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Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 441 del 21 gennaio 1983
«Al fine di distinguere il concorso di reati dal reato complesso e se una determinata ipotesi criminosa prevista dalla legge sia da ritenersi diversa ed autonoma rispetto ad un'altra, deve aversi riguardo agli elementi costitutivi delle due...»
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Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 7451 del 24 giugno 1998
«In tema di conversione di decreto legge, all'introduzione di emendamenti nella legge di conversione non sempre può ricondursi la conseguenza di determinare automaticamente la perdita di efficacia ex tunc del decreto legge, né, correlativamente,...»
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Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 2872 del 22 febbraio 1989
«Nel caso di sequestro di persona a scopo di terrorismo o di eversione, seguito dall'uccisione del sequestrato si configura un'ipotesi di reato complesso nel quale l'omicidio, voluto dai partecipanti al sequestro, rappresenta un'aggravante...»
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Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 5012 del 23 aprile 1988
«Il codice penale vigente detta una disciplina dell'uso di sostanze stupefacenti distinguendo tre situazioni tra loro diverse: l'intossicazione «acuta» la quale provoca alterazioni transitorie delle facoltà intellettive e volitive dell'agente,...»
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Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 2483 del 15 dicembre 1969
«La professionalità nel reato non può essere presunta sulla base delle condanne anteriori, ma è qualifica che si attribuisce quando risulti dimostrato che il delinquente abituale tragga fonte di guadagno pressoché continua dalla reiterazione delle...»
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Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 881 del 10 maggio 1967
«Ai fini della dichiarazione di professionalità nel reato non è sufficiente la contestazione della recidiva sia pure nella forma più grave, perché, a norma dell'art. 105 c.p., essa deve fondarsi sulla valutazione di una serie di altre circostanze...»
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Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 2851 del 10 gennaio 1989
«Anche quando l'abitualità nel reato è presunta dalla legge, non è consentito il permanere di uno status di delinquenza qualificata in caso di insussistenza di un'attuale concreta pericolosità sociale. Ne consegue pertanto, qualora ricorra un caso...»
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Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 2188 del 16 febbraio 1990
«L'art. 111 c.p., nel prevedere il caso di chi determini a commettere un reato una persona non imputabile o non punibile, non richiede nella persona determinata, mero strumento di esecuzione, partecipazione soggettiva né consapevolezza di...»
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Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 7957 del 24 febbraio 2004
«L'accordo tra più soggetti di realizzare uno o più reati è un elemento comune alla fattispecie associativa ed a quella concorsuale, ma in tale ultima ipotesi esso deve pervenire alla concreta realizzazione del reato, quanto meno a livello di...»
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Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 3299 del 23 gennaio 2001
«In tema di associazione per delinquere di tipo mafioso (art. 416 bis c.p.), il combinato disposto degli artt. 110 e 115 c.p. preclude la configurabilità di un concorso esterno o eventuale, atteso che l'aiuto portato all'associazione nei momenti di...»
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Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 2167 del 21 febbraio 1994
«In tema di mutamento del titolo del reato per taluno dei concorrenti, l'art. 117, secondo comma, c.p., con l'espressione «. . . il giudice può, rispetto a coloro per i quali non sussistono le condizioni, le qualità o i rapporti predetti, diminuire...»
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Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 5522 del 12 maggio 1992
«Il richiamo operato dall'art. 117 c.p. alle condizioni o qualità personali del colpevole o ai suoi rapporti con l'offeso non si riferisce ad uno qualsiasi dei concorrenti, ma ad un concorrente che agisca in maniera analoga a quella che, nei casi...»
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Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 4161 del 12 aprile 1991
«La norma di cui all'art. 117 c.p. trova applicazione nell'ambito di tutto il diritto penale e non solo in quello del codice penale, trattandosi di disposizione che disciplina ipotesi di concorso di persone in reati che richiedono l'esistenza di...»
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Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 242 del 25 febbraio 1972
«I militari e gli estranei alle Forze Armate che, in concorso tra loro, commettono atti di violenza e resistenza contro appartenenti all'Arma dei Carabinieri superiori in grado, rispondono tutti, a norma dell'art. 117 c.p., del reato militare di...»
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Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 7205 del 17 giugno 1994
«Se non è sufficiente, perché l'aggravante della premeditazione possa comunicarsi al concorrente nel reato, la mera conoscibilità da parte di costui, deve invece ritenersi che la conoscenza effettiva legittimi l'estensione. Infatti, se il...»
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Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 2732 del 4 marzo 1994
«In tema di violazione di sigilli, la circostanza aggravante della qualità di custode di cui all'art. 349, comma 2, c.p. si comunica ai concorrenti, non rientrando tra quelle previste dall'art. 118 dello stesso codice, salvo il temperamento...»
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Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 8318 del 22 febbraio 2008
«Ai fini dell'esercizio del diritto di querela da parte del curatore speciale, non è configurabile il conflitto di interessi tra i genitori della persona offesa (minore o inferma di mente), in quanto l'unico possibile conflitto di interessi...»
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Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 1722 del 17 marzo 1982
«L'affermazione della responsabilità processuale aggravata della parte soccombente, secondo la previsione dell'art. 96 primo comma c.p.c., postula, oltre al carattere totale e non parziale di tale soccombenza, che l'avversario deduca e dimostri la...»
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Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 450 del 24 marzo 1995
«Il reato di illecita concorrenza con minaccia o violenza, di cui all'art. 513 bis c.p., non deve necessariamente realizzarsi in ambienti di criminalità organizzata, né l'autore deve appartenere a un'organizzazione criminale, né sono necessari atti...»
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Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 4375 del 12 maggio 1997
«Il carattere plurioffensivo della frode in commercio sussiste anche quando la cosa richiesta dal cliente dell'esercizio commerciale non sia tutelata da un marchio o da altra speciale protezione, giacché la norma di cui all'art. 515 c.p. tutela...»
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Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 5477 del 12 giugno 1986
«Ai fini della configurabilità del delitto di frode in commercio, previsto dall'art. 515 c.p., è sufficiente anche il compimento di un solo atto di «commercio» inteso nel senso obiettivo di atto di vendita comunque configurato a prescindere dalla...»
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Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 34936 del 25 agosto 2004
«È configurabile il reato di frode nell'esercizio del commercio qualora venga consegnata all'acquirente mozzarella qualificata come di «bufala campana d.o.p.», la quale sia stata prodotta, anche se solo in parte, con latte bufalino surgelato...»
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Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 870 del 26 gennaio 1994
«La denominazione di origine «Emmental» spetta soltanto al formaggio fabbricato in Svizzera, in forza del D.P.R. 18 novembre 1953, n. 1099 che ha reso esecutiva in Italia la convenzione internazionale di Stresa del 1 giugno 1951. Da ciò consegue...»
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Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 10872 del 15 novembre 1982
«Sussiste il reato di frode in commercio nell'ipotesi in cui venga consegnato un prodotto diverso per qualità da quello pattuito: a tal fine è irrilevante che il prodotto medesimo sia conforme alla normativa vigente in materia, qualora esso sia...»
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Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 3361 del 20 marzo 1982
«Ai fini della configurabilità del reato di cui all'art. 515 c.p. non ha alcuna rilevanza l'accettazione da parte dell'acquirente del prodotto che abbia caratteristiche organolettiche diverse da quello richiesto, anche se a questo uguale come...»
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Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 354 del 27 febbraio 1973
«Il reato di cui all'art. 515 c.p. (frode nell'esercizio del commercio) si perfeziona con la consegna intenzionale dell'aliud pro alio. L'accettazione della cosa diversa da parte dell'acquirente — che non assume rilevanza qualora interviene dopo la...»
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Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 3547 del 9 marzo 1989
«L'uso generalizzato di un marchio nel linguaggio comune per indicare tutto il genere dei prodotti analoghi a quello, per il quale lo stesso marchio è stato registrato, può certamente incidere sull'elemento soggettivo del reato, inducendo il...»
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Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 23819 del 9 giugno 2009
«Il delitto di frode nell'esercizio del commercio è configurabile anche nel caso in cui l'acquirente non effettui alcun controllo sulla merce offerta in vendita, essendo irrilevanti sia l'atteggiamento, fraudolento o meno, del venditore, che la...»
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Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 6207 del 20 giugno 1985
«In tema di frode commerciale, la circostanza che un cartello esposto al pubblico sia stato predisposto dall'associazione commercianti non esclude il dolo dell'esercente, che deve controllare se tutte le diciture portate nel cartello siano...»
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Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 338 del 26 febbraio 1973
«Per la sussistenza del delitto di frode nell'esercizio del commercio non occorrono artifizi e raggiri da parte del venditore, essendo insito l'inganno nella obiettività della consegna di una cosa per un'altra (aliud pro alio), ovvero di una cosa...»