Tale norma evidenzia la
differenza esistente tra la figura del
condomino - conduttore e del
condomino - locatore. Al primo, infatti, è consentito di intervenire
autonomamente in assemblea, disponendo di
un proprio diritto di voto, allorquando si tratti di discutere sui servizi indicati dall’art. 10, dei quali il conduttore è obbligato a sostenere le spese, in coerenza con quanto stabilito dal precedente articolo
9 in tema di
oneri accessori.
Il conduttore, in tali circostanze, riveste quindi una posizione di autonomia, anche perché potrebbe capitare che il suo interesse possa trovarsi in potenziale conflitto con quello del condomino - locatore.
Il conduttore, in quanto titolare di un interesse proprio alla conoscenza delle delibere riguardanti i servizi comuni, potrà per questo partecipare autonomamente all’assemblea dei condomini.
Certa parte della dottrina, anche se non condivisa del tutto in giurispudenza, ha parlato di una vera e propria “sostituzione legale” del conduttore al locatore, con completa autonomia di scelta in capo al conduttore.
Ma v’è di più: se dovesse, in ipotesi, sorgere un conflitto tra la posizione espressa dal conduttore e quella espressa dal locatore, il presidente dell’assemblea sarebbe tenuto a concedere la legittimazione al voto al solo conduttore, in armonia con quanto disposto dall’art. 10, a pena di invalidità della delibera.
Un problema assai dibattuto in dottrina e giurisprudenza riguarda l’onere di comunicazione dell’indizione dell’assemblea al conduttore, anche con riferimento alle conseguenze giuridiche dell’omissione di tale avviso.
Ebbene, si ritiene generalmente in giurisprudenza che competa al locatore - proprietario fornire questo avviso al conduttore, e non all’amministratore, neppure se egli sia a conoscenza del rapporto di locazione; quest’ultimo, infatti, ha un rapporto diretto solo con i proprietari condomini, e non ha alcun obbligo giuridico nei confronti dei conduttori degli immobili.
Per quanto riguarda poi le conseguenze dell’omessa convocazione, certa parte della dottrina e della giurisprudenza ritengono che la delibera adottata in mancanza della partecipazione del conduttore che ne aveva diritto, a causa di un comportamento negligente del locatore, debba considerarsi invalida (alcuni parlano di nullità, altri di annullabilità per vizio del procedimento collegiale di assunzione della delibera; altri ancora di inefficacia della delibera nei confronti del solo conduttore interessato).
Tale tesi, sicuramente valida almeno per quanto riguarda il comma 1 della disposizione in commento, è suffragata anche da quanto disposto dal comma 6 dell’
art. 1136 del c.c., il quale prevede che “
L'assemblea non può deliberare, se non consta che tutti gli aventi diritto sono stati regolarmente convocati”.
Per altro indirizzo, meno restrittivo, si ritiene che la delibera adottata in assenza del conduttore che ne aveva diritto non possa considerarsi invalida poiché, dopo tutto, il mancato avviso non incide sulla legittimità della delibera, assunta per il resto in modo legittimo dall’assemblea, tanto più che, altrimenti, le conseguenze negative di tale invalidità ricadrebbero, in maniera potenzialmente pregiudizievole, sull’intero condominio.
Al conduttore pretermesso competerà esclusivamente un’azione di risarcimento del danno nei confronti del locatore inadempiente.
Meno problemi pone il comma 2 della disposizione in oggetto, che attribuisce al conduttore più semplicemente un diritto ad intervenire all'assemblea, senza tuttavia avere il diritto di voto. In tal caso, è ritenuto in modo piuttosto pacifico che la delibera adottata in assenza del conduttore sia da considerarsi valida.
Tuttavia, il mancato avviso, producendo come conseguenza l’impossibilità per il conduttore di essere adeguatamente informato circa gli oneri che gli competono, lo legittimeranno a rifiutarsi di rimborsare i maggiori oneri per la fornitura dei servizi, se dall’assemblea comune è derivato un aggravio delle spese.
Il conduttore può, ai sensi del secondo comma dell’
art. 1337 del c.c., impugnare la delibera assembleare?
Anche su questo punto la dottrina si è divisa.
L’orientamento più restrittivo afferma che la possibilità di impugnare la delibera sussiste solamente nel caso in cui il conduttore sia stato dissenziente, e non semplicemente assente; questo, ancora una volta, per non far ricadere sull’intero condominio le conseguenze pregiudizievoli dell’annullamento della delibera solo per una negligenza del proprietario locatore.
La giurisprudenza, dal canto suo, sostiene che la legittimazione ad impugnare in capo al conduttore sussista solamente nel caso in cui la deliberazione abbia avuto come oggetto le spese dei servizi di riscaldamento e condizionamento.
Un tale inadempimento dell’obbligo di attivazione in capo al locatore non sussisterebbe allorquando, in virtù del comma 3 della disposizione in oggetto, ci si trovi nell’ipotesi di edifici non in condominio.
In tal caso, infatti, i condomini potranno autonomamente riunirsi per discutere la gestione dei servizi comuni, bastando l’iniziativa di tre di loro, non potendosi imputare al proprietario un obbligo di convocazione dell’assemblea.