Cass. civ. n. 24334/2014
L'art. 330 cod. proc. civ. - secondo cui l'impugnazione deve essere notificata, in mancanza di diversa indicazione contenuta nell'atto di notificazione della sentenza, presso il procuratore costituito o nella residenza dichiarata o nel domicilio eletto per il giudizio - si applica anche alla revocazione per errore di fatto contro le sentenze della Corte di cassazione, rientrando questa tra i mezzi di impugnazione.
Cass. civ. n. 862/2011
La scelta del legislatore, espressa dalla norma di cui all'art. 391 ter c.p.c., di non assoggettare a revocazione anche le sentenze di mera legittimità della Corte di cassazione, oltre a quelle che decidono anche il merito, emesse ai sensi dell'art. 384, secondo comma, c.p.c., non comporta vizi d'incostituzionalità della norma di cui al citato art. 391 ter, sia perchè l'estensione delle ipotesi di revocazione delle sentenze della Corte di Cassazione può essere operata solo dal legislatore, nell'ambito delle valutazioni discrezionali di sua competenza, alle quali non rimane estranea l'esigenza, costituzionalizzata nell'art. 111 Cost. di evitare che i giudizi si protraggano all'infinito, sia perché un'eventuale difforme interpretazione della norma richiederebbe al giudice delle leggi un'inammissibile addizione, ponendo in essere un significativo mutamento dell'intero sistema processuale vigente.
Cass. civ. n. 10867/2008
Avverso le sentenze di mera legittimità della Corte di cassazione non è ammissibile l'impugnazione per revocazione per contrasto di giudicati, ai sensi dell'art. 395, n. 5, c.p.c., non essendo tale ipotesi espressamente contemplata nella disciplina anteriore al D.L.vo n. 40 del 2006 (applicabile nella specie ), né in quella successiva ( artt. 391 bis e 391 ter c.p.c. ), secondo una scelta discrezionale del legislatore non in contrasto con alcun principio e norma costituzionale, atteso che il diritto di difesa e altri diritti costituzionalmente garantiti non risultano violati dalla disciplina delle condizioni e dei limiti entro i quali può essere fatto valere il giudicato, la cui stabilità rappresenta un valore costituzionale condivisibile anche alla luce della circostanza che l'ammissibilità di tale impugnazione sarebbe logicamente e giuridicamente incompatibile con la natura delle sentenze di mera illegittimità, che danno luogo solo al giudicato in senso formale e non a quello sostanziale.