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Articolo 255 Codice dell'ambiente

(D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152)

[Aggiornato al 15/11/2024]

Abbandono di rifiuti

Dispositivo dell'art. 255 Codice dell'ambiente

1. Fatto salvo quanto disposto dall'articolo 256, comma 2, chiunque, in violazione delle disposizioni degli articoli 192, commi 1 e 2, 226, comma 2, e 231, commi 1 e 2, abbandona o deposita rifiuti ovvero li immette nelle acque superficiali o sotterranee è punito con l'ammenda da mille euro a diecimila euro. Se l'abbandono riguarda rifiuti pericolosi, la pena è aumentata fino al doppio(1).

1-bis. Chiunque viola il divieto di cui all'articolo 232 ter è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro trenta a euro centocinquanta. Se l'abbandono riguarda i rifiuti di prodotti da fumo di cui all'articolo 232 bis, la sanzione amministrativa è aumentata fino al doppio.

2. Il titolare del centro di raccolta, il concessionario o il titolare della succursale della casa costruttrice che viola le disposizioni di cui all'articolo 231, comma 5, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro duecentosessanta a euro millecinquecentocinquanta.

3. Chiunque non ottempera all'ordinanza del Sindaco, di cui all'articolo 192, comma 3, o non adempie all'obbligo di cui all'articolo 187, comma 3, è punito con la pena dell'arresto fino ad un anno. Nella sentenza di condanna o nella sentenza emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, il beneficio della sospensione condizionale della pena può essere subordinato alla esecuzione di quanto disposto nella ordinanza di cui all'articolo 192, comma 3, ovvero all'adempimento dell'obbligo di cui all'articolo 187, comma 3.

Note

(1) Il comma 1 è stato modificato dall'art. 6-ter, comma 1 del D.L. 10 agosto 2023, n. 105, convertito con modificazioni dalla L. 9 ottobre 2023, n. 137.

Massime relative all'art. 255 Codice dell'ambiente

Cass. pen. n. 39430/2018

L'obbligo di rimozione dei rifiuti sorge in capo al responsabile dell'abbandono come conseguenza della sua condotta, mentre i soggetti destinatari dell'ordinanza sindacale sono obbligati in quanto tali: pertanto, in caso di inosservanza del provvedimento, ne subiscono, per ciò solo, le conseguenze se non hanno provveduto ad impugnare l'ordinanza sindacale per ottenerne l'annullamento o non forniscono al giudice penale dati significativi valutabili ai fini di una eventuale disapplicazione del provvedimento impositivo dell'obbligo.

Il reato di mancata ottemperanza all'ordine sindacale di rimozione dei rifiuti, di cui all'art. 255, comma 3, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 ha natura di reato permanente, nel quale la scadenza del termine per l'adempimento non indica il momento di esaurimento della fattispecie, bensì l'inizio della fase di consumazione che si protrae sino all'ottemperanza all'ordine ricevuto. (Dichiara inammissibile, App. Trieste, 13 settembre 2017).

Cass. pen. n. 41133/2018

L'inottemperanza all'ordine sindacale di rimozione dei rifiuti è prevista quale autonoma fattispecie di reato dall'art. 255, comma 3, D.Lgs. n. 152/2006, sicché non è configurabile il reato di cui all'art. 650 cod. pen., atteso che questa norma penale ha carattere sussidiario e perciò è applicabile solo quando il fatto non sia previsto come reato da altra specifica disposizione. L'inottemperanza all'ordine sindacale di rimozione dei rifiuti è prevista quale autonoma fattispecie di reato dall'art. 255, 3° comma, D.Lgs. n. 152/06, mentre non è configurabile il reato di cui all'art. 650 c.p., atteso che la condotta contemplata è strutturata quale norma penale in bianco a carattere sussidiario, applicabile solo quando il fatto non sia previsto come reato da altra specifica disposizione, ovvero allorché il provvedimento dell'autorità rimasto inosservato non sia munito di un proprio, specifico meccanismo di tutela degli interessi coinvolti.

Cass. pen. n. 30625/2018

In tema di gestione dei rifiuti, integra il reato di smaltimento non autorizzato di rifiuti speciali non pericolosi, di cui al D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 256, comma, lett. a), la combustione di residui vegetali effettuata senza titolo abilitativo nel luogo di produzione oppure di materiale agricolo o forestale naturale, anche derivato da verde pubblico o privato, se commessa al di fuori delle condizioni previste dall'art. 182, comma 6-bis, periodo primo e secondo; viceversa la combustione di rifiuti urbani vegetali, abbandonati o depositati in modo incontrollato, provenienti da aree verdi, quali giardini, parchi e aree cimiteriali, è punita esclusivamente in via amministrativa, ai sensi dell'art. 255 del citato D.Lgs. n. 152 (sez. III, n. 38658 del 15 giugno 2017 - dep. 2 agosto 2017, Pizzo, Rv. 27089701).

Cass. pen. n. 14808/2018

Non è configurabile il concorso apparente di norme tra la fattispecie prevista dagli artt. 192, comma 3, e 255, comma 3, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 e quella, sanzionata solo in via amministrativa, disciplinata dagli artt. 5, comma 1, e 13, comma 2, D.Lgs. 24 giugno 2003, n. 209, atteso che, mentre la prima punisce la condotta di inosservanza dell'ordinanza sindacale di rimozione e smaltimento di rifiuti (nella specie, un'autovettura in stato di abbandono), la seconda fa riferimento alla violazione dell'obbligo del detentore della vettura destinata alla demolizione di conferire la stessa ad un centro di raccolta e, dunque, ad un fatto del tutto diverso. (Annulla senza rinvio, App. Firenze, 3 giugno 2016).

Cass. pen. n. 9879/2018

La condotta di realizzazione di una discarica abusiva può consistere anche solo nell'allestimento ovvero nella mera destinazione di un determinato sito al progressivo accumulo dei rifiuti, senza che sia necessaria l'esecuzione di opere atte al funzionamento della discarica stessa. La discarica abusiva differisce dal mero abbandono di rifiuti che si risolve nell'occasionale collocamento di modesti quantitativi di rifiuti in un determinato luogo, in assenza di attività prodromiche o successive di smaltimento, mentre nella discarica la condotta o è abituale - come nel caso di plurimi conferimenti - o, pur quando consiste in un'unica azione, è comunque strutturata, ancorché grossolanamente, al fine della definitiva collocazione dei rifiuti in loco (nella fattispecie, la Cassazione ha confermato la condanna del legale rappresentante di una società, subentrata nella disponibilità di un'area e di un capannone, che aveva abbandonato materiali riconducibili alla sua attività con la conseguente, ulteriore, trasformazione del fondo, complessivamente inteso, in un contenitore di oggetti destinati al mero accumulo senza alcun ulteriore riutilizzo).

Cass. pen. n. 7289/2018

Il reato di mancata ottemperanza all'ordine sindacale di rimozione dei rifiuti è imputabile (anche) al proprietario (o possessore) dell'immobile ove risultano giacenti i rifiuti, senza che rilevi il fatto che l'accumulo dei medesimi non sia ascrivibile al comportamento del destinatario dell'intimazione o risalga a tempi antecedenti l'acquisto dell'immobile stesso.

Cass. pen. n. 9851/2009

Per il deposito incontrollato occorre fare presente che esso è integrato anche dalla violazione della normativa regolamentare sulla "messa in riserva" (D.M. 5 febbraio 1998 e successive modificazioni) attesa l'esigenza di conservare separatamente i rifiuti dalle materie prime e dal prodotto finito.

Cass. pen. n. 36873/2008

In tema di gestione dei rifiuti, l'art. 255 D.Lgs. n. 152 del 2006 non ha abrogato l'art. 50 D.Lgs. n. 22 del 1997, poiché tra le due fattispecie intercorre, con riguardo agli elementi costitutivi del reato, un rapporto di continuità normativa, sicché, restando invariato il disvalore penale dei fatti anteriormente commessi, il relativo controllo sanzionatorio va effettuato sulla base delle procedure esistenti al momento del fatto.

Cass. pen. n. 14750/2008

Ove manchino le condizioni per qualificare l'accumulo di rifiuti come deposito temporaneo, anche se si tratta di rifiuti depositati nel luogo di produzione prima della raccolta, il deposito diventa incontrollato e l'attività di raccolta è parificabile all'abbandono di rifiuti. Per la configurabilità del deposito incontrollato di rifiuti pericolosi non è necessario che tutti i rifiuti abbandonati siano pericolosi essendo sufficiente accertare che tali siano alcuni di essi.

Cass. pen. n. 6098/2008

Le caratteristiche salienti della condotta di abbandono risiedono nell'individuazione di un aspetto teleologico, in quanto la condotta che caratterizza il reato è volta ad una destinazione finale incompatibile con qualunque altro utilizzo del rifiuto in un'attività di gestione del tipo descritto dal comma 1 dell'art. 255, ed un profilo funzionale in quanto la condotta dell'abbandono, per la sua sostanziale occasionalità od episodicità dello scarico di rifiuti si differenzia dall'ipotesi della discarica abusiva che prevede, invece, un'attività abituale od organizzata di discarica.

Cass. pen. n. 33766/2007

Il reato di abbandono o deposito incontrollato di rifiuti è tale solo ove, rispetto alla generale previsione di illecito amministrativo di abbandono di cui all'art. 50, comma primo, del D.Lgs. n. 22 del 1997, ora art. 255, comma primo, del D.Lgs. n. 152 del 2006, ricorra l'elemento specializzante della commissione del fatto da parte di titolari di imprese o di responsabili di enti.

Cass. pen. n. 39544/2006

Laddove il deposito dei rifiuti manchi dei requisiti fissati dall'art. 183 per essere qualificato quale temporaneo, si realizza secondo i casi: a) un abbandono ovvero un deposito incontrollato sanzionato, secondo i casi, dall'articolo in commento e dall'art. 256, comma successivo; b) un deposito preliminare, necessitante della prescritta autorizzazione in quanto configura una forma di gestione dei rifiuti; c) una messa in riserva in attesa di recupero, anch'essa soggetta ad autorizzazione quale forma di gestione dei rifiuti. Per le ultime due ipotesi la mancanza di autorizzazione è sanzionata dall'art. 256, comma primo.

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M. B. chiede
mercoledì 21/02/2024
“Salve,
vivo in un condominio. Il Comune, tramite una società privata, effettua la raccolta differenziata in uno spazio della corte condominiale. Alcuni condomini non rispettano le regole del vivere civile e anziché conferire negli appositi contenitori e negli orari e giorni previsti finiscono con il depositare rifiuti anche ingombranti (come mobili, divani, grossi giocattoli, materassi, ecc., per il quale dovrebbero chiamare e chiedere un servizio gratuito a parte) in tale spazio condominiale, fuori dai mastelli e dai cassonetti messi a disposizione del condominio dalla società che si occupa dello smaltimento dei rifiuti. Il risultato è che si crea ogni volta una piccola discarica e il resto dei condomini è costretto a procedere a pulizie straordinarie, con spese che ricadono su tutto il condominio e pagate anche dai condomini, come il sottoscritto, che rispettano le regole di conferimento. Inoltre il condominio è stato multato già una volta e la multa è stata inevitabilmente pagata da tutti i condomini. Sono state installate delle telecamere e previste multe condominiale per chi trasgredisce, ma l'amministratore, cui in assemblea condominiale è stato dato incarico di prendere visione e di conservare i filmati, afferma che non sempre può controllare tutti i movimenti dell'area perché lavoro troppo gravoso per lui e dice di rischiare inoltre multe per violazione della privacy. Poichè l'installazione delle telecamere e la decisione di comminare delle multe a livello di assemblea condominiale non ha sortito effetti positivi nella risoluzione del problema, vorrei a questo punto avere due chiarimenti. Il primo chiarimento è se fosse possibile procedere da parte di più condomini a una denuncia penale verso ignoti per conferimento illecito di rifiuti ai sensi di quanto previsto dal d.lgs. 152/2006 così come novellato dalla l. 137/2023. Tale denuncia - se fosse prevista - servirebbe infatti a mio avviso quale forte monito verso chi non teme, ad esempio, le multe condominiali, in quanto non proprietario di appartamento, ma semplicemente inquilino in affitto, perché sa che la multa condominiale ricade sul proprietario e solo in un secondo momento il proprietario può rivalersi sull'inquilino. Il secondo chiarimento riguarda il fatto se davvero l'amministratore può rifiutarsi di visionare in maniera esaustiva tutti i filmati che porterebbero a individuare i responsabili delle azioni e se, trattandosi di filmati che riguardano un'area condominiale di uso comune, all'aperto e che non riguardano spazi privati dei singoli appartamenti, si possono temere recriminazioni sul piano delle violazione della privacy (le telecamere sono state installate secondo la normativa vigente e sono stati inseriti i cartelli informativi come richiesto da legge, a seguito di delibera presa dall'assemblea condominiale ad ampia maggioranza). Certo di un vostro riscontro, porgo cordiali saluti”
Consulenza legale i 01/03/2024
L’ipotesi penale prospettata nel caso di specie è, a parere di questa redazione, insussistente.

L’articolo 255 del testo unico ambiente prevede effettivamente una peculiare ipotesi di reato che punisce l’abbandono di rifiuti.
La domanda che bisogna dunque è se tale fattispecie può essere applicata anche al caso che ci occupa. La risposta sembra essere negativa per diverse ragioni.

Come dice la denominazione stessa del corpus normativo, l’insieme delle disposizioni contenute nel testo unico sono funzionali a tutelare l’ “ambiente”, inteso come lo spazio che circonda l’essere umano e in cui lo stesso vive, comprensivo della flora e della fauna che lo caratterizza.
L’ambito di tutela della normativa in parola, dunque, è di amplissimo respiro e non è di certo funzionale a censurare condotte che, di fatto, non sono di inquinamento vero e proprio, rappresentando piuttosto il prodotto dell’incuria e della maleducazione del soggetto agente.

A ciò si aggiunga che, a ben vedere, nel caso di specie non si può parlare tecnicamente di inquinamento. Nonostante infatti l’abbandono dei rifiuti, gli stessi, come si evince dalla richiesta di parere, sono stati effettivamente poi convogliati nel modo corretto dall’ente gestore dello smaltimento, che ha difatti poi emesso le relative multe.
Nessun inquinamento c’è dunque stato nel caso di specie e ciò rende ancor di più evidente l’insussistenza di qualsivoglia fattispecie penale censurata dal Testo Unico Ambiente.

La questione sembra dunque avere una mera rilevanza civilistica e non sembra esserci spazio per il penale, che dovrebbe essere sempre e comunque l’extrema ratio e non uno strumento di “educazione” della collettività.

La materia oggetto del quesito è disciplinata, quanto ai profili privacy, sia dalla normativa di derivazione sovrannazionale sia dal codice civile che, all’art. art. 1122 ter del c.c., colmando un importante vuoto legislativo, stabilisce come sia necessario - ai fini dell’installazione di un impianto di videosorveglianza - il voto favorevole espresso dalla maggioranza di cui all’art. art. 1136 del c.c. co. II degli intervenuti in assemblea e rappresentanti almeno la metà del valore dell'edificio - prescindendo dall’effettiva presenza o da eventuali deleghe.
La videosorveglianza entra dunque tra quegli atti di gestione dei beni comuni demandati dall'art. art. 1135 del c.c. alla competenza esclusiva dell'assemblea.
Venendo al caso di specie questa redazione non ravvisa particolari criticità in merito alla possibilità per il solo amministratore di condominio nel visualizzare il contenuto delle riprese e, eventualmente e sussistendone i presupposti di legge e sui quali si dirà in seguito, segnalando gli illeciti descritti alla Procura della Repubblica territorialmente competente.
Al verificarsi di determinati fatti, come quelli descritti, corrisponde l’onere per l’amministratore di esaminare le riprese video e svolgere le più opportune valutazioni per la tutela dei condomini e del condominio stesso.
Tale analisi deve - come è logico - essere svolta in modo accurato e preciso e, per questo motivo, è possibile delegare tale mansione ad un soggetto terzo nominato, in ragione delle proprie competenze tecniche, dall'assemblea medesima.