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Articolo 198 Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Esame contabile

Dispositivo dell'art. 198 Codice di procedura civile

Quando è necessario esaminare documenti contabili e registri, il giudice istruttore può darne incarico al consulente tecnico, affidandogli il compito di tentare la conciliazione delle parti (1).

Il consulente sente le parti e, previo consenso di tutte, può esaminare anche documenti e registri non prodotti in causa. Di essi tuttavia senza il consenso di tutte le parti non può fare menzione nei processi verbali o nella relazione di cui all'articolo 195 (2).

Note

(1) I documenti contabili o i registri possono essere già prodotti in causa o non prodotti: in questo secondo caso, l'esame del consulente deve essere volto a tentare la conciliazione delle parti, le quali debbono peraltro prestare il proprio consenso.
Se la conciliazione riesce, si redige apposito processo verbale (art. 199 del c.p.c.). Diversamente, il consulente depositerà una relazione scritta con i risultati della sua indagine e le dichiarazioni di parte potranno essere valutate dal g.i. come argomenti di prova ai sensi dell'art. 116, secondo comma, c.p.c.
(2) Secondo la giurisprudenza, qualora il consulente tenga conto, senza il consenso delle parti, di documenti o registri non prodotti in causa, si verifica una ipotesi di nullità relativa della consulenza (art. 157 del c.p.c.), sanabile laddove non sia fatta valere nella prima istanza o difesa successiva al deposito della relazione.

Spiegazione dell'art. 198 Codice di procedura civile

La presente disposizione, insieme ai due articoli successivi, disciplina la specifica figura del consulente tecnico incaricato di un esame contabile, attraverso cui è consentito, previo assenso delle parti, di esaminare anche documenti non prodotti in giudizio, al precipuo fine di esperire un tentativo di conciliazione delle stesse parti, suscettibile, in caso di esito positivo, di sfociare in un documento avente efficacia e valore di titolo esecutivo.

Sotto il profilo del fondamento della disposizione, si preferisce quella tesi secondo cui esso va ravvisato nella esigenza di tutelare la segretezza di documenti relativi alla conduzione o gestione di un’impresa o in genere di qualunque amministrazione patrimoniale.
In ogni caso, poiché si tratta chiaramente di fattispecie speciale, insuscettibile di applicazione analogica, occorre che il suo ambito applicativo resti circoscritto.

Il ricorso a questa particolare forma di esame contabile è giustificato dalla tipologia dell'indagine che viene affidata al consulente e dalla metodologia che egli deve seguire.
La sua attività dovrà, infatti, incentrarsi sull'esame di documenti contabili e registri, al fine di accertare l'ammontare di un debito, il valore di un bene, l'entità di un danno, ed altri aspetti similari.

Due sono i presupposti essenziali perché possa farsi ricorso a questa particolare forma di consulenza:
1. deve trattarsi di controversie in cui si renda necessaria una dettagliata disamina di registri, conti e scritture, relativa ad un rapporto o a tutta una serie di rapporti di diritto sostanziale;
2. devono essere stati prodotti in causa documenti contabili, malgrado la sussistenza di altri registri o scritture che, pur essendo rilevanti, non siano stati prodotti.

Le facoltà riconosciute da questa norma al consulente contabile devono intendersi teleologicamente indirizzate ad esperire il tentativo di conciliazione, che costituisce una fase estranea alle operazioni di consulenza vera e propria.

Per tale ragione la disposizione prevede una duplice manifestazione di consenso delle parti:
a) quella volta ad abilitare il consulente all'esame dei documenti non prodotti in causa;
b) quella con cui si legittima il consulente alla menzione e all'utilizzo di tali documenti nella sua relazione, qualora non si dovesse pervenire ad una bonaria definizione della controversia.

La mancanza di assenso delle parti all'utilizzo di documenti contabili non prodotti in causa, ponendosi in violazione della presente norma, provoca la nullità relativa della consulenza, che si intende comunque sanata qualora non dovesse essere eccepita dalla parte interessata nella prima istanza o difesa successiva al deposito della relazione peritale.

Massime relative all'art. 198 Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 15620/2017

In applicazione dell'art. 157, comma 3, c.p.c., non è legittimata a dedurre la nullità della sentenza, in quanto basata su documenti tardivamente prodotti, la stessa parte che abbia effettuato la relativa produzione, ancorché per il tramite del proprio consulente tecnico. (Dichiara inammissibile, CORTE D'APPELLO BRESCIA, 16/12/2015).

Cass. civ. n. 8403/2016

In tema di preclusioni nel corso di una consulenza tecnica contabile, si deve escludere l'ammissibilità della produzione tardiva di prove documentali concernenti fatti e situazioni poste direttamente a fondamento della domanda e delle eccezioni di merito, essendo, al riguardo irrilevante il consenso della controparte atteso che, ai sensi dell'art. 198 c.p.c., quest'ultimo può essere espresso solo con riferimento all'esame di documenti accessori, cioè utili a consentire una risposta più esauriente ed approfondita al quesito posto dal giudice. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che aveva considerato inammissibile la produzione di nuova ed ulteriore documentazione volta ad accertare la morosità della controparte ed il calcolo, su di essa, dei relativi interessi, tenuto anche conto della riconvocazione in grado d'appello dei consulenti per fornire chiarimenti). (Rigetta, App. Palermo, 04/03/2010).

Cass. civ. n. 12921/2015

Il consulente tecnico di ufficio ha il potere di acquisire ogni elemento necessario per espletare convenientemente il compito affidatogli, anche se risultanti da documenti non prodotti in giudizio, sempre che non si tratti di fatti che, in quanto posti direttamente a fondamento delle domande e delle eccezioni, debbono essere provati dalle parti.

Cass. civ. n. 24549/2010

In tema di preclusione relative a produzioni documentali, nel corso di una consulenza contabile, si deve escludere l'ammissibilità della produzione tardiva di prove documentali concernenti fatti e situazioni poste direttamente a fondamento della domanda e delle eccezioni di merito, essendo, al riguardo irrilevante il consenso della controparte atteso che, ai sensi dell'art. 198 c.p.c. tale consenso può essere espresso solo con riferimento all'esame di documenti accessori, cioè utili a consentire una risposta più esauriente ed approfondita al quesito posto dal giudice. (Nella fattispecie la pronuncia di secondo grado, con valutazione condivisa in sede di legittimità, aveva dichiarato l'inammissibilità della produzione di contabili bancarie in corso di ctu relativa a revocatoria fallimentare di rimesse).

Cass. civ. n. 8659/1999

Il consulente tecnico d'ufficio, nell'ambito di un esame contabile, può tenere conto di documenti non ritualmente prodotti in causa soltanto con il consenso delle parti. In mancanza di tale elemento la suddetta attività dell'ausiliare è, al pari di ogni altro vizio della consulenza tecnica, fonte di nullità relativa soggetta al regime di cui all'art. 157 c.p.c. con la conseguenza che il difetto deve ritenersi sanato se non è fatto valere nella prima istanza o difesa successiva al deposito della relazione peritale.

Cass. civ. n. 517/1968

Il principio in base al quale il giudice del merito, quando riconosce esatte le conclusioni del consulente tecnico d'ufficio, non è tenuto ad esprimere le particolari ragioni del suo convincimento non può valere quando lo stesso consulente tecnico, chiamato ad esaminare alcune partite di un conto, abbia espresso dei dubbi su alcune partite di esso, rimettendo ogni definitivo giudizio al giudice, costituendo in tal caso l'opinione del consulente, più che espressione di un giudizio tecnico, un apprezzamento probatorio circa il fatto sottoposto al suo esame. Le eventuali nullità della consulenza tecnica hanno sempre valore relativo per cui, se non fatte valere nella prima istanza o difesa successiva al deposito della relazione, sono sanate. La sanatoria si estende anche alle nullità derivanti dall'aver tenuto indebitamente conto, senza il consenso delle parti di documenti non regolarmente prodotti in causa, che il consulente tecnico, a norma dell'art. 198 c.p.c., può esaminare soltanto al limitato fine di tentare, in materia contabile la conciliazione tra le parti stesse.

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Consulenze legali
relative all'articolo 198 Codice di procedura civile

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Hoa chiede
domenica 02/11/2014 - Lombardia
“Buon giorno, ho in corso la separazione giudiziale, siamo all'ultima udienza delle prove testimonianza. Il legale precedente non ha introdotto gli estratti conto nel fascicolo per provare che ho sempre fatto le spese per tutta la famiglia. Ho l'esito della Ctu ma non ha riferito di questo argomento. Ho la necessità di introdurre gli estratti conti nel fascicolo, se c'è la possibilità tramite la Ctu. Ringrazio e cordiali saluti”
Consulenza legale i 05/11/2014
Il quesito proposto riguarda la possibilità per la parte nel giudizio di separazione di produrre nuova documentazione in una fase avanzata del processo, ossia quando è già spirato il termine per depositare i documenti assieme alle memorie previste dal sesto comma dell'art. 183 del c.p.c..

Va premesso che nel processo civile vige il cosiddetto principio dispositivo, che stabilisce per il giudice l'obbligo di porre a fondamento della sua decisione soltanto gli elementi di prova forniti dalle parti, salvo casi eccezionali. E nel giudizio ordinario di cognizione, le parti possono produrre documenti (inseriti nei rispettivi fascicoli) solo fino al già citato termine previsto dall'art. 183 c.p.c.
L'unica eccezione è data dalla possibilità per la parte di dimostra di essere incorsa in decadenze per causa a lei non imputabile, con richiesta al giudice di essere rimessa in termini (art. 153 del c.p.c.): ma questa ipotesi non può applicarsi alla fattispecie in esame, in quanto gli estratti conto erano certamente già nelle mani della parte all'inizio del procedimento.
Si deve quindi escludere che possa essere prodotta ora della documentazione "nuova".

Ci si è chiesti se il CTU possa basarsi anche su documentazione non già agli atti, quando sono scaduti i termini perentori posti dalla legge alle parti. La risposta è negativa: è escluso che il consulente possa acquisire di sua iniziativa nuova documentazione e su questa fondare la risposta ai quesiti formulatigli dal giudice.
La giurisprudenza ammette solo in casi assolutamente marginali che il CTU possa acquisire documenti sua sponte (v. Cass. civ., sez. III, 14.2.2006 n. 3191: “La consulenza tecnica d'ufficio non è mezzo istruttorio in senso proprio, avendo la finalità di coadiuvare il giudice nella valutazione di elementi acquisiti o nella soluzione di questioni che necessitino di specifiche conoscenze, con la conseguenza che il suddetto mezzo di indagine non può essere utilizzato al fine di esonerare la parte dal fornire la prova di quanto assume, ed è quindi legittimamente negata qualora la parte tenda con essa a supplire alla deficienza delle proprie allegazioni o offerte di prova, ovvero di compiere una indagine esplorativa alla ricerca di
elementi, fatti o circostanze non provati. Al limite costituito dal divieto di compiere indagini
esplorative è consentito derogare unicamente quando l'accertamento di determinate situazioni di fatto possa effettuarsi soltanto con l'ausilio di speciali cognizioni tecniche, essendo in questo caso consentito al c.t.u. anche di acquisire ogni elemento necessario a rispondere ai quesiti, sebbene risultante da documenti non prodotti dalle parti, sempre che si tratti di fatti accessori e rientranti nell'ambito strettamente tecnico della consulenza, e non di fatti e situazioni che, essendo posti direttamente a fondamento della domanda o delle eccezioni delle parti, debbano necessariamente essere provati dalle stesse
”). Nel nostro caso, non ci troviamo nell'ipotesi descritta dalla sentenza citata, in quanto i pagamenti effettuati dal coniuge nel corso del matrimonio costituiscono un fatto che doveva essere provato dalla parte stessa, peraltro in maniera semplice, attraverso il deposito di estratti conto bancari.

Tale fatto costitutivo della domanda del coniuge in giudizio potrà essere provato eventualmente per testimoni se inserito nella lista dei capitoli di prova (che deve essere stata stilata sempre all'interno delle memorie ex art. 183, sesto comma, c.p.c.). Se il fatto fosse confermato dai testimoni, il giudice non potrebbe non tenerne conto, anche se gli importi non vengono indicati nella CTU.

Per completezza, si precisa che in questo caso non sarebbe stato possibile nemmeno chiedere al giudice un ordine di esibizione ex art. 210 del c.p.c.: difatti, solo la parte che non abbia la materiale disponibilità di un documento può chiedere al giudice che ordini alla controparte o a un terzo la sua esibizione (“L'esibizione, a norma dell'art. 210 cod. proc. civ., poi, non può essere ordinata allorché l'istante avrebbe potuto di propria iniziativa acquisire la documentazione in questione, acquisendone copia e producendola in causa”, Cass. civ., sez. III, 6.10.2005 n. 19475). In ogni caso, va ricordato che l'ordine di esibizione costituisce una mera facoltà del giudice (egli non è tenuto a disporlo, anche se una parte glielo chiede) e che comunque la richiesta di esibizione documentale è soggetta alle preclusioni processuali previste in tema di istanze istruttorie.