AUTORE:
Monica Apicella
ANNO ACCADEMICO: 2019
TIPOLOGIA: Tesi di Laurea Magistrale
ATENEO: Universitą degli Studi di Salerno
FACOLTÀ: Giurisprudenza
ABSTRACT
L’affermazione del turismo quale fenomeno di massa ha richiesto la necessità di una disciplina specifica in grado di tutelare gli opposti interessi in gioco. La Comunità europea ha emanato normative in materia al fine di apprestare tutela al turista e di uniformare la disciplina giuridica. L'indagine è finalizzata ad una ricostruzione delle problematiche che afferiscono al contratto di viaggio. Essa è suddivisa in tre capitoli.
Il primo capitolo concerne una ricostruzione della normativa che nel corso degli anni è stata emanata in materia, con particolare riguardo ai problemi definitori, ai profili critici ed alle lacune che ancora oggi riguardano la disciplina vigente.
Il secondo capitolo dell'indagine cerca di chiarire la questione della natura giuridica del contratto di viaggio. Va segnalato, in proposito, che il contratto di viaggio non è espressamente previsto dal codice civile del 1942, probabilmente a causa del fatto che, nel contesto storico-sociale in cui nacque il codice, l’attività del viaggiare era riservata soltanto ad una parte, quella più "elevata", della popolazione. Tuttavia, ciò non significa che il contratto di viaggio fosse da considerarsi illecito, anzi: la clausola generale ed aperta contenuta nell’art. 1322 c.c., infatti, secondo la quale le parti possono concludere qualunque tipologia di contratto, purché sorretto da un interesse meritevole di tutela secondo l’ordinamento giuridico, lasciava spazio alla possibilità di concludere contratti atipici. Proprio in quegli anni, inoltre, il contratto di viaggio cominciava ad emergere, nella sua atipicità, nell’attività della giurisprudenza, la quale tentava di fornire una prima definizione dello stesso. Sulla natura giuridica del contratto di viaggio la giurisprudenza ha assunto un atteggiamento ondivago, aderendo sostanzialmente a due diversi orientamenti: secondo una prima ricostruzione, il contratto di viaggio andrebbe ricondotto alla locatio operis, ed in particolare all’appalto di servizi; secondo un diverso filone giurisprudenziale, invece, esso andrebbe inquadrato nella fattispecie del mandato. Inoltre il secondo capitolo dell'indagine concerne una serie di questioni connesse al contratto di viaggio. In particolare, ho prestato attenzione alle modifiche oggettive e soggettive del contratto di viaggio, al recesso del consumatore, alla cancellazione del pacchetto turistico, alla responsabilità del venditore e dell'organizzatore e alle clausole di esonero dalla responsabilità e al fatto del terzo.
Il terzo ed ultimo capitolo, infine, ha ad oggetto i profili risarcitori. In particolare, è stata analizzata anzitutto una delle problematiche più discusse, il cd. overbooking, che rappresenta una prassi molto diffusa nel mondo del turismo. Si tratta di un comportamento intenzionale del gestore, il quale accetta il rischio di un flusso di ospiti superiori al numero richiesto perché conscio che statisticamente una serie di prenotazioni non saranno rispettate. Tale fenomeno costituisce una pratica molto diffusa soprattutto nel settore dei trasporti aerei, dove trova adeguata regolamentazione, ma negli ultimi anni ha acquisito grande rilevanza anche in relazione all’ospitalità turistica dove però non vi è una disciplina ad hoc. In secondo luogo, ho analizzato la figura del danno da vacanza rovinato, dopo una dettagliata premessa avente ad oggetto la distinzione tra danno patrimoniale e danno non patrimoniale. Il danno da vacanza rovinata è stato, in origine, una creazione dottrinale e giurisprudenziale. La dottrina, infatti, ha evidenziato che per danno da vacanza rovinata si intende solo ed esclusivamente quel pregiudizio che si concretizza nel disagio e nell'afflizione subiti dal turista-viaggiatore per non aver potuto godere pienamente della vacanza come occasione di svago e/o di riposo, affermando che il danno da vacanza rovinata è un danno non patrimoniale derivante da un qualche inadempimento contrattuale da parte dell'operatore turistico. La giurisprudenza, invece, ha considerato il danno da vacanza rovinata come quella sofferenza e turbamento psicologico, quel disagio o stress che il viaggiatore subisce durante il periodo di vacanza a causa della mancata o inesatta (o cattiva) esecuzione delle prestazione promessa o fornita in esecuzione del contratto turistico o, comunque, in quegli emotional distresses collegati ai disservizi derivanti dall'inadempimento delle obbligazioni assunte con la vendita del pacchetto turistico. Il danno da vacanza rovinato è stato inizialmente collocato tra i danni esistenziali, prima che anche tale figura fosse messa in discussione dalla stessa giurisprudenza che l'aveva creata, a causa dell'abuso che ne era stato fatto. Ciò ha ovviamente inciso in tema di danno da vacanza rovinato, che è stato ridimensionato come categoria di danno, agganciandolo a parametri più certi . In conclusione di capitolo, infine, ho analizzato i danni risarcibili, le clausole limitative e la copertura assicurativa obbligatoria.
Il primo capitolo concerne una ricostruzione della normativa che nel corso degli anni è stata emanata in materia, con particolare riguardo ai problemi definitori, ai profili critici ed alle lacune che ancora oggi riguardano la disciplina vigente.
Il secondo capitolo dell'indagine cerca di chiarire la questione della natura giuridica del contratto di viaggio. Va segnalato, in proposito, che il contratto di viaggio non è espressamente previsto dal codice civile del 1942, probabilmente a causa del fatto che, nel contesto storico-sociale in cui nacque il codice, l’attività del viaggiare era riservata soltanto ad una parte, quella più "elevata", della popolazione. Tuttavia, ciò non significa che il contratto di viaggio fosse da considerarsi illecito, anzi: la clausola generale ed aperta contenuta nell’art. 1322 c.c., infatti, secondo la quale le parti possono concludere qualunque tipologia di contratto, purché sorretto da un interesse meritevole di tutela secondo l’ordinamento giuridico, lasciava spazio alla possibilità di concludere contratti atipici. Proprio in quegli anni, inoltre, il contratto di viaggio cominciava ad emergere, nella sua atipicità, nell’attività della giurisprudenza, la quale tentava di fornire una prima definizione dello stesso. Sulla natura giuridica del contratto di viaggio la giurisprudenza ha assunto un atteggiamento ondivago, aderendo sostanzialmente a due diversi orientamenti: secondo una prima ricostruzione, il contratto di viaggio andrebbe ricondotto alla locatio operis, ed in particolare all’appalto di servizi; secondo un diverso filone giurisprudenziale, invece, esso andrebbe inquadrato nella fattispecie del mandato. Inoltre il secondo capitolo dell'indagine concerne una serie di questioni connesse al contratto di viaggio. In particolare, ho prestato attenzione alle modifiche oggettive e soggettive del contratto di viaggio, al recesso del consumatore, alla cancellazione del pacchetto turistico, alla responsabilità del venditore e dell'organizzatore e alle clausole di esonero dalla responsabilità e al fatto del terzo.
Il terzo ed ultimo capitolo, infine, ha ad oggetto i profili risarcitori. In particolare, è stata analizzata anzitutto una delle problematiche più discusse, il cd. overbooking, che rappresenta una prassi molto diffusa nel mondo del turismo. Si tratta di un comportamento intenzionale del gestore, il quale accetta il rischio di un flusso di ospiti superiori al numero richiesto perché conscio che statisticamente una serie di prenotazioni non saranno rispettate. Tale fenomeno costituisce una pratica molto diffusa soprattutto nel settore dei trasporti aerei, dove trova adeguata regolamentazione, ma negli ultimi anni ha acquisito grande rilevanza anche in relazione all’ospitalità turistica dove però non vi è una disciplina ad hoc. In secondo luogo, ho analizzato la figura del danno da vacanza rovinato, dopo una dettagliata premessa avente ad oggetto la distinzione tra danno patrimoniale e danno non patrimoniale. Il danno da vacanza rovinata è stato, in origine, una creazione dottrinale e giurisprudenziale. La dottrina, infatti, ha evidenziato che per danno da vacanza rovinata si intende solo ed esclusivamente quel pregiudizio che si concretizza nel disagio e nell'afflizione subiti dal turista-viaggiatore per non aver potuto godere pienamente della vacanza come occasione di svago e/o di riposo, affermando che il danno da vacanza rovinata è un danno non patrimoniale derivante da un qualche inadempimento contrattuale da parte dell'operatore turistico. La giurisprudenza, invece, ha considerato il danno da vacanza rovinata come quella sofferenza e turbamento psicologico, quel disagio o stress che il viaggiatore subisce durante il periodo di vacanza a causa della mancata o inesatta (o cattiva) esecuzione delle prestazione promessa o fornita in esecuzione del contratto turistico o, comunque, in quegli emotional distresses collegati ai disservizi derivanti dall'inadempimento delle obbligazioni assunte con la vendita del pacchetto turistico. Il danno da vacanza rovinato è stato inizialmente collocato tra i danni esistenziali, prima che anche tale figura fosse messa in discussione dalla stessa giurisprudenza che l'aveva creata, a causa dell'abuso che ne era stato fatto. Ciò ha ovviamente inciso in tema di danno da vacanza rovinato, che è stato ridimensionato come categoria di danno, agganciandolo a parametri più certi . In conclusione di capitolo, infine, ho analizzato i danni risarcibili, le clausole limitative e la copertura assicurativa obbligatoria.