In questa norma vengono disciplinate le attività integrative dell’ispezione già svolta e delle relative osservazioni formulate dal giudice istruttore e/o dal consulente tecnico e documentate nel
processo verbale.
L'elencazione che essa contiene deve considerarsi meramente esemplificativa, anche in considerazione del fatto che il progresso tecnologico consente di utilizzare nuove metodologie di riproduzione tecnico-scientifica di fatti o cose sopravvenuti nel tempo.
I documenti a cui fa riferimento la norma non possono essere quelli acquisiti mediante esibizione né quelli con i quali il giudice viene a contatto incidentalmente, solo indirettamente pertinenti alla cosa oggetto di ispezione.
In dottrina è stato ritenuto ammissibile che il giudice possa d'ufficio disporre l'
esecuzione di tali attività mediante l'
ordinanza ammissiva dell'ispezione o durante la stessa ispezione.
Le “
riproduzioni” a cui fa riferimento la rubrica della norma sono diverse da quelle previste dall'
art. 2712 del c.c., in quanto queste ultime presuppongono l'iniziativa di parte e si riferiscono ad attività precostituite al processo.
In relazione a queste ultime il giudice ne prende conoscenza, senza necessità di fare ricorso al meccanismo previsto dalla presente norma.
Il rifiuto della parte di acconsentire all'esperimento disposto dal giudice potrà essere valutato come argomento di prova secondo il disposto dell’
art. 116 del c.p.c., mentre il rifiuto del terzo non potrà essere in alcun modo sanzionato.
Ispezione ed esperimento giudiziale si differenziano sotto il profilo oggettivo, in quanto mentre attraverso l’ispezione il giudice ha possibilità di rilevare dei dati in relazione ad un oggetto considerato nella sua dimensione statica, l'esperimento giudiziale consiste nel tentativo di riprodurre il fatto nella sua dinamicità, al fine di desumerne criticamente elementi di valutazione.
Si afferma che l'esperimento non può configurarsi come una prova diretta, in quanto si limita a verificare una massima di esperienza.
La dottrina parla di prova scientifica, dovendosi fare applicazione di metodi sperimentali basati su massime d'esperienza (tratte da leggi naturali e conoscenze tecnico-scientifiche), che consentono di verificare con quale grado di regolarità ad una medesima serie causale conseguano i medesimi effetti.
Il terzo comma si occupa di disciplinare il caso in cui si rendano necessarie specifiche conoscenze tecniche.
In tal caso, fatta eccezione per l'ipotesi in cui lo stesso giudice ovvero il consulente tecnico possiedano le competenze tecniche necessarie, l'esecuzione dell'esperimento può essere affidata ad un esperto, il quale sarà tenuto a prestare giuramento ex
art. 193 del c.p.c..