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Articolo 917 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Spese per la riparazione, costruzione o rimozione

Dispositivo dell'art. 917 Codice Civile

Tutti i proprietari, ai quali torna utile che le sponde e gli argini siano conservati o costruiti e gli ingombri rimossi, devono contribuire nella spesa in proporzione del vantaggio che ciascuno ne ritrae.

Tuttavia, se la distruzione degli argini, la variazione delle acque o l'ingombro nei loro corsi deriva da colpa di alcuno dei proprietari, le spese di conservazione, di costruzione o di riparazione gravano esclusivamente su di lui, salvo in ogni caso il risarcimento dei danni(1).

Note

(1) Se la distruzione degli argini o l'ingombro delle acque è causata dalla colpa o dal dolo del titolare, questi dovrà risarcire il danno ai sensi dell'art. 2043 del c.c..

Ratio Legis

Il codice afferma che i proprietari si facciano carico della spesa in proporzione dell'utilità che deriva da queste opere. Qualora fosse complicato valutare le vicendevoli utilità apportate dalle stesse, i costi si divideranno in porzioni uguali.

Spiegazione dell'art. 917 Codice Civile

Le disposizioni contenute negli articoli 915, 916, 917 corrispondono ad analoghe disposizioni collocate dal vecchio codice tra le servitù derivanti dalla situazione dei luoghi

Gli articoli art. 915 del c.c., 916 e 917 corrispondono, salvo qualche variante più formale che sostanziale, ad analoghe disposizioni collocate dal vecchio codice fra le servitù derivanti dalla situazione dei luoghi. Essi disciplinano la difesa dalle acque degli infimi corsi la cui regolamentazione sfugge alla legge sulle opere idrauliche (T. U. 25 luglio 1904, n. 523).


Il compito demandato ai proprietari interessati dal primo comma dell'art. 917 corrisponde a quello di un consorzio di contribuenza obbligatorio

Praticamente il compito demandato ai proprietari interessati dal primo comma dell'art. 917 (correlativo a quanto dispone l'art. 868) corrisponde a quello di un consorzio di contribuenza obbligatorio. È anche da tener presente che, mentre il T. U. sulle opere idrauliche del 25 luglio 1904 (art. 12) stabiliva che la tutela degli infimi corsi d'acqua era ad esclusivo carico dei proprietari e possessori frontisti, salvo ad essi il diritto di far concorrere gli altri interessati secondo le leggi civili, nella legge 13 luglio 1911, n. 774, che ha modificato detto T.U., è stato soppresso l'inciso « secondo le leggi civili » ed è stato invece prescritto che i proprietari e i possessori frontisti possono chiedere d'essere costituiti in consorzio amministrativo chiamando a concorrere i proprietari che dall'opera risentano beneficio. Essendo ancora vigente questa disposizione, resta stabilito anche col nuovo codice che pure per la difesa dalle acque degli infimi corsi possono costituirsi consorzi amministrativi a termini delle norme speciali (v. anche it n. 3 del commento generale alle disposizioni contenute nella sezione IX).

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

Massime relative all'art. 917 Codice Civile

Cass. civ. n. 27501/2013

Agli effetti dell'art. 917 c.c., che non distingue tra argini naturali o costruiti dall'uomo, una volta realizzato l'argine, tutti i proprietari cui esso torna utile sono tenuti a contribuire alle spese per la sua conservazione, salvo che la necessità della riparazione o la distruzione sia addebitabile ad uno dei medesimi proprietari, il quale in tal caso è tenuto a sopportare integralmente il costo del ripristino.

Cass. civ. n. 14664/2008

In base al disposto dell'art. 917, secondo comma, c.c., qualora la distruzione degli argini o l'impedimento al flusso delle acque sia dovuto all'opera di uno dei proprietari, le spese di riattamento dovranno essere sopportate soltanto da lui ed egli sarà tenuto anche al risarcimento dei danni secondo gli ordinari principi della responsabilità per fatto illecito, che non possono prescindere dall'elemento soggettivo del dolo o della colpa, che deve sempre caratterizzare la condotta, commissiva o omissiva, del soggetto chiamato a risponderne.

Cass. civ. n. 11371/2002

La norma di cui all'art. 917 c.c. che sancisce il principio di ripartizione oggettiva delle spese per la manutenzione e la rimozione degli ingombri tra i proprietari dei fondi interessati dallo scolo delle acque non è applicabile nel caso di richiesta di risarcimento dei danni provocati dalla mancata manutenzione, vigendo in tale ipotesi a favore del soggetto danneggiato il principio della solidarietà sancito dall'art. 2055 c.c.

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Nicola L. chiede
giovedì 29/04/2021 - Campania
“Buongiorno a voi,
sono proprietario di metà di una villa bifamiliare. Nel mio giardino si è aperta una voragine per la rottura di un tratto di 5 metri di un canale sotterraneo, in cemento, proveniente dal giardino del vicino, che serve ad incanalare e convogliare le acque piovane discendenti da un colatoio naturale della collina retrostante la sua porzione di casa che termina proprio nei pressi del suo giardino.Questo canale attraversa in diagonale per 20 metri il suo giardino dopodiché attraversa per 5 metri il mio giardino, tutto a circa 6 metri di profondità, unendosi (sempre nel mio giardino) all'imbocco di un successivo canalone analogo che attraversa in profondità un fondo in dislivello presente innanzi al mio giardino.Di questo canale di scolo non ero a conoscenza né io, che ho ACQUISTATO da mio padre, né il mio vicino che ha ACQUISTATO dal precedente proprietario che aveva costruito insieme a mio padre questa bifamiliare. Specifico che nemmeno mio padre ed il suo amico forse erano a conoscenza del canale in quanto si limitarono a comprare la terra dove questo insiste, da un proprietario, per costruirci la bifamiliare dividendo in due parti uguali anche il fondo su cui essa sorge. La metà del fondo toccato all'amico è quello da cui parte il canalone di scarico. Per risolvere la questione abbiamo incaricato un ingegnere di ripristinare il manufatto nel punto di rottura.Vorrei sapere come vanno ripartite le spese anche considerando che da pochi giorni un parente del mio vicino ha visto condonato un edificio più piccolo costruito attaccato alla porzione originaria della bifamiliare del mio vicino (col suo benestare ovviamente), trasformando l'intero complesso in una casa trifamiliare. Mi interessa sapere circa la ripartizione delle spese per la riparazione del canalone, soprattutto in vista di una futura e probabile rottura del tratto di venti metri presente sottoterra nel fondo del vicino.
Grazie”
Consulenza legale i 03/05/2021
L’art. 913 del c.c. al suo 1° comma ci dice che: "Il fondo inferiore è soggetto a ricevere le acque che dal fondo più elevato scolano naturalmente, senza che sia intervenuta l'opera dell'uomo". il successivo 2° comma, al fine di attuare il predetto principio, pone in capo ai proprietari sia dei fondi superiori che di quelli inferiori un obbligo di non fare, volto ad impedire che gli stessi pongano in essere sulle loro proprietà opere che impediscano e rendano più gravoso lo scolo e il deflusso delle acque (tra le tante: Cass. Civ.,Sez.II n.13097 del 15.06.2011). Tale obbligo di non fare non impedisce però al proprietario del fondo sottostante di porre in essere tutti quegli interventi tese ad agevolare il deflusso e permettere che l’acqua piovana defluisca verso i fondi circostanti.

Per quanto ci è dato capire questo è ciò che avvenne a suo tempo quando i due fondi sottostanti erano di un unico proprietario: fu costruito un sistema di canali teso a far meglio defluire le acque, magari per poi utilizzarle per fini agricoli.

Il successivo art. 917 del c.c. ci dice che: "Tutti i proprietari, ai quali torna utile che le sponde e gli argini siano conservati o costruiti… devono contribuire nella spesa in proporzione del vantaggio che ciascuno ne ritrae". Tale norma introduce un criterio oggettivo di riparto delle spese di manutenzione basato sulla utilità che ciascun proprietario trae dall’opera. Sarebbe quindi opportuno rivolgersi ad un tecnico che rediga una tabella di riparto attuativa del criterio indicato dall’art. 917 del c.c. da utilizzare per suddividere le spese di manutenzione del canale che attraversa i due fondi.

Si precisa che per costante giurisprudenza l'art. 917 del c.c. si applica solo quando l’esigenza di manutenzione o ricostruzione deriva dalla fisiologica vetustà dell’opera (e pare essere questo il caso), non se la rottura deriva da un comportamento negligente di uno dei proprietari: in questo caso trova applicazione l’ordinaria normativa sul risarcimento del danno.