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Articolo 166 Codice dell'ambiente

(D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152)

[Aggiornato al 15/11/2024]

Usi delle acque irrigue e di bonifica

Dispositivo dell'art. 166 Codice dell'ambiente

1. I consorzi di bonifica ed irrigazione, nell'ambito delle loro competenze, hanno facoltà di realizzare e gestire le reti a prevalente scopo irriguo, gli impianti per l'utilizzazione in agricoltura di acque reflue, gli acquedotti rurali e gli altri impianti funzionali ai sistemi irrigui e di bonifica e, previa domanda alle competenti autorità corredata dal progetto delle opere da realizzare, hanno facoltà di utilizzare le acque fluenti nei canali e nei cavi consortili per usi che comportino la restituzione delle acque e siano compatibili con le successive utilizzazioni, ivi compresi la produzione di energia idroelettrica e l'approvvigionamento di imprese produttive. L'Autorità di bacino esprime entro centoventi giorni la propria determinazione. Trascorso tale termine, la domanda si intende accettata. Per tali usi i consorzi sono obbligati al pagamento dei relativi canoni per le quantità di acqua corrispondenti, applicandosi anche in tali ipotesi le disposizioni di cui al secondo comma dell'articolo 36 del te sto unico delle disposizioni di legge sulle acque e sugli impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775.

2. I rapporti tra i consorzi di bonifica ed irrigazione ed i soggetti che praticano gli usi di cui al comma 1 sono regolati dalle disposizioni di cui al capo I del titolo VI del regio decreto 8 maggio 1904, n. 368.

3. Fermo restando il rispetto della disciplina sulla qualità delle acque e degli scarichi stabilita dalla parte terza del presente decreto, chiunque, non associato ai consorzi di bonifica ed irrigazione, utilizza canali consortili o acque irrigue come recapito di scarichi, anche se depurati e compatibili con l'uso irriguo, provenienti da insediamenti di qualsiasi natura, deve contribuire alle spese sostenute dal consorzio tenendo conto della portata di acqua scaricata.

4. Il contributo di cui al comma 3 è determinato dal consorzio interessato e comunicato al soggetto utilizzatore, unitamente alle modalità di versamento.

4-bis. Con regolamento adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali e con il Ministro della salute, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e sentiti i competenti istituti di ricerca, definisce, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, i parametri fondamentali di qualità delle acque destinate ad uso irriguo su colture alimentari e le relative modalità di verifica, fatto salvo quanto disposto dall'articolo 112 del presente decreto e dalla relativa disciplina di attuazione e anche considerati gli standard di qualità, di cui al decreto legislativo 16 marzo 2009, n. 30, nonché gli esiti delle indagini e delle attività effettuati ai sensi del medesimo decreto legislativo. Con il regolamento di cui al presente comma si provvede, altresì, alla verifica ed eventualmente alla modifica delle norme tecniche per il riutilizzo delle acque reflue previste dal regolamento di cui al decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio 12 giugno 2003, n. 185.

Massime relative all'art. 166 Codice dell'ambiente

Cass. civ. n. 4309/2017

Occorre distinguere tra contributi dovuti dai proprietari - che obbligatoriamente fanno parte del consorzio per essere i loro fondi compresi nel perimetro consortile e traggono benefici dalle strutture di quello - e somme dovute da coloro che, pur non essendo proprietari di fondi compresi nel perimetro consortile, nondimeno utilizzano i canali consortili come recapito dei propri scarichi provenienti da insediamenti abitativi od industriali esterni; in tale quadro, solo le controversie sui primi vanno ricondotte, in virtù della confermata loro natura di oneri reali gravanti sul fondo, alla giurisdizione delle commissioni tributarie, mentre quelle sulle seconde vanno devolute, per la prevalenza della natura negoziale resa palese dalla previsione di una necessaria determinazione convenzionale di modalità ed entità del corrispettivo della fruizione dell'utilizzo, a quella del giudice ordinario.

La controversia relativa alle somme dovute ad un consorzio di bonifica dal gestore del servizio idrico integrato che, pur non potendo qualificarsi appartenente necessario al consorzio stesso, non essendo proprietario di terreni compresi nell'ambito territoriale di quest'ultimo, ne utilizzi canali e strutture come recapito di scarichi provenienti da insediamenti abitativi od industriali esterni, è devoluta alla giurisdizione ordinaria quando la normativa regionale di dettaglio preveda che la contribuzione venga assolta mediante il versamento di canoni determinati all'esito di una procedura negoziale, atteso che tale ipotesi è estranea a quella prevista dall'art. 21 del R.D. n. 215 del 1933, costituente, invece, un'obbligazione tributaria imposta ai proprietari dei fondi compresi nel perimetro consortile quale contributo, determinato direttamente dal consorzio percettore, per le opere di bonifica e miglioramento fondiario. (Fattispecie disciplinata dall'art. 6 della L.R. Marche n. 13 del 2013, che distingue due categorie di obbligazioni, l'una configurata quale onere reale a carico dei consorziati per il beneficio ritratto o ritraibile dalle opere consortili; l'altra riservata ai soggetti estranei al consorzio ma utenti particolarmente qualificati delle sue strutture, per la cui determinazione è prevista l'obbligatoria stipula, tra il consorzio ed il gestore suddetto, di una convenzione espressiva, nei suoi contenuti, dell'autonomia negoziale). (Regola giurisdizione).

Cons. Stato n. 3720/2016

La controversia relativa alle somme dovute ad un consorzio di bonifica, ai sensi dell'art. 166 del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (Codice dell'ambiente), da parte del gestore del servizio idrico integrato (che utilizzi canali consortili od acque irrigue come recapito di scarichi provenienti da insediamenti di qualsiasi natura) appartiene alla giurisdizione ordinaria, allorché la normativa regionale di dettaglio preveda che la contribuzione venga assolta mediante il versamento di canoni determinati all'esito di una procedura negoziale (Conferma della sentenza del T.a.r. Marche, Ancona, sez. I, n. 207/2016). La controversia relativa alle somme dovute ad un consorzio di bonifica, ai sensi dell'art. 27, c. 3, della L. 5 gennaio 1994, n. 36, e successivamente dell'art. 166 del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, da parte del gestore del servizio idrico integrato (che utilizzi canali consortili od acque irrigue come recapito di scarichi provenienti da insediamenti di qualsiasi natura) appartiene alla giurisdizione ordinaria, allorché la normativa regionale di dettaglio, come nel caso di specie, preveda che la contribuzione venga assolta mediante il versamento di canoni determinati all'esito di una procedura negoziale, differenziandosi in tale modo dalla contribuzione di bonifica prevista dall'art. 21 del R.D. 13 febbraio 1933, n. 215, costituente invece un'obbligazione tributaria a carico dei consorziati. È stato invero sottolineato che in tali ipotesi l'obbligazione gravante sul gestore nasce dal momento negoziale della convenzione tra Autorità d'Ambito e Consorzio di bonifica, e ciò evidenzia un modello differente rispetto a quello del contributo (per la gestione delle opere di bonifica) dovuto, alla stregua di onere reale (art. 860 c.c.), dai soggetti proprietari dei fondi ricompresi nei consorzi, avente natura indiscutibilmente tributaria, e dunque rientrante nella giurisdizione tributaria. Come ha osservato anche dalla giurisprudenza amministrativa la bilateralità della fonte determinativa del contributo esclude la connotazione propriamente tributaria, avendo la legge attribuito rilievo genetico e funzionale alla volontà delle parti nella costruzione della prestazione del servizio fornito dal Consorzio ed a quella, sinallagmatica, assicurata dal gestore, così che il canone dovuto dal gestore si atteggia principalmente quale corrispettivo di una prestazione commerciale complessa, la cui obbligatorietà non trae origine dall'atto impositivo, ma piuttosto dalla contrattazione che si colloca a monte, e che, seppure imposta dalla legge, resta espressiva nei suoi contenuti dell'autonomia negoziale.

Cass. civ. n. 7102/2011

La controversia relativa alle somme dovute ad un consorzio di bonifica, ai sensi dell'art. 27, comma 3, della legge 5 gennaio 1994, n. 36 e, successivamente, dell'art. 166 del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (Codice dell'ambiente) dal gestore del servizio idrico integrato che, non essendo associato al consorzio stesso, utilizzi canali consortili od acque irrigue come recapito di scarichi provenienti da insediamenti di qualsiasi natura, è devoluta alla giurisdizione ordinaria quando la normativa regionale di dettaglio preveda che la contribuzione venga assolta mediante il versamento di canoni determinati all'esito di una procedura negoziale, in tal modo differenziandosi della contribuzione di bonifica prevista dall'art. 21 del R.D. 13 febbraio 1933, n. 215, costituente, invece, una obbligazione tributaria a carico dei consorziati, in quanto determinata direttamente dal consorzio percettore quale contributo "pro quota" alle spese della gestione dei canali e delle opere di miglioramento. Rientra nella giurisdizione del giudice ordinario la controversia originata dalla contestazione della debenza dei corrispettivi dovuti dal gestore del servizio idrico integrato per conto dei proprietari di insediamenti (non compresi nel perimetro consortile) che, nondimeno, per il tramite del gestore, recapitano gli scarichi nei canali consortili.

Corte cost. n. 246/2009

L'autorizzazione dell'Autorità di bacino (art. 166, D.Lgs. n. 152/2006) è connessa alla funzione di difesa del suolo svolta da tale ente, perché è diretta a verificare che gli usi delle acque d'irrigazione regolati dalla norma ne consentano l'effettiva restituzione e la successiva utilizzazione. Sotto tale profilo, l'intervento autorizzatorio dell'Autorità di bacino mira a garantire la realizzazione delle finalità, riconducibili alla tutela dell'ambiente ed espresse, in particolare, dall'art. 63, c. 5, lettere b) e c), della difesa del suolo, della lotta alla desertificazione, della tutela delle acque e gestione delle risorse idriche, del controllo sull'impatto delle attività umane sullo stato delle acque (sentenza n. 232 del 2009). La disposizione attiene, dunque, alla materia della tutela dell'ambiente, di competenza legislativa esclusiva dello Stato. È inammissibile, per genericità di formulazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 166, comma 1, del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, per ritenuta violazione dell'art. 76 Cost., affermando che la norma denunciata viola la legge di delegazione, perché non rispetta le attribuzioni regionali e degli enti locali disciplinate dagli artt. 88 e 89 del D.Lgs. n. 112 del 1998. Tali disposizioni hanno un contenuto eterogeneo, in quanto prevedono dettagliati elenchi di attribuzioni il cui rapporto con le attribuzioni dei consorzi di bonifica avrebbe dovuto essere chiarito e specificato dalla ricorrente. Quest'ultima, invece, in modo non sufficientemente specifico, omette di individuare il denunciato eccesso di delega non indicando quali tra dette attribuzioni siano state violate, né chiarisce le ragioni dell'affermata violazione.

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