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Articolo 182 Codice dell'ambiente

(D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152)

[Aggiornato al 15/11/2024]

Smaltimento dei rifiuti

Dispositivo dell'art. 182 Codice dell'ambiente

1. Lo smaltimento dei rifiuti è effettuato in condizioni di sicurezza e costituisce la fase residuale della gestione dei rifiuti, previa verifica, da parte della competente autorità, della impossibilità tecnica ed economica di esperire le operazioni di recupero di cui all'articolo 181. A tal fine, la predetta verifica concerne la disponibilità di tecniche sviluppate su una scala che ne consenta l'applicazione in condizioni economicamente e tecnicamente valide nell'ambito del pertinente comparto industriale, prendendo in considerazione i costi e i vantaggi, indipendentemente dal fatto che siano o meno applicate o prodotte in ambito nazionale, purché vi si possa accedere a condizioni ragionevoli.

2. I rifiuti da avviare allo smaltimento finale devono essere il più possibile ridotti sia in massa che in volume, potenziando la prevenzione e le attività di riutilizzo, di riciclaggio e di recupero e prevedendo, ove possibile, la priorità per quei rifiuti non recuperabili generati nell'ambito di attività di riciclaggio o di recupero.

3. È vietato smaltire i rifiuti urbani non pericolosi in regioni diverse da quelle dove gli stessi sono prodotti, fatti salvi eventuali accordi regionali o internazionali, qualora gli aspetti territoriali e l'opportunità tecnico economica di raggiungere livelli ottimali di utenza servita lo richiedano.

3-bis. Il divieto di cui al comma 3 non si applica ai rifiuti urbani che il Presidente della regione ritiene necessario avviare a smaltimento, nel rispetto della normativa europea, fuori del territorio della regione dove sono prodotti per fronteggiare situazioni di emergenza causate da calamità naturali per le quali è dichiarato lo stato di emergenza di protezione civile ai sensi della legge 24 febbraio 1992, n. 225.

4. Nel rispetto delle prescrizioni contenute nel decreto legislativo 11 maggio 2005, n. 133, la realizzazione e la gestione di nuovi impianti possono essere autorizzate solo se il relativo processo di combustione garantisca un elevato livello di recupero energetico.

5. Le attività di smaltimento in discarica dei rifiuti sono disciplinate secondo le disposizioni del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36, di attuazione della direttiva 1999/31/CE.

6. Lo smaltimento dei rifiuti in fognatura è disciplinato dall'articolo 107, comma 3.

6-bis. Le attività di raggruppamento e abbruciamento in piccoli cumuli e in quantità giornaliere non superiori a tre metri steri per ettaro dei materiali vegetali di cui all'articolo 185, comma 1, lettera f), effettuate nel luogo di produzione, costituiscono normali pratiche agricole consentite per il reimpiego dei materiali come sostanze concimanti o ammendanti, e non attività di gestione dei rifiuti. Nei periodi di massimo rischio per gli incendi boschivi, dichiarati dalle regioni, la combustione di residui vegetali agricoli e forestali è sempre vietata. I comuni e le altre amministrazioni competenti in materia ambientale hanno la facoltà di sospendere, differire o vietare la combustione del materiale di cui al presente comma all'aperto in tutti i casi in cui sussistono condizioni meteorologiche, climatiche o ambientali sfavorevoli e in tutti i casi in cui da tale attività possano derivare rischi per la pubblica e privata incolumità e per la salute umana, con particolare riferimento al rispetto dei livelli annuali delle polveri sottili (PM10).

7. [Le attività di smaltimento in discarica dei rifiuti sono disciplinate secondo le disposizioni del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36, di attuazione della direttiva 1999/31/CE.] (1)

8. [È ammesso lo smaltimento della frazione biodegradabile ottenuta da trattamento di separazione fisica della frazione residua dei rifiuti solidi urbani nell'ambito degli impianti di depurazione delle acque reflue previa verifica tecnica degli impianti da parte dell'ente gestore.] (2)

Note

(1) Comma abrogato dal D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.
(2) Comma abrogato dal D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, modificato dal D.L. 6 novembre 2008, n.172, dall'art. 1, comma 1, convertito, con modificazioni dalla L. 30 dicembre 2008, n. 210.

Massime relative all'art. 182 Codice dell'ambiente

Cass. pen. n. 48397/2018

Le attività di raggruppamento e abbruciamento in piccoli cumuli dei materiali vegetali di cui all'art. 185, comma 1, lett. f), D.Lgs. n. 152/2006 effettuate con le modalità ed alle condizioni indicate dall'art. 182, comma 6-bis, non rientrano tra le attività di gestione dei rifiuti, non costituendo smaltimento, e non integrano alcun illecito. Al di fuori di tali modalità e condizioni non opera alcuna deroga e divengono applicabili le sanzioni previste dall'art. 256 D.Lgs. n. 152/2006 per l'illecita gestione di rifiuti. L'eventuale applicazione di norme aventi natura eccezionale e derogatoria rispetto alla disciplina ordinaria in tema di rifiuti fa sì che l'onere della prova circa la sussistenza delle condizioni di legge debba essere assolto da colui che ne richiede l'applicazione.

Cons. Stato n. 924/2018

In materia di smaltimento dei rifiuti solidi urbani, in costanza di situazioni di urgenza e necessità, possono essere adottati provvedimenti ad hoc onde far fronte alla situazione emergenziale, purché questi abbiano un'efficacia limitata nel tempo stante la strumentalità dei rimedi e dei poteri concessi, e siano congrui alle disposizioni generali dell'ordinamento, così come anche la facoltà dell'Amministrazione di individuare gli impianti con capacità residua, cercando di ottimizzare gli interventi sia sotto il profilo tecnico che economico.

Cass. pen. n. 30625/2018

Integra il reato di smaltimento non autorizzato di rifiuti speciali non pericolosi, la combustione di residui vegetali effettuata senza titolo abilitativo nel luogo di produzione oppure di materiale agricolo o forestale naturale, anche derivato da verde pubblico o privato, se commessa al di fuori delle condizioni previste dall'art. 182, comma 6-bis, primo e secondo periodo, D.Lgs. n. 152/2006; viceversa, la combustione di rifiuti urbani vegetali, abbandonati o depositati in modo incontrollato, provenienti da aree verdi, quali giardini, parchi e aree cimiteriali, è punita esclusivamente in via amministrativa. L'onere della prova della liceità dell'operazione compete a chi invoca l'applicazione della normativa di favore. In tema di gestione dei rifiuti, integra il reato di smaltimento non autorizzato di rifiuti speciali non pericolosi, di cui al D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 256, comma, lett. a), la combustione di residui vegetali effettuata senza titolo abilitativo nel luogo di produzione oppure di materiale agricolo o forestale naturale, anche derivato da verde pubblico o privato, se commessa al di fuori delle condizioni previste dall'art. 182, comma 6-bis, periodo primo e secondo; viceversa la combustione di rifiuti urbani vegetali, abbandonati o depositati in modo incontrollato, provenienti da aree verdi, quali giardini, parchi e aree cimiteriali, è punita esclusivamente in via amministrativa, ai sensi dell'art. 255 del citato D.Lgs. n. 152 (sez. III, n. 38658 del 15 giugno 2017 - dep. 2 agosto 2017, Pizzo, Rv. 27089701). L'abbruciamento di piccoli cumuli di residui vegetali non configura il reato di gestione illecita di rifiuti solo se viene effettuato fuori dai periodi di divieto previsti dalle Regioni.

Cass. pen. n. 56277/2017

Deve ritenersi integrata la contravvenzione di gestione non autorizzata di rifiuti (art. 256, D.Lgs. n. 152/2006) nel caso in cui il materiale vegetale bruciato non sia prodotto sul terreno ove avviene la combustione e questa non sia finalizzata al reimpiego come concime o ammendante dei residui, bensì alla mera eliminazione del rifiuto.

Cass. pen. n. 38658/2017

In tema di gestione dei rifiuti, integra il reato di smaltimento non autorizzato di rifiuti speciali non pericolosi, di cui all'art. 256, comma 1, lett. a), D.Lgs. 3 aprile 2006 n. 152, la combustione di residui vegetali effettuata senza titolo abilitativo nel luogo di produzione oppure di materiale agricolo o forestale naturale, anche derivato da verde pubblico o privato, se commessa al di fuori delle condizioni previste dall'articolo 182, comma 6-bis, primo e secondo periodo; viceversa la combustione di rifiuti urbani vegetali, abbandonati o depositati in modo incontrollato, provenienti da aree verdi, quali giardini, parchi e aree cimiteriali, è punita esclusivamente in via amministrativa, ai sensi dell'art. 255 del citato D.Lgs. n. 152. (Rigetta, App. Palermo, 11 giugno 2015).

Corte cost. n. 244/2016

È dichiarata non fondata la questione di legittimità costituzionale - promossa dalla Regione Lombardia in riferimento all'art. 120 Cost. e al principio di leale collaborazione - dell'art. 35, comma 11, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133 (c.d. "Sblocca Italia), come convertito dalla legge n. 164 del 2014, che inserisce il comma 3-bis nell'art. 182 del D.Lgs. n. 152 del 2006. La disposizione impugnata, consentendo alla Regione nella quale sia stato dichiarato lo stato di emergenza di protezione civile per calamità naturali di smaltire i propri rifiuti urbani non pericolosi in altre Regioni, non viola il principio di leale collaborazione, perché si limita a rendere legittima per lo Stato una decisione presa da una Regione diversa da quella in cui potrà avvenire lo smaltimento, senza escludere che tale decisione - nell'ambito dei rapporti orizzontali fra Regioni - possa essere oggetto di accordi o intese interregionali, da concludersi in ogni caso seno alla Conferenza dei Presidenti delle Regioni e non in sede di Conferenza Stato Regioni. Il principio di leale collaborazione attiene ai rapporti - verticali - tra lo Stato e le Regioni, fermo restando che, per quelli orizzontali tra Regioni, è sempre possibile il raggiungimento di accordi o intese interregionali.

Cons. Stato n. 900/2016

L'art. 182, comma 4, D.Lgs. n. 152 del 2006 (Codice dell'ambiente), nell'attuale formulazione, prescrive che la realizzazione e la gestione di nuovi impianti di incenerimento di rifiuti possono essere autorizzate solo se il relativo processo di combustione garantisca un elevato livello di recupero energetico.

Corte cost. n. 60/2015

Non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 10, commi 2, 3, e 4, della legge della Regione Basilicata 30 aprile 2014, n. 7, impugnato dal Presidente del Consiglio dei ministri, in riferimento all'art. 117, commi primo e secondo, lett. s), Cost., nella parte in cui, modificando gli artt. 7 e 8 della legge regionale n. 13 del 2005, consente, a determinate condizioni, l'eliminazione mediante abbruciamento dei residui vegetali, inclusi quelli provenienti dall'attuazione dei piani di forestazione e dalla potatura dei complessi boscati. L'art. 182, comma 6-bis, del Codice dell'ambiente ha esplicitamente stabilito che le attività di raggruppamento e abbruciamento in piccoli cumuli e in quantità giornaliere non superiori a tre metri steri per ettaro dei materiali vegetali, effettuate nel luogo di produzione, costituiscono normali pratiche agricole consentite per il reimpiego dei materiali come sostanze concimanti o ammendanti, e non attività di gestione dei rifiuti. Peraltro, anche prima del citato intervento legislativo, la giurisprudenza costituzionale e di legittimità ha riconosciuto che tanto l'art. 185, comma 1, lett. f), del codice dell'ambiente, quanto le corrispondenti disposizioni della direttiva n. 2008/98/CE già permettevano di annoverare tra le attività escluse dall'ambito di applicazione della normativa sui rifiuti l'abbruciamento in loco dei residui vegetali, in quanto pratica ordinariamente applicata in agricoltura e nella selvicoltura. Di conseguenza, il legislatore regionale è legittimamente intervenuto in tale ambito, trattandosi di una disciplina che rientra nella materia dell'agricoltura, riconducibile alle competenze di carattere residuale di cui all'art. 117, quarto comma, Cost.

Cons. Stato n. 3215/2013

Con il D.Lgs. 3 aprile 2006 n. 152 (v. in particolare l'art. 182, comma 3, di detto D.Lgs.), è stato previsto il principio dell'autosufficienza su base regionale dello smaltimento dei rifiuti urbani; pertanto, è vietato smaltire i rifiuti urbani non pericolosi in Regioni diverse da quelle dove gli stessi sono prodotti, fatti salvi eventuali accordi regionali o internazionali, qualora gli aspetti territoriali e l'opportunità tecnico economica di raggiungere livelli ottimali di utenza servita lo richiedano. A tale scopo, lo smaltimento dei rifiuti urbani non pericolosi è attuato con il ricorso ad una rete integrata ed adeguata di impianti in modo da realizzare l'autosufficienza nello smaltimento dei rifiuti urbani non pericolosi e del loro trattamento in ambiti territoriali ottimali (D.Lgs. n. 152/2006, art. 182-bis, comma 1), in attuazione del principio della prossimità territoriale, secondo il quale lo smaltimento dei rifiuti urbani deve avvenire "in uno degli impianti idonei più vicini ai luoghi di produzione o raccolta, al fine di ridurre i movimenti dei rifiuti stessi" (art. 182-bis cit.).

Il principio dell'autosufficienza locale nello smaltimento dei rifiuti (già previsto dal D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 - c.d. decreto Ronchi) per i rifiuti urbani non pericolosi sussiste ed è cogente e non può essere esteso, naturalmente, a rifiuti diversi e, segnatamente, a quelli speciali o pericolosi in genere; infatti, nei confronti dei rifiuti speciali non pericolosi, va applicato il diverso criterio, pure previsto dal legislatore, della specializzazione dell'impianto di smaltimento integrato dal criterio della prossimità, considerato il contesto geografico, della prossimità al luogo di produzione, in modo da ridurre il più possibile la movimentazione dei rifiuti, secondo la previsione dell'art. 22, comma 3, lettera c), dello stesso decreto legislativo n. 22 del 1997.

È da ritenere illegittimo il divieto di conferimento nelle discariche regionali di rifiuti speciali provenienti da altre Regioni, in quanto tale divieto, non solo può pregiudicare il conseguimento della finalità di consentire lo smaltimento di tali rifiuti "in uno degli impianti appropriati più vicini" (art. 5, comma 3, lettera b), del decreto legislativo n. 22 del 1997), ma introduce addirittura, in contrasto con l'art. 120 della Costituzione, un ostacolo alla libera circolazione di cose tra le regioni, senza che sussistano ragioni giustificatrici, neppure di ordine sanitario o ambientale. Del resto, anche alla luce della normativa comunitaria, il rifiuto è pur sempre considerato un "prodotto", in quanto tale fruente, in via di principio e salvo specifiche eccezioni, della generale libertà di circolazione delle merci.

Cons. Stato n. 784/2012

Il principio di autosufficienza dell'ambito territoriale ottimale nello smaltimento di rifiuti urbani non pericolosi, stabilito dall'art. 182, comma 3, del D.Lgs. 152/2006, non si sostanzia nel divieto di smaltimento di rifiuti provenienti da altri ambiti territoriali. L'autosufficienza, infatti, si atteggia come fine dell'azione amministrativa e dunque come obiettivo da perseguire, non già come presupposto di legittimità dell'autorizzazione allo smaltimento dei rifiuti.

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