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Articolo 267 Codice dell'ambiente

(D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152)

[Aggiornato al 15/11/2024]

Campo di applicazione

Dispositivo dell'art. 267 Codice dell'ambiente

1. Il presente titolo, ai fini della prevenzione e della limitazione dell'inquinamento atmosferico, si applica agli impianti, inclusi gli impianti termici civili non disciplinati dal titolo II, ed alle attività che producono emissioni in atmosfera e stabilisce i valori di emissione, le prescrizioni, i metodi di campionamento e di analisi delle emissioni ed i criteri per la valutazione della conformità dei valori misurati ai valori limite.

2. Per gli impianti di incenerimento e coincenerimento e gli altri impianti di trattamento termico dei rifiuti i valori limite di emissione e altre prescrizioni sono stabiliti nell'autorizzazione di cui all'articolo 208. I valori limite e le prescrizioni sono stabiliti, per gli impianti di incenerimento e coincenerimento, sulla base del decreto legislativo 11 maggio 2005, n. 133, e dei piani regionali di qualità dell'aria e, per gli altri impianti di trattamento termico dei rifiuti, sulla base degli articoli 270 e 271 del presente titolo. Resta ferma l'applicazione del presente titolo per gli altri impianti e le altre attività presenti nello stesso stabilimento, nonché nei casi previsti dall'articolo 214, comma 8.

3. Resta fermo, per gli impianti sottoposti ad autorizzazione integrata ambientale, quanto previsto dal Titolo III-bis della parte seconda del presente decreto; per tali impianti l'autorizzazione integrata ambientale sostituisce l'autorizzazione alle emissioni prevista dal presente titolo ai fini sia della costruzione che dell'esercizio.

4. [Al fine di consentire il raggiungimento degli obiettivi derivanti dal Protocollo di Kyoto e di favorire comunque la riduzione delle emissioni in atmosfera di sostanze inquinanti, la normativa di cui alla parte quinta del presente decreto intende determinare l'attuazione di tutte le più opportune azioni volte a promuovere l'impiego dell'energia elettrica prodotta da impianti di produzione alimentati da fonti rinnovabili ai sensi della normativa comunitaria e nazionale vigente e, in particolare, della direttiva 2001/77/CE e del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, determinandone il dispacciamento prioritario. In particolare:

  1. a) potranno essere promosse dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con i Ministri delle attività produttive e per lo sviluppo e la coesione territoriale misure atte a favorire la produzione di energia elettrica tramite fonti rinnovabili ed al contempo sviluppare la base produttiva di tecnologie pulite, con particolare riferimento al Mezzogiorno;
  2. b) con decreto del Ministro delle attività produttive di concerto con i Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e dell'economia e delle finanze, da emanarsi entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della parte quinta del presente decreto, sono determinati i compensi dei componenti dell'Osservatorio di cui all'articolo 16 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, da applicarsi a decorrere dalla data di nomina, nel limite delle risorse di cui all'articolo 16, comma 6, del medesimo decreto legislativo e senza che ne derivino nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica;
  3. c) i certificati verdi maturati a fronte di energia prodotta ai sensi dell'articolo 1, comma 71, della legge 23 agosto 2004, n. 239, possono essere utilizzati per assolvere all'obbligo di cui all'articolo 11 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, solo dopo che siano stati annullati tutti i certificati verdi maturati dai produttori di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili così come definite dall'articolo 2, comma 1, lettera a), del decreto legislativo n. 387 del 2003;
  4. d) al fine di prolungare il periodo di validità dei certificati verdi, all'art. 20, comma 5, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, le parole «otto anni» sono sostituite dalle parole «dodici anni».](1)

Note

(1) Comma abrogato dal D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183.

Massime relative all'art. 267 Codice dell'ambiente

Cass. pen. n. 5347/2011

In tema di emissioni in atmosfera, sussiste l'obbligo dell'autorizzazione, di cui all'art. 269 Decreto Legislativo n. 152 del 2006, soltanto in relazione agli stabilimenti che producono effettivamente emissione in atmosfera con esclusione di quelli che sono solo potenzialmente idonei a produrre emissioni.

Cass. pen. n. 22765/2010

In tema di inquinamento atmosferico, sussiste continuità normativa tra le disposizioni di cui all'art. 24 e segg. del D.P.R. n. 203/1988 e quelle di cui all'art. 279 D.Lgs. n. 152/2006, atteso che in entrambe le disposizioni è previsto il rispetto dei limiti di emissione, l'obbligo di comunicare la messa in esercizio dell'impianto, l'obbligo di comunicare all'autorità competente i dati relativi alle emissioni. Sicché, in tema di gestione dei rifiuti, gli impianti per il trattamento degli stessi che comportano emissioni nell'atmosfera sono soggetti sia alle disposizioni di cui al D.Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22 in materia di rifiuti, sia a quelle di cui al D.P.R. 24 maggio 1988 n. 203, entrambi sostituiti dal D.Lgs 3 aprile 2006 n. 152.

Cass. pen. n. 22018/2010

Il reato di realizzazione di impianto in difetto di autorizzazione, di cui all'art. 24, comma primo, del D.P.R. n. 203 del 1988, sostituito, con continuità normativa, dall'art. 279, comma primo, del D.Lgs. n. 152 del 2006, pur non esaurendosi, in ragione della sua natura permanente, al momento di inizio della costruzione, perdura, in ogni caso, solo fintantoché lo svolgimento dell'attività soggetta a controllo rimanga ignoto alla pubblica amministrazione. (Fattispecie di cessazione della permanenza fatta coincidere con l'intervenuto accertamento di P.G.).

Cass. pen. n. 18774/2010

Il D.P.R. 25 luglio 1991 ha introdotto la distinzione tra attività che provocano emissioni poco significative ed impianti a ridotto inquinamento atmosferico, stabilendo, all'art. 2, che le attività ad inquinamento atmosferico poco significativo non necessitano di autorizzazione. Ai sensi dell'art. 5, comma 1, del citato D.P.R. le regioni e le altre autorità di cui all'art. 17 del D.P.R. n. 203/1988 autorizzano in via generale le attività di cui all'art. 4 e cioè quelle a ridotto inquinamento atmosferico. Ai sensi del secondo comma dell'art. 5 le amministrazioni citate possono altresì predisporre procedure specifiche anche con modelli semplificati di domande di autorizzazione in base ai quali le quantità e qualità delle emissioni siano deducibili dall'indicazione delle quantità di materie prime ed ausiliarie utilizzate nel ciclo. Orbene, dalle disposizioni di legge sopra riportate si evince chiaramente che occorre sempre uno specifico provvedimento regionale o delle altre autorità indicate dall'art. 7 del D.P.R. n. 203/1988 che o autorizzi in via generale l'esercizio delle attività a ridotto inquinamento atmosferico, individuandone specificamente, ovvero predisponga procedure specifiche di autorizzazione con modelli semplificati, altrimenti trovano sempre applicazione le sanzioni di cui al D.P.R. n. 203/1988. Ed infatti la possibilità di esercitare l'attività senza chiedere l'autorizzazione è concessa dal D.P.R. 25 luglio 1991 solo per impianti con emissioni poco significative. Proprio con riferimento alle disposizioni citate è stato reiteratamente affermato da questa Suprema Corte che sono assoggettate alla normativa generale di autorizzazione o di controllo le attività a ridotto inquinamento elencate nell'allegato 2 del D.P.R. 25 luglio 1991 n. 175, mentre ne sono esenti solo quelle i cui impianti provocano inquinamento atmosferico poco significativo, elencate nell'allegato 1 del medesimo D.P.R.

Cass. pen. n. 773/2010

In tema d'inquinamento atmosferico, l'art. 25 D.P.R. n. 203/1988 sanzionava l'inosservanza delle prescrizioni dettate nel provvedimento di autorizzazione o, successivamente, dall'autorità competente (il CRIAP), nonché il mancato adeguamento dell'impianto. L'art. 279, comma secondo, D.Lgs. n. 152/2006 sanziona ancora tale specifica condotta e tra le due previsioni sussiste continuità normativa, prevedendo il secondo comma dell'art. 279 la condotta di "chi, nell'esercizio di un impianto o di una attività, viola i valori limite di emissione o le prescrizioni stabiliti dall'autorizzazione, dall'allegato I alla parte quinta del presente decreto, dai piani e dai programmi o dalla normativa di cui all'art. 271 o le prescrizioni altrimenti imposte dall'autorità competente ai sensi del presente titolo

Corte cost. n. 315/2009

L'art. 15, comma 3 della legge della Provincia autonoma di Bolzano 10 giugno 2008, n. 4 è illegittimo giacché la disciplina statale concernente il rilascio dell'autorizzazione risponde all'esigenza di articolare unitariamente tale attività secondo principi che assicurino l'osservanza dei criteri stabiliti dalla normativa nazionale e quindi vincola il legislatore regionale. Pertanto, posto che la norma statale impone che l'autorizzazione preceda la messa in esercizio dell'impianto e che tale previsione costituisce un livello uniforme di tutela dell'ambiente, dettato dunque in materia di competenza esclusiva dello Stato, è costituzionalmente illegittima la norma provinciale in esame che deroga ad essa, consentendo al gestore di mettere in esercizio impianti che producono emissioni prima che l'Agenzia provinciale per l'ambiente esegua il collaudo e rilasci l'autorizzazione alle emissioni. Né può ritenersi che, alla luce di quanto stabilito dal legislatore statale, la prescritta autorizzazione possa essere sostituita dalla mera dichiarazione del gestore, sottoscritta da un tecnico qualificato iscritto al relativo albo professionale, di conformità dell'impianto al progetto già approvato, non assicurando la predetta dichiarazione un equivalente livello di tutela dell'ambiente.

Corte cost. n. 250/2009

L'art. 267, c. 4, lett. a), D.Lgs. n. 152/2006 non prevede l'adozione, da parte dello Stato, di atti che si sovrappongono alla sfera di competenza regionale e ne ledono l'autonomia finanziaria. La disposizione in oggetto si limita infatti ad impegnare lo Stato alla promozione dell'energia da fonti rinnovabili per mezzo di non meglio determinate «misure», la cui natura e il cui contenuto - allorché vengano adottate - non potranno che conformarsi all'attuale assetto delle competenze costituzionali di Stato e Regioni. Tra queste, non vi è dubbio che spicchi la competenza concorrente regionale in materia di produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia, mentre va esclusa la configurabilità di una competenza residuale concernente l'assetto asseritamente locale del sistema energetico; parimenti non si può escludere che le misure "promosse" dallo Stato possano lambire l'ambito riservato al governo del territorio, piuttosto che l'autonomia finanziaria della Regione, pur in un contesto finalistico che parimenti attiva le competenze nazionali in tema di tutela dell'ambiente e di tutela della concorrenza: sarà, perciò, necessario che l'intervento dello Stato sia rispettoso di siffatti limiti, anche con riguardo all'introduzione di forme di coinvolgimento della Regione.

Cass. pen. n. 40964/2006

La condotta del reato di cui all'art. 25, D.P.R. n. 203/1988 (esercizio di impianto senza richiesta di autorizzazione) è incriminata soltanto quando esista il presupposto previsto dalla legge, che si tratti cioè di un impianto capace di produrre emissioni nell'atmosfera. Mancando questo presupposto, la gestione dell'impianto non è soggetta alla richiesta di autorizzazione. Queste considerazioni diventano ancora più cogenti dopo l'entrata in vigore del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (norme in materia ambientale), che con l'art. 280 ha abrogato il D.P.R. n. 203/1988, riordinando, coordinando e integrando la disciplina abrogata in una nuova normativa contenuta nella Parte Quinta (norme in materia di tutela dell'aria e di riduzione delle emissioni in atmosfera). Invero l'art. 267, comma 1, definisce in modo più rigoroso e restrittivo il presupposto del reato, che non è più la generica possibilità (come nella disciplina previgente), ma la concreta attività di produzione delle emissioni da parte dell'impianto.

Cons. Stato n. 3656/2006

I controlli periodici dei fumi e dei gas di combustione, nonché il controllo dei depositi dei combustibili, che il D.P.G.R Bolzano n. 2/93, emanato in esecuzione della Legge provinciale 18/92 ( Norme generali per la prevenzione degli incendi e per gli impianti termici), affida agli spazzacamini, non rientrano nelle attribuzioni proprie della professione di chimico, in quanto si risolvono in atti necessari o utili all'atto professionale, ma non tipici, il cui esercizio ben può essere dall'ordinamento attribuito a soggetti estranei alla professione tutelata, sempre e nella misura in cui non si traduca nell'esecuzione del nucleo centrale dell'atto tipico professionale riservato.

Cass. pen. n. 11556/2006

Il "parametro di legalità" per l'emissione, deve individuarsi nel contenuto del provvedimento amministrativo di autorizzazione all'esercizio di una determinata attività e nei casi in cui non sia richiesta l'autorizzazione, si deve aver riguardo al "criterio della stretta tollerabilità" e non a quello della "normale tollerabilità" di cui all'art. 844 cod. civ., anch'esso comunque condizionato, come quello della normale tollerabilità, dalla situazione ambientale e dalle altre circostanze che caratterizzano l'emissione molesta.

Cons. Stato n. 6201/2005

In tema d'inquinamento atmosferico, l'esistenza dell'obbligo di dotarsi di un'autorizzazione regionale, per le emissioni in atmosfera, rientra nella sfera di competenze della stessa Regione. In fatto, nell'esercizio delle competenze assegnate dal d.p.r. n. 203/1988, esonera dall'obbligo di autorizzazione gli impianti, "ancorché siti entro 2000 metri dal perimetro urbano", che ricadano in area destinata a zona industriale (L. reg. Puglia 22 gennaio 1999, n. 7).

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