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Articolo 415 ter Codice di procedura penale

(D.P.R. 22 settembre 1988, n. 447)

[Aggiornato al 30/11/2024]

Scadenza dei termini per l'assunzione delle determinazioni inerenti all'esercizio dell'azione penale. Diritti e facoltą dell'indagato e della persona offesa

Dispositivo dell'art. 415 ter Codice di procedura penale

1. (1)(2)Salvo quanto previsto dal comma 2, alla scadenza dei termini di cui all'articolo 407 bis, comma 2, se il pubblico ministero non ha esercitato l'azione penale o richiesto l'archiviazione e non ha già disposto la notifica dell'avviso della conclusione delle indagini preliminari, la documentazione relativa alle indagini espletate è depositata in segreteria. Alla persona sottoposta alle indagini e alla persona offesa che, nella notizia di reato o successivamente, abbia dichiarato di volere essere informata della conclusione delle indagini è immediatamente notificato avviso dell'avvenuto deposito della documentazione e della facoltà di esaminarla ed estrarne copia. L'avviso contiene altresì l'indicazione della facoltà di cui al comma 4. Copia dell'avviso è comunicata al procuratore generale presso la corte di appello.

2. Il pubblico ministero, prima della scadenza dei termini di cui all'articolo 407-bis, comma 2, può presentare al giudice per le indagini preliminari richiesta motivata di differimento del deposito della documentazione relativa alle indagini espletate:

  1. a) quando è stata richiesta l'applicazione della misura della custodia cautelare in carcere o degli arresti domiciliari e il giudice non ha ancora provveduto o quando, fuori dai casi di latitanza, la misura applicata non è stata ancora eseguita;
  2. b) quando la conoscenza degli atti d'indagine può concretamente mettere in pericolo la vita o l'incolumità di una persona o la sicurezza dello Stato ovvero, nei procedimenti per taluno dei delitti indicati nell'articolo 407, comma 2, arrecare un concreto pregiudizio, non evitabile attraverso la separazione dei procedimenti o in altro modo, per atti o attività di indagine specificamente individuati, rispetto ai quali non siano scaduti i termini di indagine e che siano diretti all'accertamento dei fatti, all'individuazione o alla cattura dei responsabili o al sequestro di denaro, beni o altre utilità di cui è obbligatoria la confisca;
  3. c) quando taluna delle circostanze indicate alle lettere a) e b) ricorre in relazione a reati connessi ai sensi dell'articolo 12 o collegati ai sensi dell'articolo 371, comma 2, per i quali non sia ancora decorso il termine previsto dall'articolo 407-bis, comma 2.

3. Entro venti giorni dal deposito della richiesta del pubblico ministero, se ne ricorrono i presupposti, il giudice per le indagini preliminari autorizza con decreto motivato il differimento per il tempo strettamente necessario e, comunque, per un periodo complessivamente non superiore a sei mesi o, se si procede per taluno dei delitti indicati nell'articolo 407, comma 2, non superiore a un anno.

4. Alla scadenza dei termini di cui all'articolo 407-bis, comma 2, se il pubblico ministero non ha esercitato l'azione penale, né richiesto l'archiviazione, la persona sottoposta alle indagini e la persona offesa possono chiedere al giudice per le indagini preliminari di valutare le ragioni del ritardo e, nel caso in cui non siano giustificate, di ordinare al pubblico ministero di assumere le determinazioni inerenti all'esercizio dell'azione penale. Sulla richiesta il giudice, sentito il pubblico ministero, provvede nei venti giorni successivi. L'istanza è comunicata al procuratore generale presso la corte di appello. Quando non ha autorizzato il differimento ai sensi del comma 2 o non ricorrono le esigenze indicate nel medesimo comma, il giudice ordina al pubblico ministero di assumere le determinazioni inerenti all'esercizio dell'azione penale entro un termine non superiore a venti giorni. Quando, ai fini dell'esercizio dell'azione penale, deve essere notificato l'avviso di conclusione delle indagini di cui all'articolo 415 bis, nel computo del termine assegnato dal giudice non si tiene conto del tempo intercorso tra la notifica dell'avviso e la scadenza dei termini di cui ai commi 3 e 4 dell'articolo 415-bis. Copia del decreto è comunicata al procuratore generale presso la corte di appello e notificata alla persona che ha formulato la richiesta.

5. Alla scadenza dei termini di cui all'articolo 407-bis, comma 2, se il pubblico ministero non ha esercitato l'azione penale o richiesto l'archiviazione, il procuratore generale presso la corte d'appello, se non dispone l'avocazione delle indagini ai sensi dell'articolo 412, comma 1, può ordinare, con decreto motivato, al procuratore della Repubblica di assumere le determinazioni inerenti all'esercizio dell'azione penale entro un termine non superiore a venti giorni. La disposizione di cui al primo periodo non si applica quando:

  1. a) il pubblico ministero ha formulato richiesta di differimento del deposito ai sensi del comma 2 e la stessa non è stata rigettata;
  2. b) è stata già presentata l'istanza di cui al comma 4.

Note

(1) Disposizione inserita dal D.Lgs. 10 ottobre 2022 n. 150 (c.d. "Riforma Cartabia").
Il D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, come modificato dal D.L. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito con modificazioni dalla L. 30 dicembre 2022, n. 199, ha disposto (con l'art. 88-bis, comma 1) che "Le disposizioni degli articoli 335-quater, 407-bis e 415-ter del codice di procedura penale, come introdotte dal presente decreto, non si applicano nei procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore del presente decreto in relazione alle notizie di reato delle quali il pubblico ministero ha già disposto l'iscrizione nel registro di cui all'articolo 335 del codice di procedura penale, nonché in relazione alle notizie di reato iscritte successivamente, quando ricorrono le condizioni previste dall'articolo 12 del codice di procedura penale e, se si procede per taluno dei delitti indicati nell'articolo 407, comma 2, del codice di procedura penale, anche quando ricorrono le condizioni previste dall'articolo 371, comma 2, lettere b) e c), del medesimo codice".
(2) Il presente articolo è stato sostituito dall'art. 2, comma 1, lettera n) del D. Lgs. 19 marzo 2024, n. 31.

Ratio Legis

La norma persegue ha la finalità di evitare stasi nel momento conclusivo delle indagini preliminari. La disposizione è funzionale ad assicurare la durata ragionevole del procedimento.

Spiegazione dell'art. 415 ter Codice di procedura penale

L’art. 415-ter c.p.p. (introdotto dalla riforma Cartabia con il d.lgs. n. 150 del 2022, come sostituito con il d.lgs. n. 31 del 2024, cd. Correttivo alla Cartabia) introduce una serie di sistemi di controllo sulla tempestività dell’azione penale.

Il comma 1 disciplina il deposito coatto della documentazione relativa alle indagini. Nello specifico, scaduto il termine per l’azione penale a norma del comma 2 dell’art. 407 bis del c.p.p., se il pubblico ministero non ha esercitato l’azione penale o richiesto l’archiviazione e non ha neppure fatto notificato l’avviso di conclusione delle indagini preliminari ex art. 415 bis del c.p.p., il fascicolo delle indagini è depositato nella segreteria della procura.

Del deposito è dato avviso all’indagato, alla persona offesa che abbia chiesto di essere informata della conclusione delle indagini, nonché al procuratore distrettuale. Questo avviso deve anche informare l’indagato e la persona offesa sia della facoltà di esaminare gli atti ed estrarne copia, sia della possibilità di rivolgersi al giudice ai sensi del comma 4.

Il deposito coatto (con relativa comunicazione) ci sarà al di fuori dei casi previsti dal comma 2. La norma riconosce al pubblico ministero la facoltà di richiedere al procuratore generale il differimento del deposito del fascicolo investigativo.

Prima della scadenza dei termini ex art. 407-bis c.p.p., il pubblico ministero può chiedere il differimento se l’immediata esibizione delle risultanze investigative potrebbe danneggiare le indagini. In particolare:
  1. nel caso di richiesta di custodia cautelare o di arresti domiciliari, quando il giudice non ha ancora provveduto o la misura non è stata eseguita;
  2. quando la discovery degli atti di indagine determina un pericolo per l’incolumità di taluno, per la sicurezza dello Stato o, se si procede per uno dei delitti ex art. 407, comma 2 c.p.p., per altra attività d’indagine specificamente individuata, ancora in corso e finalizzata a riconoscere e a catturare i responsabili o a sequestrare denaro, beni od altre utilità di cui sia obbligatoria la confisca;
  3. quando una delle situazioni previste dalle lettere a) e b) si verifica in relazione a reati connessi ex art. 12 del c.p.p. o collegati ai sensi del comma 2 dell’art. 371 del c.p.p., per i quali non sia ancora scaduto il termine per l’azione previsto dall’art. 407 bis del c.p.p..

A norma del comma 3, se il pubblico ministero richiede il differimento, il giudice per le indagini preliminari decide entro 20 giorni dal deposito dell’istanza.

Il giudice autorizza, con decreto motivato, il differimento quando ritiene fondata la richiesta. Il differimento è disposto per il tempo strettamente necessario e, comunque, per un periodo non superiore a sei mesi o, se si procedere per uno dei delitti di cui all’art. 407, comma 2 c.p.p., non superiore ad un anno.

Invece, il comma 4 introduce uno “spazio di giurisdizione” poiché riconosce all’indagato e alla persona offesa un potere immediato di interlocuzione con il giudice. In particolare, i soggetti interessati possono chiedere al giudice per le indagini preliminari di sollecitare il pubblico ministero che, scaduto il termine di cui all’art. 407 bis del c.p.p., non abbia assunto le determinazioni sull’azione penale. Infatti, l’indagato e l’offeso possono chiedere al giudice di valutare le ragioni del ritardo e, nel caso in cui non siano giustificate, di ordinare al pubblico ministero di assumere le determinazioni sull’azione penale.

Il giudice, sentito il pubblico ministero, provvede sulla richiesta entro venti giorni successivi. Se non ha autorizzato il differimento del deposito o non ci sono le esigenze di differimento di cui al comma 2, il giudice ordina al pubblico ministero di assumere le determinazioni sull’esercizio dell’azione penale entro venti giorni.

Infine, il comma 5 stabilisce che, alla scadenza del termine ex art. 407 bis del c.p.p., il procuratore generale può disporre l’avocazione delle indagini oppure può ordinare al pubblico ministero di assumere le necessarie determinazioni. Però, il procuratore generale potrà agire in tal senso solo se non è stato disposto il differimento del deposito o se è presentata la relativa istanza e questa non risulti ancora rigettata.

Relazione al D.Lgs. 150/2022

(Relazione illustrativa al decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150: "Attuazione della legge 27 settembre 2021, n. 134, recante delega al Governo per l'efficienza del processo penale, nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari")

1 
Il nuovo art. 415 ter c.p.p., sotto la rubrica Diritti e facoltà dell’indagato e della persona offesa in caso di inosservanza dei termini per la conclusione delle indagini preliminari, riconosce all’indagato e alla p.o. la facoltà di accedere agli atti di indagine nel caso in cui il P.M. non rispetti il cd. termine di riflessione.


In particolare, al comma 1, la nuova disposizione stabilisce che, salvo il tempestivo ottenimento di un’autorizzazione al differimento secondo una procedura essenzialmente analoga a quella - sopra vista - di cui ai co. 5 bis e 5 ter dell’art. 415 bis (e preclusa laddove quest’ultima sia stata già esperita: v. comma 4), una volta scaduto il termine di riflessione senza aver esercitato l’azione penale, o aver richiesto l’archiviazione, la documentazione relativa alle indagini espletate debba essere depositata in segreteria, con riconoscimento della facoltà di esaminarla e di estrarne copia alla persona sottoposta a indagini e alla persona offesa (purché quest’ultima, nella notizia di reato o successivamente, abbia dichiarato di volere essere informata della conclusione delle indagini).


Viene altresì previsto che alla persona sottoposta a indagini e alla persona offesa sia fatto notificare apposito avviso di deposito, con cui dovranno essere edotti delle facoltà di cui sopra, nonché dell’ulteriore facoltà di rivolgersi al giudice di caso di «stasi del procedimento», introdotta al comma 3 e della quale a breve si dirà.
Dell’avviso di deposito in questione, inoltre, l’ultimo periodo del comma 1 impone la comunicazione al procuratore generale presso la corte di appello, cui è stato affidato un meccanismo di controllo sull’effettività della discovery forzosa, delineato al comma 2.


Ove non riceva la suddetta comunicazione nei dieci giorni successivi alla scadenza del termine di riflessione (scadenza della quale apprenderà attraverso le comunicazioni settimanali effettuate dalle segreterie dei P.M. ex art. 127 disp. att.), il procuratore generale sarà infatti tenuto a intervenire o disponendo l’avocazione del procedimento ex art. 412, oppure ordinando al procuratore della Repubblica di provvedere al deposito e alla notifica dell’avviso di deposito di cui al comma 1 entro e non oltre venti giorni.


In tale secondo caso, il decreto di rigetto del procuratore generale andrà notificato in copia alla persona sottoposta a indagini e alla persona offesa che, nella notizia di reato o successivamente, abbia dichiarato di volere essere informata della conclusione delle indagini, in modo da facilitare il più tempestivo esercizio delle facoltà loro spettanti anche nel caso in cui il P.M. rimanga ancora inerte o, comunque, non dia tempestivamente corso all’ordine impartitogli dal procuratore generale.


Peraltro, ove quest’ultima evenienza si verifichi, e in particolare quando «dalla notifica dell’avviso indicato al comma 1 o del decreto indicato al comma 2 [sia] decorso un termine pari a un mese senza il pubblico ministero abbia assunto le determinazioni sull’azione penale» (termine pari a tre mesi nei casi di cui all’articolo 407, comma 2), in attuazione del criterio di delega sub g) è stata prevista una di quelle finestre di giurisdizione cui s’è sopra fatto cenno, e cioè il diritto della persona sottoposta alle indagini e della persona offesa (si noti: anche quando non abbia dichiarato di voler essere informata sugli esiti delle indagini) «[di] chiedere al giudice di ordinare al pubblico ministero di provvedere».

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