto. Quando sussistono le condizioni di cui al primo comma, con il provvedimento di divieto il prefetto assegna all'interessato un termine di 150 giorni per l'eventuale cessione a terzi dei materiali di cui al medesimo comma. Nello stesso termine l'interessato comunica al prefetto l'avvenuta cessione. Il provvedimento di divieto dispone, in caso di mancata cessione, la confisca dei materiali ai sensi dell'articolo 6, quinto comma, della legge 22 maggio 1975, n. 152(2).

Note

(1) Vedi, anche, l'art. 16, D.Lgs. 4 aprile 2010, n. 58.
(2) Comma aggiunto dall'art. 1, comma 1, lett. c), D.Lgs. 29 settembre 2013, n. 121.

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Consulenze legali
relative all'articolo 39 TULPS

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

G. E. chiede
sabato 28/05/2022 - Emilia-Romagna
“Salve, vorrei sapere come devo fare per avere le Armi ritirate in via cautelare dai CC di XXX.Premetto che le stesse mi sono state ritirate in data 25/01/2022 lo scrivente è un militare in SPE .Mi sono recato in data 17/05/22 per cederle a mio padre ma non ho avuuto chiarimenti in merito a detta del Mar.Mag.devono trascorrere 180 giorni,invece il Sottotenente ha dicharato che devo scrivere al Prefetto (a che titolo chi sono io?) ora c'è un abuso e non credo ci siano dubbi , vorrei sapere come procedere ,devo fare una denuncia alla procura della Repubblica, ho letto ampiamente quanto scrive il giudice E. M. in merito ,non vorrei farle distruggere è un peccato.Aspetto una vostra risposta se volete posso inviare una copia del verbale del ritiro.Saluti”
Consulenza legale i 27/06/2022
In primo luogo, è opportuno chiarire che l’art. 39 T.U.L.P.S. prevede due diversi procedimenti:
  1. l’emissione del divieto di detenzione armi da parte del Prefetto, con il quale contestualmente si assegna al destinatario del divieto il termine di 150 giorni per la cessione delle armi;
  2. il ritiro delle armi da parte degli agenti di pubblica sicurezza, che procedono autonomamente nei casi di particolare urgenza, dandone poi comunicazione al prefetto.
Entrambi tali atti si fondano esclusivamente su una valutazione discrezionale circa l’affidabilità del soggetto che detiene le armi, che può venire meno anche qualora non vi siano condanne per reati (definitive e non) o denunce, ma sia comunque nota una situazione di conflittualità.
Si rimane, in ogni caso, sempre nell’ambito dei provvedimenti amministrativi impugnabili davanti al TAR nel termine decadenziale di sessanta giorni.
In secondo luogo, si chiarisce che il provvedimento del giorno 25.01.2022 è solo quello indicato al punto 2), mentre ancora non sono note le determinazioni del Prefetto in merito alla necessità di disporre il divieto di cui al punto 1).
Ne consegue, innanzitutto, che purtroppo sono già scaduti i termini per ricorrere dinanzi al TAR, ma che ancora non hanno iniziato a decorrere i 150 giorni per la cessione delle armi.
Infatti, tale ultimo termine viene assegnato con il divieto emesso dal Prefetto, che fino ad oggi però non è ancora intervenuto.
Le armi, quindi, per ora vengono custodite dai Carabinieri che hanno eseguito il ritiro cautelare, in attesa delle decisioni del Prefetto.

Visto quanto sopra, nel caso di specie è opportuno, almeno per ora, tralasciare eventuali denunce (di esito ignoto e comunque imprevedibile) e rivolgersi per iscritto ai CC e per conoscenza al Prefetto, segnalando che il ritiro urgente disposto lo scorso gennaio non ha avuto alcun seguito, chiedendo che vengano assunte determinazioni definitive in merito e possibilmente citando elementi a favore della propria affidabilità.
Se il Prefetto deciderà comunque di emettere il divieto di detenzione delle armi, tale atto potrà essere oggetto di impugnativa di fronte al TAR entro il termine perentorio di sessanta giorni, ferma restando la facoltà di cedere le armi a terzi entro 150 giorni per evitarne la confisca.
Va, comunque, chiarito che se si tratta di ricorsi abbastanza delicati e di esito incerto, dato che coinvolgono valutazioni discrezionali sulle quali il Giudice tende a non interferire a meno che siano manifestamente irragionevoli e arbitrarie.



G. C. chiede
giovedì 14/04/2022 - Sardegna
“Buonasera, vorrei aiuto per scrivere una lettera al signor illustrissimo Prefetto.
Il giorno 31/05/2019 mi è stato contestato l'ipotesi di esercizio di caccia in periodo di divieto, dopo che mi hanno fermato in un posto di controllo da parte del Corpo Forestale mi è stata trovata l'arma scarica legalmente detenuta nel cofano,ho pagato l'oblazione per poi estinguere e archiviare il provvedimento, dopo di che mi è stato emesso dal Prefetto il divieto detenzione armi, non ho mai riportato denuncie o querele per minacce né tanto meno carichi pendenti o condanne di alcun genere.
Allego Verbale;Archiviazione;Provedimento divieto detenzione armi;Pagamento oblazione”
Consulenza legale i 22/04/2022
Per rispondere in modo utile al quesito, è opportuno premettere che il divieto di detenzione delle armi viene emesso a seguito di un procedimento amministrativo che non dipende strettamente dall'accertamento della responsabilità penale nella commissione di un reato.
Infatti, si tratta di un provvedimento che ha quale presupposto soltanto il giudizio prognostico sull’affidabilità della persona, che il Prefetto può valutare con ampia discrezionalità anche in assenza di condanne penali o dell’adozione di misure di pubblica sicurezza (Consiglio di Stato, sez. III, 12 novembre 2021, n. 7551).
Questo significa che il divieto ex art. 39 T.U.L.P.S. può essere legittimamente emesso anche quando, come nel nostro caso, il processo penale abbia avuto un esito positivo per l’imputato.

Come tutti gli atti amministrativi, anche questo può essere impugnato dal destinatario davanti al TAR entro 60 giorni o con ricorso al Presidente della Repubblica entro 120 giorni, da calcolare a partire dal momento in cui si è ricevuta la notificazione dell'atto.
Una volta scaduti questi termini perentori, il divieto diventa definitivo e un eventuale ricorso sarebbe di certo giudicato inammissibile e, quindi, respinto perché tardivo.
Dai documenti allegati al quesito sembra che questo termine sia già trascorso, ma bisogna, comunque, ricordare che in casi come questi le possibilità di vittoria non sono alte, vista l’ampiezza della discrezionalità del Prefetto nel valutare l’affidabilità o meno della persona sulla quale il TAR non può sindacare in modo approfondito.
La lettera che si intende inviare alla Prefettura, dunque, non sarebbe purtroppo di per sé sufficiente ad eliminare il divieto.

L’unica soluzione è quella di proporre una richiesta di revoca del provvedimento, sulla quale il Prefetto è tenuto ad esprimersi e che può essere avanzata dopo il decorso di un termine ragionevole ed in presenza di nuovi elementi positivi idonei a fondare una revisione del giudizio di inaffidabilità del destinatario del divieto (TAR Palermo, sez. II, 20 febbraio 2019, n. 508).
La prassi adottata dalle Prefetture individua in cinque anni il detto termine ragionevole (circolare 25.11.2020 prot. n. 557/PAS/U/013490/10171(1) del Ministero dell’Interno), con la conseguenza che, per aumentare le possibilità di successo, è opportuno attendere tale lasso di tempo e poi attivarsi con l’istanza di revoca.

Giorgio M. M. chiede
domenica 28/11/2021 - Piemonte
“Di seguito ad una perquisizione da parte dei carabinieri, sono state sequestrate armi e munizioni in possesso di mia moglie, dotata di regolare porto d'armi per tiro sportivo. Mia moglie ed io abbiamo rilevato una forte incongruenza nel numero delle cartucce sequestrate. Ora mia moglie viene accusata di detenzione abusiva di armi e munizioni ma, come si vedrà dal quadro sinottico e dai documenti allegati, esiste un palese errore di conteggio e valutazione da parte dei Carabinieri. Desideriamo quindi sapere se veramente può sussistere tale tipo di accusa.
Grazie”
Consulenza legale i 07/12/2021
Il ritiro cautelare è disciplinato dall’art. 39 t.u.l.p.s., modificato dal d.lgs. 121/2013, che consente all’Autorità di Pubblica Sicurezza, in caso di necessità ed urgenza, di procedere all’immediato ritiro cautelare di armi, munizioni e materie esplodenti regolarmente detenute e denunciate.
Il presupposto è quello per cui le persone propietarie/detentitrici siano ritenute in grado di abusarne.

Ciò si sostanzia in un provvedimento che deve essere comunicato al Prefetto senza ritardo, il quale, verificata la capacità di abusare delle armi da parte degli interessati, può assegnare all’interessato un termine di 150 giorni per l’eventuale cessione delle stesse a terzi.
Nello stesso termine la persona interessata dal provvedimento deve comunicare l’avvenuta cessione e, qualora non vi sia stata ottemperanza al provvedimento, la stessa Autorità di Pubblica Sicurezza può disporre la confisca ai sensi della l. 152/1975 - art. 6, co. V.

Questo istituto permette agli agenti di Pubblica Sicurezza di procedere al prelevamento di armi, munizioni o materie esplodenti anche senza che tale prelievo forzoso sia supportato da un fatto costituente reato.
Riguarda tuttavia soggetti che non siano più in possesso dei requisiti richiesti per la detenzione di questi particolari materiali e via sia l’esigenza impellente di assumere idonee iniziative atte ad evitare possibili futuri tragici eventi.

La giurisprudenza ha chiarito come la misura in questione si ricollega ampiamente ad un giudizio discrezionale relativo alla capacità personale di abuso da parte dei soggetti detentori.
Trova il proprio fondamento in un giudizio prognostico ex ante basato sulla non certezza della completa affidabilità del soggetto interessato (sul punto v. TAR Campania, Napoli sez. III, 21 febbraio 2002, n. 1066).

Nel caso in esame emerge dalla documentazione come i titoli autorizzativi all’utilizzo delle armi (libretto personale per porto fucile uso sportivo) e il certificato medico di idoneità non siano più validi.
Il ritiro cautelare delle armi e delle munizioni, come si evince dal prodromico verbale di perquisizione, è peraltro connesso alla sussistenza del reato previsto dall’art. 697 c.p. (contravvenzione) in quanto le armi e munizioni trovate risultano in misura eccedente rispetto a quanto regolarmente denunciato presso il Comando dei Carabinieri.

Sulla base di quanto sopra, in conclusione, si consiglia:
per il procedimento amministrativo
attraverso l’assistenza di un avvocato di fiducia
a) in via preliminare rinnovare i permessi e il certificato medico di idoneità all’uso delle predette armi;
b) ordinata la documentazione di cui sopra presentare istanza di dissequestro alla Prefetto competente territorialmente al fine di ottenere il rilascio delle medesime, inviandola contestualmente per conoscenza anche alla Stazione dei Carabinieri interessata.
c) in alternativa al punto b) e premesso il punto a), si potrebbe attendere l’avvio del procedimento amministrativo da parte della Prefettura, all’interno del quale è possibile presentare una memoria al fine di sostenere le proprie ragioni in chiave difensiva.
per il procedimento penale
Si consiglia in ogni caso l’assistenza di un avvocato di fiducia al fine di predisporre la linea difensiva più adatta al caso di specie.

Danilo F. chiede
martedì 14/01/2020 - Sardegna
“Dopo alcune querele sporte nei miei confronti per altro tutte archiviate, la questura ha revocato la licenza di porto di fucile, mentre la prefettura ha attivato la procedura per l'emissione del DDAM. Come da prassi ho inviato le mie memorie difensive ai sensi della L.241/90 e l'organo di PS non ha mai adottato il provvedimento in questione. Ora vorrei riavere la licenza revocata 6 anni fa, ma la questura senza un pronunciamento della prefettura sulla definitiva chiusura del procedimento non si attiva, così mi è stato detto. Quali azioni in concreto posso porre in essere per ottenere tale dichiarazione, ed il rilascio dell'anzidetta licenza? Ringrazio e saluto cordialmente.”
Consulenza legale i 22/01/2020
Il procedimento relativo all’emissione del divieto di detenzione di armi disciplinato dall’art. 39 T.U.L.P.S. è un vero e proprio procedimento amministrativo, che come tale deve essere condotto dalla Prefettura nel rigoroso rispetto delle garanzie stabilite a tutela del cittadino dalla L. n.241/1990.

L’obbligo per la Pubblica Amministrazione di concludere l’iter procedimentale è fissato dall’art. 2, comma 1, L. n.241/90, secondo il quale “Ove il procedimento consegua obbligatoriamente ad un'istanza, ovvero debba essere iniziato d'ufficio, le pubbliche amministrazioni hanno il dovere di concluderlo mediante l'adozione di un provvedimento espresso. Se ravvisano la manifesta irricevibilita', inammissibilita', improcedibilita' o infondatezza della domanda, le pubbliche amministrazioni concludono il procedimento con un provvedimento espresso redatto in forma semplificata, la cui motivazione puo' consistere in un sintetico riferimento al punto di fatto o di diritto ritenuto risolutivo
Nel caso di specie la stessa Prefettura ha individuato il termine finale in venti giorni dalla ricezione della comunicazione di avvio, specificando che, ove il destinatario formuli istanza di accesso agli atti, tale termine decorrerà una volta conclusasi la fase partecipatoria (v. comunicazioni del marzo 2015 e del maggio 2017).

Il rimedio principale di fronte all’inerzia della P.A. è il ricorso avverso il silenzio disciplinato dagli artt. 31 e 117, D. Lgs. n.104/2010, che può essere proposto per tutelare pretese che: a) rientrino nell'ambito della giurisdizione amministrativa, nel senso che le controversie sull'assetto di interessi regolato dal mancato diniego espresso rientrino in una materia devoluta alla giurisdizione del plesso amministrativo; b) siano giustiziabili, nel senso che sia ravvisabile un dovere della Pubblica amministrazione di provvedere; c) riguardino interessi legittimi e non posizioni di diritto soggettivo (Consiglio di Stato, sez. V, 23 agosto 2019, n.5831; T.A.R. Bologna, sez. I, 23 aprile 2019, n.362).
Il potere- dovere del cosiddetto clare loqui non sorge, invece, con riferimento a istanze volte a sollecitare interventi in autotutela o mera attività materiale da parte della P.A., ovvero in relazione ad istanze volte a soddisfare interessi pretensivi ma manifestamente infondate, ovvero laddove l'istanza costituisca defatigatoria riproposizione di precedente richiesta respinta; più in particolare, l'obbligo in parola non sussiste nel caso di istanza di riesame dell'atto inoppugnabile per spirare del termine di decadenza, di istanza manifestamente infondata e di istanza di estensione ultra partes del giudicato (Consiglio di Stato, sez. IV, 07 giugno 2017, n.2751).
La fattispecie in esame sembra proprio rientrare tra le situazioni tutelabili con il rimedio del ricorso avverso il silenzio, posto che si tratta di un procedimento avviato d’ufficio, su una materia di certo appartenente alla giurisdizione amministrativa, nella quale il privato vanta un interesse legittimo e non un diritto soggettivo (v. T.A.R. Napoli, sez. V, 03 marzo 2017, n.1254, che riguardava un silenzio sull’istanza di rinnovo del porto d’armi).

Sennonché, si nota che l’art. 31, comma 2, D. Lgs. n. 104/2010, stabilisce un termine per l’esercizio dell’azione, che “può essere proposta fintanto che perdura l'inadempimento e, comunque, non oltre un anno dalla scadenza del termine di conclusione del procedimento. È fatta salva la riproponibilità dell'istanza di avvio del procedimento ove ne ricorrano i presupposti”.
Si tratta di un termine decadenziale che comporta l’inammissibilità dei ricorsi proposti tardivamente (T.A.R. Pescara, sez. I, 11 aprile 2017, n.142; T.A.R. Cagliari, sez. II, 04 settembre 2015, n.1011).
Nel caso di specie, l’azione sembra purtroppo preclusa, anche considerando quale data iniziale la comunicazione del marzo 2017, nè pare possibile riaprire il termine riproponendo una nuova istanza di avvio, posto che –come detto- si tratta di un procedimento ad iniziativa d’ufficio, nell’ambito del quale la parte non ha poteri di impulso.
Le memorie difensive depositate dall’interessato, dunque, potrebbero essere considerate quali prolungamenti della fase partecipatoria soltanto se fossero state sollecitate dalla P.A. (attraverso richieste di integrazioni, chiarimenti e simili).
In tale ipotesi, il termine di conclusione dell’iter procedimentale –dal quale decorre la scadenza di un anno prevista dall’art. 31 sopra riportato- verrebbe spostato in avanti, rimettendo in gioco la possibilità di ricorrere ai sensi dell’art. 117, D. Lgs. n.104/2010.

Questo non significa, però, che sia esclusa qualsiasi possibilità di attivarsi, posto che rimane ancora a disposizione lo strumento previsto dall’art. 2, commi 9 bis 9 ter, L. n. 241/1990, che consente al cittadino di sollecitare il “potere sostitutivo in caso di inerzia”, che non pare soggetto ad alcun termine di decadenza.
Tale potere è stato attribuito dal Ministro dell’Interno all’Ispettorato generale di amministrazione (Iga), al quale sarà necessario presentare a mezzo PEC il modulo reperibile sul sito web del Ministero nella sezione Servizi›Accesso ai dati e altri diritti e tutele›Tutela dei diritti - Potere sostitutivo.
Nell’istanza dovrà essere svolta una completa ricostruzione dei fatti, allegando possibilmente le comunicazioni ricevute dalla Prefettura e le memorie difensive già depositate ed evidenziando il persistente ritardo ormai accumulato e le ragioni sottese ad una celere e positiva conclusione del procedimento.


Oronzo L. chiede
mercoledì 27/11/2019 - Puglia
“Ricevo dal Prefetto di omissis comunicazione di "avvio procedimento ai sensi degli arti. 7 e seguenti della legge 241/90 del procedimento inerente applicazione divieto detenzione armi".
Posseggo un fucile da caccia ed ho chiesto alla Questura autorizzazione al trasloco in altro appartamento. Autorizzazione concessa. Ora vorrei sapere se posso cedere a terzi il fucile e se cosi blocco il procedimento del prefetto. grazie”
Consulenza legale i 03/12/2019
L’art. 39 T.U.L.P.S consente al Prefetto di vietare la detenzione delle armi, munizioni e materie esplodenti alle persone ritenute capaci di abusarne.
Si tratta di un potere ampiamente discrezionale di natura cautelare, che trova il proprio fondamento nella necessità di prevenire abusi nell'uso delle armi a tutela della privata e pubblica incolumità, sicché ai fini di tale divieto di non è necessario un obiettivo ed accertato abuso delle armi o la commissione di reati, bensì è sufficiente la sussistenza di circostanze concrete che dimostrino come il soggetto non sia del tutto affidabile per il loro uso (Consiglio di Stato sez. III, 25 gennaio 2019, n.664; TAR Potenza, sez. I, 28 giugno 2019, n.514).
Tuttavia, tale valutazione probabilistica non può tradursi in un giudizio astratto e slegato dalla realtà attuale, ma deve considerare le circostanze di fatto reali e concrete, da accertare per mezzo di un'istruttoria corretta e adeguata, necessaria ad assicurare che la discrezionalità non sfoci nell’arbitrio (TAR Milano, sez. III, 07 marzo 2019, n.468).

Il procedimento per l’emissione del divieto di detenzione di armi deve essere svolto nel rispetto delle garanzie fissate dalla Legge sul procedimento amministrativo, ed è per questo motivo che al destinatario viene preventivamente inviata la comunicazione prevista dall’art.7 della detta Legge.
Così, in forza dell’art. 10, Legge n.241/90, l’interessato ha il diritto di prendere visione degli atti del procedimento e di presentare memorie scritte e documenti, che il Prefetto ha l’obbligo di valutare ove siano pertinenti all’oggetto del procedimento.
Le ragioni del divieto adottato ex art. 39 T.U.L.P.S., inoltre, devono essere compiutamente esposte nella motivazione del provvedimento, che in mancanza è da ritenere illegittimo e, dunque, annullabile dal competente TAR, davanti al quale potrà essere impugnato entro il termine di 60 giorni dalla notificazione.

In ogni caso, il comma 2 dell’art. 39 T.U.L.P.S. prevede anche che, qualora non ricorrano motivi di urgenza che impongano il ritiro immediato delle armi, il Prefetto assegni all’interessato un termine di 150 giorni per l'eventuale cessione a terzi dei materiali, cessione che va comunicata al Prefetto entro lo stesso termine.
In caso di mancata cessione, alla scadenza dei 150 giorni le armi verranno, invece, confiscate ai sensi dell'articolo 6, comma 5, L. n. 152/1975.

Pertanto, la cessione dell’arma parrebbe poter in astratto essere attuata anche prima dell’adozione del provvedimento di divieto, ma andrebbe per cautela comunque comunicata al Prefetto (in quanto elemento rilevante ai fini dell’istruttoria) ed avrebbe soltanto l’effetto di anticipare il contenuto del provvedimento finale emesso ai sensi dell’art. 39 T.U.L.P.S..
Infatti, anche se si attendesse di ricevere la notificazione del divieto di cui si tratta, il destinatario intenzionato ad evitare la confisca dovrebbe, comunque, cedere a terzi l'arma entro il detto termine di 150 giorni.

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