Il
terzo chiamato in causa deve costituirsi secondo le forme di costituzione previste per il
convenuto all’
art. 166 del c.p.c. ed all’
art. 167 del c.p.c. comma 1 ed all’
art. 171 ter del c.p.c. (il richiamo a quest’ultima norma, che disciplina le memorie integrative ed i cui termini si estendono anche al terzo chiamato, è stato introdotto dalla Riforma Cartabia).
Ciò significa che la costituzione deve avvenire almeno settanta giorni prima dell'udienza di
comparizione fissata nell'
atto di citazione, a mezzo di
procuratore o personalmente nei casi consentiti.
E’ stata soppressa (rispetto al previgente testo) la facoltà del terzo di costituirsi all'udienza, e ciò in considerazione della circostanza che, a fronte dell'ampliamento soggettivo del
contraddittorio, occorreva organizzare tempi e modi per la costituzione del terzo chiamato e per la difesa delle parti originarie di fronte alle domande ed eccezioni da lui proposte.
Egli depositerà in
cancelleria il proprio fascicolo contenente:
a) la comparsa;
b) la copia notificatagli della citazione;
c) la procura;
d) i documenti che offre in
comunicazione.
Sono soggette a
decadenza, se non esercitate nella comparsa, la facoltà di proporre domande riconvenzionali e di chiamare in causa un terzo.
La facoltà di proporre eccezioni, invece, è lasciata alla sola disponibilità di parte anche dopo la costituzione e fino ad un momento anteriore all'udienza di trattazione, ossia a non meno di venti giorni prima di essa.
Una volta che il giudice ha verificato
ex officio la regolarità del contraddittorio, l'udienza alla quale il terzo è chiamato coincide con l'
udienza di prima comparizione.
Sebbene per l'attore e il convenuto il giudizio risulti già iniziato, il terzo chiamato in causa non è soggetto ad alcuna preclusione; inoltre, purchè si costituisca tempestivamente, oltre ad avere piene facoltà difensive, gli viene anche riconosciuta la possibilità di chiamare, a sua volta, altri soggetti terzi a prendere parte al processo.
Quest’ultima richiesta deve essere prodotta nella comparsa di risposta ed occorre che sia autorizzata dal
giudice istruttore, secondo quanto disposto dal terzo comma dell’
art. 269 del c.p.c., così come previsto per l'attore.
L'unica differenza sta nel fatto che, nel caso del terzo, la chiamata di un ulteriore terzo non nasce dalla comparsa del convenuto, ma dall'interesse dello stesso.
Si ritiene che, a fronte della manifestazione di volontà del chiamato, non vi sia molto spazio per una valutazione del giudice, e che pertanto, al contrario di quanto accade per l'autorizzazione dell'attore ad effettuare una chiamata in causa (in cui il giudice deve accertare che l'interesse a tale chiamata sia effettivamente sorto dalle difese del convenuto), qui c'è solo da prendere atto della volontà del terzo.
Secondo altra tesi, invece, in considerazione dell'esigenza di evitare che, attraverso successive ed ingiustificate richieste di intervento, si possano dilatare eccessivamente i tempi processuali, va riconosciuto un notevole margine di discrezionalità nella concessione della autorizzazione alla chiamata.
Secondo parte della dottrina, le parti originarie non subiscono alcuna preclusione nei confronti del terzo chiamato, e ciò perché l’ultimo comma dell'
art. 269 del c.p.c., affermando che restano ferme per le parti le preclusioni ricollegate alla prima udienza di trattazione, fa riferimento alle preclusioni che si maturano fra le parti originarie, e non a quelle che si maturano fra le parti originarie ed il terzo.
Secondo altra parte della dottrina, invece, le parti originarie potranno avvalersi della
rimessione in termini, in considerazione del fatto che lo svolgimento di attività difensive ad opera del terzo costituisce causa oggettivamente non imputabile alle parti originarie, di modo che esse avranno facoltà di esercitare tutti quei poteri processuali che siano conseguenza delle attività svolte dal terzo, salvaguardando così il
diritto di difesa costituzionalmente garantito alle parti e ai terzi coinvolti da un intervento coatto.