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Articolo 10 Legge equo canone

(L. 27 luglio 1978, n. 392)

[Aggiornato al 12/11/2014]

Partecipazione del conduttore all'assemblea dei condomini

Dispositivo dell'art. 10 Legge equo canone

Il conduttore ha diritto di voto, in luogo del proprietario dell'appartamento locatogli, nelle delibere dell'assemblea condominiale relative alle spese e alle modalità di gestione dei servizi di riscaldamento e di condizionamento d'aria.

Egli ha inoltre diritto di intervenire, senza diritto di voto, sulle delibere relative alla modificazione degli altri servizi comuni.

La disciplina di cui al primo comma si applica anche qualora si tratti di edificio non in condominio.

In tale ipotesi i conduttori si riuniscono in apposita assemblea convocati dal proprietario dell'edificio o da almeno tre conduttori.

Si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni del codice civile sull'assemblea dei condomini.

Spiegazione dell'art. 10 Legge equo canone

Tale norma evidenzia la differenza esistente tra la figura del condomino - conduttore e del condomino - locatore. Al primo, infatti, è consentito di intervenire autonomamente in assemblea, disponendo di un proprio diritto di voto, allorquando si tratti di discutere sui servizi indicati dall’art. 10, dei quali il conduttore è obbligato a sostenere le spese, in coerenza con quanto stabilito dal precedente articolo 9 in tema di oneri accessori.
Il conduttore, in tali circostanze, riveste quindi una posizione di autonomia, anche perché potrebbe capitare che il suo interesse possa trovarsi in potenziale conflitto con quello del condomino - locatore.
Il conduttore, in quanto titolare di un interesse proprio alla conoscenza delle delibere riguardanti i servizi comuni, potrà per questo partecipare autonomamente all’assemblea dei condomini.
Certa parte della dottrina, anche se non condivisa del tutto in giurispudenza, ha parlato di una vera e propria “sostituzione legale” del conduttore al locatore, con completa autonomia di scelta in capo al conduttore.
Ma v’è di più: se dovesse, in ipotesi, sorgere un conflitto tra la posizione espressa dal conduttore e quella espressa dal locatore, il presidente dell’assemblea sarebbe tenuto a concedere la legittimazione al voto al solo conduttore, in armonia con quanto disposto dall’art. 10, a pena di invalidità della delibera.
Un problema assai dibattuto in dottrina e giurisprudenza riguarda l’onere di comunicazione dell’indizione dell’assemblea al conduttore, anche con riferimento alle conseguenze giuridiche dell’omissione di tale avviso.
Ebbene, si ritiene generalmente in giurisprudenza che competa al locatore - proprietario fornire questo avviso al conduttore, e non all’amministratore, neppure se egli sia a conoscenza del rapporto di locazione; quest’ultimo, infatti, ha un rapporto diretto solo con i proprietari condomini, e non ha alcun obbligo giuridico nei confronti dei conduttori degli immobili.
Per quanto riguarda poi le conseguenze dell’omessa convocazione, certa parte della dottrina e della giurisprudenza ritengono che la delibera adottata in mancanza della partecipazione del conduttore che ne aveva diritto, a causa di un comportamento negligente del locatore, debba considerarsi invalida (alcuni parlano di nullità, altri di annullabilità per vizio del procedimento collegiale di assunzione della delibera; altri ancora di inefficacia della delibera nei confronti del solo conduttore interessato).
Tale tesi, sicuramente valida almeno per quanto riguarda il comma 1 della disposizione in commento, è suffragata anche da quanto disposto dal comma 6 dell’art. 1136 del c.c., il quale prevede che “L'assemblea non può deliberare, se non consta che tutti gli aventi diritto sono stati regolarmente convocati”.
Per altro indirizzo, meno restrittivo, si ritiene che la delibera adottata in assenza del conduttore che ne aveva diritto non possa considerarsi invalida poiché, dopo tutto, il mancato avviso non incide sulla legittimità della delibera, assunta per il resto in modo legittimo dall’assemblea, tanto più che, altrimenti, le conseguenze negative di tale invalidità ricadrebbero, in maniera potenzialmente pregiudizievole, sull’intero condominio.
Al conduttore pretermesso competerà esclusivamente un’azione di risarcimento del danno nei confronti del locatore inadempiente.
Meno problemi pone il comma 2 della disposizione in oggetto, che attribuisce al conduttore più semplicemente un diritto ad intervenire all'assemblea, senza tuttavia avere il diritto di voto. In tal caso, è ritenuto in modo piuttosto pacifico che la delibera adottata in assenza del conduttore sia da considerarsi valida.
Tuttavia, il mancato avviso, producendo come conseguenza l’impossibilità per il conduttore di essere adeguatamente informato circa gli oneri che gli competono, lo legittimeranno a rifiutarsi di rimborsare i maggiori oneri per la fornitura dei servizi, se dall’assemblea comune è derivato un aggravio delle spese.
Il conduttore può, ai sensi del secondo comma dell’art. 1337 del c.c., impugnare la delibera assembleare?
Anche su questo punto la dottrina si è divisa.
L’orientamento più restrittivo afferma che la possibilità di impugnare la delibera sussiste solamente nel caso in cui il conduttore sia stato dissenziente, e non semplicemente assente; questo, ancora una volta, per non far ricadere sull’intero condominio le conseguenze pregiudizievoli dell’annullamento della delibera solo per una negligenza del proprietario locatore.
La giurisprudenza, dal canto suo, sostiene che la legittimazione ad impugnare in capo al conduttore sussista solamente nel caso in cui la deliberazione abbia avuto come oggetto le spese dei servizi di riscaldamento e condizionamento.
Un tale inadempimento dell’obbligo di attivazione in capo al locatore non sussisterebbe allorquando, in virtù del comma 3 della disposizione in oggetto, ci si trovi nell’ipotesi di edifici non in condominio.
In tal caso, infatti, i condomini potranno autonomamente riunirsi per discutere la gestione dei servizi comuni, bastando l’iniziativa di tre di loro, non potendosi imputare al proprietario un obbligo di convocazione dell’assemblea.

Massime relative all'art. 10 Legge equo canone

Cass. civ. n. 6078/1995

Dalla normativa sulle locazioni (artt. 1575 c.c., 5, 9 e 10 della L. 27 luglio 1978, n. 392) può desumersi che la gestione degli impianti e servizi concernenti gli immobili, in quanto attinente al godimento ed alla manutenzione del bene, appartiene di regola al locatore e che il conduttore può eccezionalmente incidere sulla gestione del solo servizio di riscaldamento e di condizionamento d’aria unicamente nell’ambito di assemblee di condomini o, nel caso di unico proprietario dell’edificio, di inquilini. Ne consegue che in ipotesi di unico proprietario ed unico inquilino dell’immobile, in mancanza di un’assemblea, non è possibile ipotizzare un diritto partecipativo del conduttore alla questione del servizio di riscaldamento o condizionamento d’aria, la quale, proprio in virtù di detta mancanza, fa capo direttamente al proprietario-locatore (nella specie la S.C., ritenendo quelli enunciati principi regolatori della materia dei rapporti tra locatore e conduttore e che in assenza di un inadempimento imputabile non può sussistere un danno risarcibile, ha cassato la sentenza del giudice conciliatore che aveva condannato l’unico proprietario a risarcire il danno procurato all’unico conduttore dell’edificio, per avere il primo omesso di convocare il secondo ai fini delle deliberazioni relative alla gestione del servizio di riscaldamento).

Cass. civ. n. 4588/1995

In tema di condominio negli edifici, dal combinato degli artt. 1137 c.c., 9 e 10 della L. 27 luglio 1978, n. 392 si desume che il conduttore, il quale abbia partecipato all’assemblea condominiale avente ad oggetto le spese e le modalità di gestione dei servizi di riscaldamento e condizionamento d’aria o sia stato posto in condizione di parteciparvi, contribuendo alla relativa deliberazione, non può, nel caso che abbia omesso di impugnare la deliberazione stessa, sottrarsi dal rimborsare al condomino-locatore le menzionate spese, a meno che non provi, nel caso che lamenti la mancanza o l’insufficienza della relativa fornitura, che esse derivino da difetti o guasti della parte dell’impianto di esclusiva proprietà del condomino-locatore stesso (art. 1117 c.c.), la cui riparazione sia posta dalla legge a carico di quest’ultimo (artt. 1575 e 1576 c.c.).

Trib. civ. Torino n. 7963/1994

Non è necessaria la presenza dei conduttori (ex art. 10, L. n. 392/1978) all’assemblea condominiale che deliberi non sulle modalità di gestione del servizio di riscaldamento, ma sulla trasformazione dell’impianto centralizzato.

Cass. civ. n. 8755/1993

L'art. 10 della L. 27 luglio 1978, n. 392, il quale attribuisce al conduttore il diritto di votare in luogo del proprietario nelle assemblee condominiali aventi ad oggetto l'approvazione delle spese e delle modalità di gestione dei servizi di riscaldamento e di condizionamento d'aria e di intervenire senza diritto di voto sulle delibere relative alla modificazione di servizi comuni, riconosce implicitamente con il rinvio alle disposizioni del codice civile concernenti l'assemblea dei condomini, il diritto dell'inquilino di impugnare le deliberazioni viziate, sempreché abbiano ad oggetto le spese e le modalità di gestione dei servizi di riscaldamento e di condizionamento d'aria. Al di fuori delle situazioni richiamate, la norma in esame non attribuisce all'inquilino il potere generale di sostituirsi al proprietario nella gestione dei servizi condominiali, sicché deve escludersi la legittimazione del conduttore ad impugnare la deliberazione dell'assemblea condominiale di nomina dell'amministratore e di approvazione del regolamento di condominio e del bilancio preventivo.

Cass. civ. n. 4802/1992

L’art. 10 della L. 27 luglio 1978, n. 392 che ribadendo sostanzialmente la disciplina già introdotta dall’art. 6 della L. 22 dicembre 1973, n. 841, prevede con norma eccezionale, un’ipotesi di sostituzione legale del conduttore al proprietario nelle assemblee dei condomini convocate per deliberare sulle spese e modalità di gestione dei servizi di riscaldamento e di condizionamento d’aria, non ha comportato modificazioni al disposto dell’art. 66 att. c.c., che disciplina la comunione dell'avviso di convocazione dell’assemblea dei condomini, con la conseguenza che tale avviso deve essere comunicato al proprietario e non anche al conduttore dell’appartamento, restando solo lo stesso proprietario tenuto ad informare il conduttore dell’avviso di convocazione ricevuto dall’amministratore, senza che le conseguenze della mancata convocazione del conduttore possano farsi ricadere sul condominio, che rimane estraneo al rapporto di locazione.

Cass. civ. n. 4133/1992

Gli artt. 9 e 10 della L. 27 luglio 1978 n. 392, rispettivamente relativi agli oneri accessori della locazione di immobili per uso abitativo ed alla partecipazione del conduttore alle assemblee dei condomini, si applicano anche ai rapporti con gli assegnatari utenti di alloggi ex Incis militari convertiti in locazione ai sensi degli artt. 22 L. 18 agosto 1978 n. 497 e 22 L. 8 agosto 1977 n. 513, che sono interamente regolati dalle norme privatistiche di detta legge.

Cass. civ. n. 2762/1990

L’art. 10 della L. 27 luglio 1978, n. 392 non ha previsto che i conduttori possano sostituirsi al locatore nella gestione dei servizi condominiali ed in particolare in quello di fornitura del riscaldamento, bensì ha introdotto un meccanismo volto a consentire la partecipazione dei conduttori stessi alle assemblee condominiali con riguardo alle decisioni dei proprietari locatori, senza che, nel caso di edifici non in condominio, ne derivi un obbligo del proprietario dell’edificio di convocare in assemblea i conduttori, potendo gli stessi, in mancanza della facoltativa iniziativa attribuita al proprietario, convocarsi su iniziativa di almeno tre di loro per far valere in confronto del proprietario i propri interessi in relazione al funzionamento del servizio. Ne consegue che non è configurabile in capo al proprietario locatore né un inadempimento né un obbligo di conseguente risarcimento dei danni in confronto dei conduttori per non averne convocato l’assemblea.

Trib. civ. Milano n. 10314/1985

L’eventuale inadempimento dell’obbligo di convocare l’assemblea dei conduttori prescritta all’art. 10 della legge n. 392/1978 non giustifica il rifiuto di pagamento di spese accessorie delle quali sia stata fornita effettiva giustificazione.

Trib. civ. Napoli n. 9937/1982

Va riconosciuta in capo al conduttore nominato amministratore degli utenti dell’impianto di riscaldamento gestito in proprio ex art. 10 della L. n. 392/1978 la legittimazione attiva all’azione di reintegra nella detenzione dell’impianto medesimo.

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“Se l’assemblea condominiale è riservata solo ai convocati aventi diritto al voto, come è possibile costringere i non aventi diritto al voto a non partecipare all’assemblea ed in base a quale articolo di legge?”
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Anche se ai non addetti ai lavori possono sembrare due concetti identici, la legge distingue il diritto di partecipare alla assemblea di condominio dal diritto di esprimere il proprio voto in merito agli argomenti all’ordine del giorno.
Colui che riveste la qualifica di condomino, quindi in linea di massima colui che è proprietario, usufruttuario e nudo proprietario di una unità immobiliare in condominio, ha il diritto di partecipare alla assemblea, ed è per tale motivo destinatario dell’avviso di convocazione, e contemporaneamente ha il diritto di esprimere il suo voto sugli argomenti che sono all’ordine del giorno della riunione.

Vi sono però altri protagonisti della vita condominiale che non hanno un diritto di voto, ma la legge riconosce comunque loro la possibilità di partecipare ed assistere alle riunioni condominiali: si fa riferimento ai conduttori, ovvero coloro che abitano nel palazzo in forza di un contratto di locazione pur non essendo proprietari dei muri. Il comma 2° dell’art. 10 della L. n.392/1978, riconosce espressamente il diritto del conduttore a partecipare alla assemblea del condominio in cui vive quando essa deve discutere delibere attinenti alle modifiche dei servizi comuni del condominio: in questo caso, al conduttore viene riconosciuto il diritto di intervenire nella discussione, senza però la possibilità di votare. Il 1° comma della norma in commento si spinge oltre quando l’assemblea è chiamata a trattare delibere inerenti alle spese e le modalità di gestione dei servizi di riscaldamento e condizionamento dell’aria: in questo caso, il conduttore, non solo ha diritto di partecipare e intervenire alla riunione di condominio, ma la legge gli riconosce espressamente il diritto di votare in sostituzione del proprietario di casa, il quale viene di fatto privato di tale importante strumento di partecipazione.

Ovviamente, a fronte di quanto dispone l’art. 10 della L. n.392/1978, nel caso in cui nello stabile vi siano appartamenti concessi in locazione, l’amministratore non dovrebbe limitarsi ad inviare l’avviso di convocazione ai soli condomini ma estenderlo anche ai rispettivi conduttori.
Vi è da dire che per evidente analogia le facoltà previste dall’art 10 dovrebbero anche essere estese ai comodatari, ovvero coloro che abitano nello stabile in forza di un contratto di comodato gratuito concessogli dal proprietario: si pensi al caso del padre che concede al figlio la possibilità di usufruire gratuitamente in un proprio appartamento.

Se si analizza, quindi, con attenzione il quadro normativo tratteggiato, parrebbe che gli unici soggetti privati del diritto di partecipare e assistere alla assemblea di condominio sono coloro che non hanno la benché minima relazione con lo stabile.
È anche vero che nulla vieta ad un condomino di invitare un estraneo ad assistere alla riunione, ad esempio se egli ritiene necessaria la sua presenza per meglio esprimere il suo diritto di voto in merito ad un determinato argomento: si pensi a figure professionali dotate di determinate competenze, come tecnici edili o avvocati. In questo senso non vi è una norma nel nostro ordinamento che espressamente vieti ad un estraneo di partecipare alle riunioni di condominio: è chiaro che tale estraneo deve essere invitato ad assistere alla riunione da un soggetto a cui la legge attribuisce tale facoltà.