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Articolo 2920 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Diritti di terzi sulla cosa mobile venduta

Dispositivo dell'art. 2920 Codice Civile

Se oggetto della vendita è una cosa mobile, coloro che avevano la proprietà o altri diritti reali su di essa, ma non hanno fatto valere le loro ragioni sulla somma ricavata dall'esecuzione [541 c.p.c. ss.], non possono farle valere(1) nei confronti dell'acquirente di buona fede, né possono ripetere dai creditori la somma distribuita.

Resta ferma la responsabilità del creditore procedente di mala fede per i danni e per le spese(2).

Note

(1) Tale articolo specifica che per il terzo sarà possibile avanzare le proprie pretese verso il ricavato non ancora distribuito tra i creditori qualora la ripartizione debba ancora avere luogo; tuttavia potrà invece esercitare le proprie ragioni solamente all'indirizzo del creditore che abbia proceduto in mala fede, se la ripartizione risulta già avvenuta.
(2) Si richiede la bona fides (v. art. 1153) dell'acquirente sia nel momento vero e proprio dell'acquisto del bene esecutato, sia in quello della consegna dello stesso, mentre per ritenere certa la mala fides del creditore procedente si deve necessariamente provare la sua consapevolezza in relazione all'altrui appartenenza del medesimo bene.
L'orientamento giurisprudenziale maggioritario, tuttavia, ha più volte dichiarato che anche un'ipotesi di mero dubbio provoca la mancanza della bona fides e la conseguente attribuzione di responsabilità al creditore procedente non sincero.

Ratio Legis

La disposizione in commento si preoccupa di stabilire delle regole per eventuali diritti che possano essere vantati dai terzi in relazione al bene mobile sottoposto ad espropriazione, con particolare attenzione alle ipotesi di buona o mala fede.

Spiegazione dell'art. 2920 Codice Civile

Diritti dei terzi sulla cosa mobile venduta

Tale disposizione completa quella precedente, precisando che con la vendita forzata e con la distribuzione del ricavato vengono meno le ragioni dei terzi, i quali vantino sul mobile la proprietà o altri diritti reali, solo in quanto l'acquirente sia in buona fede.

Con più precisione, con la vendita forzata IL diritto del terzo sul mobile si converte in diritto al prezzo : art. 62o cod. proc. civ. (pretium succedit in locum rei). Tale diritto è stato costruito o come diritto personale di credito oppure come un diritto reale di pertinenza del prezzo. Dopo la distribuzione del ri­cavato dalla vendita del mobile, però, le ragioni di coloro che erano legittimati alle anzidette opposizioni vengono meno, così che i diritti da essi vantati non hanno più effetto nè nei confronti dell'acquirente in buona fede, nè nei confronti dei creditori soddisfatti. terzo conser­verà eventualmente l'azione di ripetizione dei danni contro creditore procedente, nei limiti segnati dall'art. 96 cod. proc. civ. Anche nei con­fronti dell'acquirente varrà principio, ora fissato dall'art. 1147, e cioè che la buona fede si presume, onde terzo dovrà dimostrare, al fine di far valere le proprie ragioni nei confronti dell'acquirente medesimo, la malafede di quest'ultimo, prova che, nella specie, non sarà agevole, poiché indubbiamente il solo fatto della vendita per opera dell'ufficio esecutivo costituisce una circostanza atta ad escludere la mala fede del compratore.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

1190 Circa gli effetti dell'espropriazione forzata, è confermato, nell'art. 2919 del c.c., nei confronti dell'acquirente, il principio "nemo plus iuris in alium transferre potest quam ipse haberet" che il codice di procedura civile del 1865 affermava espressamente (art. 686) soltanto riguardo agli immobili. In ordine ai mobili, è noto che l'applicazione della regola era limitata dagli articoli 647 e 648 del detto codice a tal punto che una recente autorevole dottrina è giunta a sostenere che nelle vendite forzate mobiliari l'acquirente diventi proprietario anche se sia in mala fede. Tale diversità di trattamento, che rappresenterebbe una deviazione dal principio stabilito dall'art. 1153, non mi è sembrata giustificata, e ho perciò unificato gli effetti dell'espropriazione rispetto alle due categorie di beni, salve, naturalmente, le conseguenze del possesso di buona fede per i mobili non iscritti in pubblici registri. Discende, per altro, come naturale conseguenza, dai principi affermati negli ,articoli 2913-2916 che il diritto del terzo non è opponibile all'acquirente quando sia stato acquistato in base ad atti non aventi efficacia in pregiudizio del creditore pignorante e del creditori intervenuti nell'esecuzione, appunto perché questi atti non sono produttivi di effetti rispetto all'esecuzione ed alla situazione che ne deriva: il che, in fondo, importa che, al fine di determinare la condizione giuridica nella quale subentra l'acquirente, bisogna, in linea di massima, avere riguardo a quella esistente nel momento del pignoramento. L'art. 2920 del c.c. nega l'azione contro l'acquirente di buona fede ai terzi che avevano la proprietà di una cosa mobile o altri diritti reali su di essa, ma non li abbiano fatti valere sulla somma ricavata dall'esecuzione, a norma dell'art. 620 del codice di procedura civile. In questo caso ho limitato la responsabilità, per i danni e per le spese, del creditore procedente all'ipotesi in cui egli abbia agito in mala fede, sembrandomi che il titolare del bene debba risentire le conseguenze di quanto è accaduto per effetto, tra l'altro della sua inerzia. Il creditore procedente risponde, invece, verso l'acquirente evitto, anche per sola colpa (art. 2921 del c.c.), secondo i principi generali: mentre, infatti, non si può fare carico all'acquirente di concorrere nella vendita, bisogna che il creditore sia stimolato alla massima diligenza nella scelta dei beni, affinché l'esecuzione possa validamene aver luogo. Quanto al prezzo, il pagamento del quale, a seguito dell'evizione, risulta senza causa, è giusto che l'acquirente lo possa ripetere anche presso ciascun creditore utilmente collocato e, in caso di residuo, presso il debitore: ma la ripetizione non ha luogo nei confronti dei creditori privilegiati o ipotecari ai quali la causa dell'evizione non era opponibile. Cosi si sono risolte molteplici delicate questioni che erano sorte sotto l'impero del codice civile anteriore e che, in difetto di elementi testuali, non avevano potuto trovare soluzioni tranquillanti.

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