Sia il controllo del giudice in ordine alla
giurisdizione, sia quello in ordine alla
competenza, svelano un duplice scopo perseguito dal legislatore.
Da una parte si è tentato di anticipare al massimo la risposta definitiva sulla questione. Dall'altra parte, si è cercato di scongiurare i rischi derivanti dalla regressione dei procedimenti, casomai la questione venisse sollevata più avanti nel corso del procedimento.
Perseguendo gli obiettivi suesposti, la norma in commento stabilisce i
momenti in cui può essere eccepito il difetto di giurisdizione.
Pertanto, qualora il giudice penale ritenga che sul reato dovrebbe pronunciarsi un
giudice speciale (o viceversa), egli può sollevare la questione anche d'ufficio,
in ogni stato e grado del procedimento, e quindi sin dall'inizio delle
indagini preliminari.
Se il difetto di giurisdizione è rilevato nel corso delle indagini preliminari, il giudice provvede con
ordinanza e dispone la restituzione degli atti al
pubblico ministero,
dovendosi precisare che tale ordinanza non risolve uan volta per tutte la questione. Ad esempio, su di una successiva richiesta del pubblico ministero, il giudice può decidere su di essa, riconoscendo implicitamente la propria giurisdizione.
Dopo la chiusura delle indagini preliminari, invece, il giudice decide con
sentenza, ordinando eventualmente la trasmissione degli atti all'autorità competente (non trasmetterà invece gli atti qualora vi sia difetto assoluto di giurisdizione, come quando nessun giudice penale abbia il potere di decidere sulla questione).