Il ricovero in
ospedale psichiatrico giudiziario (OPG) rappresenta una misura di sicurezza predisposta per
soggetti non imputabili a causa di
infermità psichica (art.
88),
cronica intossicazione da alcol o da sostanze stupefacenti (art.
95) o
sordomutismo (art.
96), giudicati socialmente pericolosi, ad eccezione dei minori.
La misura in oggetto si applica altresì a soggetti imputabili al momento della commissione del reato, ma
successivamente colpiti da infermità psichica, qualora la pena detentiva sia incompatibile con lo stato di infermità (art.
148).
La
durata minima della misura viene determinata in base all'entità della pena,
astrattamente prevista per il fatto commesso (dato che, a parte l'ipotesi di infermità sopravvenuta, nessuna pena può essere stata inflitta al non imputabile).
Appare fondamentale sottolineare che
la nozione di infermità psichica di cui al presente articolo non coincide con il vizio totale di mente ex art. 88, dato che certe infermità fisiche o certe infermità psichica
temporanee, capaci di menomare la
capacità di intendere e di volere al momento della commissione del reato, non legittimano l'applicazione del ricovero in un OPG. In tali ipotesi, infatti, cessata la fase acuta della patologia, il soggetto è reintegrato nelle sue facoltà psichiche.
Quanto detto va ulteriormente integrato dalla considerazione per cui, come per tutte le
misure di sicurezza,
il giudice non può prescindere da un accertamento in ordine alla persistente pericolosità del soggetto, non vigendo più alcuna presunzione in merito.
Il
D.L. n. 52/2014 ha tuttavia sancito il principio per cui il ricovero in OPG può essere disposto solamente quando ogni altra misura risulti inadeguata in relazione alle esigenze di cura e di controllo della
pericolosità sociale.
Lo stato in cui versano gli OPG aveva infatti già da tempo indotto la scienza psichiatrica a richiedere il superamento del ricovero in esame, ritenendo necessaria la
cura dell'infermità mentale in luoghi di “normalità”.
///SPIEGAZIONE ESTESA
Il ricovero presso un ospedale psichiatrico giudiziario costituisce una misura di sicurezza particolarmente afflittiva che, per questo motivo, dovrebbe essere adottata solo come extrema ratio e dovrebbe comunque essere sempre volta al recupero sociale del soggetto che si è reso colpevole di un fatto di reato senza, tuttavia, essere in quel momento capace di intendere e di volere.
Il sistema degli ospedali psichiatrici giudiziari ha tuttavia presentato delle forti criticità fin dalla sua nascita, proprio per l’inadeguatezza di tali strutture di garantire una efficace cura dei soggetti ricoverati, peggiorando in molti casi la salute degli stessi, anche a causa delle carenze strutturali e organiche delle strutture stesse.
La L. 17 febbraio del 2012, n. 9, intitolata “Interventi urgenti per il contrasto della tensione detentiva determinata dal sovraffollamento della carceri”, ha cercato di superare definitivamente il sistema degli ospedali psichiatrici giudiziari, fissando nel primo febbraio del 2013 la data per la chiusura degli stessi e la conversione di tali strutture in REMS (residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza).
In particolare, la legge citata ha previsto che il Ministro della salute emanasse un decreto per definire i requisiti strutturali e organizzativi di tali nuove residenze, sulla base dei seguenti criteri:
-
esclusiva gestione sanitaria all'interno delle strutture;
-
attività perimetrale di sicurezza e di vigilanza esterna, ove necessario in relazione alle condizioni dei soggetti interessati, da svolgere nel limite delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente;
-
destinazione delle strutture ai soggetti provenienti, di norma, dal territorio regionale di ubicazione delle medesime.
La Corte Costituzionale, con sentenza n. 324 del 24 luglio 1998, ha dichiarato l’
incostituzionalità dell'art. 222 nella parte in cui prevedeva l’applicazione di tale istituto anche ai
minori, per contrasto con gli articoli
2,
3,
27 e
31 della Costituzione, oltreché con le norme internazionali relative alla tutela dei minori (art. 40 della Convenzione sui diritti del fanciullo di New York del 20 novembre 1989).
Conforme al principio di legalità è apparso tuttavia applicare al minore non imputabile per vizio totale di mente, ma socialmente pericoloso, la misura del
riformatorio giudiziario.
Altra censura mossa dalla Consulta alla norma in commento è stata quella pronunciata con la sentenza n. 253 del 18 luglio 2003, con la quale è stata dichiarata costituzionalmente illegittima la norma di cui all’art. 222 nella parte in cui “non consente al giudice di adottare, in luogo del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario, una diversa misura di sicurezza, prevista dalla legge, idonea ad assicurare adeguate cure dell’infermo di mente e a far fronte alla sua pericolosità sociale”.
Le esigenze terapeutiche del singolo soggetto, infatti, nonché il suo concreto livello di pericolosità sociale, potrebbero non giustificare la misura del ricovero nell’ospedale giudiziario, consentendo l’applicazione da parte del giudice di una misura meno afflittiva e più adatta alle esigenze di cura e di reinserimento del soggetto, come potrebbe essere, ad esempio, la libertà vigilata.
Tale presa di posizione a livello giurisprudenziale si è riflessa a livello legislativo nell’art. 1 comma 1 lett. b) del D.L. 31 marzo 2014 n. 52, il quale prevede che “il giudice dispone nei confronti dell’infermo di mente e del seminfermo di mente l'applicazione di una misura di sicurezza, anche in via provvisoria, diversa dal ricovero in un ospedale psichiatrico giudiziario o in una casa di cura e custodia, salvo quando sono acquisiti elementi dai quali risulta che ogni misura diversa non è idonea ad assicurare cure adeguate a fare fronte alla sua pericolosità sociale, il cui accertamento è effettuato sulla base delle qualità soggettive della persona e senza tenere conto delle condizioni di cui all’art. 133, secondo comma, numero 4, del codice penale. Allo stesso modo provvede il magistrato di sorveglianza quando interviene ai sensi dell’art. 679 del codice di procedura penale. Non costituisce elemento idoneo a supportare il giudizio di pericolosità sociale la sola mancanza di programmi terapeutici individuali.”
Per quanto riguarda l’interpretazione del concetto di “infermità psichica” si ritiene che tale infermità debba rivestire un carattere di permanenza, non dandosi luogo a ricovero nel caso in cui l’alterazione mentale del soggetto sia solo transitoria, non potendo in alcun modo configurare un pericolo per la collettività.
Molto discussa la questione dell’applicabilità o meno di tale disciplina anche ai cosiddetti “disturbi della personalità”, tradizionalmente esclusi dal concetto di infermità psichica giuridicamente rilevante.
Tuttavia, di recente, la giurisprudenza ha ammesso la possibilità di fare rientrare i disturbi della personalità nel novero delle malattie mentali, purché rivestano precisi caratteri di intensità e gravità, tali da renderle idonee ad incidere concretamente sulla capacità di intendere e di volere del soggetto.
Non rilevano, viceversa, le anomalie del carattere o altro genere di alterazioni che però non siano di gravità o intensità tali da inibire la capacità di intendere e di volere.
Il soggetto, per essere destinatario dell’istituto in esame, deve aver commesso un fatto di reato doloso punito con una pena superiore nel massimo a due anni.
L’accertamento del dolo presenta in tali circostanze delle notevoli difficoltà di accertamento, proprio perché l’elemento soggettivo va accertato all’interno di un quadro di patologia del soggetto, per cui bisogna accertare se lo stato soggettivo doloso avrebbe potuto sussistere se il soggetto fosse stato ipoteticamente in grado di intendere e di volere, secondo una valutazione basata sull’id quod plerumque accidit.
///FINE SPIEGAZIONE ESTESA