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Articolo 421 bis Codice di procedura penale

(D.P.R. 22 settembre 1988, n. 447)

[Aggiornato al 30/11/2024]

Ordinanza per l'integrazione delle indagini

Dispositivo dell'art. 421 bis Codice di procedura penale

(1)1. Quando non provvede a norma del comma 4 dell'articolo 421, il giudice, se le indagini preliminari sono incomplete, indica le ulteriori indagini, fissando il termine per il loro compimento e la data della nuova udienza preliminare(2). Del provvedimento è data comunicazione al procuratore generale presso la corte d'appello.

2. Il procuratore generale presso la corte d'appello può disporre con decreto motivato l'avocazione delle indagini a seguito della comunicazione prevista dal comma 1. Si applica, in quanto compatibile, la disposizione dell'articolo 412, comma 1.

Note

(1) Il presente articolo è stato aggiunto dall'art. 21, della l. 16 dicembre 1999, n. 479.
(2) Dovendo il giudice fissare in anticipo la data della nuova udienza preliminare, è esclusa ogni possibile regressione del procedimento alla fase precedente l'esercizio dell'azione penale.

Ratio Legis

Tale norma è stata introdotta al fine di garantire che la decisione presa in sede di udienza preliminare sia sostenuta dalla garanzia della completezza delle indagini.

Spiegazione dell'art. 421 bis Codice di procedura penale

Al fine di evitare che il pubblico ministero, volendo sottrarsi al controllo sul suo operato, ometta semplicemente di presentare la richiesta di archiviazione, il legislatore ha affiancato alla procedura di archiviazione un controllo di tipo gerarchico, il quale opera alla scadenza dei termini per le indagini preliminari.

Infatti, il procuratore generale presso la Corte d'Appello ha l'obbligo di disporre con decreto motivato l'avocazione delle indagini qualora il pubblico ministero procedente non eserciti l'azione penale o non richieda l'archiviazione nel termine stabilito dalla legge o prorogato dal giudice.

Una volta avocata a sé l'indagine, il procuratore svolge le indagini preliminari indispensabili e formula le sue richieste entro trenta giorni dall'emanazione del decreto di avocazione.

L'intervento del procuratore generale è facilitato dall'art. 127 disp. att. , ai sensi del quale ogni settimana la segreteria del p.m. deve trasmettere un elenco delle notizie di reato nominative per le quali non è stat tempestivamente esercitata l'azione penale o richiesta l'archiviazione.

L'esercizio del potere di avocazione può inoltre essere sollecitato dalla persona sottoposta alle indagini e dalla persona offesa e in tal caso indagini e richieste del procuratore generale devono intervenire entro trenta giorni dalla richiesta dei soggetti suindicati.

Mentre nei casi appena citati l'avocazione è obbligatoria (oltre che automatica), essa è invece facoltativa in due casi:
  • in caso di mancato accoglimento de plano della richiesta di archiviazione, quando il giudice fissi l'udienza camerale ai sensi dell'art. 409;
  • quando il giudice dell'udienza preliminare, ritenendo incomplete le indagini, indica al pubblico ministero ulteriori indagini da svolgere ai sensi della norma in esame.

All'esito dell'udienza preliminare, infatti, se il giudice ritiene che quanto esposto dalla parti sia sufficiente e di essere già in grado di poter decidere allo stato degli atti, dichiara chiusa la discussione ai sensi dell'art. 421.

Per contro, qualora ritenga di non poter decidere allo stato degli atti per via dell'incompletezza delle indagini, fissa un nuovo termine per il compimento di ulteriori indagini e di conseguenza una nuova data per l'udienza preliminare, senza che ciò tolga alcuna validità alle indagini ed al quadro probatorio già delineatisi.

Al fine di sottrarre le funzioni d'accusa ad un magistrato dimostratosi poco solerte, la norma prevede che del provvedimento di cui al comma sia data comunicazione al procuratore generale presso la corte d'appello, affinchè possa discrezionalmente disporre l'avocazione delle indagini, in applicazione di quanto disposto dall'articolo 412 comma 1.

Massime relative all'art. 421 bis Codice di procedura penale

Cass. pen. n. 20549/2010

È abnorme, ed è pertanto ricorribile per cassazione, il provvedimento con cui il G.u.p., investito della richiesta di giudizio abbreviato subordinato ad integrazione probatoria, ordini lo svolgimento di ulteriori atti di indagine a norma dell'art. 421- bis, c.p.p., assegnando al P.M. un termine per il loro espletamento.

Cass. pen. n. 42131/2008

È illegittimo ma non abnorme il provvedimento con cui il giudice dell'udienza preliminare dichiari l'inutilizzabilità, o altro vizio meramente procedurale, di un atto compiuto dal P.M., disponendo che questi provveda a completare le indagini mediante la rinnovazione dell'atto. (La Corte ha precisato che l'integrazione prevista dall'art. 421-bis cod.proc.pen. riguarda esclusivamente gli adempimenti istruttori, e non si estende alla sanatoria dei vizi procedurali, e che il provvedimento impugnato, sotto il profilo strutturale, per la sua singolarità, non si pone al di fuori del sistema organico della legge processuale e, sotto il profilo funzionale, non determina la stasi del processo e l'impossibilità di proseguirlo).

Cass. pen. n. 6777/2006

È illegittima la decisione del giudice di appello che dichiari inutilizzabili i documenti (nella specie consulenza, bilanci, relazioni ecc) — prodotti dalla difesa dell'imputato, in sede di udienza preliminare, prima della richiesta del giudizio abbreviato — in quanto la richiesta di giudizio abbreviato può essere, ex art. 438, comma secondo, c.p.p., presentata fino a quando non siano state formulate le conclusioni e, quindi, anche dopo l'eventuale integrazione istruttoria disposta dal giudice dell'udienza preliminare, ex art. 421 bis o 422 c.p.p. e a maggior ragione successivamente alle produzioni documentali che il giudice dell'udienza preliminare, ex art. 421 comma terzo, c.p.p., ammette dopo la costituzione delle parti. Ne deriva che, in tal caso, l'erronea dichiarazione dell'invalidità della prova integra un error in procedendo censurabile in sede di legittimità ai sensi dell'art. 606, comma primo, lett. c) c.p.p.

Cass. pen. n. 702/2004

È illegittima, ancorché non abnorme, l'ordinanza con la quale il giudice dell'udienza preliminare, avvalendosi del disposto di cui all'art. 421 bis, comma 1, c.p.p., rinvii l'udienza onde dar modo al pubblico ministero di provvedere, ai sensi dell'art. 26 della legge 1 marzo 2001, n. 63, alla rinnovazione dell'esame dei soggetti indicati negli artt. 64 e 197 bis c.p.p., atteso che l'incompletezza delle indagini, cui si riferisce il citato art. 421 bis, può consistere solo in alcune istruttorie inerenti al merito del procedimento e non in irregolarità formali che diano luogo a nullità o inutilizzabilità degli atti assunti.

Cass. pen. n. 25546/2002

Non è abnorme, ma costituisce una mera irritualità, l'anticipata integrazione delle indagini disposta dal Gup ai sensi dell'art. 421 bis c.p.p. prima del momento stabilito da detta norma nella fase conclusiva dell'udienza preliminare, atteso che il provvedimento è stato comunque emesso nella sua sede propria dell'udienza preliminare e previa conoscenza del contenuto del fascicolo del P.M.

Cass. pen. n. 12845/2002

In tema di riesame, allorché sia stato disposto il rinvio a giudizio per il reato in ordine al quale è stata applicata una misura cautelare, non è preclusa la valutazione dei gravi indizi di colpevolezza da parte del tribunale investito della richiesta di riesame, giacché, da una parte, il decreto di rinvio a giudizio — pur dopo le modifiche apportate alla disciplina dell'udienza preliminare dalla L. 16 dicembre 1999, n. 479, con particolare riferimento alle disposizioni degli artt. 421 bis, 422 e 425, comma 3, c.p.p. — non è il risultato di una valutazione positiva dei gravi indizi di colpevolezza tale da precludere sul punto l'esame del giudice de libertate e dall'altra, l'inoppugnabilità del decreto che dispone il giudizio renderebbe di fatto irrimediabile, per tutto il corso del giudizio di primo grado, l'errore eventualmente commesso dal giudice nel ritenere sussistente il requisito dei gravi indizi di colpevolezza, con grave disparità di trattamento rispetto al caso dell'imputato il quale sia stato tratto a giudizio con citazione diretta da parte del pubblico ministero, ai sensi dell'art. 550 c.p.p.

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