Cass. civ. n. 10140/2020
La rinuncia al ricorso per cassazione produce l'estinzione del processo anche in assenza di accettazione, non avendo tale atto carattere "accettizio" per essere produttivo di effetti processuali e, determinando il passaggio in giudicato della sentenza impugnata, comporta il venir meno dell'interesse a contrastare l'impugnazione, fatta salva, comunque, la condanna del rinunciante alle spese del giudizio. (Dichiara inammissibile, COMM.TRIB.REG. L'AQUILA, 11/03/2011).
Cass. civ. n. 9474/2020
Quando alla rinuncia al ricorso per cassazione non abbia fatto seguito l'accettazione dell'altra parte, pur estinguendosi il processo, non opera l'art. 391, comma 4, c.p.c., come modificato dal d.lgs. n. 40 del 2006, che esclude la condanna alle spese in danno del rinunciante, spettando al giudice il potere discrezionale di negarla solo in presenza di specifiche circostanze meritevoli di apprezzamento, idonee a giustificare la deroga alla regola generale della condanna del rinunciante al rimborso delle spese sostenute dalle altre parti. (Dichiara estinto il processo, CORTE D'APPELLO MILANO, 27/05/2016).
Cass. civ. n. 14922/2015
In caso di rinuncia al ricorso per cassazione intervenuta dopo la fissazione dell'udienza pubblica o camerale e della relativa comunicazione alle parti, ai sensi dell'art. 377 cod. proc. civ., non può trovare applicazione l'art. 391, comma 1, cod. proc. civ., che riguarda l'ipotesi in cui il procedimento di trattazione non abbia avuto inizio, e l'estinzione del processo va dichiarata con ordinanza, tale essendo la forma di decisione collegiale prevista dall'art. 375, n. 3, cod. proc. civ. per provvedere in ordine all'estinzione in ogni caso diverso dalla rinuncia.
Cass. civ. n. 19980/2014
L'art. 391, primo comma, cod. proc. civ. (nel testo sostituito dall'art. 15 del d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40), alludendo ai "casi di estinzione del processo disposta per legge", si riferisce sia alle ipotesi in cui l'estinzione del processo è disposta direttamente dalla legge, senza necessità di comportamenti diretti ad integrare la fattispecie estintiva, sia a quelle in cui tali comportamenti siano necessari poiché l'effetto estintivo è previsto dalla norma in ragione del verificarsi all'esterno del processo di cassazione di determinati fatti che poi devono essere rappresentati e fatti constare. Ne consegue che, ricorrendone i presupposti di legge e salvo che si debba necessariamente pronunciare sentenza ovvero ordinanza camerale ai sensi degli artt. 375, n. 3, e 380 bis cod. proc. civ., in entrambi i casi è possibile procedere alla dichiarazione di estinzione con decreto ai sensi dell'art. 391 cod. proc. civ.
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Il decreto di cui all'art. 391, primo comma, cod. proc. civ. ha la medesima funzione (di pronuncia sulla fattispecie estintiva) e il medesimo effetto (di attestazione che il processo di cassazione deve chiudersi perché si è verificato un fenomeno estintivo) che l'ordinamento processuale riconosce alla sentenza o all'ordinanza, con la differenza che, mentre nei confronti dei suddetti provvedimenti è ammessa solo la revocazione ex art. 391 bis cod. proc. civ., avverso il decreto presidenziale l'art. 391, terzo comma, cod. proc. civ., individua, quale rimedio, il deposito di un'istanza di sollecitazione alla fissazione dell'udienza (collegiale) per la trattazione del ricorso. Tale istanza - che, non avendo carattere impugnatorio, non deve essere motivata - va depositata nel termine, da ritenersi perentorio (salva la generale possibilità di rimessione in termini prevista dall'art. 153, secondo comma, cod. proc. civ., aggiunto dall'art. 45, comma 19, della legge 18 giugno 2009, n. 69), di dieci giorni dalla comunicazione del decreto, indipendentemente dal fatto che quest'ultimo rechi o meno una pronuncia sulle spese.
Cass. civ. n. 15817/2009
In tema di giudizio di cassazione, l'art. 391, terzo comma, c.p.c., come novellato dall'art. 15 del D.L.vo 2 febbraio 2006, n. 40, nel prevedere che il decreto presidenziale di estinzione del processo abbia efficacia di titolo esecutivo se nessuna delle parti chieda la fissazione dell'udienza nel termine di dieci giorni dalla comunicazione, attribuisce alle parti in causa, che non ritengano esaustivo il provvedimento presidenziale di estinzione emanato a seguito della rinunzia, la possibilità di chiedere alla Corte di pronunciarsi sulla controversia, senza imporre l'onere di indicare i motivi di tale richiesta.Tale disposizione, infatti, non configurando un rimedio di carattere impugnatorio, consente alle parti di chiedere il passaggio ad una fase successiva per un esame completo della controversia, nell'ambito della quale la Corte può valutare se l'istanza di estinzione sia stata correttamente emanata oppure, in caso contrario, procedere all'esame del ricorso per cassazione.
Cass. civ. n. 9883/2006
In tema di processo in cassazione, deve ritenersi di immediata applicazione, in quanto non concerne le regole relative alla proposizione del ricorso per cassazione, la disposizione dell'art. 391 c.p.c., come novellato dall'art. 15 del D.L.vo 2 febbraio 2006, n. 40, secondo cui, in caso di rinunzia al ricorso, il presidente, qualora non occorra decidere altri ricorsi contro lo stesso provvedimento, provvede con decreto alla dichiarazione di estinzione del processo che ha efficacia di titolo esecutivo se nessuna delle parti chiede la fissazione dell'udienza nel termine di dieci giorni dalla comunicazione del decreto medesimo.
Cass. civ. n. 8115/2006
Non vi è luogo a pronuncia sulle spese processuali, qualora, a seguito dell'intervenuta accettazione della rinunzia al ricorso per cassazione, sia dichiarata, con decreto del presidente della medesima Corte, la estinzione del giudizio, ai sensi dell'art. 391 c.p.c., come sostituito dall'art. 15 del D.L.vo 2 febbraio 2006, n. 40.