AUTORE:
Anna Sciacca
ANNO ACCADEMICO: 2020
TIPOLOGIA: Tesi di Laurea Magistrale
ATENEO: Universitą degli Studi di Trento
FACOLTÀ: Giurisprudenza
ABSTRACT
La tesi utilizza il metodo della comparazione giuridica per analizzare il tema dell’azione penale in due ordinamenti giuridici, appartenenti alla western legal tradition: il sistema giuridico inglese e quello italiano.
Scopo del lavoro è mettere in luce come il potere d’impulso al processo penale sia una prerogativa molto delicata, rispetto alla quale i singoli ordinamenti faticano a conciliare i diversi interessi che vengono in gioco.
Lo studio si sofferma anzitutto sul concetto di “struttura requirente”, cioè l’istituzione che ha come compito primario l’esercizio dell’azione penale.
Gli organi di pubblica accusa diffusi all’interno della tradizione giuridica occidentale seguono modelli vistosamente eterogenei, sia rispetto alla posizione istituzionale e all’organizzazione interna che riguardo ai poteri di cui dispongono. Queste differenze dipendono dalle vicende storiche che hanno attraversato l’ordinamento giuridico di riferimento e dalle caratteristiche del corrispondente sistema di giustizia penale. Storicamente, in Inghilterra e Galles, a causa della diffusione di un modello procedurale di tipo accusatorio, l’input al processo penale era onere della persona offesa. Questo modello restò inalterato fino al XIX secolo, quando vennero create le prime forze di polizia. Esse assunsero per via di prassi il ruolo di promotori dell’azione penale, la cui natura privatistica rimase però inalterata. Solo nel 1985 venne instituito un organo deputato esclusivamente alla pubblica accusa, cioè il Crown Prosecution Service, allo scopo di uniformare l’esercizio dell’azione penale e ridimensionare i poteri della polizia. In tale sistema giuridico, viene esercitata l’azione penale se sussiste una realistica probabilità di ottenere una condanna e solo quando l’apertura di un processo viene ritenuta nel pubblico interesse.
Viceversa, il pubblico ministero italiano discende dalla tradizione francese di epoca napoleonica. In tale modello, caratterizzato da una procedura di tipo inquisitorio, l’organo di pubblica accusa è titolare dell’interesse dello Stato a garantire la repressione dei reati. Pertanto, esso è organizzato gerarchicamente e collegato al potere esecutivo. Tuttavia, dopo la caduta del regime fascista, in cui il potere politico aveva utilizzato il processo penale come strumento di controllo sociale, la posizione costituzionale dell’organo di pubblica accusa fu ribaltata: il pubblico ministero appartiene oggi all’ordine giudiziario. Vige inoltre il “principio di obbligatorietà” dell’esercizio dell’azione penale (art. 112 Cost.), che comporta che il potere pubblico sia sempre in obbligo di perseguire i comportamenti criminosi attraverso lo strumento del processo penale. I principi che governano l’esercizio dell’azione penale nei due ordinamenti di riferimento e gli organi deputati alla funzione d’accusa sono dunque molto diversi.
Grazie al metodo della comparazione giuridica è però possibile tracciare parallelismi e dimostrare come, in concreto, le differenze si attenuino.
Scopo del lavoro è mettere in luce come il potere d’impulso al processo penale sia una prerogativa molto delicata, rispetto alla quale i singoli ordinamenti faticano a conciliare i diversi interessi che vengono in gioco.
Lo studio si sofferma anzitutto sul concetto di “struttura requirente”, cioè l’istituzione che ha come compito primario l’esercizio dell’azione penale.
Gli organi di pubblica accusa diffusi all’interno della tradizione giuridica occidentale seguono modelli vistosamente eterogenei, sia rispetto alla posizione istituzionale e all’organizzazione interna che riguardo ai poteri di cui dispongono. Queste differenze dipendono dalle vicende storiche che hanno attraversato l’ordinamento giuridico di riferimento e dalle caratteristiche del corrispondente sistema di giustizia penale. Storicamente, in Inghilterra e Galles, a causa della diffusione di un modello procedurale di tipo accusatorio, l’input al processo penale era onere della persona offesa. Questo modello restò inalterato fino al XIX secolo, quando vennero create le prime forze di polizia. Esse assunsero per via di prassi il ruolo di promotori dell’azione penale, la cui natura privatistica rimase però inalterata. Solo nel 1985 venne instituito un organo deputato esclusivamente alla pubblica accusa, cioè il Crown Prosecution Service, allo scopo di uniformare l’esercizio dell’azione penale e ridimensionare i poteri della polizia. In tale sistema giuridico, viene esercitata l’azione penale se sussiste una realistica probabilità di ottenere una condanna e solo quando l’apertura di un processo viene ritenuta nel pubblico interesse.
Viceversa, il pubblico ministero italiano discende dalla tradizione francese di epoca napoleonica. In tale modello, caratterizzato da una procedura di tipo inquisitorio, l’organo di pubblica accusa è titolare dell’interesse dello Stato a garantire la repressione dei reati. Pertanto, esso è organizzato gerarchicamente e collegato al potere esecutivo. Tuttavia, dopo la caduta del regime fascista, in cui il potere politico aveva utilizzato il processo penale come strumento di controllo sociale, la posizione costituzionale dell’organo di pubblica accusa fu ribaltata: il pubblico ministero appartiene oggi all’ordine giudiziario. Vige inoltre il “principio di obbligatorietà” dell’esercizio dell’azione penale (art. 112 Cost.), che comporta che il potere pubblico sia sempre in obbligo di perseguire i comportamenti criminosi attraverso lo strumento del processo penale. I principi che governano l’esercizio dell’azione penale nei due ordinamenti di riferimento e gli organi deputati alla funzione d’accusa sono dunque molto diversi.
Grazie al metodo della comparazione giuridica è però possibile tracciare parallelismi e dimostrare come, in concreto, le differenze si attenuino.